Ce lo dicano che si sono inventati un giochino per rendere appassionanti le tappe da volata: procrastinare il tentativo di chiusura sui fuggitivi; fare finta di nulla fino a quando ci si accorge che quelli davanti possono arrivare davvero, e da lì iniziare ad accelerare mettendo magari davanti pezzi da novanta come Ganna e poi cercare di rientrare sul rettilineo finale.

Ce lo dicano perché così sappiamo di tenerci liberi anche quei pomeriggi da passare all’apparenza con il volto disteso, invece di stare qui a digrignare i denti con le pulsazioni a mille perché vorresti vedere arrivare la fuga, ma in realtà ti piacerebbe anche vedere lo sprint del gruppo. E tutto questo ti manda in confusione.

Va così (anche) oggi al Delfinato, ma sembra ormai la nuova routine: gruppetto in fuga, vantaggio che non cresce mai a dismisura, ma quando i chilometri alla fine diminuiscono il vantaggio è tale e quale a prima, anzi a un certo punto aumenta.

Alla fine si sono dovuti mettere giù a tirare pancia a terra Ineos – Ganna, De Plus e Kwiatkowski – e una mano pure dalla Jumbo con Kruijswijk finché ha potuto, e poi Benoot, per riprendere i quattro.

Prima di quel finale pirotecnico: van Aert che sembrava non partire più, lanciato da Laporte, ma poi parte lanciato per fermare Thomas (Tomà) a 100 metri dal traguardo come a dirgli “qui comando io”, e quel traguardo che sembrava non arrivare mai fin quando alle sue spalle si è materializzato Meeus, colosso in maglia BORA, e allora all’improvviso la linea è apparsa sotto le ruote dei corridori.

E van Aert ha vinto. Fatto non banale visti i secondi posti di questi giorni, fatto che va ad aumentare una statistica ormai vanaertiana: circa 2 corse su 3 chiuse sul podio in questo 2022. 5 vittorie in 19 giorni di gara, e al Delfinato: 1°,6°,2°,2°,1°. Semplicemente roba da van Aert, in giallo limone con quel casco di un altro colore che lo fa sembrare quasi pittoresco.