Non sappiamo di chi sia stata l’idea di questa foto. Forse di Annemiek van Vleuten, probabilmente di Puck Pieterse, magari, semplicemente, di qualcuno che, vedendole vicine, in Piazza del Campo, ha pensato che in un’immagine così potessero essere racchiuse molte cose. Semplici quasi quanto il gesto dello Shaka che fa la mano di Pieterse: un gesto tipico della cultura hawaiana, che è un saluto, una forma di gratitudine, un modo di vivere il momento e trasmettere felicità, anche un poco rock, se vogliamo. Il loro modo di correre in bicicletta, alla fine, è tutto questo e avere la stessa visione (intesa non solo come ciò che si vede, ma come quello che si pensa) in fatto di bici e in ogni altro campo, permette di riconoscersi e di parlare un linguaggio comune, oltre ogni altra differenza.

Vogliamo dire che Van Vleuten e Pieterse, in quella Piazza, sarebbero state vicine anche se nessuno le avesse fotografate, anche se non si fossero fermate a parlare. Pieterse avrebbe potuto dire, e forse lo ha detto, a van Vleuten: “Sai che, quando scatto, non penso a nulla? Sento qualcosa dentro di me e vado” e van Vleuten avrebbe potuto rispondere solo che anche a lei accade lo stesso. Allora Annemiek avrebbe potuto raccontare, e forse ha raccontato, a Puck che, per andare forte in bicicletta, lei ha sempre spinto, a tutta, senza paura e Puck avrebbe potuto rispondere che per lei è proprio così. Forse Puck Pieterse, allora, avrebbe chiesto se, con il passare del tempo, non cambiano queste sensazioni. Sì, perché van Vleuten ha quarant’anni, Pieterse solo ventuno. La Campionessa del Mondo avrebbe forse risposto che il ciclismo la affascina ancora come a vent’anni e nella sua mente è lo stesso, raffinato dalle esperienze: il passare degli anni cambia solo il tempo che serve per allenarsi e per ottenere risultati, la fatica che si fa, ma lo spirito del ciclismo è sempre quello. Avrebbero potuto dire e forse hanno detto molte altre cose, compreso il fatto di essere entrambe olandesi, di essere entrambe dotate di un talento importante e di come si affronta la quotidianità con questo talento fuori dal comune. Forse van Vleuten è più abituata a questo, Pieterse si abituerà.

Poi c’è la cosa più importante di cui avrebbero potuto discutere: di come si fa ciò che si fa e del perché si decide di farlo. Pieterse ha saputo che avrebbe potuto correre sulle strade sterrate della Toscana solo pochi giorni prima della gara: ha accettato perché era un’opportunità da non lasciarsi scappare. Sarebbe stata contenta di arrivare nelle prime trenta, è arrivata sesta e ha corso con padronanza, con attenzione, incarnando l’istinto che la contraddistingue. Anche van Vleuten ha sempre posto particolare attenzione all’opportunità, al piacere di essere in corsa, anche quando non ha vinto: è tornata a lavorare, a potenziare, perché vuole vincere come d’abitudine, ma sabato, nel dopo gara, ha continuato a focalizzarsi sul piacere di aver corso e, ancor di più, sul piacere del gesto atletico di altri, quello di Puck Pieterse ad esempio.

In quella foto, in quel gesto dello Shaka, è racchiuso il racconto di come arrivano, il più delle volte, le cose belle, le più grandi vittorie, di come si fa qualcosa di grande. Certo attraverso l’impegno, la dedizione, la fatica, il sacrificio ma pure attraverso il piacere, la gioia, che è, poi, la molla affinché ci siano tutti gli altri comportamenti di cui abbiamo parlato. Per Pieterse era una prova su strada importante, perché era una gara importante e perché il talento si manifesta nel mettersi alla prova, si scopre, si disvela, trova nuove forme. Più di tutto era importante perché era una possibilità di divertirsi, di improvvisare sul tema, e di quel divertimento porta traccia ogni muscolo. Lei è legata al fango, alla terra del ciclocross, al pensiero di una medaglia olimpica in Mountain Bike: non sa se e quando ci sarà una continuazione su strada.

Nonostante spesso si dimentichi, il punto è proprio che non sempre c’è un motivo, un disegno nel proprio procedere, e il bello, tante volte, si fa solo perché piace. Per fortuna. Probabilmente è così che si vive un talento come quello di Pieterse e van Vleuten nella vita di tutti i giorni. Certamente è così che in quella Piazza sarebbero state vicine, anche lontane.