Gironimo è, alla fine, un nome che contiene un destino. La parola Giro, infatti, non poteva che riferirsi al Giro d’Italia, alle sue strade e alle sue storie, piccole o grandi. Gironimo potrebbe anche essere, e, forse, in qualche modo è, uno di quegli indiani che il gruppo dei ciclisti vede da lontano, quando si appresta a scalare una vetta: semplici persone in attesa della corsa, che paiono tribù indiane schierate. Un richiamo al viaggio, agli spazi sterminati ed agli spostamenti infiniti che il ciclismo esplora. Gironimo è tutto questo ed è, soprattutto, un podcast, giunto quest’anno alla sua seconda edizione: quello di Alvento sulla via del Giro d’Italia. Quattro voci, Filippo Cauz, Michele Pelacci, Leonardo Piccione, Marta Bacigalupo, il nostro furgone Nerone, e tanti aspetti da scoprire alla vigilia della puntata zero, che avrete la possibilità di ascoltare questa sera. Abbiamo pensato ad un’intervista diversa, una chiacchierata di redazione, potremmo dire, in cui mettere sul tavolo progetti e pensieri. A farci compagnia proprio Leonardo Piccione e Michele Pelacci.
Le voci e la voce sono il primo elemento su cui soffermarsi, perché quello di Gironimo sarà un racconto da ascoltare, non da leggere: «Credo questo sia il settimo Giro d’Italia per me e Filippo Cauz. Sei consecutivi, uno più indietro nel tempo- racconta Leonardo Piccione- ed in questi anni abbiamo capito come il Giro, meglio di qualunque altra gara, si presti ad un racconto diverso da quello scritto. Perché è una corsa fresca, con tante storie: la trama secondaria, diciamo così, è interessante quanto quella principale. Non sempre accade: il Tour de France, ad esempio, pone al centro il racconto primario. Al Giro abbiamo tanti atleti esordienti, tanti corridori da incontrare, voci mai sentite da ascoltare per la prima volta, con cui familiarizzare. Non solo le voci degli atleti, quelle dei tifosi, di chi lavora in un museo, di chi vi capita per caso. Ogni storia ha una voce, come ogni luogo: Gironimo vuole provare a dare spazio alla voce delle storie». Allora, anche se il Giro d’Italia è alla sua edizione numero 107, la noia non fa parte del viaggio, non è un rischio che si corre, perché si incontrano luoghi mai visti, le sedi di partenza e di arrivo cambiano, lo spirito della scoperta turistica si mantiene sempre vivo e, anche qualora si torni in città già visitate, è maggio ad essere l’incognita: la natura che rinasce, il clima ed il cielo a fare scherzi, a sorprendere. «Pensiamo al Giro come ad un romanzo: la quarta di copertina può già svelare una qualche anteprima, ma il libro va letto, altrimenti non si saprà davvero mai come si risolve il mistero. Quest’anno abbiamo un favorito d’obbligo, inutile negarlo: è Tadej Pogačar. Potrebbe essere un Giro senza storia? Certo ed in quel caso saranno ancor di più le storie. L’analisi tattica o tecnica non sono mai state al centro del podcast, pur essendo importanti perché raccontiamo un evento sportivo, se il dominio dello sloveno dovesse ridurre ancora il tempo per questo tipo di analisi, quei minuti saranno destinati a nuove storie e nuovi incontri. La noia non si annida qui, semmai può annidarsi nella routine, negli spostamenti, nelle code. A noi non è successo, perché il mondo del Giro assorbe completamente e la bellezza fa persino dimenticare di essere stanchi».
Michele Pelacci ascolta attento la riflessione di Piccione, poi interviene: «Sono d’accordo. Tuttavia introduco una differenziazione: se il dominio di Pogačar dovesse limitarsi alle tappe finali, anche uno stradominio, non vedrei grandi problemi. Se, però, dovesse “ammazzare” la gara già ad Oropa, avrei qualche dubbio in più. Penso che una gara “spenta”, in qualche modo, rovini la storyline, pur centrale. Perché tutti ricordano il Giro dell’anno scorso? Per un finale drammatico, non per il podio o per una posizione di rincalzo, ma per la vittoria. Il Giro del 2022, ad esempio, è ricordato molto meno: l’esempio è quello del ragazzo invitato al ballo, che, però, resta in un angolo, nascosto. L’anno scorso il volto della corsa è cambiato presto: Ganna ed Evenepoel con il Covid, Tao Geoghegan Hart ritirato per una caduta. La trama non può non risentirne».
