Sono una manciata le persone appostate nella parte alta del borgo di Villalago per vedere il passaggio del Giro d’Italia. Per arrivare quassù non si contano gli scalini e le pietre dissestate, i balconi con steso qualche panno e le mollette accumulate in sacchetti appesi accanto alle persiane. Ogni insegna da queste parti sa di mani artigiane e di antico. Chi si siede fuori dalle case, arroccate in viottole, spesso senza uscita, lo fa su vecchie sdraio a righe, con una sedia di vimini accanto per poggiare gli attrezzi, per maneggiare il legno o il ferro. Sì, perché qui la gente lavora anche la domenica.

Se ci fosse qui Arturo saprebbe spiegare molto meglio di noi cos’è questo borgo. Così ci dice Maddalena, la nipote di Arturo: «Noi non abitiamo più qui, siamo solo della zona, ma per mio zio non ci sono storie che tengano. La sua città è questa. Vi racconterebbe di certo di quel gradino di pietra che è davanti ad una vecchia casa salendo qui, del fatto che pesi circa cinquecento chili. Poi vi chiederebbe, secondo voi, come hanno fatto a portarlo qui più di cinquecento anni fa. Credo non lo sappia neanche lui ma, sin da quando ero bambina, mi parlava di quel gradino. Come mi raccontava di tutto il pavimento di una casa da queste parti, pietre di venti chili che un signore ha posizionato personalmente perché “sono artigiano e le mani le ho per usarle”.»

Arturo che è cresciuto qui, quando per queste vie c’erano ancora i pollai e qualche gallina libera che arrivava all’uscio di casa, quando qui passavano ancora i muli con il loro carico e giù, accanto alla strada sterrata, si vedevano i pastori d’Abruzzo pascolare le pecore. Arturo che è appassionato di ciclismo e quelle strade le percorreva con Maddalena quando lei era ancora bambina. «Gli altri bambini raccontavano dei loro eroi, io sentivo zio che mentre pedalava per andare in campagna cantava “vai Girardengo, vai grande campione” e immaginavo chi fosse questo Girardengo». E poi tutte le rivalità che Arturo le ha raccontato. «Mio zio non ha un carattere semplice, sa essere freddo, duro, ma raccontare gli piace. Forse, per chi ha fatto la sua vita non può essere altrimenti. L’Abruzzo è una terra stupenda, ma aspra. Gli alberi scompaiono in un attimo e vedi le rocce, le pietre. Qui gli inverni sono lunghi, per quello c’è quella legna ancora accatastata».

Del ciclismo, spiega Maddalena, Arturo rispetta la fatica. «Ora che ha una certa età si commuove quando il gruppo passa e la gente applaude. Dice che fino a quando qualcuno starà ad aspettare una persona in bicicletta che sale da una montagna, sudata e malmessa, anche chi ha la sua età può sperare».
Lui sostiene che fino a ieri non si era mai perso un passaggio del Giro d’Italia nella sua terra. Maddalena dubita ma «lo dice così sicuro che contraddirlo dispiace anche. E poi si arrabbierebbe, se non gli credessi». Ieri non c’era perché un mese fa, cadendo, ha rotto il femore ed il recupero è lungo. Al mattino Maddalena è passata da lui, prima di salire al borgo, ma non gliel’ha detto, temendo di ferirlo. «Mi ha fissato e mi ha rimproverato: “Faccio finta di non sapere dove stai andando. Guarda che al Giro tornerò anche io, cosa credi? Il femore si sistema. Anzi, ti conviene sperare succeda in fretta perchè voglio tornare al borgo e, se non ci riesco con le mie gambe, vi toccherà portarmi in spalla”. Cosa volete farci, quell’uomo è fatto così».