Il campionato nazionale colombiano lo ha conquistato Alejandro Osorio, evviva Alejandro Osorio. Un passato che prometteva: prima di quest’anno aveva vinto soltanto una volta al Giro Under 23. Era il 2018, si arrivava sul Passo Maniva, conquistò tappa e maglia e alla fine di quella corsa fu 6°. La classifica finale la vinse Vlasov davanti ad Almeida; Osorio passò professionista a fine anno con la Nippo Vini Fantini. Andava forte in salita, ma dopo essere salpato nel World Tour – ha vestito la maglia della Bahrain – è tornato indietro per cercare nuove soddisfazioni e quelle soddisfazioni sono arrivate. Con una lunga fuga, staccando i compagni di quella scorribanda, vestendo a fine corsa una maglia che in Colombia fa sognare e che potrebbe aprirgli nuovamente la strada verso un ingaggio in qualche squadra alla ricerca di corridori come lui.

Al secondo posto del campionato nazionale colombiano è arrivato Sergio Higuita, evviva Sergio Higuita. Lo chiamano “El Monstre de Medellin” in quanto pare assomigli al “Mostro di Gila”, conosciuto anche come lucertola perlinata. Si tratta di un tipo di lucertola velenosa, ma dall’aspetto simpatico, dalla forte mandibola e che vive perlopiù tra le rocce: secondo la breve biografia del corridore, che si può trovare sul sito della sua squadra, la BORA-hansgrohe, il nomignolo deriva dal fatto che Higuita è piccolo come questo particolare sauro, ma pieno di sorprese. In patria è un idolo, tanto che il più famoso (almeno prima di lui) Higuita, ovvero Renè Higuita, celebre quanto bizzarro ex portiere della nazionale di calcio del suo paese, si è impuntato tempo fa per conoscerlo e invitarlo a pranzo. Higuita (Sergio) ha numeri da far strabuzzare gli occhi: ogni tanto è fortissimo, spesso se lo dimentica, prima di alcune corse ascolta i Metallica per caricarsi e da bambino suonava la chitarra. Domenica, mentre la fuga con dentro Osorio andava, quanto mancavano una cinquantina di chilometri all’arrivo, è partito all’inseguimento portandosi dietro, tra gli altri, Bernal. Sono arrivati a tanto così dal riprendere Osorio: cronometrati soltanto quattro secondi di distacco all’arrivo.

Terzo è arrivato Egan Bernal, viva Bernal, altroché. Un paio di giorni prima della corsa in linea, le idee positive sul suo pieno recupero, dopo il grave incidente di due anni fa, iniziavano ad andare in pezzi: sesto nella cronometro a oltre tre minuti da Daniel Felipe Martinez. Certezze, sì, ma più sulle sue difficoltà che sull’effettivo momento di svolta, che invece, potrebbe essere arrivato. Mentre pedalava all’inseguimento, in compagnia di Sergio Higuita, ha avuto una specie di sussulto che ha descritto così: «Un momento di nostalgia di quello che è stato l’Egan di prima». Quell’effetto ha pervaso anche noi, grazie anche al commento della televisione colombiana che non smetteva di incitarlo a modo loro.

È vero, è solo una corsa, e siamo lontani da quelli che erano i palcoscenici che Bernal calpestava, brillando. Solo una corsa, è vero, seppur tiratissima come ogni campionato nazionale, ma Egan non conquistava un risultato nei primi tre di una gara dal Giro d’Italia vinto nel 2021. Qualcosa forse è cambiato, ora appare, all’improvviso, l’altro volto della speranza. È una gigantesca immagine che significa strada del recupero.