Sembra tutto così facile. Le spalle solide quasi immobili, la bocca leggermente aperta, la maglia bianca di miglior giovane (sic), e il ciuffo che spunta dal casco più che anti-aerodinamico è un marchio. La leggerezza con la quale si prepara alle cronometro ascoltando musica, sorridendo e ballando davanti ai telefonini che lo inquadrano e poi quei video girano su internet e lui commenta divertito.
Sembra tutto facile: un po’ di gas quando serve, la ruota giusta, i compagni che si sganciano a turno, oppure Almeida che appare il suo opposto: scomposto, modalità smorfia attiva, ballerino sul manubrio, lingua di fuori ad allungare il gruppo.
Sembra tutto facile perché parliamo di Pogačar che fa sembrare tutto facile, destino di quelli forti, stratagemma di chi si sente il migliore perché poi quando la strada lo richiede effettivamente lo è. Nei giorni scorsi a L’Équipe parlava di velocità, diceva di essersi divertito a guidare una Formula 3; parlava di qualità: ha pranzato con Pep Guardiola dopo aver assistito a un allenamento del Manchester City; parlava di grandi classiche: ha già vinto Liegi e Lombardia e fra poche settimane il suo obiettivo saranno Sanremo e Fiandre: niente gli è precluso anche se scaccia (al momento!) l’idea di essere il primo corridore dopo quasi mezzo secolo a vincere tutte e cinque le monumento (Van Looy, De Vlaeminck e Merckx, gli unici a compiere l’impresa).
Parlava di crescita: «Ogni anno che passa ho sempre meno margini di miglioramento: per questo voglio vincere tutto quello che posso vincere. Fisicamente mi sento esattamente (forte, questo lo aggiungiamo noi) come l’anno scorso, ma ciò che è cambiato è la mia testa: ora ho più esperienza»; parlava di momenti difficili che in bicicletta, per sua fortuna, non sono ancora arrivati: «Mi hanno chiesto come posso essere battuto e ho risposto dicendo la verità: soffro ancora le salite lunghe (e anche qui, aggiungiamo noi: forse pure il caldo eccessivo), ma la cosa peggiore che possa capitarmi è avere una brutta giornata».
Quella brutta giornata non è arrivata nemmeno oggi verso Jebel Jais, all’UAE Tour, una salita che non ruba il cuore agli appassionati, che vede qualche nome sorprendente lì davanti (Ganna, Plapp) mentre altri che non ti aspetti perdono colpi (Dumoulin, Masnada); una salita che l’Intermarché prova a spianare, dove Yates (Adam) si nasconde, in perfetto stile Yates (Adam) sperando poi di farla franca sul traguardo. Ma sul traguardo spunta Pogačar che fa sembrare tutto facile.
Prima di esultare è talmente tranquillo e fresco che sembra dire qualcosa ai suoi tecnici via radio, poi alza il braccio e sorride come sorrideva al via qualche ora prima. «Una giornata brutta prima o poi capiterà – diceva l’altro giorno – succede a tutti, ma non me ne farò un cruccio. Mi piace andare in bicicletta anche quando non vinco». Al momento siamo spiacenti, ma non esistono controprove.