Heinrich Haussler a quasi 37 anni correrà per la prima volta un mondiale di ciclocross, lo farà domenica difendendo i colori della nazionale australiana e ammette candidamente: «Spero di non farmi doppiare da Mathieu van der Poel. Se riuscirò a evitarlo per me sarà il più grande successo».
Ma quello che Haussler racconta – e anche come lo racconta – rispecchia il suo carattere, estroso, ma genuino, e anche il suo bizzarro talento: è uno che si fece battere alla Sanremo da Cavendish, superato al fotofinish sulla linea d’arrivo – era il 2009 – e che quando corre la Roubaix e il Fiandre lo fa guidando senza guanti e con risultati eccellenti.
Nella sua vita Haussler ha dovuto superare problemi di natura personale di una certa rilevanza, incidenti automobilistici causati dall’alcol, problemi fisici che sembravano irrisolvibili, e anche psicologici, ma oggi Haussler è cambiato e dice di sentirsi felice come un bambino nel prendere parte a questa esperienza e che si picchierebbe forte in testa per non aver scoperto il ciclocross vent’anni prima. Era il 2019 e lo convinse un amico e collega, Sascha Weber, che lo invitò a partecipare a una gara dalle parti di Friburgo, vicino dove Haussler vive. «Ho due gemelli di cinque anni. Se un giorno mi chiederanno di iniziare a pedalare, li manderò a praticare ciclocross».
Racconta che in questa stagione ha fatto tutto da sé, senza l’aiuto di un team, si è pagato da solo le trasferte, non ha uno staff o un camper al seguito, né un meccanico («Quando può la ragazza di Sascha Weber mi passa la bici di scorta, sempre che non sia impegnata a pulire la sua bici») , si sistema il mezzo da solo al termine di una gara o ricognizione, sentendosi come uno che lo fa per hobby in mezzo ai professionisti. «A volte mi fermo lungo il tracciato per osservare come si muovono van Aert e van der Poel». Resta ammaliato dalla loro maestria nello scegliere le linee, nel guidare la bici, nel prendere determinate traiettorie in discesa. «Sono due gladiatori: vinceranno tutto anche su strada».
Dice, Haussler, che fare ciclocross già lo scorso anno gli ha permesso di svolgere un’attività in strada di maggiore qualità grazie a quell’esplosività e reattività che solo il fuoristrada ti può dare e che i colleghi del ciclocross per lui hanno un motore superiore agli stradisti. «Pensavo fosse perlopiù qualcosa di tipicamente belga, un po’ di cross nel fango e ragazzi che non sarebbero capaci di fare granché su strada. E invece li ho visti da vicino: i migliori crossisti hanno un motore superiore alla maggior parte dei professionisti». E non parla solo dei soliti noti. «Per diventare un grande corridore devi passare da qui».
Domenica avremo un motivo in più per seguire il mondiale di Ostenda, soprattutto perché quel motivo ha la faccia simpatica di Heinrich Haussler, tedesco d’Australia, che pare avrà a disposizione due meccanici mandati dalla sua squadra, la Bahrain Victorious, appositamente per sostenerlo. Peccato che, difficilmente lo vedremo inquadrato – in stagione il miglior risultato è stato un 47° posto e non c’è mai spazio per gli ultimi secondo la regia – ma di sicuro qualcosa di interessante da tramandare ci sarà.
Foto: Anton Vos/BettiniPhoto©2020