Per Silvia Persico, quando le telefoniamo, sono i primi giorni di riposo dopo una stagione intensa, ci confessa che sente già la mancanza della vita movimentata da ciclista, mentre la bicicletta, per ora, la lascia da parte, tranquillamente. Del resto, saranno solo dieci giorni e poi si riprende perché a gennaio l’aspetta l’UAE Tour ed è necessario entrare subito in forma: è stata qualche giorno a Gran Canaria, con la famiglia, e ad Abu Dhabi per il primo ritiro con la squadra, dove si è cimentata in molte attività. Ora, a casa, rilassata, si concede del tempo per pensare: «Ho, forse, meno persone accanto e la colpa è di questi mesi, di questa stagione difficile. Si dice spesso che quando si vince tutti “saltano sul carro”, salvo scendere alla prima difficoltà, alle prime sconfitte. Si dice ed è vero, perché sono poche, pochissime le persone che restano nonostante tutto: la famiglia e pochi amici. In qualità di atleti lo sappiamo e non c’è molto da dire, fa parte del nostro lavoro e dell’avere così tanta gente attorno, non accanto, però, quando succede, fa pensare.
Corriamo questo rischio ma, al tempo stesso, possiamo essere sicuri di chi resta perché, a forza di selezionare e di persone che se ne vanno, i legami di un atleta, forse, sono i più sicuri». Il 2024 per Persico è stata una stagione sotto le aspettative: dopo un buon inizio, diciamo fino fino al Fiandre, dapprima la mancanza della nonna, successivamente un periodo in cui si trova ad inseguire di continuo. Anche i valori degli esami del sangue sono sballati, a maggio: in altura, pre Giro d’Italia Women, sta bene, ma al termine del Giro scopre di avere il Covid. Si allena, si prepara, è pronta per l’Olimpiade e tutto sembra perfetto fino al giorno prima della prova in linea: è un dolore al fianco il giorno stesso a bloccarla. Al Tour de France Femmes arriva stanca, si fermerà dopo il Tour e non correrà i primi giorni di settembre, fino alla Tre Valli Varesine e alle competizioni gravel, Mondiali ed Europei: «L’anno scorso vedevo il gruppo dalla testa, quest’anno mi sono spesso ritrovata in coda ed è difficile, mentalmente ancor più che fisicamente. Se non arrivano risultati è complesso continuare a lavorare con la stessa intensità, fare le cose per bene. Io molte mattine non avevo voglia di alzarmi, di uscire in allenamento. Ti chiedi perché devi farlo, perché non puoi stare nel letto, tanto non cambia nulla. Non mi divertivo più in bicicletta». Tutti hanno sempre lodato la grinta di Silvia Persico ed anche lei se la riconosce, la sente, «ma non sapevo come utilizzarla per uscire da questo tunnel, ho messo in strada tutto quello che avevo eppure per un periodo mi sono persa completamente. E, mentre ero persa, mi chiedevo quando sarei tornata, come sarei tornata e, soprattutto, se davvero era possibile tornare». Una parte di serenità e divertimento è ricomparsa cimentandosi nel gravel, a settembre, ed era da aprile che non accadeva.
Le manca il cross e anche nel gravel vorrebbe poter fare più gare, ma il suo è già un calendario intenso e tutto non si può fare, anche perché la stagione si allunga sempre: «Essere leggera in sella vuol dire sentirsi a proprio agio. Ho sperato a lungo di ritrovare quella voglia di pedalare genuina, senza la pressione del dover dimostrare che ti assale quando i risultati non ci sono ed è successo. Era la fine della stagione, ma è accaduto. Così anche da quest’anno mi porto via qualcosa di buono: la capacità di gestire gli alti ed i bassi e la consapevolezza che si ritorna. Bisogna credere che si starà meglio. Sembra banale, ma non lo è». Pensate al giorno della Tre Valli Varesine, sotto una pioggia torrenziale, dopo tanto tempo, qualcosa si era riacceso: il piano era lavorare per Eleonora Camilla Gasparrini, invece Persico entra nella fuga decisiva e insiste fino all’ultimo metro, arriverà un secondo posto, cercava la vittoria ma, oggi, quel piazzamento per lei è importante, è una testimonianza. In particolare in un anno ricco di cambiamenti: dopo otto anni, Silvia Persico ha cambiato coach, da Davide “Capo” Arzeni a Luca Zenti. Significa anche un cambio di metodologie di allenamento: da una parte l’intensità di Arzeni, dall’altra la quantità, le tante ore di allenamento di Zenti. Ora sente di essere pronta a gestire quel che verrà, ad affrontare una stagione importante, la prossima.
