I mesi che hanno accompagnato la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, diciamo dalle Olimpiadi di Parigi al Campionato del Mondo su pista di Ballerup, sono stati fra i più complicati per Martina Fidanza, anche se, dall’esterno, quasi nessuno lo sapeva. Un indizio era nei suoi fogli e nelle sue matite che non disegnavano da troppo tempo: l’ultimo quadretto l’ha completato in primavera, poi basta. Anche se ammette che le sarebbe servito e le servirebbe, tornare a vedere dipinti impressionisti ed espressionisti: a Copenaghen si è presa un paio d’ore di tempo ed è andata a vedere la città e le sue mostre. Lo ha sempre fatto, a Parigi era stata al Louvre ed al Museo d’Orsay, vicino alle “sue” opere d’arte, quelle che la ispirano, ma di disegni no, non ne ha più fatti. Eppure erano mesi che era a casa, di tempo libero ne aveva, ma le sembrava che non valesse la pena ritrarre nulla. «Dopo i Giochi Olimpici ero letteralmente svuotata, un black out, buio totale. Avevo creduto ad una medaglia che non è arrivata ed il grosso problema è che non esiste un evento tanto grande, tanto importante. La sfortuna, poi, era che il traguardo successivo, il Mondiale per l’appunto, era quasi due mesi dopo. Facevo fatica ad allenarmi, facevo fatica a fare tutto, quasi senza motivazione, con la mente che era rimasta a Parigi. Il 12 settembre avevo una giornata di allenamento intenso, quattro ore e diversi lavori da fare e per la prima volta dopo vari giorni mi sentivo diversa». Martina Fidanza prende il cellulare ed in un attimo di sosta scrive al proprio ragazzo: «Sto bene ed è passato così tanto dall’ultima volta in cui sono stata bene». Poche ore prima è stato ufficializzato il passaggio in Visma I Lease a Bike a partire dal prossimo anno e pare il giorno in cui si riparte: la realtà, invece, è diversa. Mezz’ora dopo, mentre scende a ritmo sostenuto da una discesa, viene investita da un automobilista che arriva dal senso di marcia opposto e non si accorge di lei nella svolta.

Lo spavento, ma non solo. Nella ripresa dall’infortunio, Fidanza si accorge di pedalare male, con dolore. Servono vari esami per capire quale sia il problema: si tratta di una lacerazione del muscolo per cui è necessario sottoporsi a varie terapie per accelerare la guarigione in vista della partenza per Ballerup. «Sopportare il dolore è sempre difficile, soprattutto quando non c’è alternativa perché non esiste rimedio per non provarlo. Mi sono raccontata tante bugie, mi dicevo che stavo bene, per arrivare al Mondiale, per ricominciare, ma non era vero. Faceva molto male, però quelle bugie mi permettevano di ingannare la mente, altrimenti chissà». Martina Fidanza sorride, ora sta bene, ma, se torna con la mente al giorno in cui è stata investita, la coglie un senso di rassegnazione: «Sì, è triste, non è bello da dire e nemmeno da pensare ma, purtroppo, sono giunta alla conclusione che, per come vanno le cose in Italia, l’unica possibilità per una ciclista o per un ciclista di tutelare la propria incolumità sia quella di prevenire, di anticipare le mosse degli automobilisti. Mi considero invisibile, visto che spesso ci dicono che “non ci vedono”, e alla luce di questo mi oriento. So che è sbagliato, so che l’ottica corretta è quella olandese, dove il ciclista, colui che è più debole, più fragile, viene tutelato, viene posto al centro, in Italia, però, non funziona così e dobbiamo proteggerci: è possibile che tutte le tragedie di questi anni non siano servite a far capire che non è possibile continuare così? Certo che bisogna sensibilizzare, certo che bisogna parlarne, ma quando cambieranno davvero le cose?». Dopo l’amarezza, dopo lo sfogo, la riflessione prosegue: «In quanto professionisti, spesso, noi arriviamo a velocità superiori a quelle che si tengono normalmente in sella ed anche questo va compreso e considerato perché aumenta il pericolo in quanto effettivamente siamo più veloci di quanto un automobilista possa aspettarsi. Detto questo, però, credo sia necessario rivedere profondamente il modo in cui concepiamo le nostre strade, forse un passo verso la convivenza reciproca: servono più ciclabili o, comunque, zone in cui si possa pedalare in sicurezza. Anche se, soprattutto pensando a chi è ciclista per mestiere, questa è una soluzione relativa perché sulle ciclabili ci sono anche pedoni e persone a passeggio e sarebbe difficile gestire la situazione senza rischi».

