Upcycle è un bike café di Milano da esattamente dieci anni. Così, in una sera d’estate, il 21 giugno, a partire dalle diciotto, quel bike café festeggerà, con tutti coloro che vorranno essere presenti, questo tempo e lo farà ancora nel segno delle due parole che meglio non potrebbero descrivere la propria essenza: bicicletta e caffè, per l’appunto. Una caffetteria, con tavoli lunghi, in cui i ragazzi di “Città studi” preparano i loro esami, assieme, in cui si pranza o si cena per motivi di lavoro, oppure, semplicemente, ci si incontra per caso e si chiacchiera: a questo servono quei tavoli, in cui condividono un caffè o un panino, l’uno accanto all’altro, anche persone che non si conoscono e che magari non si rivedranno più. In cui l’acqua è gratis. Una caffetteria in cui ci sono berretti, maglie da ciclista e biciclette, tante biciclette.

«All’interno del locale c’è un vero e proprio scambio. Pensate al gesto di prendere un caffè- ci spiega Marco Mazzei, che la prima volta passò in quel locale proprio agli inizi- si discute prima, nel mentre e dopo. Cosa significa? Che se all’interno succede qualcosa di interessante, molto probabilmente, questo qualcosa arriverà anche fuori. In questo una tazzina di caffè e la bicicletta si somigliano, sono capaci di aggregare, hanno profondamente a che fare con la socialità». Dieci anni fa, già, in un momento in cui a Milano ferveva qualcosa di nuovo rispetto alla bicicletta, qualcosa di bello, di futuro. Marco Mazzei conosceva già l’esperienza di locali simili, dall’estero, la ammirava ed era convinto che il percorso di Upcycle sarebbe stato come quello di qualsiasi bike café visto in viaggio, eppure Upcycle, crescendo, non è diventato esattamente come lo immaginava e questo, Mazzei lo dice, è stato anche un bene: «Sì, perché questi locali, altrove, erano molto legati al “professionismo”: bici da professionista e marchi da professionista. Upcycle, invece, è sempre stato un variegato insieme di umanità, di grandi pedalatori, di biciclette in ogni forma e dimensione. Non me lo aspettavo, ma è qualcosa in più, che credo debba essere conservato e custodito. Upcycle guarda la città ma allo stesso tempo è di respiro internazionale».

Attorno a quei lunghi tavoli, le persone cambiano nel corso della giornata e, la sera, molte volte, si ritrovano ad ascoltare racconti, di viaggi, di andate e ritorni, di ruote, ingranaggi e catene, in ogni caso, di donne e uomini: «Penso che un tavolo come quello, sia un luogo in cui possono sciogliersi molte sfide che viviamo nella quotidianità. Prendiamo il tema dei rider, del lavoro e della bicicletta, è un tema che apre molti scenari, molte possibilità: lì se ne può parlare, si può capire e migliorare, cambiare. In ogni caso, capire è sempre meglio. Un locale così può aiutare a capire». E a diffondere, “a portare fuori”, per le strade e le case, quel che si sente lì dentro, anche qualcosa che, senza quel luogo, non si sarebbe mai ascoltato: si ritorna al caffè e alla bicicletta, senza l’uno e senza l’altra, probabilmente, non conosceremmo molte cose che, invece, conosciamo. Per questo motivo, la festa, che prevederà un red carpet su cui potranno sfilare le biciclette, momenti di spensieratezza, leggerezza, e, soprattutto, l’idea che festeggiare adesso significhi pensare al futuro e pensare a cosa potrà essere Upcycle fra altri dieci anni, quale potrà essere il suo rapporto con la città, il tema della sicurezza, ad esempio.

«Porto un esempio: tempo fa c’è stato un incontro a tema economia carceraria. I carcerati, guidati da un meccanico, hanno aggiustato delle biciclette che poi sono state utilizzate da molte persone. Mi piacerebbe parlare di tutti i significati che porta un giro in bici su una di quelle bici». Allora il futuro di Upcycle parte dal suo passato e dal suo presente, dall’impatto che ha avuto sulla città, su persone che, magari, sono capitate fra le sue mura una volta soltanto eppure fanno parte di questa storia, perché hanno sentito parlare di un qualche viaggio e, pur non avendolo mai fatto prima, sono partite, in bicicletta: «Upcycle fa parte di questa città, nel senso di appartenenza, delle sfaccettature, dei viaggi raccontati, del lavoro, del turismo urbano o dell’avventura. Di un certo modo di vedere la città stessa e la bicicletta. Dalla città arrivano le voci che si sentono quando passi qui accanto, il fatto che sai che qui troverai qualcuno».

In quella sera d’estate, quella del 21 giugno, a questa festa che riserverà molte sorprese troverete anche Alvento, la riproduzione e l’esposizione di dodici copertine dei numeri della nostra rivista, i nostri libri, qualcuno di noi. Per festeggiare e scambiare chiacchiere ed idee. Quelle che, poi, con un caffè e una bicicletta chissà davvero dove possono arrivare.