10 nomi da seguire a Il Lombardia (escluso Pogačar)
Premessa d’obbligo, a meno che non si voglia entrare nel mondo di Essere John Malkovich e ripetere continuamente: “Tadej Pogačar, Tadej Pogačar, Tadej Pogačar”, il quale ha già il suo da fare nel far godere il più possibile tifosi attratti da questa grande cosa che sta accadendo al ciclismo e che lui, come tutte le grandi cose, per l'appunto, dopo Merckx, verrà accostato a Coppi anche per il “semplice” fatto di poter vincere tra due giorni il quarto Lombardia di fila, roba, per l’appunto, che apparteneva al Campionissimo. Però gli altri, che ci stanno a fare? Il nostro subconscio è variegato e pensiamo anche a loro, va là. L’ultima grande corsa della stagione - prima del rush finale in Oriente, finale non per tutti, corse che sembrano a metà tra una punizione, una rivelazione, per qualcuno anche una bella vacanza pagata, per chi osserva non può che essere una inutile follia, un orpello di cui si fa volentieri a meno: si corre troppo, c’è troppo da seguire anche per il semplice appassionato che a volte si ritrova con quattro, cinque gare a colpo e non sa che fare, insomma ho perso il filo come sempre, perché questo del correre troppo è un altro discorso, seppure importante. Tornando alla "classica delle foglie morte” in programma questo sabato, e che chiude, si diceva, la stagione delle grandi gare di un giorno, abbiamo un solo favorito su un percorso meno duro che in passato e dove, come abbiamo già scritto, aspetteremo non come, ma dove e quando. In attesa di capire, infatti, il punto in cui il campione del mondo attaccherà per vincere in solitaria, in un momento in cui ha ridotto a brandelli i suoi avversari, non solo per l'assurdità dei numeri, dei watt e compagnia, ma anche mentalmente, ecco dieci nomi da seguire al Giro di Lombardia - o Il Lombardia. Dieci nomi, ma, come da titolo, eccetto quello lì.
ROMAIN BARDET
All’ultima corsa della carriera, Romain Bardet sceglie la classica italiana per dare addio alle corse su strada. Qui è sempre andato forte e come la Liegi, la corsa italiana, per percorso e dislivello è la più adatta.Una sola volta, però, è andato vicino al grande colpo e pare un’epoca fa. Era il 2016 e un giovane Bardet era presente nell'azione decisiva con Diego Rosa, Esteban Chaves e Rigoberto Uran che poi si sarebbero giocati il successo. Chiuse quarto, quella volta, ma sabato va a caccia del podio per terminare la sua carriera in bellezza.
LOMBARDIA DISPUTATI: 8
MIGLIOR PIAZZAMENTO: 4° nel 2016
2023: 11°
TOM PIDCOCK
Più a suo agio in discesa che in salita, Tom Pidcock ha dimostrato, di recente al Giro dell’Emilia, di poter essere considerato tra i principali corridori che da dietro lotteranno per un posto sul podio. Considerando anche come, la versione 2024 de Il Lombardia appaia meno impegnativa di altre volte, e, tenendo il focus sulle capacità di guida in discesa del corridore della Ineos (ancora per poco?), ci sentiamo di mettere il funambolico e poliedrico nativo di Leeds fra i possibili candidati a una posizione di alta classifica al termine della classica delle foglie morte.
LOMBARDIA DISPUTATI: -
MIGLIOR PIAZZAMENTO: -
2023: -
DAVIDE PIGANZOLI
C’è un po’ di Italia in questo… Il Lombardia? Sì, è Davide Piganzoli, autore di una prova confortante, l’ennesima, al Giro dell’Emilia, in vista di un futuro che lo dovrebbe vedere legato ancora un anno al Team Polti di Ivan Basso, la squadra che lo ha scovato, cresciuto e lanciato nel mondo del ciclismo. Ci stava visto benissimo anche al Mondiale, Piganzoli, per piglio e caratteristiche: ormai sempre più raramente si vede un corridore italiano di questo tipo, forte in salita, resistente, persino veloce, con recupero, giovane, eccetera. Piganzoli è la carta migliore per la spedizione azzurra per covare qualche speranza di piazzamento tra i dieci che, per la squadra di Basso, sarebbe, oltretutto un risultato da leccarsi i baffi per qualche decennio.
