Come una tazza piena fino all’orlo, sbattuta sul tavolo e poi tracannata in un solo sorso. Il liquido da mettere dentro sceglietelo voi.
Tutto in poco più di sessanta secondi, da quando Bissegger pennella la rotonda che porta verso il Siegerstor, l’arco di trionfo che segue Ludwigstrasse a Monaco di Baviera e che interrompe l’arrivo a tutta velocità del plotone. Ma per lo svizzero è solo un’illusione, quella di poter anticipare, a poco più di due chilometri dalla fine, la sacrosanta e già sancita volata di gruppo.
Tutto in circa un minuto a complicare le manovre di un treno, quello italiano, blu più che azzurro, che si perde ai 600 metri dal traguardo; vengono a mancare un po’ le gambe, un po’ il tempismo, un po’ il coraggio e qualche vagoncino, e alla fine «da dietro arrivavano più forte e ci è andata male» ha detto Guarnieri, mentre Dainese, con Viviani, veniva risucchiato dall’inerzia del gruppo.
Tutto in quegli attimi a dividere speranze e sfiducia, oppure la realtà dai sogni che oggi per Fabio Jakobsen sono più o meno la stessa cosa. I sogni (e la realtà), come quelli dell’Olanda con van Poppel che oggi prova a sancire il sorpasso su Mørkøv come miglior pesce-pilota del gruppo, trascinando Jakobsen alla conquista del titolo europeo e di quella maglia che vestirà fino all’anno prossimo. «È stato bello, molto bello» ha detto van Poppel, raggiante, a fine corsa. «In questi giorni io e Fabio abbiamo diviso la stanza e questo è servito anche a capire e concordare alcune cose. Ad esempio: Jakobsen preferisce essere portato davanti e lasciato dove vuole lui possibilmente in scia a un avversario per poi aprirsi e sfogare la sua potenza, mentre Bennett (con il quale corre tutto l’anno in maglia BORA, Nda), vuole essere lasciato con la strada libera davanti».
In quegli attimi Jakobsen sceglie la ruota giusta, quella che vuole lui, in quegli attimi dove sarà passato di tutto dalla sua testa, ma oggi non ci interessa, se n’è già parlato sin troppo e Jakobsen è un anno che va di nuovo forte, fortissimo.
Quello che conta è che tutto d’un fiato Jakobsen, fatto di velocità e potenza, affianca Merlier e lo sorpassa. Quello che conta è stato aver scelto la ruota giusta e aver rimesso la propria davanti, dove merita di stare.