La Vuelta e il suo disegno: ce ne vuole, ma lo sapevamo già. Il fatto è che poi quando ci sbatti il muso il mattino della tappa, ti rendi conto di quanto le cose non funzionino per il verso giusto, ovvero il ciclismo di ASO che incontra quello della Vuelta e partorisce tappe di montagna troppo brevi o le solite “unipuerto” come le definiscono da quelle parti, roba da far strabuzzare gli occhi, da farti perdere la fede, da farti venire voglia di prendere la bici e, invece di organizzare un giro lungo, di fare 10 km e tornare a casa tanto la proporzione è quella. L’emblema è la frazione di martedì 12 settembre, che segue il giorno di riposo: 120 km con una salitella nel finale un po’ rampa di garage, un po’ strappetto, che fa tanto Vuelta, un disegno che pare non abbia nemmeno richiesto troppo impegno. A parte gli scenari interessanti, ma quelli per fortuna li trovi un po’ ovunque.

Olav Kooij – Foto Peter Goding/SprintCyclingAgency©2023

Parliamo di disegni: ecco a voi signore e signori il Tour of Britain: 8 tappe, 6 volate. Eppure da quelle parti ci si poteva sbizzarrire con percorsi collinari, persino con il pavé. Le volate però, sono state tutto sommato un discreto vedere. Il pericolo è sempre dietro l’angolo quando si parla di ciclismo, figuriamoci a quelle velocità, in quei finali, su quelle bici, con certa gente che non ha coscienza (gli invasati delle volate), però si sono fatte guardare. Olav Kooij, classe 2001, ne vince quattro di fila, il quinto giorno Jumbo Visma si inventa il numero con van Aert, pesce pilota nelle frazioni precedenti, che approfitta di un buco fatto da un compagno – e studiato, parole proprio di van Aert, a tavolino la sera prima – per involarsi verso il successo che diventerà poi fondamentale per vincere la classifica generale della breve corsa a tappe. Dove, a proposito di volate e pesci pilota, brilla ancora una volta la stella di Danny van Poppel, corridore di cui si parla sempre troppo poco a nostro avviso. Corridore solido che quando ha il suo spazio sa essere (molto) vincente e non solo prezioso ultimo uomo del treno BORA.

Remco Evenepoel scottato come Tadej Pogačar qualche mese prima. Logorato da una Jumbo che mette in campo una superiorità a tratti imbarazzante. Salta per aria, non letteralmente, ma si fa per dire, nella tappa del Tourmalet, ma il giorno dopo va in fuga e vince. L’abbraccio con Bardet, secondo di tappa e a lungo suo compagno di fuga, vale tutto. Così come le parole sempre di Bardet a fine gara: “«Il ciclismo come piace a me. Grazie per il passaggio Remco: ci sono corridori che vogliono vincere, altri che vogliono lasciare il segno». Peccato solo vedere un corridore incredibilmente forte come Evenepoel lottare “soltanto” per i successi di tappa e per i punti della classifica dei GPM, ma si passa anche da questo.

Filippo Ganna – photo Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2023

A proposito di lasciare il segno: Filippo Ganna. Unico fuoriclasse del nostro ciclismo. Vince la crono contro Evenepoel, si prende la rivincita sul Mondiale. Poi va in fuga nel giorno in cui il segno lo lascia, ancora una volta, Jesus Herrada – terza vittoria di tappa alla Vuelta in carriera. Quel giorno Ganna ci costringe a qualcosa che non avremmo mai pensato di fare: ci fa iscrivere al partito del “GANNA POTEVI VINCERE!” perché non sarebbe potuta andare altrimenti – come invece andrà – con quella gamba che portava a spasso il gruppetto dei fuggitivi lungo Laguna Negra. Ma Ganna è così: c’è Thomas in fuga e la squadra quel giorno è tutta per il galllese e Ganna ci si butta a capofitto per i compagni di squadra. Peccato, ma è un bel vedere. Altri Ganna cercasi in Italia, non certo soltanto per caratteristiche, ma per piglio e capacità di costruirsi un palmarès.

Adam Yates – photo Brian Hodes/SprintCyclingAgency©2023

Le corse in Canada che bellezza – oddio, il Gp di Quebec molto meno rispetto al Gp Montreal ma tant’è. Intanto l’orario per “noi europei” che regala il ciclismo in prima serata. E poi quel circuito cittadino che quest’anno è stato reso ancora più complicato dalla pioggia. Un vecchio canovaccio: in mancanza di quei matti che fanno esplodere le corse lontano dal traguardo con una serie di accelerate in prima persona – Pogačar, Pedersen, van der Poel, van Aert, Evenepoel, tanto per fare dei nomi a caso – le squadre che si mettono a testa bassa a fare l’andatura e giro dopo giro scremano il gruppo. A Quebec City, corsa tutto sommato noiosetta fino all’arrivo, vince De Lie, e che soffrendo va persino all’attacco a Montreal due giorni dopo, andando in contro alla sorte segnata, ma che razza di corridore che è il Toro. Montreal 2023, tuttavia, con i suoi quasi cinquemila metri di dislivello premia un altro profilo di corridori. E infatti vediamo una corsa selettiva, da dietro, da davanti, a ogni curva e strappo che è un rilancio. Corridori che stringono il manubrio con i denti per stare attaccati al gruppo (Alaphilippe, Matthews), altri che zampettano verso la vittoria (Adam Yates), e pure qualche segnale italico: Velasco, pound for pound il migliore italiano in stagione nelle corse di un giorno con un certo dislivello, ma c’è piaciuto molto pure Garofoli, talento che tutti aspettiamo. In fuga a Quebec City, tiene finché può con i migliori a Montreal. Chiude 43°. Al momento ci accontentiamo di questo, poi vedremo.

Foto in evidenza: UNIPUBLIC / SPRINT CYCLING AGENCY