Scadrà il suo contratto con UAE Adq, a fine anno, e questo è indubbiamente un pensiero: «Avere un contratto è importante, allo stesso tempo però un contratto a lungo termine può spegnerti, può farti sedere, toglierti fame. Non è il mio caso, però è un dato di fatto. Troverò in questo anno la motivazione per continuare a dimostrare, per portare risultati, per mettermi a disposizione, se necessario, poi ci si siederà ad un tavolo e si vedrà, cosa mi proporranno e cosa vorrò».
La prossima stagione sarà anche quella dell’arrivo in UAE Adq di Elisa Longo Borghini. Persico l’ha saputo nel periodo dell’Olimpiade di Parigi, ma c’è di più: un giorno è stata proprio Longo Borghini a prenderla da parte e parlarle. Le ha posto una semplice domanda: «Silvia, sii sincera: dimmi cosa ne pensi del mio arrivo in squadra». La risposta è semplice; sin da piccola, Longo Borghini era un modello per Silvia Persico e ogni momento condiviso ha contribuito a farla crescere, ad ispirarla. L’ultima storia è recente: il ritiro al San Pellegrino prima del Giro d’Italia Women, poi conquistato dalla campionessa di Ornavasso. Dopo quel periodo di lavoro duro, concentrazione e sacrifici, ognuna con la propria squadra, per la propria strada. Erano in questa situazione il 14 luglio, a L’Aquila. «Certo che ciascuna lavora per il proprio team, ma lo confesso: sono stata contenta che il Giro lo abbia vinto Elisa, da italiana e da ciclista. Ci pensavo quel giorno e aver condiviso quella fatica ha fatto in modo che mi sentissi parte di quella vittoria, di quel successo. Non ho mai avuto una leader di questo tipo, un’atleta così forte, e sono certa che crescerò proprio grazie a lei. A Wollongong è già capitato ed io sarei davvero contenta di mettermi a sua disposizione e magari, chissà, di ritagliarmi qualche possibilità. Vorrei essere all’altezza della mia responsabilità, ovvero esserci quando servirà e ne avrà bisogno. Ad Abu Dhabi abbiamo condiviso la camera, stiamo continuando a conoscerci». Chi viene e chi va, perché la contentezza per Longo Borghini è controbilanciata dall’addio di Chiara Consonni che correrà in Canyon-SRAM.
«Non sarà facile vederla con un’altra maglia, anche perché noi non eravamo solo compagne di squadra, siamo migliori amiche. Le auguro il meglio, a livello personale e sportivo, tanti risultati, tante vittorie». Proprio ad Abu Dhabi ha incontrato Tadej Pogačar, nel corso di una conferenza: le ha fatto effetto pensare di correre per la sua stessa squadra. Lo descrive come un ragazzo di una normalità straordinaria, nonostante i tanti successi ed una carriera eccezionale: «Tadej spiega che con l’impegno e l’abnegazione chiunque può arrivare a fare certe cose. Io personalmente la vedo diversamente e penso ci sia bisogno di un talento fuori dal comune per ottenere certi risultati. Il lavoro è importante, fondamentale, ma non tutti possiamo fare certe cose, certe imprese. Tuttavia un fatto è certo: bisogna essere resistenti, consistenti e questo a prescindere dai risultati, bisogna esserlo perché è giusto, nei confronti della propria persona e del proprio dovere».
Foto: Sprint Cycling Agency
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.