Scorgendo la sagoma di Maxi Richeze all’orizzonte, puoi immaginarti alla sua ruota nomi come quelli di Modolo, Kittel, Viviani o Gaviria. Ultimamente potrebbe figurare pure quella di Molano, sempre circoscritto da una sorta di ingenua malinconia, ma tuttavia talentuoso. Succede poi, come, con il solito numero da pesce-pilota, Maxi Richeze permette al colombiano di recuperare e battere sulla linea d’arrivo Albanese: accade all’ultimo Giro di Sicilia ed è uno dei tanti episodi che hanno elevato le capacità di Richeze all’ennesima potenza.
Gaviria, raccontava tempo fa Richeze, è il più forte tra quelli che ha portato fuori a velocità impensabili in mezzo a tutta quella confusione che sono le volate. Facile a dirsi in quanto c’è stato un momento in cui Gaviria pareva un missile – anche se non ha mai sopportato quel soprannome.
Modolo, fu il suo primo capitano nel World Tour e proprio per questo gli deve tanto. Pensiamo che la cosa sia reciproca. Mentre definiva Kittel irresistibile in pianura, fino a che la strada non saliva, e di Viviani, disse una volta: «È quello che mi ha dato di più, professionalmente e umanamente».
Quando scorgi la sagoma di Maxi Richeze ti vengono in mente volate, velocisti e Argentina. Una famiglia di ciclisti, lui secondo di quattro fratelli, tutti aggrappati a una bicicletta. Quando era piccolo scappava da scuola e correva a casa per vedere gli sprint di Cipollini. «Ha cambiato la percezione del pubblico riguardo agli sprinter».
Sbarcò in Italia da Under 23, precisamente in Veneto con la maglia del Team Parolin, grazie ai contatti avuti con Mirko Rossato, e quando sembrava sul procinto di diventare velocista di livello fu fermato per un problema di positività: ancora oggi non si capisce molto bene cosa sia successo. «Potevo prendere e mollare tutto, ma in realtà mi ha dato ancora più motivazione».
Nel tempo ha vinto, sì, ma soprattutto ha legato rapporti e fatto vincere. Ci si poteva fidare di lui ciecamente e quando in una formazione leggevi il suo nome avresti detto: c’è Richeze, vince il “suo” velocista.
E oggi, quando leggi Maxi Richeze da qualche parte, sai che di tempo ne è passato: da quelle scorribande nei dintorni di casa sua con la bici, alle gare su pista, alla prima maglia arrivato in Europa, fino alle volate che i suoi compagni hanno vinto grazie a lui.
Quando leggi Maxi Richeze sai che stava per smettere, praticamente pochi giorni fa, mentre invece lo vedremo tirare ancora qualche volata; vedremo ancora velocisti fidarsi ciecamente di lui standogli a ruota.
Almeno fino alla fine del Giro e poi si vedrà.