Spiega Pelacci che, per lui che ha scoperto il ciclismo nel 2019, essere sulla strada ha significato comprendere realmente cosa sia il ciclismo: «Uno sport senza senso per la fatica che ha dietro, per i sacrifici che lo compongono. Vivere il Giro d’Italia dal vivo permette di meglio ponderare i giudizi e di evitare quelli inutili». Già, ma come si racconta Tadej Pogačar? La domanda sembra inevitabile visto che a parere unanime sarà il protagonista. Leonardo Piccione confessa di non averlo mai incontrato dal vivo e questo sarà un punto non poco importante nell’evoluzione del podcast: «Potrò parlargli per la prima volta, anche solo attraverso una domanda in conferenza stampa, se vincerà una tappa od indosserà la maglia rosa. Il racconto sarà legato all’evoluzione della nostra conoscenza del campione, un’angolazione differente, una sfida diversa rispetto a quella di Giri con pronostici serrati». Il tono dovrà restare leggero, senza però scadere nel linguaggio o nelle idee.
L’abbiamo nominata prima ed è, senza dubbio, la novità più importante di questa seconda edizione: Marta Bacigalupo, nuova voce del racconto, a cui, tra le altre cose, sarà affidato proprio il compito di scovare nuove curiosità su Pogačar. L’idea della sua partecipazione nasce, in qualche modo, dopo un incontro a Gattorna, durante l’undicesima tappa dello scorso anno: «Marta è entusiasta, allegra. In più, ha uno sguardo maggiormente da tifosa- spiega Pelacci- e non credo nemmeno desideri lavorare nel mondo del ciclismo: questa leggerezza porta una prospettiva che arricchirà le nostre chiacchierate. In più- Michele si lascia andare ad una risata- anche Marta guiderà Nerone e si dividerà con me i tanti chilometri giornalieri».
Sì, Marta sarà la prima voce femminile nel nostro podcast, aspetto importante, assieme alla freschezza che saprà portare, ed è proprio parlando di lei che iniziamo a svelarvi qualche pillola: il suo interesse per il mondo dei tarocchi farà sì che il Giro di Gironimo verrà anche interpretato attraverso le carte. Intanto, a proposito di interpretazioni, un pronostico sul podio di questo Giro 2024 l’abbiamo già chiesto ai nostri inviati: Pogačar, Thomas, Bardet, il tris di Piccione, Pogačar, Daniel Martinez, Valentin Paret-Peintre, quello di Pelacci. Ma non ci siamo fermati qui, Piccione e Pelacci si sono anche sbilanciati su altri aspetti: la tappa “sorpresa”, quella che, pur non indicata dai più come decisiva, potrebbe incidere sulla gara: Piccione segnala quella degli sterrati di Rapolano Terme, «potrebbe non accadere nulla, come potrebbe essere addirittura più incisiva di quella di Prati di Tivo. Ricordiamo tutti Pogačar alla Strade Bianche», Pelacci, invece, indica la prima perché «l’ho pedalata ed il finale di San Vito non è per nulla semplice».
Leonardo Piccione introduce il tema legato agli italiani in corsa: Pellizzari, Piganzoli e Tiberi, i più attesi. Si aspetta Andrea Vendrame vincitore di “almeno una tappa” ed è curioso di conoscere Andrea Pietrobon, da quanto sappiamo appassionato di musica e musicista che si diletta con chitarra e pianoforte. Michele Pelacci si sbilancia in un pronostico: «Secondo me, possiamo vincere almeno sei o sette tappe. Gli atleti italiani sono in varie squadre, questo è il bello. Personalmente farei attenzione a parlare di ciclismo italiano in crisi, perché il ciclismo non è solo il ciclismo su strada e bisogna considerarlo a tutto tondo. Credo sia necessario mantenere, però, un profilo basso e continuare a lavorare». Due domande le ha già preparate: a Giulio Pellizzari, che condivide con lui la fede milanista, vorrebbe domandare una sua idea rispetto ad un cambio di allenatore del Milan: «Io sì, ed il più presto possibile». Da Zambanini, invece, vorrebbe sapere se ha mai lavorato nell’agriturismo di famiglia. E se invece parlassimo di nome a sorpresa? C’è accordo: Florian Lipowitz, più per le tappe, secondo Leonardo Piccione, in particolare, per le prime frazioni, che per la classifica.
