Era il 26 maggio e la tarda primavera 2023 di Elisa Balsamo si infrangeva sulle strade che vanno da Saffron Walden a Colchester, nel corso della prima frazione della RideLondon Classique: «Fino ad ora credo sia stata la più brutta caduta della mia carriera, in un momento in cui, dopo la crescita che avevo mostrato alla Vuelta a Burgos Feminas, arrivavo in Inghilterra per fare risultato, per vincere, con una buona condizione». La diagnosi è un cucchiaio gelato che scava lo stomaco: frattura dello scafoide del polso destro e, soprattutto, doppia frattura, destra e sinistra, a carico della mandibola. Quando torna a casa, il suo compagno è in America, per lavoro, una difficoltà in più, una mancanza: saranno i genitori ad accompagnarla a Milano, per le cure. L’aria di giugno, che cambia la natura, per la venticinquenne cuneese, è un quadro da vedere dietro le finestre di casa: anche pranzare diventa impossibile, si riescono a deglutire solo liquidi ed il cibo deve assumere questa forma per essere preso, perde tanti chili e conseguentemente tanta massa muscolare.
Nei primi giorni in cui risale in sella, sui rulli, il mondo sembra crollarle addosso: «Non avevo forza, riuscivo solo a far girare le gambe, ma con la bocca chiusa non riuscivo a respirare e, quindi, qualsiasi sforzo diventava impossibile». Da lì, settimane di fisioterapia, tre volte al giorno, per provare a ritornare. Nel tempo abbiamo conosciuto bene l’indole di Elisa Balsamo, così, quando in un intermezzo di intervista ci dice che «forse questa volta posso davvero dire di essere orgogliosa di me», a quell’orgoglio siamo in grado di dare tutto il peso che effettivamente ha. L’aggiunta non tarda ad arrivare: «Da soli non ce la si fa quasi mai, senza Davide e senza mamma e papà, chissà…».
Il ritorno è nell’estate torrida del Tour de France, dopo sole tre settimane di allenamento, qualcosa di quasi impensabile. Eppure per Balsamo è stato importante partire per la Francia, per buttarsi da subito nella mischia, per ritrovare confidenza con il gruppo, le sue dinamiche, in una corsa dalla forte competitività. Soprattutto importante è stata una mattina, quella della terza tappa, il 25 luglio, partenza da Collonges-la-Rouge e arrivo a Montignac Lascaux, quella in cui la squadra chiede a Elisa Balsamo se se la senta di provare a fare la volata: «Sapevano come lo sapevo io che non avrei potuto vincerla, ma si sono fidati e fidarsi, quando si parla di volata, vuol dire metterti una squadra a disposizione, lavorare sodo, senza alcuna certezza. Per me è stato un segnale importante». Quando parte la volata, Balsamo è nella migliore posizione possibile, allora si alza sui pedali e prova a lanciarsi: «Mi sono dovuta risedere sul sellino, le gambe erano vuote, non potevo spingere. Ho fatto quinta in una volata che poteva essere perfetta, ma non ne avevo». In quelle gambe vuote c’era fatica, male, stanchezza, non c’era, però, timore che, dopo un infortunio simile, avrebbe ben potuto essere presente: «Quando dico, e lo dico spesso, che mi fido ciecamente di Ilaria Sanguineti, l’ultima donna del mio treno, non faccio della retorica. Nel momento in cui sono sulla sua ruota, so che la traiettoria scelta sarà quella giusta e mi sento sicura. Senza parlare più di tanto». Sarà perché Balsamo e Sanguineti si conoscono da tempo, perché c’è un rapporto di amicizia oltre che di lavoro, ma fra di loro non si parla molto neppure di sogni, anche se il più grande, ciclisticamente parlando, lo sanno entrambe e Sanguineti, lo scorso inverno, ce lo aveva confessato: portare Balsamo a vincere il Fiandre. «Sì, è il sogno condiviso, ma non ce lo diciamo, pur continuando a lavorare per la stessa cosa. Se accadrà, allora ammetteremo di averlo sognato da sempre».
