Le persone che attendono la discesa dal bus dei corridori del Team Novo Nordisk hanno un motivo in più per aspettare. Un padre, in attesa degli atleti con suo figlio Marco, ragazzo diabetico appassionato di ciclismo, ce lo disse qualche tempo fa: «Ai figli puoi dire di tutto e possono anche crederti, penso, però, che solo dimostrare faccia la differenza. Qualunque genitore direbbe al proprio figlio che, nonostante il diabete, può fare tutto ciò che vuole nella vita. I genitori lo dicono spesso, per questo accade che i figli non ci credano più e pensino sia una consolazione. Marco deve crederci perché ha visto in prima persona, non perché glielo ha detto papà». Il bus era lì, a pochi metri.

I ciclisti del team Novo Nordisk, all’apparenza, hanno solo una caratteristica in comune: sono affetti da diabete. In realtà, c’è più di qualcosa ad accomunarli. Per esempio, tutti respingono un certo modo di approcciarsi alla malattia, al diabete, ma in realtà a qualunque malattia. Andrea Peron, diabetico dall’età di sedici anni, lo ha ripetuto più volte. «Non mi è mai piaciuto piangermi addosso. Perché non è bello e soprattutto perché non serve a nulla. La realtà del diabete non si cambia così». Non lo dice per dire Peron. Ha fatto fatica a passare professionista perché alcune squadre gli hanno chiuso la porta in faccia, senza apparente motivo, a parte il fatto di essere diabetico. Ci è stato male ma ha sempre detto che quella è una forma di ignoranza. Non puoi farci molto, però, puoi lavorare per smentirla. Anche qui: è questione di fatti, perché alle parole si può non credere, però, se una cosa succede, non puoi negarla. Quel giorno, ai bus, il papà di Marco voleva dirci proprio questo. Chi ha a che fare con una qualunque malattia ne è consapevole.

Sulle maglie dei ragazzi c’è scritto “changing diabetes” che è un invito, una speranza e una possibilità. Perché gli incontri fuori dai bus fanno la differenza anche per i corridori. Diversi fra loro lo testimoniano: «Un conto è sentirsi incitare, applaudire, magari firmare un cappellino o una maglietta. Vedere che qualcuno viene a chiederti consiglio sul diabete, a dirti le proprie difficoltà e a chiederti come fai, è diverso. È molto di più». Con gli anni, la tecnologia ha cambiato quasi tutto, gli atleti possono avere dati sulla loro glicemia anche in corsa, più spesso è una sensazione ad aiutarli, capiscono quando qualcosa non va, anche senza controllare un numero.

L’annata appena trascorsa non è stata una delle più facili per il Team Novo Nordisk. Il leader della squadra americana, Charles Planet, ha preso ben due volte il Covid, sviluppando un problema ai polmoni che lo ha tenuto lontano dalle gare per metà stagione. La differenza, invece, nell’anno nuovo, potrebbe farla il talento di Matyáš Kopecký: diciottesimo al Campionato del Mondo juniores, il ragazzo della Repubblica Ceca promette davvero bene.

A Velonews il co-fondatore del team Phil Southerland ha raccontanto il senso dell’aver creato un team di atleti affetti da diabete di tipo 1: «Vogliamo rappresentare un esempio concreto per i bambini affetti da diabete, vogliamo che guardino i nostri ragazzi correre e sappiano che possono ottenere tutto ciò che sognano. Voglio che i miei ragazzi si divertano perché quando si divertono corrono bene e, quando corrono bene, cambiano il mondo, una persona alla volta». Così che ci siano sempre meno porte chiuse in faccia, perché le persone credano a questa possibilità. Ma soprattutto affinché ci creda chiunque sia affetto da diabete. Perché, se ne sei consapevole tu, le barriere dell’ignoranza le abbatti giorno dopo giorno.