Può sembrare scontato parlare di maschere di fango in una gara di ciclocross ma non si può fare altrimenti. Almeno oggi, almeno per il Superprestige di Boom dove Wout van Aert è tornato ad assaggiare il fango. Talmente tanto da sembrare quasi sabbie mobili che assorbono le ruote, che ti trascinano a fondo, perché non si limitano a farti cadere, a immergerti nella terra, ma ti assorbono, quasi a lasciare un’impronta, uno stampo da cui è difficile uscire. Prede nella tela del ragno, sono così oggi gli atleti.
Van Aert aveva parlato a “L’Èquipe” in questi giorni. Aveva detto che gli faceva piacere tornare e sperava facesse freddo e ci fosse il classico fango belga. Che a una gara di ciclocross è come l’odore di umido e il profumo di patatine fritte che evapora. Essenza dell’inverno e delle nebbie.
Un assolo quello di van Aert, proprio dopo la scivolata di Toon Aerts, prima della sua scivolata e della rincorsa con la bici in mano, alzata da terra per sfuggire all’attrito, al risucchio. Solo stamani i quotidiani ricordavano i tempi in cui i giovani van Aert e van der Poel duellavano nel cross, quasi con una lieve nostalgia. Che è voglia di ritorno, infatti van Aert torna e tutti se ne accorgono.
Ha raccontato che quando ha scelto di dedicarsi alla strada molti suoi tifosi del cross non l’hanno presa bene, quasi un abbandono. Ma lui non voleva questo: «Avevo già vinto diversi titoli, uno in più non cambiava nulla se non avessi provato la strada». E sulla strada ha messo la stessa grinta che serve per uscire indenni da quei sentieri melmosi. Riguardate la Sanremo del 2020 o il Ventoux al Tour 2021, fra le altre cose e sentirete ciò di cui parliamo. Quella scossa che ha che fare con il modo in cui si batte e, spesso, vince. Qualcosa di primordiale.
Oggi ha fatto lo stesso, davanti a Toon Aerts e Van der Haar, Iserbyt quarto, Pidcock settimo. E non è finita qui perché dicembre è una vigilia continua, non solo di feste. «Se dovesse arrivare il giorno- ha aggiunto- in cui mi mettessero nella condizione di scegliere tra cross e strada, sceglierò. Ma sarà un colpo al cuore perché il ciclocross è il primo amore e credo sia compatibile con l’attività su strada. Fino ad allora in inverno tornerò nel fango». Basta nostalgia. Si vive il presente.