Solo un anno e mezzo fa, o poco più, Monica Trinca Colonel era a mani vuote. Anzi, a mani vuote ed a mente piena, come succede con i progetti nuovi, diciamo pure con i sogni. Per questo, la realtà che si trova davanti oggi, nelle sue sensazioni, è anche più bella di quella che tutti noi che ne siamo estranei possiamo vedere e analizzare. Il dato di fatto è che, dopo appena un anno dal suo ritorno nel ciclismo con BePink, nel 2025, Trinca Colonel ha già firmato un contratto e iniziato una nuova stagione con Jayco AlUla: «Non solo non sapevo come sarebbe andata, ma mi chiedevo anche quante possibilità di fare la ciclista ci sarebbero state. Paradossalmente questa storia avrebbe potuto non iniziare mai ed io lo sapevo. Non bastava volerlo e neppure lasciare il vecchio lavoro e allenarsi duramente. Non fosse iniziata, non avrei comunque più avuto un lavoro, avrei dovuto ricominciare da capo. Per questo è enorme quel che sta succedendo. Per me è una conferma di aver fatto le cose per bene. Una conferma del fatto che, forse, certi rischi vanno corsi. Non è questione di eroismi, è, semmai, questione di quel che vogliamo ed io volevo essere una ciclista». Un anno, solo un anno: si potrebbe dire che è stato tutto veloce, sin troppo. La verità è diversa, pur se nessuno la conosce fino in fondo. Sì, i primi interessamenti da parte di squadre World Tour sono avvenuti dopo le prestazioni di Trinca Colonel alla Vuelta a España dello scorso. Avrebbe potuto dire subito sì, invece ha aspettato, ha corso il Tour de Suisse ed il Giro d’Italia Women ed ha preso una decisione solo successivamente.

«Volevo conoscermi, capire realmente il mio valore ed acquisire sicurezza in me stessa. Non credo nelle decisioni affrettate, anche se portano a qualcosa di bello. Ho continuato a correre, senza pressioni, comprendendo che ruolo potessi avere nel ciclismo. Solo dopo, ho firmato. era da poco finito il Giro». Nel frattempo proseguivano le gare con BePink, la squadra senza cui, parole sue, non sarebbe qui a parlare oggi: la gratitudine è per l’ambiente, per il rapporto che ha instaurato con le compagne e, soprattutto, per la serenità. «Queste squadre sono fondamentali, vanno tutelate perché sono l’unico ambiente in cui le atlete possono crescere senza pretese, imparare senza tensioni. Persino sbagliare, senza dovere nulla a nessuno. Sono cose che si ricordano, andrò sempre a salutare lo staff BePink perché a loro devo il mio essere ciclista e la mia felicità nell’esserlo». La firma e la decisione perché era quello che voleva, perché ha 26 anni e non intende aspettare oltre e perché, forse soprattutto, «in questo sport non è possibile attendere troppo, tutto può succedere e bisogna essere pronti perché, spesso, capita una volta sola».
Paure per la nuova avventura? Trinca Colonel, al momento, non ne ha praticamente mai avute, è solo contenta. Ha sempre saputo che i cambiamenti sarebbero stati molti, per esempio non sarà sempre lei la donna di punta, colei per la quale le compagne fanno rifornimento di borracce all’ammiraglia, spesso le toccherà proprio questo ruolo e sarà bandito ogni protagonismo, ma non importa, anzi ne è orgogliosa. I segnali di miglioramento, tra l’altro, sono costanti ed in aumento, in particolare nello scorso finale di stagione: «Me la sono cavata sempre abbastanza bene quando si è trattato di stare davanti in gruppo, la differenza, però, è la convinzione. Mi è capitato di perdere posizioni a causa di cadute perché, di base, non mi muovevo in maniera decisa. Ora sì, ora so esattamente quello che voglio e vado a prendermelo, all’inizio del 2024, invece, non c’era un obiettivo vero e proprio e raccoglievo quel che mi capitava». Vorrebbe migliorare a cronometro, aiutare una sua compagna a vincere tappe o un grande giro. Nelle gare dello scorso fine stagione, alle partenze ed agli arrivi, ha parlato con lo staff di Jayco AlUla e, via messaggio, con Letizia Paternoster, che ricorda quando correvano assieme da bambine e non vede l’ora di ritrovarla in squadra. Il resto del team l’ha conosciuto durante i primi ritiri stagionali e anche lei si è fatta conoscere, si è raccontata. Ha sempre voluto tornare alla Strade Bianche ed ha un leggero timore nel rivelare che le piacerebbe vincerla, «ma sì, diciamolo, in fondo non si può mai sapere e nulla è impossibile». Qualche indizio, tra l’altro c’è e risale a pochi giorni fa: quell’undicesimo posto sugli sterri senesi, “più di una semplice gara”, per usare le sue parole. Ammette, invece, che ha nel mirino un buon risultato al Giro d’Italia Women e vorrebbe correre il Tour de France Femmes. Il suo giorno più difficile è stato all’ultima tappa del Giro d’italia conquistato da Elisa Longo Borghini quando una crisi ha buttato al vento parte del lavoro fatto nelle frazioni precedenti, in altri casi erano state cadute o malessere a guastarle i piani, una crisi però è diversa e lascia più amaro in bocca.

La sua famiglia è, se possibile, più felice di quanto lo sia lei stessa, perché il cerchio si sta chiudendo e tutto inizia a combaciare. Il suo compagno, appassionato di ciclismo, gareggia anche lui, ultimamente rinuncia alle proprie gare per seguirla, per starle accanto: «In fondo, è stato lui a convincermi a prendere il coraggio a piene mani e a buttarmi in questa avventura. Non è solo una cosa mia, è una cosa nostra tutto questo che si sta realizzando e, forse, è questa la parte migliore».
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