LOMBARDIA DISPUTATI: 1
MIGLIOR PIAZZAMENTO: 28° nel 2023
2023: 28°
JAN CHRISTEN
Da un giovane all’altro: Jan Christen. È vero, l’attenzione sarà tutta esclusivamente catalizzata da Tadej Pogačar, non solo al di fuori, ma anche in squadra. Poi, chissà, magari non ci sarà bisogno di uno sforzo massimo da parte di tutti i compagni di squadra - UAE TEAM Emirates con il solito squadrone al via - e il giovane svizzero, magari si potrebbe risparmiare e, grazie alle sue caratteristiche, da dietro potrebbe anche superare diversi corridori. Unico scoglio: il chilometraggio, in corse di una certa durata Christen non ha ancora dimostrato nulla ed è proprio lì che sembra poter avere margini o - se vogliamo vederla da un altro punto di vista - i propri limiti. Comunque, signore e signori, questo sembra proprio corridore vero…
LOMBARDIA DISPUTATI: -
MIGLIOR PIAZZAMENTO: -
2023: -
ENRIC MAS
Ogni tanto capita che Enric Mas si ricordi di essere un bel corridore. Ogni tanto capita che esca fuori con una gamba di qualità dalla “sua” Vuelta e possa addirittura provare a impensierire i più forti, strada facendo. È già accaduto in passato - sconfisse Pogačar all'Emilia nel 2022 e poi fu l’unico a resistergli al Lombardia pochi giorni dopo -, ma il passato è, per l’appunto, quella cosa che ormai è lontana nel tempo e dove al massimo puoi trovare rifugio nei momenti di sconforto. In più, lo sloveno campione del mondo è nettamente più forte di quello che già vinceva (a tratti dominava) due stagioni fa. Mas, invece, è più o meno lo stesso, corridore che si nasconde, spesso, che ogni tanto, al contrario di quello che molti dicono, quando sta bene non ha paura a farsi vedere davanti o scattare (è così, ve lo giuro). Certo, le discese a il Lombardia possono creare sempre grattacapi e lui non è questo guidatore sopraffino. Vedremo, ma un paio di centesimi su di lui che chiude tra i primi li buttiamo nella prima fontana che troviamo, molto volentieri.
LOMBARDIA DISPUTATI: 4
MIGLIOR PIAZZAMENTO: 2° nel 2022
2023: DNF
ROGER ADRIÀ
Tra i nomi (nuovi) di questa stagione ecco Roger Adrià, poliedrico spagnolo che ha beneficiato del salto di squadra in Red Bull. Lui che, a differenza di suoi molti colleghi, spesso italiani, lavora tanto per la squadra, ma sfrutta alla grandissima le occasioni che gli vengono date: vittoria a Namur al Gp di Vallonia, successo sfiorato alla Bernocchi qualche ora fa, per fare due esempi. Dopo una grande Vuelta a supporto di Roglič su diversi terreni e un Mondiale corso sempre nel vivo dell’azione (con 11° posto finale) nel gruppo dei migliori, il ventiseienne catalano sabato è uno dei candidati al podio. Resistente in salita, grazie anche al notevole spunto veloce potrebbe eventualmente vincere la possibile volata ristretta alle spalle di Pogačar.
LOMBARDIA DISPUTATI: -
MIGLIOR PIAZZAMENTO: -
2023: -
SIMON YATES
Si è rivisto in questo finale di stagione e vuole dare l’addio alla squadra che lo ha lanciato e per la quale ha corso per oltre un decennio in grande stile: Simon Yates punta forte al podio. Per farlo, però dovrà sperare in una corsa dura e magari, possibilmente, staccare molti dei suoi avversari altrimenti in un eventuale sprint ristretto finirebbe battuto da molti. Di recente, il corridore di Manchester, che dalla prossima stagione sfiderà il gemello facendo il gregario a Vingegaard, ha dimostrato di essere tornato sulla strada giusta, quella del miglior Yates, corridore brillante ma che da un po’ non si vedeva.
LOMBARDIA DISPUTATI: 4
MIGLIOR PIAZZAMENTO: 5° nel 2023
2023: 5°
WILCO KELDERMAN
Volete un bel nome a sorpresa? Eccovi serviti: Wilco Kelderman che, se non dovesse cadere, è uno di quelli che in salita potrebbe stare con i migliori. La Visma, sulla carta, ha altre punte - Jorgenson, in calo in questo finale di stagione, tanta volontà, ma meno brillantezza, Valter, che fatica a fare il salto di qualità - ma ha nel neerlandese un corridore affidabile, dotato spesso di una notevole capacità di togliere le castagne dal fuoco in caso di controprestazioni altrui e di tenere la ruota dei migliori in salita. Carta che la Visma potrebbe pure spendere dalla media distanza pur consapevole che sabato UAE Team Emirates difficilmente farà volare mosche diverse da quelle vestite con la maglia iridata.
LOMBARDIA DISPUTATI: 10
MIGLIOR PIAZZAMENTO: 17° nel 2014
2023: 65°
BAUKE MOLLEMA
Abbiamo parlato di corridori al passo d’addio, altri, invece, devono costruire ancora la propria carriera, nel caso di Bauke Mollema, invece, parliamo di uno dei corridori più esperti del gruppo, e che pare non abbia voglia di smettere, uno dei corridori più in forma del momento, uno dei corridori in attività che Il Lombardia lo ha vinto (gli altri sono, fra quelli al via, Pogačar, Fuglsang, con loro Chaves, non iscritto). Forse avrebbe preferito un tracciato più duro, lui scalatore e dotato di grande resistenza, ma guai a sottovalutare la sua capacità di lettura della corsa che nel tempo gli ha permesso di togliersi grandi soddisfazioni.
LOMBARDIA DISPUTATI: 15
MIGLIOR PIAZZAMENTO: 1° nel 2019
2023: 43°
DAVID GAUDU
Chiudiamo con un altro francese, David Gaudu, uno che negli ultimi anni si è tirato addosso karma negativo e qualche antipatia, forse pure di troppo. Sta bene Gaudu anche se al Mondiale gli si è spenta la luce all’improvviso dopo essere stato a lungo tra i più attivi nel gruppo a inseguire Pogačar ed è corridore particolarmente adatto a percorsi come il Lombardia. Sulle strade tra le province di Bergamo e Como, sabato, lo aspettiamo agguerrito e all’attacco - o all’inseguimento, dipende dai punti di vista.
