In quelle ultime pedalate potenti, un po’ sporche, in quelle mani sul caschetto, per una scena simile, già vista, o meglio, praticamente identica a quella di tredici anni fa su questo stesso traguardo a Châteauroux, c’è tutta l’estate di Mark Cavendish.

Nella faccia incredula, nella maglia verde, nella seconda vittoria in questo Tour, la trentaduesima in totale nella corsa più famosa del mondo, c’è tutta la sua essenza.

In quello che ieri era un pianto e che oggi diventa riso, in quella faccia rossa dalla fatica, nel gesticolare spiegando ai giornalisti la volata a fine tappa, in quegli occhi pieni di emozione, c’è tutta la classe del Missile di Man.

In quell’abbraccio con i compagni di squadra a fine corsa, in quell’urlo unanime e soddisfatto, in Alaphilippe in maglia iridata che tira il gruppo, in Ballerini che pilota Mørkøv e sembra fare a gara con van der Poel che tira il gruppo dall’altra parte, c’è tutta la fedeltà del ciclismo.

Nella battaglia per prendere il treno giusto, c’è il gusto del rischio.
Nelle sbandate e nella velocità, nelle rotonde e nella noia di una tappa di trasferimento, c’è tutto il sapore di una volata al Tour de France.

In quegli ultimi metri, in quell’accelerazione esplosiva, nel viaggiare da una ruota all’altra, nell’abbassarsi schiacciato sul manubrio, ci sono le trentasei primavere di Mark Cavendish, che sembra non sentirne mezza. E oggi è la sua estate, calda, quella del ritorno.

Foto: Bettini