GRAVELLINA

Il 21 e 22 settembre 2024 ci sarà la prima edizione di Gravellina, un evento che nasce dall’amore per questa valle e le sue bellezze, paesaggistiche, storiche e culinarie. Un evento gravel senza classifica, dove il territorio sarà in primo piano non solo grazie al paesaggio, ma anche con la sua cultura e la sua accoglienza. Pedalare in Valtellina, tra le vigne, a settembre, significa annusare il paesaggio, ascoltare il rumore dell’inizio della vendemmia, prendersi il tempo per chiacchierare con i contadini e bere dalle fontane. L’evento proporrà un percorso lungo, due medi – uno sabato e uno domenica – e un giro facile la domenica mattina: il tutto accompagnato da soste culinarie, musica e, come ci piace, tempo perso, quello necessario per accorgersi di quello che c’è attorno a noi, in sella e non solo.

Il programma, le iscrizioni e tutte le informazioni sono qui: www.gravellina.com

Verbi solitamente applicati alla Valtellina, in senso lato: attraversare la Valtellina, percorrere in auto la Valtellina, mangiare i pizzoccheri in Valtellina, bere il vino o comprare le mele della Valtellina, pensare di dimagrire mangiando la bresaola della Valtellina. Più raramente si dice pedalare in Valtellina, lunga vallata che spesso si percorre verso un altrove ciclistico più famoso: lo Stelvio, il Gavia, Livigno, il Bernina per citarne alcuni. Non avendo la forza, nella vita, di sanare grandi ingiustizie, credo di poter invece coraggiosamente contribuire almeno a contraddire la convinzione errata che la Valtellina non sia, invece, il classico posto della Madonna in cui pedalare e anche godersi delle soste culinarie degne della nostra fame. La Valtellina è una valle che collega la Lombardia alla Svizzera e che, come tutte le valli lungo le quali nei secoli passati si potevano agilmente passare le Alpi, è stata altrettanto agilmente percorsa da eserciti, principi, re, cardinali, rivoluzionari e controrivoluzionari, cattolici e protestanti (che qui se le sono date alla grande), Franchi, Spagnoli, Etruschi, Longobardi e persino Liguri. Già, i Liguri. Sapere che i Liguri hanno avuto un ruolo non marginale nella storia della Valtellina mi ha colpito molto, non tanto perché non sia convinto della grandezza del popolo ligure, non fosse altro per la focaccia, De André e i carruggi, ma perché in effetti le Cinque Terre e la Valtellina hanno una cosa importante in comune, ossia i terrazzamenti, i vitigni e soprattutto una gran voglia di coltivarli molto faticosamente. E infatti pare siano stati proprio i Liguri, anticamente, a portare in Valtellina la vite e a segnare in maniera decisa il destino degli assolati e impervi versanti della valle, da cui arrivano oggi vini, soprattutto rossi, dotati di un carattere senza compromessi. È con questa idea, con atteggiamento da esploratore e giustiziere, che son partito dalla piazza di Sondrio, che di mattina potrebbe essere quella di altre mille città italiane: le persone che passeggiano, i monumenti, la luce, le montagne tutto attorno e il classico aplomb della ricca provincia italiana.
Il percorso che mi ha proposto Camillo, organizzatore di eventi come Valtellina Ebike Festival o Gravellina – di cui parleremo poi – è fatto di 70 chilometri di ininterrotta bellezza, e non è retorica.

