Ai tempi dell’università, a Torino, Tazio Chiomio prendeva la bicicletta e, nel fine settimana, si dirigeva verso la collina, dall’alto restava a guardare, mentre i minuti scorrevano e lui nemmeno se ne accorgeva: da un lato, a sinistra, la grande città, elegante, sabauda, dall’altro i piccoli paesini e la natura incontaminata. Un contrasto, tra realtà urbana e il verde, i colli che guardano verso i monti, che, a ripensarci, è la perfetta descrizione del Piemonte stesso, emblematico dell’essenza di un territorio, della sua varietà. Luigi, suo padre, può testimoniare lo stesso: da sempre appassionato di ciclismo, anche lui ha girato in lungo ed in largo la propria regione (e non solo) in sella: quando, ad esempio, arrivava alle partite di calcio del figlio con la bici sotto mano, ancora sporco dalla terra e sudato dal tragitto, e si sedeva così sugli spalti a seguire la gara, oppure quando, ogni volta in cui, in famiglia, si partiva per andare da qualche parte, era sempre l’ultimo ad arrivare, in sella ovviamente, mentre Tazio, la sorella e la madre erano in macchina, e il primo a ripartire per tornare a casa in orario. Proprio vivendo in questo modo, per più di trent’anni, si era reso conto di quanto il Piemonte avesse da raccontare, molto più di quanto generalmente non si creda. PiemontGravel nasce da questa intuizione, nel 2019, ispirandosi a realtà già affermate come il Tuscany Trail ed ereditando, all’inizio, i percorsi usuali della zona, molto tosti, sia a livello altimetrico, 1500 metri, che di chilometraggio, quattrocento, cinquecento, talvolta seicento chilometri. Successivamente prenderà la forma di quel che è oggi, anche se, come specifica Tazio, l’evoluzione è continua.
«PiemontGravel si rivolge soprattutto al mondo gravel, ma non solo, qualcuno partecipa con mtb, qualcuno con bici da strada. Si corre su sentieri variegati, simili alle strade bianche, ma differenti, originali, direi. Abbiamo strade secondarie, single track, strade poco battute, lontane dal traffico, nel silenzio». Oltre le tracce ed i chilometri, c’è la potenzialità di una manifestazione che ha un dna importante e a cui Tazio vorrebbe dare una vocazione sempre più avventuriera, meno corsaiola, meno race, un evento, insomma, in cui, intorno alla bicicletta, possa ruotare tutta una serie di altre cose: la componente umana, le tradizioni di un luogo, la conoscenza della natura e del territorio. In fondo, anche Luigi ha sempre visto tutto questo nel girare dei pedali di una bicicletta, pur con un approccio differente: lui ed il figlio lavorano assieme, in uno studio di architettura, a Cavour, e ogni tanto ne parlano, oggi che, dopo che molti suoi amici, che lo aiutavano nell’organizzazione di PiemontGravel, hanno lasciato, Luigi ha chiesto al figlio di occuparsi in prima persona della gestione della manifestazione. «Immagino una sorta di transizione. Già all’università avevo vinto un concorso per il progetto di un modulo abitativo per cicloviaggiatori e camminatori, realizzato nel vercellese; così ho iniziato a pedalare in solitudine e ad assaporare tutto ciò che avevo intorno a me, mentre andavo incontro al vento». Il punto è proprio questo: bisognerebbe riuscire a godersi queste rincorse sui pedali, invece, spesso, non avviene.
L’immagine che Chiomio ci consegna è enigmatica: la testa bassa di alcuni ciclisti, a controllare la velocità, i chilometri percorsi, i watt sviluppati. «Il lato agonistico ci sta, assolutamente, ma non siamo professionisti e abbiamo un’enorme opportunità connessa alla bicicletta, un mezzo che, nell’arco di pochi giorni, permette di arrivare ovunque, di esplorare luoghi che non si erano mai visti o, per quanto, non si erano mai visti a quel ritmo, lento, ideale. Penso a quel signore che, lo scorso anno, ha concluso PiemontGravel dopo quattordici ore e 333 chilometri percorsi, con ben 12000 calorie consumate: quanto si è goduto ogni momento dopo l’arrivo? Di notte, come mi ha visto, mi ha subito detto: “Potrei mangiare dodici pizze adesso”. Non è meraviglioso tutto questo?». Intanto avrà assaggiato il prosciutto di Cuneo, piuttosto che il vino Ceretto delle Langhe, abbondanti al traguardo, in una sorta di aperitivo, a raffigurare la territorialità, i prodotti del luogo. Dalle Langhe, forse la zona più conosciuta del Piemonte, nella progettazione dei percorsi ci si sposta, si allarga la prospettiva, fino ai piccoli paesini di campagna: oggetto di scoperta per chi viene dall’estero ma anche per i piemontesi che si sorprendono ogni volta.
La manifestazione inizia il venerdì pomeriggio, quest’anno il 5 aprile, con un briefing tecnico e qualche assaggio, e propone ai partecipanti quattro percorsi, fino al 2023 erano, invece, tre: il primo, da ottantadue chilometri ideale da percorrere in giornata esplorando le Langhe, gli altri maggiormente lunghi e variegati, tra collina, pianura, laghi, Prealpi. A dare il nome ad ogni traccia il numero dei chilometri, tranne la prima, il cosiddetto “111 sbagliato”, un poco accorciato per permettere anche ai meno esperti di percorrerlo in giornata. Per il futuro sono tante le implementazioni che Tazio ha in mente, ma una radice deve restare salda: l’autenticità del viaggio. «Si parla di un evento bikepacking unsupported, qualcosa che si richiama al viaggio in solitudine, all’avventura. Bene, quando si pedala da soli non si ha una guida a indicarci la strada, non si hanno input esterni particolari. Si vede ciò che si vuol vedere e si va dove suggerisce l’istinto: noi non vogliamo imbrigliare questa libertà, desideriamo anzi lasciarla sfogare al massimo, perché ci piace, ci piace molto». Una libertà che è tale anche nel mezzo: la bici espone all’aria aperta, non rinchiude chi la guida in una struttura, nel frattempo permette di familiarizzare con la fatica: «Pensiamo a un figlio che gestisce un lavoro avviato perfettamente dai genitori e ad un ragazzo che, d’altra parte, costruisce passo passo la propria attività, con sacrificio, rinunce, certo, ma anche soddisfazioni. La fatica è il mezzo per raggiungere questa contentezza, questa serenità. Può trattarsi di un risultato finale, ma anche dei piccoli passi, delle tappe di un qualunque percorso, sui pedali o nella vita di ogni giorno».
Fino a quando PiemontGravel, da evento, importante per contribuire alla quotidianità della città, diventerà un percorso permanente, che potrà essere ancor più di sostegno, per il territorio e per la cultura del ciclismo e di un certo modo di intendere la bicicletta. Sì, il desiderio di Tazio Chiomio, dopo aver inserito la collina di Torino nel percorso, è proprio questo e sta già lavorando per realizzarlo.
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