Il treno su cui sta viaggiando Vincenzo Albanese, Eolo Kometa, di ritorno dal Tour du Limousin, arriverà a Firenze intorno alle quattordici. Dai finestrini si vedono gli stessi paesaggi di sempre, eppure per Albanese oggi è diverso. Non lo dice direttamente ma, da come parla, capiamo che quelle parole sul coraggio, quelle che dicono che il coraggio è la principale delle qualità umane perché garantisce tutte le altre, dicono qualcosa anche a lui.
«Avessi avuto più coraggio probabilmente le cose avrebbero potuto andare diversamente anche prima. Poche ore fa, a Limoges, ho vinto di coraggio». Vincenzo Albanese si riferisce ai molti piazzamenti nell’ultimo anno, ci ripensa adesso e ci pensava anche ieri in corsa sebbene, come racconta lui stesso, chi fa il mestiere del ciclista non ha molto tempo di pensare. «In squadra mi hanno sempre mostrato questa possibilità, probabilmente non ero pronto per metterla in pratica. Doveva scattare qualcosa e nell’ultima tappa del Limousin è successo». Quel qualcosa è scattato e insieme a lui, a un chilometro e mezzo dal traguardo, è andato via anche Albanese.
«Non ho paura delle volate, mi piacciono e sono anche veloce. Le volate sono il mio terreno, è questo il punto: per questo le ho sempre scelte. Il rischio delle volate è un rischio che conosco bene. Quello di ieri, forse, era un rischio che mi intimoriva, perché nel momento in cui scatti azzeri ogni possibilità intermedia: se non vinci, non ti piazzi nemmeno». Ad Albanese un nuovo piazzamento non interessava, per questo se ne è andato e dietro hanno potuto solo guardarlo: prima a braccia levate, poi a terra, a respirare.
La cosa bella del suo coraggio è che, poi, una volta scattato, una volta che lui era in testa, controvento, col gruppo alle spalle, il momento più difficile era diventato il più semplice: faticoso, certo, ma naturale. Ai meno duecento metri dal traguardo, Albanese era ancora abbastanza lontano da sentirsi al sicuro: «Che avrei vinto l’ho capito lì, quando mi voltavo e vedevo che più di tanto non recuperavano. Quando ho alzato le braccia, avevo già pensato alla vittoria da qualche secondo».
Sembra un paradosso, quello della vittoria che non arrivava mai e alla fine è arrivata prima di arrivare veramente. Bastano pochi metri, pochi secondi: sono già tanti, sono sempre tanti quando non vedi l’ora.
Per questo dal finestrino persino i binari, linee parallele che si corrono accanto come treni di una volata, sembrano diversi. Perché «fare il ciclista mi è sempre piaciuto ma, ad un certo punto, hai anche bisogno che le cose vadano bene, crederci non ti basta più se non succede qualcosa». Così il coraggio ha salvato Vincenzo Albanese, così Vincenzo Albanese ha salvato il suo coraggio su una bicicletta.