Nella prima parte ci siamo scaldati le gambe lungo il famoso Sentiero Valtellina, dove si inizia presto a farsi un’idea di tutto quello che, passando in auto, ci era sfuggito, mannaggia a noi: vigneti, boschi, chiese, castelli, montagne e borgate di pietra. Iniziando a salire, sbuffando, perché le salite della Valtellina non sono quasi mai di quelle da fare fischiettando, il panorama si apre e la luce, essendo una valle soleggiata e aperta come poche, inizia a disegnare il paesaggio.
Da subito si intuisce che ogni metro di questa valle è frutto di secoli di lavoro e fatica: è una terra che è stata tanto attraversata da mercanti e contesa da eserciti, quanto da sempre coltivata, essendo molto più fertile delle vallate più a nord, come quelle degli invidiosi Grigioni; proprio per questo è diventata un territorio ricco, che ha fatto della sua posizione, della terra fertile, dell’abbondanza d’acqua e della tenacia dei suoi abitanti gli ingredienti per essere quello che è oggi.
Attraversandola in bici, salendo sul versante esposto a sud e guardandola dall’alto, la Valtellina dà il meglio di sé, mettendo nello stesso sguardo le vette innevate del Bernina e delle Orobie e la fascinosa durezza dei borghi di sasso e del fondo valle.

Si pedala lungo incredibili terrazzamenti verticali che ospitano vitigni antichi come le montagne, attraverso villaggi di pietra in cui persino i volti degli anziani sembrano scolpiti, di fronte a cattedrali la cui sproporzionata dimensione racconta di epoche in cui avere una chiesa grande era motivo di orgoglio, come negli anni ’80 il figlio laureato. Mi segno posti e nomi come la Fracia, il Vecchio Torchio lungo la Via dei Terrazzamenti, il centro storico medievale di Ponte in Valtellina, i meleti di Chiuro, i mulini e i palazzi di Teglio; e poi ancora il Castel Grumello, che domina la valle e il monumentale santuario della Santa Casa a Tresivio; ma anche la passerella sulla gola delle Cassandre e il quartiere storico di Scarpatetti a Sondrio. A Teglio, paese a 900 metri di quota che dà il nome alla Valle, ha sede l’Accademia del Pizzocchero, a conferma del fatto che da questi parti con cibo e vino non si scherza e la preparazione del celebre piatto è una liturgia che non accetta ironia o variazioni, non sia mai che si voglia discutere della quantità di burro o della provenienza della farina di grano saraceno.
Riempito lo stomaco di quanto basta, in termini di calorie, per rientrare a Padova pedalando a 40 km/h, con la mia guida locale continuiamo a pedalare, ora col sorriso sereno di chi ha assaggiato lo Sfursat, il rosso di queste terre, come raccomandano tutti i nutrizionisti più in voga. Boschi di faggi, pini, abeti, torrenti, sentieri di colpo tecnici, tutti da guidare, e infine mulini, nascosti tra le rocce, completano l’esperienza e non c’è un metro in cui non venga la voglia di fermarsi per fare una foto perfetta per Tinder, Strava o la lapide. Il foliage e le geometrie precise dei terrazzamenti sembrano un quadro e la bellezza è senza compromessi: natura e paesaggio, uomo e storia.

A chiudere il giro, prima di rientrare a Sondrio, Castel Grumello, restaurato dal FAI, da cui si vedono montagne a non finire, si intuisce la dimensione di questa valle, che va dal Lago di Como a Bormio, e si immagina il tempo in cui qui, da queste torri, cavalieri e soldati guardavano lontano. Rientriamo a Sondrio dopo aver superato il vertiginoso ponte sulle Cassandre, 100 metri sopra il torrente Mallero, godendoci poi la divertente discesa che ci porta nella parte vecchia della città,
guidando veloci tra single track e ciottoli consumati dai secoli. Abbiamo percorso solo una parte della Valtellina, lungo il versante Nord della valle, attorno a Sondrio, non avvicinandoci a Tirano o al Lago di Como e abbiamo snobbato, per ora, le vallate laterali come la Val Masino, la Valmalenco, la Val Gerola e tante altre. Ce ne sarebbe da pedalare per una settimana, ma per questa volta preferisco preservare il matrimonio e tornare a casa.
Tornerò per la Gravellina.

Testo – Andrea Benesso
Foto – Ulysse Daessle