LOMBARDIA DISPUTATI: 4
MIGLIOR PIAZZAMENTO: 7° nel 2021
2023: -
Foto: Sprint Cycling Agency
Il monumentale dei Mondiali di ciclismo 2024
[I NOMI DEI FAVORITI E DEI PRETENDI ALLE MEDAGLIE POTREBBERO SUBIRE VARIAZIONI: NON TUTTE LE SELEZIONI SONO STATE ANCORA UFFICIALIZZATE]
C’è un evento che, almeno a chi scrive, scalda il cuore più di ogni altro. Uno di quelli che il romantico autore sogna la notte, manco fosse lui a dover correre, sperando che i colori che indossa, quelli della propria nazionale, si possano tramutare, passato quell’istante finale, quella striscia incollata sull'asfalto da qualche addetto, nella maglia iridata. Carbo load per la preparazione: un piatto enorme di pasta al forno e quello che avanza il giorno dopo lo si mette sulla pizza fatta in casa. Lievito madre. Sarà per questo che, la notte, il nostro, sogna biciclette, salite e fatica o più esplicitamente sogna un turbolento Mondiale di ciclismo? Chissà, ma non è ciò che importa, il nostro si è rigirato nel letto tutta la notte convinto che qualche insetto lo stesse pizzicando e alla fine, invece, si è ricordato che il Mondiale stava davvero arrivando, stavolta nella sua ormai consueta ubicazione in calendario, dopo l’anticipo del 2023.
Da domenica 22 a domenica 29 settembre, quindi, eccoli (in tutto il loro splendore?) i Mondiali su strada di ciclismo a Zurigo, un posto strano, per nulla brutto, con quel Lago in mezzo a fare da punto di riferimento in molte corse e che già sappiamo verrà spesso inquadrato in mezzo ad azioni salienti durante la corsa. Facciamo un pronostico prima di addentrarci in questioni più tecniche: qualcuno avrebbe voglia di contare quante volte le immagini si soffermeranno sul Lago? Noi spariamo una cifra: intorno a un centinaio, o poco più. Tuttavia, oltre all’inserimento più classico - almeno dalla riforma del calendario - del Mondiale verso fine settembre, torna pure la solita, vecchia, sporca, persino noiosa formula, così tradizionale fino a farsi amare per abitudine: la rassegna verrà infatti chiusa dalla prova in linea maschile, in un crescendo che, visto anche il percorso, impegnativo (molto) almeno sulla carta, e i suoi partecipanti, promette grande spettacolo.
Quello che segue, nei prossimi capitoli, vuole essere una breve analisi di quello che sarà: breve non tanto per rispondere alle esigenze del lettore o addirittura perché crediamo alla regola che più si scrive e meno si legge, quanto perché, al momento della preparazione e dell’uscita, ancora non sono certi tutti i nomi presenti o le selezioni ufficiali, in particolare modo per le prove in linea in programma al termine della prossima settimana -ma magari per quello ci adopereremo nella prossima newsletter- e, come detto in apertura, la ripetizione giova più all’autore del pezzo che a voi, cari lettori. Portate pazienza, verrà aggiornata mano a mano che saranno annunciati i nomi definitivi al via delle varie corse.
Quindi, gara per gara, ecco orario, percorso e possibili favoriti del Mondiale di Zurigo 2024. Una serie di spunti e pronostici fatti col sorriso e la rassegnazione più totale, consapevoli che al solito ne beccheremo pochi, ma l’importante, come dice il giocatore d’azzardo, è divertirsi.
DOMENICA 22
CRONOMETRO INDIVIDUALE FEMMINILE ÉLITE E UNDER 23
ORARIO 11.51
DISTANZA 29,9 KM
DISLIVELLO 327m
PERCORSO: da Gossau a Zurigo
FAVORITE
Difficile non immaginare una sfida tra Chloè Dygert e Grace Brown: l’australiana campionessa olimpica, medaglia d’argento nelle ultime due prove a cronometro al mondiale, ha annunciato che a fine stagione appenderà la bici al chiodo e quindi avrà motivazioni maggiori su un percorso mosso inizialmente, ma che nella seconda metà diventa un bel piattone quasi dritto che sale verso nord costeggiando il Lago di Zurigo e che pare sorridere di più all’avversaria americana. In alternativa alle due o a giocarsi un terzo posto sul podio i nomi, gira e rigira, sono sempre quelli: Lotte Kopecky, Belgio, fresca di titolo europeo, cresciuta a dismisura anche in questa specialità, punta come minimo a migliorare il 9° posto di due anni fa a Wollongong, quando a vincere fu Ellen van Dijk, Paesi Bassi, altra outsider per il podio, ma tutto dipende da come sta - all’Europeo, chiuso proprio alle spalle della belga, ha dimostrato di essere in crescita rispetto ai Giochi Olimpici. Partono più defilate, ma non sconfitte: Demi Vollering, Paesi Bassi, ciclista per la quale molti di noi hanno un debole, ma che probabilmente si giocherà le cartucce migliori nella prova in linea, Christina Schweinberger, Austria, Juliette Labous, Francia, Anna Henderson, Gran Bretagna. Curiosità intorno alla partecipazione della veterana statunitense Amber Neben, alla sua diciassettesima volta al Mondiale a cronometro, vinto due volte, senza essere salita mai altre volte sul podio, ma con ben quattro quarti posti e solo due piazzamenti fuori dalle dieci. Il suo primo Mondiale fu nel 2002 a Zolder, arrivò quindicesima, aveva 27 anni. In altre categorie ci sono figli o figlie, nipoti, di colleghe e colleghi di quella volta. L’Italia schiera Vittoria Guazzini e Gaia Masetti. Speranze di medaglia pressocché nulle, con la prima che punta ad avvicinare la top ten, o magari entrarci, la seconda, esordiente in una rassegna iridata, a offrire una prestazione dignitosa e magari provare a inserirsi in alta classifica nella categoria Under 23. La corsa, infatti, è valida anche per il titolo Under 23 (enorme stortura: un titolo dato a una categoria che, di fatto, nel ciclismo femminile non esiste) dove le più accreditate sembrano essere, più o meno in quest’ordine: Antonia Niedermaier, Germania, Cédrine Kerbaol, Francia, Anniina Ahtosalo, Finlandia, Julie De Wilde, Belgio, Marie Schrieber, Lussemburgo, e Jasmin Liecht, Svizzera. Quest’ultima potrebbe portare la prima delle (tante? Loro se ne aspettano molte) medaglie alla nazionale di casa, ma ha pure il difficile compito di non far rimpiangere l’assenza dell’atleta rossocrociata più rappresentativa e che probabilmente si sarebbe giocata una medaglia nella gara élite, sia a cronometro che in linea: Marlen Reusser, ancora fuori per un grave infortunio subito tempo fa.
