Chissà che aspetto avrebbe oggi il Colombre di Dino Buzzati. Chissà se proprio oggi Stefano Roi sceglierebbe di andargli incontro, magari proprio verso il Mare del Nord. Il Colombre, questo essere marino tra colori e ombre, è, poi, il futuro e dal futuro non puoi scappare.
Ellen Van Dijk, su quella sedia, in attesa della conclusione delle avversarie, dopo un tempo talmente assurdo da costringerla a tenersi i muscoli con le mani dopo l’arrivo, fasci tremanti esauriti dalla posizione innaturale della cronometro, ha visto il Colombre in faccia. “Sedersi qui è terribile, non puoi fare niente. Devi solo aspettare ma sai che il momento del verdetto arriverà”. Dopo l’Europeo, in linea, il Mondiale, a cronometro, per lei che col futuro è da sempre schietta. “Non potrei mai mettermi solo al servizio di un’altra atleta perché vincere mi piace. Ma non riuscirei nemmeno a essere sempre la solista, perché il gioco di squadra mi affascina”.
Marlen Reusser, medaglia d’argento, ha sempre creduto in se stessa e quando le chiedono se ha mai immaginato di ottenere i risultati di questi tempi, lascia da parte la falsa modestia: forse non li immaginava così, ma di certo ci sperava, altrimenti non si sarebbe nemmeno messa in sella. Dritta, lineare, perfetta in sella quasi a prendersi gioco del vento che si insinua tra le strade e ti deride. Nel suo futuro ha timore di diventare una di quelle atlete che vince tanto, ma sa solo vincere, che non si gode nulla e di conseguenza è sempre altrove, col pensiero e l’ambizione.
Amber Neben quel libro di Buzzati sembra averlo letto, come un avvertimento. Ben quarantasei anni, la statunitense ha corso la cronometro dopo che poche settimane fa, a causa di uno scontro con un’auto in allenamento, si è fratturata il bacino. Il suo futuro, in bicicletta almeno, è arrivato e quando arriva il futuro lasci da parte tanti dubbi, tante insicurezze, perché, forse solo lì, capisci che il problema non è il Colombre ma il tuo sfuggirgli, quello che ti porta a non vivere. Aveva voglia di una grande prova Neben, di dare tutto. Lo ha fatto e non è passata inosservata.
Dall’altra parte del tempo, ci sono Elena Pirrone e Vittoria Guazzini che a Bruges sono andate per provare, per continuare a crescere e, magari, per avere buone sensazioni. Non erano le favorite per la vittoria, ma non abbiamo fretta. Elena ha raccontato più volte che è stato il ciclismo a renderla la donna sicura che è oggi. Vittoria, che stamattina era stranamente silenziosa, andava a vedere le gare mentre Van Dijk già vinceva. C’è tempo. C’è futuro e il futuro, si sa, arriva sempre. Loro, con la presenza, hanno provato ad andargli incontro e il Colombre, sullo sfondo del Mare del Nord, ha lasciato spazio all’orizzonte.