Tadej Pogačar è un po’ come noi, ma più speciale. Come noi alla prima uscita stagionale vuole darci dentro, provare sensazioni che magari da un po’ non trovava senza corse, è come noi, ma è più speciale perché quando ci da dentro se ne va e gli altri lottano per il secondo posto.
Riprende Samitier che diventa un passeggero per alcuni chilometri, poi nulla può: Pogačar è come noi, come lui, ma spesso dimostra di avere qualcosina in più.
Tadej Pogačar è speciale: alla prima gara dell’anno se ne va e vince. È speciale, perché attacca e sembra sorridere. Ha voluto a ogni costo, pare, esordire in una corsa con quel nome un po’ buffo – Clásica Jaén Paraíso Interior – tra sterrati e ulivi andalusi, e ha esaltato il pubblico lungo la strada, come quel ragazzo che chiamava al telefono chissà chi, mentre lui passava velocissimo di fianco, nonostante lo sterrato, nonostante la salita: chissà se in quella telefonata è riuscito a dire qualcosa o si sentiva solo il rumore del vento.
Tadej Pogačar è come noi, ma c’è quel ciuffo che esce fuori dal casco che lo differenzia. A un certo punto c’è quel vantaggio di oltre due minuti da un gruppetto di nomi forti e in forma che si è giocato il secondo posto; un gruppetto che girava e girava e girava, si davano i cambi, loro, mentre il ragazzo sloveno non ne aveva certo bisogno: era solo e il cronometro lo premiava in maniera inesorabile.
Tadej Pogačar è un po’ come noi, ma più coinvolgente, per come attacca, per il coraggio, per come intrattiene col sorriso sul traguardo e subito dopo. La prossima volta gli chiederemo anche se ha intenzione di scrivere qualcosa lui, su di lui, al posto nostro: siamo sicuri ci riuscirebbe molto meglio.
Oggi Tadej Pogačar ha iniziato discretamente la stagione, volessimo usare un eufemismo, ha vinto e sembra abbia detto che questa potrebbe essere solo la prima vittoria dell’anno: che facciamo gli crediamo? Fosse un gioco a premi diremmo di sì e forse anche noi potremmo vincere qualcosa.