Ci sono Umberto e Martino, su una barca, con le canne da pesca tirate, in mezzo alle acque del Lago di Garda, mentre l’alba solleva una leggera fuliggine. Sono pescatori, da decenni. «Sinceramente invidio chi riesce ancora a stupirsi per le acque. Per un pescatore diventano ossessione, anche preoccupazione. E sai com’è difficile vivere in preda alle bizze del lago o del mare?». Forse chiunque guarderebbe il lago in maniera diversa se parlasse con loro.
La fuga di oggi ha anche qualcosa di quella barca. Matteo Fabbro, ad esempio, si porta quel cognome che ha tutta l’umiltà dei lavori più semplici e la genuinità di quei ragionamenti: «Il punto non è se ci sono tanti sacrifici da fare, il punto è quanto ti pesano quelle rinunce. A me non danno fastidio». Thibaut Pinot, invece, col lago ha un rapporto speciale. Lo ricordiamo a Como, a ottobre del 2018, quando ci disse che amava quelle strade perché simili a lui. Dicono che l’altro giorno, in un momento difficile, volesse ritirarsi e che sia ripartito solo grazie al sostegno di un compagno. Nicolas Roche deve aver provato ciò che provano quei pescatori quando si è accorto di essere un onesto pedalatore, non un campione come il padre. «Sogno è ciò che puoi fare, illusione è ciò che ti fanno credere di poter fare. I sogni ti aiutano a migliorare, le illusioni ti fermano, ti rendono cieco». Ma anche per Cepeda, in gruppo, vale lo stesso. Lui che ieri mattina ha sceso a fatica l’ultimo gradino del palco presentazione, forse per fatica, forse per dolore, eppure non lo diresti mai vedendolo pedalare. Come quei pescatori che salutano spensierati e faticano a prendere sonno la sera.
Großschartner ci pensava questa mattina. Ogni giorno una fuga e poi nulla da fare: la frustrazione non la scacci più. Tutti ti dicono che la fuga è bella anche se non arriva, anzi, forse se non arriva è ancora più bella perché, alla fine, per gli sconfitti si tifa bene e si scrive ancora meglio. Già, facile essere generosi con la fatica altrui, non costa nulla in fondo. All’austriaco, invece, tornare in fuga è costato ed anche molto.
Ad ogni chilometro pensava e sperava che potesse essere la volta buona, poi guardava la cartina e si ricordava di quante volte si era raccontato la stessa storia nei giorni prima. La solitudine se l’è conquistata con il ritmo, con la costanza e pure con qualche paura. Chissà cosa avrà pensato quando, da solo in testa, gli hanno gridato nelle orecchie che dal gruppo era partito Quintana. «Ecco, adesso arrivano questi e siamo fregati un’altra volta». Non è stato così perché quello di Quintana era un fuoco soffocato in un camino, un rigurgito d’orgoglio, troppo facile per Simon Yates andare a chiudere. Chissà cosa avrà pensato ad ogni tornata, Lago di Tenno-Tenno-Varone-Riva, quel finale che non era la fine. Non ancora, almeno.
Il finale è una vipera incattivita dal bastone di un cercatore di funghi, che volta di scatto la testa e sibila cercando di infondere veleno. Großschartner, che sino a quel momento, aveva del ritmo il suo veleno per i rivali, perde la pazienza e forza l’andatura. Vuole arrivare quanto prima alla fine. All’ultimo chilometro quasi la bicicletta gli scivola via, tanto pedala duro, lungo rapporto e posizione aerodinamica. Si volta, guarda se dietro c’è qualcuno, si alza sui pedali, leggero, quasi a sgranchirsi i muscoli e poi alza le braccia. Lui vince la tappa, Simon Yates vince il Tour of the Alps.
Martino e Umberto non sono qui. Martino stamattina ha guardato Umberto quando gli abbiamo chiesto se volessero farci compagnia. Poi si è voltato: «Anche volendo non potremmo. Questo pomeriggio dobbiamo lavorare e domani mattina ci si sveglia alle quattro. Ma va bene così». E Umberto, spostando un attrezzo dalla barca: «Guarda, la nebbia è scomparsa. Ora puoi vedere bene il lago». Perché, in fondo, anche se non lo ammettono, il lago continua a piacere anche a loro. Hanno scelto così, come Großschartner ha scelto di tornare in fuga, perché la parte brutta delle cose esiste comunque, a noi il compito di renderla sopportabile. Loro lo sanno e sono felici.
Foto: Dario Belingheri/BettiniPhoto©2021