GRIGLIA FAVORITE
⭐⭐⭐⭐⭐ Dygert
⭐⭐⭐⭐ Brown
⭐⭐⭐ Kopecky, Schweinberger, van Dijk
⭐⭐ Vollering, Henderson
⭐ Labous, Niedermaier
CRONOMETRO INDIVIDUALE MASCHILE ÉLITE
ORARIO dalle 14.52
DISTANZA 46,1 KM
DISLIVELLO 413m
PERCORSO: da Oerlikon-Zurigo 46,1km
FAVORITI
46,1 chilometri da percorrere a ferro di cavallo e che uniscono il quartiere Oerlikon di Zurigo con il celebre lungolago della città svizzera: in mezzo un paio di salitelle che spaccheranno ritmo e gambe. Prova (abbastanza) lunga e per grandi cilindrate con il vento che, in caso di bizze, potrebbe pure ribaltare la situazione, condizionare l'andamento generale della prova e la sua classifica finale, mescolare le carte. E proprio sulla carta, ma non solo, Remco Evenepoel dal Belgio arriva in Svizzera per ripartire subito, ma come favorito assoluto. Dovrebbe avere tre avversari che si contenderanno gli altri due posti sul podio: il giovanissimo Joshua Tarling, Gran Bretagna, già bronzo un anno fa, Primož Roglič, Slovenia, vediamo come starà dopo le fatiche della Vuelta, e il mezzano Filippo Ganna, che ha dichiarato tempo fa di essere stanco e provato da questa stagione tanto che la sua presenza è stata pure in dubbio. Dietro i quattro proverà a sfruttare incertezze, ombre o cali Stefan Küng, Svizzera, deluso dall’argento europeo, che cerca la sua terza medaglia iridata in carriera nelle prove contro il tempo, lui che spesso ci è arrivato tra i favoriti e altrettanto spesso ha deluso. Corridore a volte affidabile, altrettante volte indecifrabile e che sta subendo una trasformazione negli ultimi anni da cronoman quasi duro e puro a grande piazzato nelle classiche più importanti e più impegnative, fondista tra i più forti in gruppo, è migliorato pure in salita - occhio quindi a Küng la domenica successiva. Poi ancora: Brandon McNulty, Stati Uniti, uscito malconcio dalla Vuelta, ma di recente autore di tempi strepitosi caricati su Strava e il suo connazionale Magnus Sheffield, corridore che deve ancora arrivare definitivamente, ma in quanto a cilindrata ci siamo già. Mikkel Bjerg (Danimarca), Nelson Oliveira (Portogallo), una sorta di garanzia assoluta di piazzamento nelle gare secche dei mondiali, Jay Vine (Australia), Stefan Bissegger (Svizzera), Raul Garcia Pierna (Spagna), Victor Campenaerts (Belgio) e perché no, anche il nostro Edoardo Affini, di recente vincitore del titolo europeo e forse nella forma migliore della sua vita sono nomi che possono provare il colpo a effetto. Da seguire, per una sporca top ten, anche Derek Gee (Canada), Bruno Armirail (Francia), Mathias Vacek (Cechia) e Søren Wærenskjold (Norvegia). Occhio alle sorprese, Tobias Foss a Wollongong nel 2022, insegna.
