Pochi giorni dopo Badlands, a Rimini, un ragazzo ha avvicinato Mattia De Marchi solo per dirgli che gli sarebbe piaciuto essere come lui. «Gli ho risposto che poteva farlo: avrebbe dovuto solo allenare la mente più che il fisico ma poteva fare tutto ciò che avevo fatto io. Molte persone si fanno intimorire dall’idea di non essere all’altezza; sono sciocchezze. Un viaggio come questo lo consiglierei a chiunque. Non come ciclista, come uomo». De Marchi è certo che la sua vittoria in terra di Spagna, i 750 chilometri percorsi in 43 ore e 30 minuti siano solo una parte del racconto che Badlands merita. «Per esempio, vorrei raccontare che mi mangio ancora le mani per i tratti percorsi di notte, perché avrei voluto vedere quei paesaggi e giuro che ci tornerò. Non solo: potrei dire del rammarico che ho per essermi perso anche la paura del vuoto, le vertigini che ho da sempre, in un sottile tratto di deserto a precipizio nel nulla. Sono andato così veloce perché non me ne sono reso conto, altrimenti probabilmente mi sarei attaccato alla roccia per diversi minuti. È il prezzo da pagare per aver vinto».
Ora che è trascorso qualche giorno dal suo arrivo a Granada si rende conto di quanto Badlands sia stata la gara che non immaginava. Una gara assurda che a pochi chilometri dal centro ti porta in un deserto, poi in una palude e ancora in un deserto, fino al mare e di nuovo alla città. Una gara che ti fa scoprire la Spagna nascosta, quella silenziosa, dai contorni mai visti. «Immaginavo Girona o Barcellona e ad ogni curva mi chiedevo: e adesso dove finiremo? Discese tecniche, sterrati, salite ripide e chilometri nel nulla». Dopo tante gare, la gara in cui ha sconfitto una delle sue fobie: pedalare da solo la prima notte di una corsa. «Non so perché, l’idea mi ha sempre terrorizzato. Al tramonto ero a ruota di Sebastian, un ragazzo tedesco. Ero tranquillo, quando lui ha iniziato a staccarsi. Pur di non restare solo, l’ho anche aspettato: non arrivava. Non è stato facile ma ci sono riuscito. Ho superato una paura che altrimenti non avrei mai superato».
Il segreto, in fondo, non è così complesso. Mattia De Marchi lo dice a tutti, ciclisti e non: nei momenti difficili bisogna ricordarsi sempre che succederà qualcosa che cambierà la situazione. A lui è accaduto l’ultima notte. «Avrei dovuto arrivare intorno all’una, in realtà sono arrivato dopo le cinque. A un certo punto non volevo più pedalare, ero talmente stanco da non sentirmela più. Ha cambiato tutto un messaggio di Federico Damiani, compagno in Enough Cycling. Sono bastate poche parole rivolte al gruppo di Enough: “Guardate cosa sta facendo Mattia! Ci vorrà tempo prima di capire la grandezza di quello che ha realizzato”. È tornato il coraggio, è tornata la forza per pedalare».
Quella forza che è anche piacere. Mattia ne parlava pochi giorni fa con Alessandro De Marchi, suo cugino. «Alessandro ha ancora tanta fame, perché nessuno gli ha mai regalato nulla. Forse anche per questo ha capito che bisogna imparare a godersi la bicicletta senza aver sempre e solo la testa sulle tabelle. Altrimenti ti stanchi, ti stufi e smetti. I professionisti devono capire che liberare la testa fa bene come allenare il fisico». Anche a Mattia De Marchi capita di non aver voglia di allenarsi, allora prende la bicicletta da gravel e va sugli sterrati, nei boschi: basta staccare per qualche ora dalle strade d’asfalto, dalle auto e ci si rigenera. In autunno ha programmato un viaggio di due giorni proprio con Alessandro. «Ho provato anche a portare dei giovani ciclisti con me. Tornano a vedere il mondo e si stupiscono, così faccio notare che quelle cose ci sono sempre state, erano loro a non avere occhi per guardarle».
Anche per questo Mattia si sente fortunato, lui che ha sempre voluto essere un esempio e ci è riuscito. «Nelle fasi finali di Badlands ero rimasto senza cibo, aspettavo di arrivare in un paese per recuperare qualcosa. Ad un certo punto, in fondo a una strada bianca, noto un furgone rosso e una famiglia che mi chiama. Mi avevano preparato un panino e dell’acqua fresca. Avrò perso qualche minuto ma ho voluto fermarmi con loro. Capisci? In Spagna, qualcuno teneva così tanto a incontrarmi che è venuto a cercarmi in gara. È stupendo». Sì, perché come dice Mattia De Marchi, alla fine, tutto torna.