Lo avevamo lasciato, Jasper Philipsen, in lacrime accasciato sul marciapiede al termine dell’ultima tappa del Tour de France, sull’Avenue des Champs-Élysées. Inconsolabile (e con un bicchiere di champagne in mano che chissà se gli avrà dato un po’ di sollievo), singhiozzante dopo l’ennesimo piazzamento, la sua bici appoggiata sull’asfalto come a volersene liberare per sempre dopo tre settimane di fatica e tanti piazzamenti, mentre tifosi, o semplicemente gente accorsa lì per vedere quei matti in bicicletta fare scintille in volata, lo riprendevano col telefonino, altri bevevano birra e ridevano forse ignari di quello che stava succedendo da lì a pochi passi.
Lo ritroviamo, poche settimane dopo, vincente nella prima volata della Vuelta 2021. Lui che da bambino aveva un poster di Tom Boonen in camera e ha sempre sognato di emularlo, prima o poi.
Eccolo davanti a tutti in un finale che è caos come solo i finali veloci sanno esserlo, dove Roglič stavolta evita per un soffio la caduta; dove altri invece a terra ci finiscono e chiudono imbrattati di sangue come pezze gonfie di tempera rossa; dove il treno Groupama si sfalda; mentre alle sue spalle arriva Fabio Jakobsen, che poi alle “spalle” non è nemmeno corretto: gli arriva di fianco, dalla parte opposta della careggiata, e allora Philipsen si gira per guardarlo e lo batte con un colpo di reni che è quanto mai un guizzo risolutivo come quello di una rana in uno stagno.
Quel Fabio Jakobsen che arriva secondo di una ruota, ma è come una vittoria questa, lui che un anno fa era praticamente morto ed è un miracolo vederlo in bici, mentre ora rischia di vincere le volate di un Grande Giro – e ci saranno, nei prossimi giorni, altre occasioni per riprovarci.