GRIGLIA FAVORITI
⭐⭐⭐⭐⭐ Evenepoel
⭐⭐⭐⭐ Ganna, Tarling, Roglič
⭐⭐⭐ Küng, McNulty
⭐⭐ Sheffield, Oliveira, Campenaerts
⭐Affini, Vine, Bjerg, Vacek
LUNEDÌ 23 SETTEMBRE
CRONOMETRO INDIVIDUALE MASCHILE JUNIOR
ORARIO 9:15-11:30
DISTANZA 24,9KM
DISLIVELLO 40m
PERCORSO ZURIGO-ZURIGO
FAVORITI
Dritta e piatta lungo il lago e dalla durata di 24,9km. Non semplice indicare i favoriti in una categoria dove regnano equilibrio e incertezze, e dove sono state poche le sfide fra tutti i nomi più importanti. Il Belgio lancia Jasper Schoofs (con lui Matisse Van Kerckhove, da annotare non solo per il nome, bellissimo, ma anche perché potrebbe puntare a una top ten): sarà di nuovo testa a testa come al recente Europeo con il neerlandese Michiel Mouris? Crediamo di no, o comunque non solo loro per il podio e lo spieghiamo anche in tre motivi. Intanto perché il livello è più alto, così come la posta in gioco, e poi perché, come abbiamo detto, in queste corse tra gli junior vanno tutti così forte che un giorno primeggia uno e un giorno l’altro. Il terzo motivo, ma ci arriveremo poi, è la presenza di colui che sposta in alto l’asticella e lui sì parte, davvero, con i favori del pronostico. Sono tanti i corridori che non solo potranno salire sul podio, ma anche vincere: la Francia con il fenomenale Paul Seixas - uno dei due, tre più forti juniores al mondo per costanza e livello di risultati, anche se lo vediamo più favorito nella prova in linea - e con lui l’interessante Louis Chaleil, suo compagno di squadra con la maglia della Decathlon. La Danimarca, ecco, ci siamo, è al via con quel fuoriclasse che porta il nome di Albert Whiten Philipsen e con Carl Just Pedersen, ennesimo Pedersen del ciclismo di vertice danese. Gli Stati Uniti schierano l'atteso figlio d’arte Ashlin Barry, forse potrebbe avvicinare la medaglia più qui che nella prova in linea, la Norvegia Marius Innhaug Dahl e Felix Ørn-Kristoff, la Spagna Hector Alvarez e Adria Pericas, futuro già segnato nel World Tour per entrambi, la Germania i temibili Paul Fitzke e Ian Kings, con quest’ultimo che ha già firmato con la Visma Devo, i Paesi Bassi, oltre al già citato Mouris, campione europeo in carica, avranno tra le proprie fila uno dei corridori di spicco per continuità di questo biennio, ovvero Senna Remijn, ragazzo che va molto forte anche nel ciclocross. Tutti i nomi fatti sono possibili medagliati. Tra gli outsider, invece, quindi un gradino sotto, segnaliamo l'irlandese Seth Dunwoody, il polacco Dominik Kryskow, il britannico Dylan Sage e il neozelandese Reef Roberts. Per fare del corridore un mestiere, come spesso accade ai ragazzi che si cimentano nel ciclismo in Oceania, Roberts è dovuto partire verso l'Europa dove è arrivato a inizio stagione, per la precisione in Francia e si è già fatto notare per risultati di peso. Estremamente completo e già capace di ottenere risultati importanti in questa sua prima vera e propria stagione su strada - ha battuto Seixas ed Alvarez, tanto per citare due dei cinque più forti della categoria - ha un nome meraviglioso, Reef, ovvero, barriera corallina, che già lo qualifica come uno dei corridori di culto e da seguire nel futuro. Infine, difficile per l’italia salire sul podio: i due che ci proveranno sono Lorenzo Finn e Andrea Donati, ottenere due piazzamenti nei 10 sarebbe comunque un risultato di spicco.
GRIGLIA FAVORITI
⭐⭐⭐⭐⭐ A.W. Philipsen
⭐⭐⭐⭐ Mouris, Schoofs
⭐⭐⭐ Chaleil, Roberts
⭐⭐ Ørn-Kristoff, Fietzke, Seixas
⭐ Kings, Dunwoody, Sage, Finn, Barry, Dahl, Alvarez
CRONOMETRO INDIVIDUALE MASCHILE UNDER 23
ORARIO 14.45-17.30
DISTANZA 29.9 KM
DISLIVELLO 327m
PERCORSO Gossau Zurigo-Zurigo
FAVORITI
Trenta chilometri di corsa per gli Under 23, prova che vedrà al via alcuni professionisti del World Tour (forse, si spera, per l'ultima volta) che partiranno come favoriti: su tutti Alec Segaert, Belgio. «Voglio vincere e chiudere un cerchio», ha detto il tre volte campione europeo a cronometro tra gli Under 23 che nelle ultime due edizioni del Mondiale è partito come principale pretendente alla medaglia d’oro finendo per uscire sconfitto prima contro Søren Wærenskjold e poi contro Lorenzo Milesi. Gli avversari, stavolta? Tre UAE Team Emirates: Jan Christen, Svizzera, vittima di una bruttissima caduta alla Coppa Sabatini, ma ha recuperato e si presenta al via, quindi siamo sicuri avrà la gamba per provare a salire sul podio. Antonio Morgado, Portogallo, talento ancora inesplorato, forse dei tre UAE il meno forte a cronometro in questo momento, diamante pregiatissimo, infine Isaac Del Toro, Messico, quello che ha dato maggiore garanzia nelle prove contro il tempo in stagione e che potrebbe sfruttare pure l'aver corso la Vuelta recentemente. A loro si aggiunge il panzerone svedese Jakob Söderqvist, uno che in futuro potrà diventare dominatore della specialità: ricorda per certi versi Tony Martin. Outsider per il podio: gli spagnoli Markel Beloki e Ivan Romeo (Team Movistar) sono nomi da seguire, soprattutto il secondo ha già discreta esperienza, un motore rodato e a inizio stagione andava forte anche contro avversari di un certo livello; Adam Rafferty, irlandese, come Beloki corre tra i professionisti in maglia EF, ha i numeri per salire sul podio, non c’è dubbio, mentre appare impresa più complicata per i due americani della Ineos AJ August (professionista da inizio stagione e a tempo pieno) e Artem Schmidt (lo è da settembre) i quali potrebbero puntare, però, a una top ten, in lotta magari con il regolarissimo svizzero Fabian Weiss, l'olandese Wessel Mouris, già bronzo pochi giorni fa all'Europeo, i due italiani, Bryan Olivo e Andrea Raccagni Noviero. Il canadese Michael Leonard, anche lui professionista con la Ineos, tra gli ultimi citati è quello con più chance di poter salire sul podio, più defilati, invece, il tedesco Niklas Behrens, una delle sorprese della stagione, l'altro belga, Robin Orins, premio 2024 alla regolarità, Ben Wiggins, Gran Bretagna, il quale però arriva da una prima stagione tra gli Under 23 piena di problemi e gare non concluse, e il lituano Aivaras Mikutis.