L’interesse di Visma I Lease a Bike era presente da molto tempo, pur se mai ufficializzato: i contatti ufficiali nel periodo dell’Olimpiade, qualche settimana per riflettere a casa e successivamente le visite in Olanda a settembre. Da un lato il dispiacere di lasciare il clima familiare trovato in Ceratizit, dall’altra una delle migliori squadre al mondo, quella di Marianne Vos, suo idolo sin da bambina, e di Wout van Aert. Da un lato i miglioramenti di questi tre anni, testimoniati dai risultati: ricorda come ora le prime gare World Tour e la difficoltà che aveva per mantenere le ruote del gruppo. Ora in gruppo riesce a stare bene e, se il percorso le si addice, riesce anche a dire la sua, progressi figli dell’esperienza. Dall’altro lato la possibilità di un supporto al 100% per proseguire nel miglior modo possibile il proprio percorso. «Ho ancora tanto da lavorare, soprattutto sulla tenuta. Essendo una velocista è importante perché mi consente di essere maggiormente brillante negli sprint: quest’anno ho un poco privilegiato la pista, ma tornerò a lavorarci in vista delle volate». Sarà affiancata alla velocista più giovane già presente in squadra, le due dovranno supportarsi a vicenda. Non sa ancora quando avrà modo di incontrare Marianne Vos e quante gare farà con lei, perché i calendari saranno differenti, ma, ogni tanto, ci pensa. Probabilmente accadrà durante il primo ritiro e, forse, in quell’occasione le confesserà anche quanto resti sempre ammirata dalla sua bellezza stilistica in sella.
Dopo l’Olimpiade, si è seduta al tavolo con Arianna, sua sorella: «L’avrei voluta al mio fianco in Visma I Lease a Bike ma avevano bisogno solo del mio profilo. Sono sincera, ho chiesto anche a lei cosa ne pensasse e mi ha detto che era un’occasione da non perdere, che era contenta per me e che avrei dovuto rispondere sì senza altri dubbi. Sarà tutto diverso per me, mi spiacerà non averla accanto, allo stesso tempo, però, sapere di avere il suo appoggio è una carica importante». Altra questione su cui Fidanza si sofferma è quella legata alla pista: la Visma è una squadra abituata ad atlete che praticano la multidisciplina, di conseguenza, osserva la bergamasca, anche i preparatori che lavorano con lo staff sanno bene come gestire questa situazione. Lei vuole continuare l’attività nei velodromi, anche se sa che dovrà esserci più strada nel suo programma. Il Campionato del Mondo di Ballerup è stato particolare, come sempre negli anni olimpici e forse di più: «Di solito tante nazionali non si presentano nell’anno dell’Olimpiade, in questo caso invece le individualità erano ben presenti. Non abbiamo raccolto un argento con il quartetto per un errore che abbiamo commesso, allo stesso modo i ragazzi sono stati sfortunati, però credo ci sia da essere orgogliosi, considerando che tante nazionali sono arrivate al Mondiale con una forma olimpica. In pista ho tanta più esperienza, penso alle Coppe del Mondo, agli ori che ho ottenuto, ma anche ai piazzamenti. Penso allo scratch e al ruolo che ho potuto svolgere nel quartetto, qualcosa che mi rende orgogliosa. Sono certa che il nostro sia un futuro importante, dobbiamo solo lavorare tanto e dobbiamo avere tutti la volontà di lavorare per quel futuro».
Ogni tanto, alle corse, in qualche pausa, alla partenza o all’arrivo, Martina incontra suo padre Giovanni, ex ciclista e direttore sportivo. Ora che non sono più nella stessa squadra, si parlano solo come un padre ed una figlia: «C’è stato un periodo in cui papà doveva essere ancora più severo con me e mia sorella, per non fare favoritismi, per essere professionale, per rendere chiaro a tutte che noi eravamo come le altre in quel momento. Ora può essere semplicemente papà e saperlo in carovana per me è sempre bellissimo».

Foto: Sprint Cycling Agency