«La maggior parte delle idee mi vengono quando sono in bici», ha raccontato qualche giorno fa Luis Ángel Maté, l’ultima, dice, gli è arrivata mentre si allenava sulla Sierra Nevada in preparazione alla prossima Vuelta.
Luis Ángel Maté da un paio di stagioni difende i colori della Euskaltel Euskadi, i colori mitici del ciclismo basco, quelli arancioni, dopo aver corso per una vita intera con la Cofidis e aver condiviso anche un’esperienza biennale con l’Androni di Savio.
Maté non è mai stato un ciclista qualunque, conosciuto più per le sue fughe in terra spagnola, che per le vittorie, più per la sua sensibilità fuori dal gruppo, che per qualche scatto bruciante, amato per la disponibilità con i tifosi e i compagni di squadra, per la sua affidabilità in corsa. Molti se lo ricordano anche come grande amico di Michele Scarponi, ad altri gli viene in mente di quando lo scorso anno al termine della Vuelta intraprese un viaggio particolare.
Ogni cambiamento parte da una piccola azione, ogni idea che può sembrare ininfluente, può essere di ispirazione per qualcun altro. Il classe ’84 spagnolo nel 2021 decise di percorrere, subito dopo aver concluso la corsa a tappe spagnola – 16° Grande Giro portato a termine in carriera – 1000 km su due ruote da Santiago di Compostela, dove si chiuse la corsa, fino a Marbella. «Volevo semplicemente prendere la mia bicicletta e tornare a casa senza usare l’auto o l’aereo, usando soltanto le mie gambe, in armonia perfetta con me stesso e con quello che mi circonda». Non un’idea rivoluzionaria magari, ma un piccolo contributo che il corridore andaluso ha voluto dare al racconto («Tutto quello che ho – disse – me lo ha dato la bicicletta. Non il ciclismo, non il mio lavoro, la bicicletta pura e semplice attraverso cui sto imparando a conoscere il mondo e anche me stesso») e alla mobilità sostenibile, alla vicinanza con il territorio e l’ambiente: «Noi ciclisti abbiamo il privilegio di correre negli stadi più meravigliosi e imponenti del mondo, immersi dentro scenari unici. È nostro dovere cercare in qualche modo, in ogni modo, di prenderci cura di loro».
Fra una decina di giorni Maté, che, come scrive un giornale spagnolo, è “Soprannominato la Lince Andalusa non tanto per la sua vista particolarmente portentosa, ma più che altro per la sua astuzia, la sua capacità di vedere oltre l’ovvio», prenderà il via della Vuelta e, come detto, allenandosi in altura gli è venuto in mente di donare un albero per ogni chilometro che passerà in fuga nella corsa a tappe spagnola al Parco Naturale Los Reales della Sierra Bermeja. “Il mio ufficio, la nostra casa” ha definito quel posto, che è la Sierra Bermeja andalusa, ma in realtà Maté parla di ogni luogo.
La Sierra Bermeja lo scorso anno fu devastata da un terribile incendio attivo per 46 giorni e che distrusse oltre 10.000 ettari e costrinse circa 3.000 persone a lasciare le proprie case. Luis Angel Maté ha fatto partire la sua iniziativa donando 100 alberi (altri 100 sono stati donati dalla sua squadra e altri 100 dagli organizzatori della Vuelta), con l’obiettivo di sensibilizzare; noi ci auguriamo possa avere le gambe migliori possibili alla Vuelta per riuscire a scappare ogni giorno dal gruppo, e magari farsi venire in mente qualche altra nuova idea. Piccola o grande che sia non importa, si inizia sempre da qualche parte.