GRIGLIA FAVORITI
⭐⭐⭐⭐⭐ Segaert
⭐⭐⭐⭐ Del Toro, Söderqvist
⭐⭐⭐ Christen, Morgado
⭐⭐ A. Rafferty, Leonard
⭐ Romeo, Orins, Mikutis, Raccagni Noviero, W.Mouris, AJ August
MARTEDì 24 SETTEMBRE
CRONOMETRO INDIVIDUALE DONNE JUNIOR
ORARIO 8:30-10:30
DISTANZA 18,8KM
DISLIVELLO 36m
PERCORSO Zurigo-Zurigo
FAVORITE
Da Sechseläutenplatz e ritorno per la cronometro di martedì 24 settembre, unica gara in programma quel giorno. C’è affollamento anche qui, per la prova junior della ragazze Under 19, difficile scegliere una favorita assoluta, ma se dovessimo fare un nome sceglieremmo quello della neerlandese Fee Knaven. La classe 2006 ha conquistato di recente l’argento europeo nella prova contro il tempo a 1’’ dall’oro di Paul Ostiz, spagnola, altra pretendente alla vittoria. Megan Arens sempre per restare nei Paesi Bassi, la britannica Imogen Wolff, ma soprattutto la sua compagna di squadra, futura stella del ciclismo mondiale, Cat Ferguson, oltre a una delle sue grandi rivali della categoria, Celia Gery, Francia, alle due australiane Emily Dixon e Lauren Bates, altre accreditate a salire sul podio. Lara Liehner, tra le atlete di casa, Viktória Chladonová, Slovacchia, Lidia Cusack, USA, Ilken Seynave e Luca Vierstraete, Belgio, Kamilla Aasebø, Norvegia, la tedesca Messane Bräutigam, la ceca Nela Kankovska e l’irlandese Lucy Bénézet Minns, possibili outsider da medaglia. L’Italia schiera Misia Belotti ed Elena De Laurentiis con l’ obiettivo tutt’altro che semplice di riuscire ad avvicinare una posizione a ridosso delle dieci.
GRIGLIA FAVORITE
⭐⭐⭐⭐⭐ Knaven, Ferguson
⭐⭐⭐⭐ Wolff
⭐⭐⭐Ostiz, Lagenbarg
⭐⭐ Gery, Bénézet Minns, Bates, Dixon
⭐Bräutigam, Kankovska, Chladonová, Cusack, Seynave, Vierstraete, Aasebø
MERCOLEDI 25 SETTEMBRE
STAFFETTA MISTA
ORARIO 14-17:30
DISTANZA 53,7KM
PERCORSO ZURIGO-ZURIGO
FAVORITE
Assente il Belgio, con la testa, le gambe e le dichiarazioni, già proiettato alle prove in linea, ma pure i Paesi Bassi, saranno Italia e Francia le principali favorite. L'Italia punta all'oro e bisogna affermarlo senza troppi giri di parole. Una squadra che può contare su quattro medaglie su sei tra europeo e mondiale a cronometro Ganna, Affini e Cattaneo è nettamente la più forte in campo maschile, dove servirà scavare un solco: ai ragazzi si aggiungo Longo Borghini, Realini e Paladin per completare l'opera. La Svizzera campione in carica è senza Küng- punta tutto su domenica, al suo posto l'Under 23 Weiss- e ormai da tempo senza Reusser, paga due assenze che peseranno moltissimo anche nella corsa al podio. La Francia con Armirail, Guernelec, Thomas al maschile, Cordon Ragot, Kerbaol e Labous al femminile fa paura e grazie alla frazione femminile è persino più equilibrata dell'Italia ed è la principale antagonista della selezione azzurra. Lotta alle medaglie comunque aperta anche ad Australia (Matthews, O'Connor, Vine, Brown, Chapman, Roseman-Gannon), Stati Uniti (McNulty, Powless, Vermaerke, Ehrlich, Neben, Stephens) e Germania (Brenner, Heidemann, Schachmann, Koch, Lippert e Niedermaier). Più defilate, invece, la Danimarca (con Bjerg, ma senza Asgreen) e l'Austria con Christina Schweinberger.
