Paolo Sangalli ha le idee chiare al termine del suo primo ritiro da Commissario Tecnico con la Nazionale Italiana Femminile: «Quando siamo arrivati in Spagna eravamo un gruppo volenteroso di crescere. Ora che ripartiamo siamo una squadra: è diverso». Capiamo subito che alla base del suo lavoro ci saranno alcune idee portanti a permeare il tutto: ad esempio quella di squadra. Sangalli racconta che un momento, in particolare, sarà delicato in questo percorso, quello delle convocazioni per gli appuntamenti importanti. Se riuscirà a far passare l’idea di team, quel momento sarà più semplice. «Se le ragazze escluse si sentiranno comunque parte di una squadra, lo accetteranno meglio. Il loro senso di appartenenza resterà tale e non sarà ridimensionato da una scelta. Ma, perché questo accada, devo essere bravo a farle sentire squadra, non gruppo. Questo non vuol dire che non debbano restarci male: chi ci resta male, ci tiene. E noi abbiamo bisogno di queste persone».
Il ritiro ha volutamente riunito un gruppo eterogeneo, dalle atlete più esperte alle più giovani, dalla pista alla strada. Qualcuna, Vittoria Guazzini, al rientro da un infortunio. Così deve essere per Sangalli. «C’è un valore particolare nello stare insieme: lo scambio. Penso alle giovani generazioni e alla facilità con cui sono abituate ad ottenere le cose. Qualcosa che viene dalla società, anche dalla tecnologia, dove un click apre un mondo. Vedere la difficoltà con cui Elena Cecchini o Marta Bastianelli sono arrivate dove sono arrivate e vedere lo spirito che continuano a metterci credo sia importante». Il rischio, continua il C.T., è che ci si abitui alla maglia azzurra quasi fosse un’abitudine. Sangalli è perentorio: non può succedere.
Anche per questo, nel 2022 sarà presente alla maggior parte delle gare internazionali di ciclismo. Un messaggio per le sue atlete e anche per le altre nazionali. «Sarà un ribadire che sotto la maglia della squadra di appartenenza, quella della nazionale deve restare sempre. Che non ci si può mai scordare di essere parte dell’Italia. Un messaggio per noi e per le altre nazionali. L’Italia è “la squadra”». Sangalli pensa a Olanda, Germania, Francia e Polonia, le nazionali che teme di più guardando al nuovo anno.
Una presenza che Sangalli ha iniziato a far percepire scegliendo di recarsi in prima persona nei luoghi in cui già erano presenti i ritiri delle squadre, quel “vado io da loro” che disegna i contorni della disponibilità di cui si torna a parlare più volte nella chiacchierata. Una presenza che, però, nulla deve togliere all’indipendenza.
Paolo Sangalli vuole crescere atlete indipendenti, che da sole siano in grado di seguire un programma di allenamento e, soprattutto, di capire se e quando è il caso di fermarsi. «Non si devono seguire a tutti i costi le indicazioni di un preparatore se non ci si sente bene. Basta fare una telefonata, mandare una mail, e il preparatore sarà il primo a dirti di aspettare a fare quel tipo di lavoro nel giorno in cui starai bene. Saltare un giorno di allenamento, alleggerire un carico, non è grave. È grave non essere capaci di farlo, è grave quel senso di colpa che si instilla quando non lo si fa, perché non ti rende indipendente, perché non ti fa conoscere te stessa». Anche perché, a livello percentuale, i giorni in cui gli allenamenti non vanno come devono andare sono molti di più di quelli in cui è tutto perfetto.
“Sai cosa accade? Ci si inizia a dare colpe e a dirsi che non si va, che non va bene. Invece no. Voglio che le mie atlete imparino che l’importante è fare il massimo che quel giorno ti consente. Poco o tanto che sia. Se, poi, in gara trovi una fuoriclasse non è colpa tua. Se hai fatto il massimo, puoi solo levarti il cappello. Van Vleuten si allena con gli uomini? Non tutte possono farlo e non deve nemmeno interessarci. Per Elisa Longo Borghini, ad esempio, è uno stimolo: “Quando la vedo, la stacco”. Lavoriamo su questo». In questo senso, la direzione Sangalli avrà due parole chiare: equilibrio e conoscenza. In tutti i campi.
A breve, Sangalli organizzerà anche una riunione con le atlete più giovani in cui, con l’aiuto di nutrizionisti, esporrà alcuni principi chiave in tema. «Se a gennaio si hanno due chili in più non è così grave. Come se si ha un chilo in più all’inizio di una corsa a tappe: c’è tempo per smaltirlo. Iniziamo a ridimensionare l’equazione magrezza eccessiva uguale a velocità. Non è sempre così. Con i chili si perdono anche watt e muscoli. Bisogna fare una valutazione singola e bandire certe idee prive di senso».
Il tutto sempre nell’ottica dello stare insieme e del parlare. Così la presenza in ritiro di Marco Villa e Marco Velo, che si occupano di pista e cronometro nel nuovo organico federale, è un altro tassello fondamentale. «Velo è tornato a ribadire la necessità di usare spesso la bici da cronometro, almeno settimanalmente. La competenza di Villa ci aiuterà moltissimo anche per la strada: un dietro motore su pista migliora la gamba molto di più di un dietro motore su strada». Attenzione particolare sarà riservata anche alla comunicazione: occorrerà essere diretti e giusti per riuscire a essere ascoltati. Con la consapevolezza che con ogni ragazza bisognerà adottare un metodo di comunicazione diverso, riconoscendone carattere e sensibilità. Elisabetta Borgia, psicologa clinica e dello sport, lo affiancherà dandogli indicazioni in tema per capire come cambiare approccio dove le cose non funzionassero. «Rendere tutti sereni è semplice, basta dire: “fate ciò che volete”. Questo, invece, sarà un ambiente sereno proprio grazie alle regole, ai ruoli e al loro rispetto».
Un esempio è significativo: «Qualche giorno fa, una ragazza ha preso una salita con troppa calma, così mi sono avvicinato. “Immagina di essere ad una classica importante: dopo questa salita ci sarà una discesa e poi uno sprint. Se non avessi la forza per lanciare la volata?”. In poco tempo si è riportata sulle compagne e in discesa era addirittura davanti alle altre. Il mio dovere è toccare le giuste corde».
A giugno si conosceranno i percorsi degli Europei, per quelli dei Mondiali, invece, qualcosa si può già prevedere: i primi trenta chilometri saranno in leggera discesa, poi una salita di sei chilometri con una pendenza non proibitiva se non nei primi due, ma «tutto dipenderà dalle volte in cui verrà ripetuta». Per questo ogni valutazione si sposta in avanti, con un punto fermo: siamo la nazionale che veste la maglia iridata. «A febbraio, con le più giovani ci sarà anche Elisa Balsamo. Mi immagino cosa possa significare per una ragazza di vent’anni allenarsi con la Campionessa del Mondo. Credo che quella vittoria abbia dato qualcosa in più a ogni ragazza che in ogni categoria riceva una convocazione».
Paolo Sangalli non si ferma qui, dagli anni in ammiraglia vorrebbe qualcosa in più. «Vorrei che nel ciclismo tornasse a esserci quella componente di poesia che abbiamo avuto per tanti anni e che ultimamente si è persa dietro ai dati. Alle nostre atlete e a chi ci segue vorrei portare anche questa consapevolezza, di tutto ciò che c’è dietro la fatica».
Foto: Bettini