Chi viene da lontano

È il giorno di chi viene da lontano. Prendete Davide e Mattia Bais, ad esempio. Loro sono abituati a venire da lontano, lo è chiunque abbia scelto la fuga come interpretazione del ciclismo. Di più, si viene da lontano e si prova ad andare lontano. E quell'andare lontano attrae e respinge nello stesso tempo. Andare lontano è croce e delizia, perché lontano si può trovare qualcosa o perdere tutto. Taco van der Hoorn lontano ci è andato non solo in bicicletta e lì ha trovato più di quanto abbia lasciato: lo ha fatto con ciò che aveva, un vecchio Volkswagen e il necessario per dormire, ma anche del buon caffè, per gustarsi quella lontananza. Sì, la lontananza scegli se ricordarla o dimenticarla ma se sei un ciclista, in un modo o nell'altro, l'hai dentro.
La lontananza potrebbe spiegarla Tadej Pogačar che tutti pensavano si fermasse dopo lo scatto per il traguardo volante e invece ha continuato e in Piazza a Terni ci si chiedeva dove sarebbe andato. Sì, in piazza, come si fa con i fatti del giorno, come si fa aprendo il giornale al mattino e commentando le notizie. Oggi per Terni non c’è lontananza. Quella che può spiegare Alaphilippe che, in quello scatto, c’è stato. Non solo fisicamente, anche mentalmente. Non solo per provarci, non solo per un segnale, per riuscirci. E ci sono le transenne che fremono, sì perché ve la immaginate una tappa così con all’attacco Pogačar e Alaphilippe? Qui l’hanno vista e mentre ci pensavano non tenevano ferme le mani. Il freddo? Non solo. Le stesse transenne a cui si è appoggiato Evenepoel e chissà a cosa pensava, con quello sguardo in avanti, a cercare qualcosa. Sembra abbia detto che attacchi come quelli di Pogačar per i traguardi volanti sarebbero stati anche pane per i suoi denti. Un tempo, oggi non più. Chissà domani, chissà l’orgoglio.
Invece la lontananza ce la spiegano, a Murlo, due signori americani che in Italia sono arrivati per pedalare e per la Strade Bianche, ma hanno cambiato il volo aereo appena hanno scoperto che un’altra gara sarebbe passata. Che in italiano dicono quasi solamente “ciao” ma conoscono i vini, i vigneti e anche alcuni fra i nomi che indicano le vie, che sono amici di Toms Skujiņš che viene dalla Lettonia, un altro mondo rispetto a loro. Sono lontani e lontano vogliono restare, almeno per ora. Perché ad allontanarsi ci si può prendere gusto.
Lontano come è lontano Caleb Ewan. Perché viene dall’Australia, dall’altra parte del mondo, perché ha gli occhi a mandorla, quasi una forma differente di visione del mondo che ti resta addosso. E perché per un velocista la lontananza è un mondo da esplorare. Loro che in volata lasciano appena spazio all’aria. Vicini, sin troppo. Senza toccare i freni. Con la costante tentazione di allontanarsi, di quel tanto che basta per alzare le braccia e sentirsi liberi. Lontani e ritrovati.


Attimi di gioia tra il dolore

Oggi forse non era il giorno migliore per appassionare qualcuno al ciclismo, ma che ci vogliamo fare: ogni Giro ha i suoi riti e i suoi appuntamenti fissi, e la Modena-Cattolica rappresenta bene l'interminabile brusio del gruppo compatto fino alla volata finale.

Almeno hanno scelto un bel posto con il mare e la spiaggia, per una di quelle giornate dove si stacca un po', ma dove devi tenere gli occhi sempre aperti, soprattutto perché il finale cittadino ha i suoi tranelli e poi succede come a Sivakov, Dombrowski e Landa che cadono e si fanno male - e speriamo bene, perché Landa non pareva proprio conciato benissimo.

Ricordo quella volta che mi innamorai delle due ruote e dei pedali, e di quel manubrio così strano quanto poi diventato evocativo: c'era Chiappucci che voleva conquistare il mondo provando imprese in salita, c'era Bugno che vinceva, c'erano la Marmolada e il Pordoi al Giro, ma c'erano anche quei pomeriggi estivi con un caldo che pareva definitivo e che non ti si sarebbe mai più scrollato di dosso.

Era il Tour e aspettavi la volata e avevi decine di tappe come quella di oggi. Aspettavi Cipollini e Abdujaparov, uno maestoso ed eccentrico, l'altro il suo perfetto alter-ego, sempre al limite, a volte anche oltre, goffo da vedere ma simpatico, almeno per quel nome esotico che trovavi scritto in mille modi differenti.

Eterni piattoni passati a fare zapping senza una vera ragione tra Antenne 2 (all'epoca si riusciva a vedere nella provincia di Milano, non ricordo il perché) e Raitre; stavi in ansia per la cadute e che quasi sempre coinvolgevano un uomo di classifica, guardavi il gruppo spuntare dietro campi di girasole, o ridicole coreografie con trattori travestiti da leader delle varie classifiche, biciclette giganti, tifosi coi trampoli e, forse già all'epoca, tra la folla c'era quello vestito da diavolo e diventato poi una sorta di icona delle estati francesi.

Oggi, anni dopo, l'attesa di una volata al Giro è più simile all'agonia che a un gioco per ragazzi incantati davanti alla tv. Stamattina scriveva Gabriele Gianuzzi: "Il piattone viene in soccorso dei lavoratori e li lascia tranquilli. Liberi di lavorare senza l’assillo del “chissà cosa starà succedendo”. Perché la risposta è molto semplice: non sta succedendo assolutamente niente. " Difficile dargli torto.

Difatti per oltre tre ore non succede nulla, derubricando il timido tentativo di Marengo e Tagliani prima e di Pellaud, Gabburo e Gougeard poi, a uno stiloso esercizio di gambe che girano, con sponsor ben in vista. Ma ieri han preso freddo e pioggia e sono saliti, oggi c'è il sole e fanno un giro verso il mare con vista sulla spiaggia di Cattolica: pareva dovuto.

Prima dello sprint, che vince Ewan (e sono 4 al Giro) su Nizzolo (e sono 11 podi senza vittoria) e Viviani, oggi perfettamente pilotato da Consonni, ma svuotato di energie dopo ieri, la caduta di Landa che ci lascia in apprensione. Tra i dolori nella gioia finisce il suo Giro, per una carriera che si arricchisce degli ennesimi "se e ma".

E domani si torna a salire, dove più che le cadute potranno fatica e distacchi.

Foto: Luigi Sestili