GRIGLIA FAVORITE
⭐⭐⭐⭐⭐Italia
⭐⭐⭐⭐ Francia
⭐⭐⭐ Australia
⭐⭐ Germania, Svizzera
⭐ Stati Uniti, Danimarca, Austria
GIOVEDI 26 SETTEMBRE
PROVA IN LINEA JUNIOR DONNE
ORARIO 10.00-12.00
DISTANZA 73,6KM (+1,2KM)
DISLIVELLO 972m
PERCORSO: DA USTER A ZURIGO
Prima parte in linea e poi un giro e mezzo del circuito finale.
FAVORITE
Iniziamo a conoscere meglio il percorso che ospiterà tutte le prove in linea da qui al fine settimana, seppure le ragazze Under 19, dopo una prima parte di 30km circa, lo affronteranno solo per un giro completo (27 km), che sarà comunque quello decisivo vista la presenza di diversi strappi che non danno respiro, come i due iniziali, Zürichbergstrasse (1,1 km all’8%, max. 15%) e quello di Witikon (2,3 km al 5,7%, max. 9%), con l’ultimo che si rivelerà spesso quello decisivo e che arriverà a circa sette chilometri dal traguardo. Parlando in generale: il percorso che, almeno sulla carta, appare esigente, favorisce corridori dotati di resistenza, fondo, cambio di passo. Nel caso che dall'ultima salitella all'arrivo nessuno fosse capace di fare la differenza, allora premierebbe chi, alle caratteristiche sopra elencate, saprà anche aggiungere lo spunto veloce. Questo vale per tutte le gare in programma seppure con le dovute differenze di approccio e ritmi. Venendo alla prova junior femminile: favorite d’obbligo: Cat Ferguson (Gran Bretagna) e Celia Gery (Francia) ma la sfida si potrebbe allargare ad altre francesi (Melanie Dupin, Nina Lavenu, oltre all’interessante biker Amandine Muller) e britanniche (Imogen Wolff su tutte), e poi ancora alle ceche (Stepanka Dubcova, Daniela Hezinova e Nela Kankovska), alle solite olandesi, di nuovo con Fee Knaven, Megan Arens e Puck Langenbarg, ma in generale tutte potenzialmente atlete da medaglia, dalla slovacca Viktória Chladonová, alla belga Auke De Buysser o alla canadese Alexandra Volstad. Anche qui l’Italia non parte con grandi speranze di medaglia, anche se Chantal Pegolo, Silvia Milesi, Eleonora La Bella e Giada Silo proveranno a dire la loro in una gara che non vede un'italiana sul podio dal 2017 quando Elena Pirrone vinse con un bellissimo attacco da lontano e Letizia Paternoster chiuse terza.
GRIGLIA FAVORITE
⭐⭐⭐⭐⭐ Ferguson
⭐⭐⭐⭐ Gery, Chladonová
⭐⭐⭐ Arens, Langenbarg, Wolff
⭐⭐ Volstad, De Buysser, Hezinova, Cusack
⭐ Silo, Lopez de Roman, Kanokovska, Bräutigam, Muller, Blackburn
PROVA IN LINEA JUNIOR MASCHILE
ORARIO 14:15-17:15
DISTANZA 127.2 KM (+1,2KM)
DISLIVELLO 1.913m
PERCORSO DA USTER A ZURIGO
Prima parte in linea e poi tre giri e mezzo del circuito finale.
Finalmente, per la prima volta in stagione, vedremo il meglio degli Under 19 affrontarsi faccia faccia con diversi corridori che passeranno di categoria entro pochi mesi, ma non solo, alcuni di loro li vedremo a breve pure muovere i primi passi tra i professionisti, questa è la tendenza, ormai. Percorso selettivo, dove da ore sta cadendo diversa pioggia, e davvero tanti nomi da seguire: Hector Alvarez e Adria Pericas (Spagna), Lorenzo Finn, ma occhio anche ad Andrea Bessega ed Enea Sambinello (Italia), Felix Ørn-Kristoff (Norvegia), Pavel Sumpik (Repubblica Ceca). Tutti i francesi: Paul Seixas, ovviamente, ma anche Aubin Sparfel, Paul Thierry, Elliot Boulet e Baptiste Grégoire (Francia), Sebastian Grindley ed Elliott Rowe (Gran Bretagna), Jasper Schoofs, Edouarde Claisse, Jenthe Verstraete e Loic Boussemaere (Belgio). Poi ancora: Kasper Borremans (Finlandia), Paul Fietzke, Benedikt Benz e Ian Kings (Germania), Pavel Gosczurny (Polonia) Ko Molenaar e Senna Remijn (Paesi Bassi), Seth Dunwoody e Patrick Casey (Irlanda), Erzen Valjavec (Slovenia), Reef Roberts (Nuova Zelanda) Ashlin Barry (USA), questo , forse, tra i nomi indicati è quello che avrebbe preferito un percorso meno esigente da un punto di vista altimetrico, ma occhio a portarselo dietro allo sprint. Infine la Danimarca. Squadra al solito compatta e fortissima, che proverà ad accendere, come si confà al loro modo di correre, la corsa, sin dai primi metri dell’ingresso nel circuito finale (che percorreranno in maniera completa tre volte). Al via, per i danesi, Theodor August Clemmensen, Anton Low Larsen, Noah Moller Andersen, tutti outsider per una vittoria finale, ma soprattutto Albert Withen Philipsen. Ci siamo tenuti il meglio per la fine: il danese, campione del mondo in carica, è il favorito numero 1 della corsa. Potrà staccare gli avversari di potenza oppure batterli in uno sprint ristretto, ma se dovessimo scommettere due centesimi lo faremmo sulla prima ipotesi: l’arrivo in solitaria proprio come un anno fa a Glasgow e come il suo idolo, Mathieu van der Poel.
