Il tempo di Emma Missale si è sempre disposto attorno ad una bicicletta, quasi fosse il perno di un orologio su cui sono innestate le lancette che, nel loro ruotare, indicano le ore ed i minuti. Senza perno, non ci sono lancette: il tempo, invece, c’è lo stesso, ma anche il tempo ha bisogno di orientarsi, di essere orientato. Emma Missale, venticinque anni, nata a Sondrio, cresciuta fra le vie di Milano, laureata in Urbanistica, ha sempre tratto da una bicicletta i punti cardinali delle proprie giornate, dai primi giri in un cortile, da bambina, ai parchi in periferia, alle strade che corrono accanto ai campi, fino alla caoticità del centro che attrae e respinge, affascina e spaventa. E, ancora, scavando a fondo, approfondendo, conoscendo la meccanica della bicicletta, gli ingranaggi e la catena, i materiali, i raggi e le ruote, i freni ed il vento in faccia della velocità e anche della felicità, ma questo è un altro discorso. Si diventa indipendenti così, salvando nella memoria e provando a replicare sensazioni primigenie che si sono vissute in una pedalata: il tragitto casa-scuola, ad esempio, qualunque spostamento in città, fino al lavoro, all’essere corriere in bici, avventura che Missale ha intrapreso già mentre studiava, all’Università. Bicicletta e città si incontrano quindi attraverso una ragazza, un poco timida e così abituata a parlare l’inglese, perché ha fatto casa a Copenaghen, da chiedere scusa ogni volta in cui la ricerca della parola corretta in italiano porta via qualche secondo al dialogo, al racconto. Bicicletta e città si incontrano, mentre Emma continua a pedalare e a studiare.
«A Milano, ad un certo punto, era diventato stressante stare in sella. Non tanto per la fatica fisica che, comunque, è parte del mio lavoro, ma per la parte mentale di costante attenzione a tutto e tutti. I rischi sembrano arrivare da ogni angolo, il timore è in sottofondo e anche un’attività piacevole, liberatoria, come il pedalare diventa pesante, stressante. Non riesci mai ad essere leggera in bici e, a lungo andare, pensi di mollare. Copenaghen è da sempre una città bike friendly, sarà per questo che, quando ho ricevuto la proposta da By-Expressen, un collettivo di corrieri, non ci ho pensato molto prima di dire di sì. Anche ai mercatini si trovano facilmente pezzi di bicicletta dei tipi più svariati, anche ricambi. Mentre le Cargo Bike interessano sempre più persone». Sì, corriere in bicicletta, ovvero una bici, del materiale da consegnare, un tempo e una via in cui andare a recapitarlo, ingegnandosi sul come trasportarlo, prendendo le misure, perché non è come viaggiare da soli, imparando a gestire gli spazi della strada e quelli che occupa ciò che devi trasportare. Emma Missale se ne intende, non solo per l’esperienza acquisita in questi anni, anche perché è stata medaglia d’oro ai mondiali dei bike messenger nel 2019, nel 2022 e anche quest’anno, nel 2023, a Yokohama, in Giappone. La storia di quest’ultimo viaggio merita un capitolo a parte.
Da mesi le ronzava in testa l’idea di un viaggio in bicicletta da sola, alla fine è partita per il Giappone, più di 3000 chilometri percorsi, circa 3500 metri di dislivello e una delle più belle esperienze della sua vita. Racconta di faticare a trovare un attimo in cui non fosse felice, per lei la fatica è felicità, la solitudine può essere felicità, soprattutto pensando all’ultracyclism, disciplina di cui legge, da cui è affascinata e che vorrebbe sperimentare, un domani: «Credo sia necessario restare da soli per capire realmente fino a dove è possibile arrivare, visualizzare il limite, sfiorarlo, toccarlo. Faccio un esempio: quando si pedala in compagnia, magari ci si ferma ogni cinquanta chilometri, da sola, verso Tokyo, ho girato ininterrottamente per centoventi chilometri. Un’energia speciale. Certo per diventare una ultracyclist dovrò fare allenamenti specifici e sarà tutto diverso, ma ho capito di poterci provare. Se puoi, lo capisci quando sei solo e non c’è nessuno ad aiutarti, ad ascoltarti, a guardarti: vale per ogni ambito della quotidianità». Oggi, attraverso i telefoni, si resta in contatto in ogni angolo del mondo e, se si è molto lontani, basta una voce o un messaggio per far sentire sicuri, però, in Giappone questo non è servito perché su quelle strade Missale si è sempre sentita a proprio agio, per le strade sicure ma, anche, per la gentilezza e l’attenzione costante verso la persona, in ogni sfaccettatura.
«Dopo aver vinto la gara principale dell’evento, avevo immerso per qualche minuto le gambe nell’acqua fredda di un fiume, poi, smontata ed impacchettata la tenda, mi stavo preparando a ripartire. Una signora giapponese mi si è avvicinata, porgendomi un bicchiere di thè caldo. Per loro è un’usanza, un regalo di benvenuto, quando si arriva, e uno di arrivederci, quando ci si saluta. Da noi non si usa, nemmeno a Copenaghen, mi ha sorpreso, mi ha lasciato un bel ricordo». Le gare dei corrieri in bicicletta, in realtà, simulano una normale giornata lavorativa, con dei checkpoint che verificano il regolare passaggio ed un tempo finale per stilare una classifica e premiare. Tutto attorno talk, incontri, forum, critical mass, feste e la progettazione, l’organizzazione degli eventi dei prossimi anni. Ma pedalare resta sempre la parte più bella di questo lavoro, anche se il collettivo è un’organizzazione e chi vi partecipa riflette sul suo futuro, porta idee, aiuta, si occupa anche di tutto l’aspetto di backstage, di ufficio. La base comune è il gruppo che si crea fra corrieri in bici: una comunità vera e propria che si riconosce in ogni luogo del mondo e collabora ovunque si incontri. Un’appartenenza che non viene spezzata da nulla.
Tutti quei chilometri hanno permesso ad Emma Missale di applicare i suoi studi alle città che ha visto. A Milano, ci racconta, sono tante le cose da cambiare nelle strade: il conflitto fra ciclisti e automobilisti è sia spaziale che sociale, a ciò si aggiunge una città completamente autocentrica, con poche ciclabili, talvolta con cordoli, più attente all’estetica che alla funzionalità, che, in realtà, non creano sicurezza, servirebbe una policy in tema. Copenaghen, invece, è esattamente come potremmo immaginarla: assoluta priorità alla ciclabilità ed alla mobilità sostenibile, ciclabili che portano in ogni angolo della città, interventi pubblici che vengono eseguiti prima sulle ciclabili rispetto alle normali strade, un codice per i ciclisti conosciuto da tutti, automobilisti che rallentano sempre quando vedono un gruppo di ciclisti, condivisione della strada, massimo rispetto delle regole, agevolazioni per chi pedala molto. Ci sono gli spazi adeguati e la bicicletta è vissuta in serenità. Del Giappone, di Tokyo, in particolare, resta il rispetto e quegli specchi bombati per le strade che allargano la visuale della carreggiata, forse non molto tecnologici, ma sicuramente con l’intento di aumentare la sensazione di sicurezza.
Allora quella ragazza in bicicletta, quella donna corriere in bicicletta, ed anche l’essere donna è importante qui, visto il numero minore di donne in questa professione, almeno in Italia, riparte per le sue otto ore di lavoro: con una medaglia d’oro in più al collo, genuina come la prima volta, sapendone qualcosa in più. Come noi, dopo averla ascoltata.
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