Dopo il Tour de France, in Scandinavia sono arrivati i primi podi in volata, a rassicurarla, a farle capire che, nonostante tutto, era ancora lì. Solo al Simac Ladies Tour, però, alla prima tappa, Balsamo ha trovato nuovamente la vittoria: «Fossi arrivata seconda, anche di pochi centimetri, sarebbe cambiato tutto, anche i discorsi che sto facendo ora. Ad un certo punto, pensavo anche alla necessità di ripagare il lavoro della squadra e si ripaga con le vittorie, c’è poco da dire. La felicità che ho provato quando Shirin van Anrooij ha vinto il Trofeo Binda, davanti a me, è una felicità simile al giorno dell’anno prima in cui vinsi io. In una squadra succede così. La vittoria al Simac Ladies Tour è la vittoria che ha salvato la mia stagione, sono sincera. Era fondamentale mentalmente, prima che fisicamente». Una stagione sfortunata, non solo per lei, per la squadra, che si è trovata a correre con poche atlete: la gravidanza di Ellen van Dijk, qualche problematica che ha riguardato anche Elisa Longo Borghini e altre compagne coinvolte in cadute ed infortuni. Per questo, se Elisa Balsamo pensa alle volate della prossima stagione e a come battere Lorena Wiebes, chiede solo un poco più di fortuna, perché «la nostra è una bella squadra e la chiave per superare certi talenti è proprio la squadra».
La stagione 2024 sarà una stagione importante, intensa, per cui Balsamo sente di aver messo nelle gambe, con i ritiri invernali e con il lavoro in palestra, una buona base di preparazione, solida, quella che la caduta le aveva portato via. Per la prima volta, dopo tanti anni, però, non ci sarà la scuola, lo studio, l’università, visto che Elisa Balsamo si è laureata la scorsa primavera: «Mi è piaciuto studiare e mi è piaciuto scrivere la tesi. Ho studiato credendo che dovesse esserci qualcosa di altro nella quotidianità oltre al ciclismo, ben sapendo che, per quanto tutte noi lo trattiamo come se fosse l’intera nostra vita, il ciclismo non è la vita. Deve esserci altro, bisogna cercarlo e metterlo nelle nostre giornate, altrimenti diventa un problema. L’università era questo per me e ora che è finita sento la differenza. Riempio il mio tempo libero, condivido passioni con Davide e quando non sono in sella non mi annoio mai. Anzi, mettiamola così: ho scelto di non annoiarmi mai». La passione per la scrittura non l’ha mai nascosta, vorrebbe diventare giornalista, dopo la carriera o, forse, addetta stampa, sulle orme del suo addetto stampa attuale, Paolo Barbieri.
Il primo appuntamento è con gli Europei su pista, i ritiri sono in previsione di quell’appuntamento, ma anche, in generale, della stagione che culminerà con l’Olimpiade, a Parigi. Si dice sicura che la nazionale farà il massimo agli Europei, ma la valutazione non sarà e non dovrà essere focalizzata solo sul risultato: «Ritrovarsi con il quartetto, stare assieme, è un primo punto. Si tratta di un gruppo di ragazze che lavorano assieme sin da giovanissime: crescendo si cambia a livello fisico, a livello mentale ed anche a livello di potenza e watt che si sprigionano. La nostra evoluzione è questa ed è all’interno della stessa che bisogna muoversi: per esempio, facendo in modo che ciascuna abbia la possibilità di esprimersi nel ruolo in cui più si riconosce. Credo che queste siano le fondamenta di tutto quello che stiamo facendo». Dell’Olimpiade non si può non parlare, anche se manca molto e questa distanza di tempo rende più difficile rifletterci, soprattutto per chi, come Balsamo, ha scelto di concentrare la sua stagione in piccoli blocchi, per una questione di gestione, di concentrazione e di produttività: «Voglio esserci e voglio ottenere il miglior risultato possibile».
La frase lapidaria, senza dubbi o sfumature. Poi un salto all’indietro, a Tokyo, la sua prima Olimpiade: «Non ho un ricordo positivo, non posso parlarne come di un’esperienza che mi ha lasciato un bel segno, però ho sempre pensato che da ogni fatto che viviamo sia possibile trarre qualcosa di buono, quindi sì, la presenza a Tokyo è servita: non sarà la prima volta, saprò come meglio gestire l’ansia da prestazione e non ripeterò gli stessi errori». A guidare la nazionale su pista, Marco Villa che sta lavorando, tra l’altro, affinché, a livello tecnico, si riesca ad indurire il rapporto nell’inseguimento a squadre, il resto si inserisce nel rapporto umano, nell’ascolto e nel miglioramento quotidiano. Su strada Balsamo ha già la mente alle classiche di inizio stagione, poi penserà alle tappe al Giro d’Italia e al Tour de France. Dentro c’è l’orgoglio per quello che ha passato e per come lo ha oltrepassato.
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