Pensate di trovarvi sul Mortirolo in piena notte. Anzi pensate di scalare il Mortirolo quando è già buio, quando gli unici raggi a filtrare non solo quelli del sole ma quelli della luna. Cosa provereste? A Fabrizio Duca è successo e proprio lì, sul Mortirolo, in piena notte, il cambio della sua bicicletta si è rotto. Cosa fare?
Ci torneremo tra poco. Ora, però, facciamo un passo indietro al giorno in cui Fabrizio ha saputo che sarebbe stato l’unico italiano a partecipare alla Race Across the Alps: 525 chilometri attraverso l’arco alpino, più di 14000 metri di dislivello. “È una piccola follia e come tutte le piccole follie c’è chi ti capisce e riesce a immedesimarsi in ciò che provi tu a quell’idea e chi, invece, ti dice solo che è una pazzia”. Quell’idea ha anche un tempo: trentadue ore, solo trentadue ore per riuscirci.
Chi organizza si rende conto di quel che chiede e per questo ogni partecipante può portare due persone, due amici per Fabrizio, che staranno in macchina, guideranno tutta la notte e lo affiancheranno per ogni cosa. Oriana, in ammiraglia, dice che accompagnare, in fondo, è un atto d’amore: “Essere pronti ad ascoltare tutto, a non perdere la pazienza anche se sei stanco anche tu, anche se non ce la fai più. Ad avere paura e nasconderla. Se ci pensi questi sono anche gli atteggiamenti di un genitore”. Ecco i pensieri di quel venerdì, quando si parte da Nauders.
A Bormio si scatena il diluvio. Sul Gavia l’acqua è ghiacciata, nevica. Fabrizio non riesce più a muovere le mani, fatica a parlare. “Io non capivo che non avrei potuto proseguire così, non accettavo di fermarmi. I miei amici sì e hanno avuto paura. La cosa importante è che mi hanno protetto da quella paura e dopo un’ora mi sono ripreso, sono ripartito”. Pedalata dopo pedalata, Aprica e poi Mortirolo.
Era notte lì, vi ricordate? Fabrizio con il cambio rotto non sa più cosa pensare e chiama al telefono il suo meccanico. Già perché in avventure del genere c’è sempre chi, a casa, ha il telefono acceso ed è pronto a rispondere, anche in piena notte. Fabrizio ascolta le indicazioni, impara, capisce, aggiusta e riparte. Ancora, un’altra volta. Andando incontro alla nebbia all’alba del Bernina, a tutte le volte in cui tra Albula, Fluela e passo del Forno ha pensato di fermarsi, ai momenti in cui non riusciva a mangiare.
All’inizio aveva detto ai suoi amici: “Se vedete che non sono più lucido, fermatemi. Fatemi scendere di sella. Portatemi via da quel che sto facendo”. Quando quel momento è arrivato, quando quel crollo psicologico è arrivato, Oriana ha preso il cellulare e dal furgone ha iniziato a leggere a voce alta tutti i messaggi di sostegno che arrivavano, mentre Fabrizio si commuoveva, piangeva.
Fabrizio che ad un certo punto ha iniziato a pensare: “Manca solo lo Stelvio” e quando pensi così hai detto tutto. Quello Stelvio che mancava, Fabrizio l’ha percorso e ci è riuscito: 32 ore e 24 minuti. È bastato perché gli organizzatori hanno dilatato il tempo massimo e sarebbe bastato comunque perché Fabrizio ce l’ha fatta. Dopo un giorno di riposo avrebbe voluto ripartire, inventarsi altro, un’altra piccola follia.
“Mi dicono che sono un campione. Non lo sono. Qualcuno parla di eroi per gli uomini che fanno queste gare. Tenete la parole eroe per chi se la merita davvero. Io ho giocato, mi sono divertito. Ho anche rischiato, temuto ma anche nei giochi succede. La mia bicicletta è questo, solo questo”. E ora tornate col pensiero sul Mortirolo, in piena notte, e diteci quando bene si sta.