Tornare a guardare. Sì, basterebbe questo per raccontare quello che abbiamo visto ieri sulle strade tra Stupinigi e Novara. Per parlare della fame che c’è in ogni persona che incontri qui al Giro. Vedere, sapere, conoscere ogni dettaglio di quelle biciclette che si riversano in strada. La stessa fame di chi, per molti giorni, ha dovuto accontentarsi della fantasia, dell’immaginazione, che è grande cosa, ci mancherebbe, ma l’essere umano ha anche bisogno della realtà, non può vivere solo nel ricordo, altrimenti, prima o poi, lo assale la paura che quella sia solo una scusa e che aspettare sia inutile perché le cose non torneranno più come prima. Ed invece no, perché le cose possono cambiare, si possono aggiustare ed in ogni caso si possono sempre migliorare.

Non serve spiegarlo a quella signora che era seduta sul bordo di una rotonda ad aspettare il passaggio della fuga, lo stesso bordo su cui sedevano altre persone e, ad un certo punto, ha detto: «In fondo basta fare più attenzione e sembra quasi la vita di prima». Certo, con qualcosa in più. Perché adesso ci stupiamo e prima, forse, avevamo perso questa abitudine.

Adesso, anche alle gare di ciclismo, restiamo qualche secondo in più a guardare quell’operaio di una ditta meccanica che esce in strada a vedere il passaggio con le mani ancora annerite dal grasso. Quel signore che sta sudando da ore sotto al sole ed ha l’ombra a pochi passi ma da lì non vede bene ed allora si accontenta di farsi ombra con il braccio e resta a sudare. Per non parlare di quella coppia di anziani che voltano il viso nello stesso preciso momento al solo sentire l’aria spostarsi. Perché il ciclismo è aria che sposta, vento che ti prende a pugni. Oppure quella ragazza che ha fame ed essendo distante da ogni negozio recupera dallo zaino un pacchetto di cracker sbriciolato e non sapete che fatica fa a mangiare quelle briciole, perché c’è un leggero vento e deve già tenere in mano lo striscione e quelle briciole o cadono a terra dal pacchetto aperto male o volano via come il polline.

Già il polline, perché ieri c’era anche qualcuno con gli occhi arrossati ed il naso da cui quasi non passava più l’aria, maledetta allergia. Eppure è stato accanto alla transenna, non ha mollato di un centimetro. «Se si richiudesse tutto, un momento così lo rimpiangerei a vita. Tanto di allergia non si muore». E c’è chi ti ringrazia solo perché gli hai spiegato perché le moto in corsa stanno a sinistra: «Non me lo aveva mai detto nessuno». Che non è una frase scontata come può sembrare. Ha un peso importante.

E ci siamo noi, che dovremmo essere abituati a tante situazioni perché il ciclismo lo viviamo, perché di ciclismo viviamo. Invece, in macchina, ci voltiamo l’uno verso l’altro e gridiamo: «Guarda là!».
Sì, perché tutte queste cose le abbiamo sempre viste, ma solo quando ci sono state negate, siamo riusciti a tornare a guardarle. Questo è il bello di questo Giro, che si guarda, non si vede solamente.

Foto: Luigi Sestili