“…Da godersi in riva al lago con il calare del sole”, cantavano, anzi, cantano ancora i Vintage Violence. Passato, imperfetto, oppure così presente e vivido il ricordo di una stagione appena terminata. Così in fretta, troppo in fretta. E non facciamo nemmeno in tempo a raccogliere i cocci, che un’altra sta per partire.
Ci rimane nel cuore uno strappo, è un magone. Una ferita che mai si potrà rimarginare. Negli occhi le lacrime, un nodo in gola che non va giù a pensare a quel giugno del 2023 e a Gino Mäder. Ogni volta che parliamo di ciclismo pensiamo a lui, inutile nasconderlo, ma mi fermo qui perché è difficile scriverne.
Ci rimangono negli occhi le grandi classiche e i grandi nomi. Persino le tante storture e ci scuserete se dimenticheremo qualcuno o qualcosa. Ci rimangono negli occhi anche quelle piccole cose. Intanto ci sono quelle piccole corse che si fregiano del nome “Classic” e sono alla loro prima edizione, qualcosa di buffo quando pensiamo alla Muscat Classic – Oman. Prima edizione della corsa, ma che è servita a capire chi è Franceso Busatto, 4° in volata alla sua prima con i professionisti, e che avrebbe poi sfornato una stagione eccellente. Su di lui tenderemo a riporre diverse speranze in un futuro che dal 2024 sarà già a tinte World Tour: non è un caso se è il primo corridore italiano che nominiamo qui, ora. Esplosivo, potente, resistente, ricorda per certi versi il Grillo Bettini e in tempi di magra ci faremmo andare bene anche solo un terzo di quello che fece il corridore toscano.
Ma parlavamo di grandi classiche: presa una per una una stagione dove vincono solo i grandi nomi è qualcosa che di rado accade e allora archiviamo il 2023 così: Strade Bianche (Pidcock), Milano Sanremo (van der Poel), Omloop Het Niewsblaad (van Baarle), Kuurne Bruxelles Kuurne (Benoot), E3 Harelbeke (van Aert), Gent-Wevelgem (Laporte), Giro delle Fiandre (Pogačar), Amstel (Pogačar), Freccia Vallone (Pogačar), Liegi (Pog… ah no, Evenepoel, una caduta a inizio gara ci toglie la possibilità di uno scontro frontale tra i due); e poi ancora, nella seconda metà di stagione: San Sebastian (Evenepoel), Mondiale (van der Poel), Plouay (Madouas), Quebec (De Lie), Montreal (A.Yates), Giro dell’Emilia (Roglič), Lombardia (Pogačar) e l’eccezione che ha chiuso la stagione: Riley Sheehan che l’otto ottobre conquista la Paris Tours correndo da stagista, da (quasi) perfetto sconosciuto ed è vero che ne abbiamo già parlato, ma è qualcosa da ripetere fino a memorizzare.
Da raccontare – lo abbiamo fatto, ma la citiamo – anche l’ultima tappa del Giro, la crono del Lussari, in contrapposizione a un Giro piuttosto bruttino e caratterizzato dal vento contro alle intenzioni di rendere la corsa più interessante e briosa rispetto a quel poco che si è visto, ma per fortuna di quel Giro restano anche i fuggitivi, le fughe e le loro vittorie conquistate o le imprese sfiorate: le storie di Healy e Gee, di Frigo e Pinot, i successi di Dainese, Zana e Milan che, in una stagione così così per il ciclismo italiano, restano fra i ricordi migliori della stagione.
Poi c’è Ganna, il miglior Ganna di sempre che fa brillare diverse cose appena le sfiora solo con lo spostamento dell’aria: podio alla Sanremo, top ten ad Harelbeke e alla Roubaix (sesto nella regina delle classiche), tappa alla Vuelta e alla Tirreno, campione italiano a cronometro, argento mondiale a cronometro, e due ori e un argento in pista tra mondiale ed europeo. 6 vittorie in stagione, miglior italiano nel ranking mondiale: annata da 10 (per la lode attendiamo ancora un po’) o, come si direbbe, da incorniciare. A 27 anni è un punto di partenza per quello che potrà essere in un 2024 cruciale: classiche, Giro (parrebbe) e poi dritti verso Parigi a provare a riscrivere qualcosa di importante sul parquet di Saint Quentin en Yvelines, ma lo diciamo subito: non sarà facile. Danesi, inglesi, eccetera, spingono forte.
Osservando l’orizzonte e il sole del 2023 che cala e si tuffa direttamente nel lago vengono in mente la crisi di Tadej Pogačar a Courchevel, il suo team radio, “I’m gone, I’m dead”, l’azione di Mathieu van der Poel a Glasgow, la stagione di Mads Pedersen, tutta, l’inizio 2023 e poi la fine di quella di De Lie, due momenti caldi da cui ripartire per poi pensare nel 2024 di limare dove possibile e pensare a sfidare i più grandi nelle grandi corse. Confermarsi è la parte più difficile, si afferma, ma intanto: il Toro sono due anni che va forte e migliora e se c’è uno che sembra abbia tutto per consolidarsi e proprio lui.
Quello spicchio, ormai, di stella che brucia mentre colora di rosso l’orizzonte ci fa pensare alla Jumbo Visma che a tratti ha imbarazzato nel suo dominio – come non dimenticare quello che abbiamo visto alla Vuelta? I risultati di van Aert, un corridore che non ci saremmo mai aspettati di commentare come un eterno piazzato: alla Roubaix poteva cambiare la sua stagione, mentre alla Gent-Welegem si è tirato addosso karma negativo. L’attesa in Belgio intorno a tutto quello che può fare Remco Evenepoel, le vittoria di Bilbao e Mohorič, piene di tante cose, le volate (im)perfette di Philipsen, le vicende di Miguel Angel Lopez, le cadute, le ferite. E altro che dimentichiamo, di cui abbiamo parlato e di cui ancora parleremo.
Il sole è scomparso, ora, mentre stiamo scrivendo. La stagione è finita. Il sole, nemmeno messa giù l’ultima parola, è già pronto ad alzarsi fra pochi mesi. Dall’altra parte del mondo, Australia per ricominciare.
Foto: Sprint Cycling Agency