Inverno totale a Livigno. Scendiamo dalla cabinovia del Mottolino e lo scenario non è proprio da fine stagione: -10°, temperatura inusuale anche per aprile inoltrato in alta montagna; quasi un metro di neve sulle piste caduta nelle ultime 48 ore. Sonny Colbrelli ha rimesso gli sci ai piedi quest’anno e il vincitore della Roubaix 2020, passaggio dopo passaggio, pista dopo pista, si trova comunque a proprio agio sulla neve. Meno goffo, appare Sonny, dopo le prime curve di giornata. Siamo qui per la conferenza stampa della tappa del Giro d’Italia che arriverà proprio al Mottolino di Livigno, a quota 2400 metri, il 19 maggio. Sarà la tappa numero 15.

Certo che se i corridori troveranno queste condizioni meteo…

«Così sarà difficile, non sarà così freddo. Con il meteo avverso la tappa sarebbe ancora più dura. Sicuramente attaccheranno il finale di gara con la neve ai lati, lo spettacolo è assicurato. Sarà una lotta dall’inizio alla fine».

L’arrivo in quota è duro, ma quale sarà il punto decisivo dove fare la differenza?

«La tappa è tutta insidiosa. Parte dal bresciano, Manerba del Garda, passa da casa mia. Poi una salita impegnativa subito, Colle San Zeno, quindi il trasferimento fino alla Valtellina dove poi si scalerà il mostro sacro del Mortirolo. Arrivati a Bormio poi anche il Foscagno se fatto forte può far male. Il finale ovviamente sarà il trampolino di lancio per chi primeggerà. Ne vedremo delle belle…».

Pronostico per la vittoria finale?

«Scontato, Tadej Pogačar senza se e senza ma. E’ l’unico che può perderlo, ha dimostrato nelle classiche di essere imbattibile. Poi, tornando alla tappa livignasca, lo sloveno si esalta anche con condizioni meteo complicate».

La tua Bahrain su chi punta?

«Antonio Tiberi parte da capitano. E’ giovane e alle prime gare questa stagione si è mosso bene. Ci aspettiamo tanto da lui, puntiamo al podio. Può giocarselo sicuramente. Damiano Caruso invece sarà la seconda scelta e ha dichiarato di essere a disposizione di Tiberi e soprattutto di puntare ad imporsi in una tappa».

Ma non rischia di essere una scelta azzardata puntare su Tiberi come capitano?

«Dici che non ha esperienza? Certo, è alle prime battute della sua carriera, ma è cresciuto molto tatticamente e di mentalità, Antonio. E’ reduce da un podio al Tour of The Alps e anche alla Liegi Bastogne Liegi ha chiuso 22° dimostrando di avere le gambe quando la corsa si faceva sempre più dura. Io dico di tenerlo d’occhio».

Cosa ti lega così a Livigno?

«Da corridore mi sono sempre trovato bene perché oltre alla quota e alle salite, consente anche di fare pianura a 1800 metri che è davvero allenante. Poi mi ha stupito questa entusiasmo e la volontà di spendersi tanto nel ciclismo e nella sua promozione. Un posto che vive di sport invernali e punta tanto davvero sui Giochi olimpici 2026 ma trova comunque le energie e le risorse per veicolare anche il nostro sport e tutto il movimento. Un esempio per quello che fa per il mondo della bici».

Quanto ti manca l’agonismo?

«Parecchio. Mi manca quel mondo, ho investito la mia vita sulla bicicletta. Certe gioie che mi ha dato correre difficilmente potrò riassaporarle, e non parlo solo della vittoria magica della Parigi-Roubaix, che rimarrà la cosa più bella che ho fatto. Ma adesso ho voltato pagina, faccio il direttore sportivo in Bahrain e ho altri impegni con aziende e sponsor».

Ma ti vedremo in ammiraglia al Giro d’Italia?

«No, mi vedrete ma in un’altra veste. Farò il Giro-E».