«Là ci sono solo sassi e serpenti» dicevano così gli amici di Bruno Ferraro quando, da ragazzi, a qualcuno veniva l’idea di andare sull’isola di Krk o di Cres, in Croazia. A Ferraro è tornato in mente pensando a quegli 818 chilometri e 15000 metri di dislivello che aveva visionato in primavera per collegare Ljubljana a Trieste, così ha chiamato questa avventura in bicicletta “Seven Serpents gravel”.
Bruno Ferraro, che questa volta è stato organizzatore della gara che si è svolta il 15 maggio, l’ha vista con gli occhi di chi pedala perché, in realtà, di essere ciclista non si smette mai. E l’ha pensato come un viaggio bello ma non sempre comodo: solo in questo modo si conosce davvero la bicicletta. «Alcuni tratti si percorrono bene in mountain bike, altri in gravel, per altri servirebbe una bicicletta da strada. C’è un chilometro sull’isola di Krk in cui la bicicletta va portata in spalla perché pedalare è impossibile. Credo il significato di un viaggio in bici stia anche in questo adattamento». Ben vengano quindi i commenti di chi ha detto che non se l’aspettava così dura, che alcuni momenti sono stati davvero difficili, ben vengano perché, su più di 60 partenti, solo in sei si sono ritirati e tutti hanno detto che torneranno: «Trovi il tratto duro e pensi di mollare, poi, però, c’è un paesaggio che ti colpisce, una strada scorrevole e ti dici che sarebbe un peccato mollare, allora continui».
In quel continuare c’è la soddisfazione non solo di ogni ciclista, anche quella di Ferraro che quei ciclisti ha cercato di conoscerli uno per uno, di portarli all’arrivo, di accompagnarli. Sono state importanti le indicazioni tecniche, non solo però. Sull’isola di Krk, c’era Sandra con la bici a mano, poi in spalla, e Bruno Ferraro ha camminato con lei, l’ha incitata come fa un ciclista quando ne vede un altro in difficoltà: «Qualcuno, come si sente spronato, ha subito un guizzo di velocità, magari si alza sui pedali. Altri, come Sandra, sono più timidi, allora sorridono solamente o ti guardano, ma sai di avergli fatto del bene».
Sette checkpoint, castelli, chiese e ponti, rocce aspre e anche qualche biscia proprio a Krk e a Cres, perché in quel modo di dire un fondo di verità c’era, sino alla vista sul Golfo di Trieste e alla discesa verso l’arrivo in piazza. Quella piazza dove puoi sederti a terra con una lattina e un panino e sentirti a tuo agio, dopo aver liberato tutte le sensazioni che ti hanno accompagnato. Ferraro ci parla di Jonas, secondo classificato: «È arrivato a sera, ero dietro la linea del traguardo a braccia aperte: mi ha abbracciato e stretto davvero forte. Era molto contento di avercela fatta e sentire questa stretta mi ha fatto un certo effetto. Ho pensato a cosa possa lasciare una gara». Una gara, ovvero, per Nils Correvon primo classificato, quasi sessanta ore, per gli ultimi molto di più, però, la loro fragilità a Trieste è una testimonianza: «Sono fiero del fatto che anche loro siano arrivati, che abbiano superato gli inconvenienti, io stavo aspettando proprio loro. Per i primi è più facile, dopo metà gruppo inizia a complicarsi tutto».
Seven Serpents ha parlato proprio a loro, ha accolto chi è alle prime esperienze nel bikepacking e, dopo tutti quei chilometri, ha trasmesso un messaggio importante: «Non fermarsi alla prima difficoltà, perché i pedali torneranno a girare bene, a patto di avere pazienza e sarà ancora più bello».
L’appuntamento è, quindi, per l’anno prossimo perché “Seven Serpents” tornerà e laddove c’erano solo rocce e serpenti ci saranno tanti ciclisti a condividere una giornata, una nottata, un divertimento e quella fatica che rende più vere persino le poche parole che ti scambi seduto su un muretto mentre riprendi fiato. I nomi più importanti del panorama gravel sono avvisati.
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