Michele Pelacci ci confessa qualcosa che ancora non conoscevamo: «Ma tu sapevi che ho altri due nomi? In realtà, sono Michele Florindo Callisto Pelacci. Di Lipowitz mi piace anche il nome particolare: Florian e Florindo hanno qualche assonanza». Vorrebbe mantenere l’incognita, ma la nostra domanda lo fa cadere in tentazione: «Michele, sveliamo ai nostri lettori gli altri tuoi nominativi?». Qualche secondo e: «Ma sì, scrivi tutto, scrivi tutto».
Si torna seri. Non mancherà l’improvvisazione, «qualcosa che noi italiani sappiamo fare, nel bene e nel male», ma allo stesso tempo lo studio e le scalette saranno preparate con cura e precisione, «una curatela che vorremmo non arrivasse all’ascoltatore sottoforma di “peso”, ma di qualità del prodotto». Anche per i luoghi, prosegue Piccione, vale un poco quello che vale per la conoscenza delle persone, che si arricchisce tassello dopo tassello: «Consideriamo Napoli, dove il Giro fa ritorno: la prima volta, con il sole e la festa, ricordo una sorta di stordimento, di sbalordimento. L’anno scorso abbiamo pensato ad un altro racconto, quest’anno parleremo di geologia, di quello che accade sotto quella terra e quel mare, dell’attività tellurica costante, della scienza». Anche per Leonardo Piccione il Giro d’Italia è un ritorno a casa dall’Islanda, dove trascorre molto del proprio tempo, proprio quando là il clima inizia ad addolcirsi e le ore di luce si ampliano, mentre il sole non tramonta. I suoi amici islandesi gli chiedono se sia matto ad andarsene proprio adesso, lui risponde solamente: «C’è il Giro». La curiosità, da parte sua, è per Prati di Tivo, un lato del Gran Sasso che non ha mai visitato, ma che molti gli dicono assomigli all’Islanda, nei colori e nelle sfumature. Chissà. La stessa curiosità Michele Pelacci la nutre per Livigno, dove il Giro trascorrerà il giorno di riposo, e per il Monte Grappa ed il suo santuario: «Avrò la bicicletta con me, al mattino qualche sgambatina la farò, perchè è bello pedalare al Giro. Ovviamente pedalo volentieri con i nostri lettori, però mettiamo le cose in chiaro: chi vuole pedalare con Pelacci deve svegliarsi presto. Non ci sono sabati e domeniche che tengano. Massimo alle sette e mezza».
Proprio Michele Pelacci, in queste tre settimane, proverà ad imparare qualche parola di giapponese legata al ciclismo, con il supporto di Shimano: «Non riuscivo nemmeno ad imparare il francese al Tour de France Femmes, non so come finirà con il giapponese, in ogni caso, sarò studioso». Mentre Domenico Pozzovivo narrerà il percorso delle tappe: «Si tratta- spiega Piccione- di un qualcosa in divenire, ma Pozzovivo conosce veramente quasi ogni strada d’Italia, ogni curiosità, ogni museo. Sarà un racconto differente dalla classica ricognizione». Il Museo della Magia ed il Museo del Calcio Balilla sono già sul taccuino. Chissà, tra le altre cose, che anche Lisa Vittozzi, la campionessa di Biathlon, non faccia un’incursione nel viaggio.
«Abbiamo parlato delle cose che cambiano e di quelle che restano uguali- prosegue Piccione- bene, l’accoglienza del Giro nelle città non è mai cambiata. Dalla televisione non si colgono molti aspetti, ma basta osservare il volto sorpreso di adulti e bambini, quando il plotone giunge anche in un piccolo paese, in un borgo, per non avere dubbi. Basta leggere i cartelloni e gli striscioni che vengono preparati per comprenderlo. Non sempre queste persone aspettano qualche atleta in particolare, spesso attendono solo il Giro». Michele Pelacci è impaziente, scalpita: «Del Giro si inizia a parlare molto presto e sembra lontano, molto lontano, in realtà si avvicina in un attimo. Allora i pronostici, le tattiche, le squadre, i favoriti, le possibilità. Ora basta, bisogna partire perché il Giro inizia davvero». Così sono partiti e stasera inizia anche Gironimo.
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