Quei cinque centesimi

D'altra parte cosa sono cinque centesimi? In realtà non sapremmo quantificarli in una gara di biciclette, perché arrivare davanti per cinque centesimi dopo cinquantuno (51!) minuti ha tanto il sapore della beffa o di quelle corse tipo lo sci alpino.
Ma il cronometro benedetto e maledetto ha sentenziato: gioia per i ragazzi azzurri, beffa per gli svizzeri che sarebbe stato meglio togliere quei distacchi dopo la virgola e assegnare la medaglia a tutti e dodici (12!).
È che ci stiamo abituando così bene a questa Italia, popolo di passistoni e abili cronomen, ma così bene che se ce l'aveste detto qualche anno fa ci saremmo messi a ridere o vi avremmo accusato di circonvenzione di incapace.
Ci stiamo abituando così bene a Filippo Ganna trascinatore, a Elisa Longo Borghini, Elena Cecchini e Marta Cavalli finalizzatrici, a Edoardo Affini e Matteo Sobrero carburanti per il motore, azzurri che oggi, tra Knokke-Heist e Bruges, si sono regalati un'altra medaglia.
Forse qualcuno ancora storce il naso per questa gara, ma noi ci siamo divertiti. Distacchi a fisarmonica tra la frazione maschile e quella femminile; una crono che racconta mille storie e la più intensa è quella di Tony Martin, all'ultimo ballo come va tanto di moda dire, all'ultima gara, all'ultima maglia, all'ultima medaglia.
Pochi giorni fa "Der Panzerwagen" ha annunciato il ritiro dalle competizioni e oggi ha guidato la Germania in una crono a mille, di alto livello; altro che "eh ma la staffetta mista". Ben venga la staffetta mista. È affiatamento, tecnica e potenza, mostra i progressi di una squadra, tasta il polso alla punta dell'iceberg di un movimento, sia maschile che femminile. E poi li unisce: nel risultato, nel tifo dopo il traguardo con Ganna e gli altri a spingere idealmente la volatina azzurra.
E Ganna, sempre lui, chi sennò, tecnica e potenza in un solo corpo, ha trascinato la nazionale con quella sua proverbiale tranquillità che lo contraddistingue sia nella vittoria che nella sconfitta. Pista e strada non fa differenza: basta seguirlo. E poi Affini e Sobrero vagoncini affidabili, Longo Borghini, Cecchini e Cavalli che l'hanno spinta in rete.
Cinque centesimi sono bastati, anche se qualcuno al traguardo non lo aveva capito. Cinque centesimi per un podio. Un niente, difficile da quantificare. Cinque centesimi, sì, e oggi ce li prendiamo tutti.


Il tempo del tricolore

Un signore, seduto su una panchina accanto alla stazione di Faenza, canta ad alta voce “A mano a mano” di Rino Gaetano. La cappa di umidità avvolge la città già di primo mattino e lascia alcuni passanti in canottiera. Se non fosse per pochi dettagli, Faenza, questo venerdì, potrebbe davvero essere un nuovo assaggio degli anni settanta, forse ottanta. Ci sono anche i bar che tornano a riempirsi, qualche sigaretta accesa nel portacenere e una partita a carte in sospeso sotto un portico. Il tempo non sembra essere mai passato, invece ci sono circa quarant'anni a dividere ciò che sembra da ciò che è. La causa è il ciclismo che col tempo sembra giocare a rimpiattino per poi salvare nei ricordi poche cose, quasi sospese fuori dal tempo, pur in una giornata, la cronometro, in cui il tempo è tutto. In ogni minuto, in ogni secondo.

Le parole di Matteo Sobrero, nuovo campione italiano a cronometro, ad esempio, vanno oltre il tempo. Ieri mattina Matteo ha scherzato con Filippo Ganna, gli ha detto: «noi tutti corriamo per il secondo posto con te in gara, ma va bene così». Ieri sera, dopo aver vinto, ha ribadito il concetto. «Filippo è davvero un campione del mondo contro il tempo. Non so se mi spiego». Certo che Matteo si spiega, perché un conto è la maglia che indossi, un altro quello che gli altri ti riconoscono. Per lui Ganna è campione del mondo a prescindere da quella maglia e dal quarto posto della cronometro. «Forse ho vinto io anche perché Filippo sta preparando altri traguardi» aggiunge alla fine, proprio mentre scherza. «Domenica vado al mare, inizio a essere anche stanco». Ed è bello così, perché questo ragazzo di soli ventiquattro anni sembra quasi di altri tempi.

È senza tempo il gesto di Sofia Bertizzolo che, appena arrivata al traguardo, va in mezzo al pubblico e cerca con lo sguardo Soraya Paladin dall'altra parte della strada, sotto il tendone delle premiazioni. Sa che la compagna è giunta seconda e il primo pensiero è quello di farle sentire la sua presenza. Sofia esulta, alza le mani tra folla. Si ferma a parlare con un'anziana signora che vuole filmarla qualche secondo con il telefono. Sembra dirle «è come se avessi vinto io, se la meritava». Così la signora sorride, abbassa il telefono, quasi compiaciuta, e finge di batterle il cinque.

Sofia, qualche tempo fa, mi ha confessato che forse il ciclismo è raccontato con troppa enfasi, forse anche con troppa poesia: in fondo, dice lei, per chi lo pratica è un lavoro, con gli onori e gli oneri di tutti i lavori. Non le piace romanzare, ama la concretezza dei gesti. Così le cose le fa, non le dice.
Fuori dal tempo, poi, c'è Elisa Longo Borghini, campionessa italiana èlite a cronometro, che ha percorso gli ultimi chilometri senza contatto radio, non avendo più la percezione esatta del vantaggio sulle rivali. Fidandosi delle sensazioni e di ciò che aveva visto e sentito quando aveva provato il tracciato. C'è Elisa che l'altra sera ha ricevuto un messaggio che le ricordava come, in fondo, la cronometro sarebbe stata una formalità e ha subito pensato che non era d'accordo, perché lei lo scontato proprio non lo conosce, per rispetto delle avversarie e «perché in strada può succedere di tutto».

In un tempo sospeso, che resta nonostante tutto, è Francesca Barale che ieri ha corso più veloce perché non stava pensando a ciò che gli altri si aspettavano da lei. Perché nelle ultime prove non si era sentita all'altezza e questo le aveva restituito la possibilità di provare senza troppe aspettative.
Resta nel tempo anche quella bambina che non ha voluto essere presa in braccio dal padre e, per vedere la gara, si è messa in punta di piedi vicino alle transenne, a costo di stancarsi il doppio. Perché al tempo sopravvivono poche cose. Di certo, però, resistono quelle fatte sinceramente e quelle costruite con le proprie forze.

Foto: BettiniPhoto