GRIGLIA FAVORITI
⭐⭐⭐⭐⭐ A.W. Philipsen
⭐⭐⭐⭐ Seixas, Finn, Alvarez
⭐⭐⭐ Pericas, Schoofs, Sumpik, Fietzke
⭐⭐ Ørn-Kristoff, Clemmensen, Gosczurny, Boussemaere, Remijn
⭐ Claisse, Thierry, Boulet, Grégoire, Bessega, Dunwoody, Barry, Casey
VENERDÌ 27 SETTEMBRE
PROVA IN LINEA MASCHILE UNDER 23
ORARIO 12.45-16.45
DISTANZA 173.6KM (+1.2 KM)
DISLIVELLO 2.483m
PERCORSO DA USTER A ZURIGO
Prima parte in linea e poi quattro giri e mezzo del circuito finale.
FAVORITI
La prova per gli Under 23 vedrà, come nella cronometro, al via diversi corridori già presenti persino nel World Tour e alcuni di loro saranno presenti con grandi ambizioni. Come nella cronometro i tre UAE, Antonio Morgado (Portogallo, da seguire anche Alexander Montez e Daniel Lima), Isaac Del Toro (Messico) e Jan Christen (Svizzera, in coppia col fratello Fabio proveranno a fare tanti danni alla corsa) saranno fra i corridori da battere, ma a seguire i tanti nomi che si contenderanno le medaglie: a leggerli capirete quanto sarà alto ed equilibrato il livello. Il Belgio schiera cinque tra Jarno Widar, Robin Orins, Aaron Dockx, William Lecerf, Alec Segaert ed Emiel Vestrynge: ognuno di questi corridori è in corsa per vincere. Riuscirà il Belgio a sfatare il tabù della gara Under 23? Mai una vittoria a un Mondiale, pur arrivandoci spesso da squadra da battere. L’ultima medaglia è quella del compianto Lambrecht, argento a Innsbruck nel 2018 e prima di lui a medaglia solo Van Asbroeck, bronzo nel 2012 e Vansummeren argento nel 2003. Mai una vittoria a causa spesso di controprestazioni individuali o disastri di squadra. La Francia avrà in Ewen Costiou il capitano, quest’anno è andato forte nella prima parte di stagione, vincendo anche una corsa e spesso è stato in fuga al Giro. Con corsa resa dura magari dal maltempo rischia di essere uno dei favoriti assoluti. Thibaud Gruel e Noa Isidore, invece, aspetteranno un eventuale sprint ristretto, con il primo che è dato in grande forma. Gran Bretagna con uno squadrone: Joe Blackmore è una delle rivelazioni stagionali, ha vinto tra i professionisti dove ha anche ottenuto piazzamenti in semi classiche in Belgio, ha conquistato l’Avenir, va forte in salita, nelle corse di un giorno e sa pure sprintare. Corridore a tutto tondo come non ce lo saremmo aspettati. Caratteristiche simili, ma in proporzione è meno forte, Bob Donaldson, altra carta pericolosa in uno sprint ristretto così come “il van Aert britannico” Matthew Brennan che a tratti in questa stagione ha impressionato sia nelle salite brevi che allo sprint. Un tridente niente male. Anche l’Italia porta tre ragazzi già tra i professionisti e la squadra punta, seppure non sarà facile, il livello è alto, a una medaglia. Giulio Pellizzari, che avrebbe fatto la sua figura anche nella nazionale di Bennati, sarà deputato a fare corsa dura e a marcare quelli come lui cercheranno di selezionare il gruppo e andare via; Davide De Pretto e Francesco Busatto dovranno tenere duro - e ne hanno le caratteristiche - e magari far valere sul traguardo il loro spunto veloce. Poi c’è Simone Gualdi, uno dei migliori primo anno tra gli Under 23, corridore buono per tutti i tipi di gara, anche per entrare in fuga o aiutare la squadra, stesso discorso per Pietro Mattio, mentre Florian Kajamini, dovesse essere scelto lui, darà una mano agli altri o, dovesse servire, si muoverà nelle prime fasi di corsa. Ma dicevamo del livello alto e dei tanti pretendenti: la Spagna ha tre professionisti: Jaume Guardeno, Ivan Romeo e Igor Arrieta, più Pablo Torres, uno dei più forti corridori quest’anno tra gli Under: tutti e 4 preferiranno gara dura. Andrii Ponomar è la punta dell’Ucraina, ed è interessante anche la selezione statunitense con AJ August e Artem Shmidt per corsa dura, Cole Kessler per la fuga da lontano e Colby Simmons per la volata. Ancora: Gal Glivar capitano per la Slovenia, veloce e resistente, Martin Svrcek, bronzo a Glasgow, per la Slovacchia (ma occhio a Novak e Schwarzbacher), Matyas Kopecky per la Cechia - se lo si porta allo sprint sono guai, discorso simile che riguarda il neozelandese Lewis Bower. C'è Fran Miholjevic, altro professionista che ha disputato la Vuelta di recente, per la Croazia, sicuramente ci proverà dalla media distanza e quindi sarà da seguire con attenzione e la Danimarca con Rasmus Pedersen (ma non solo, selezione forte e compatta come sempre). Ancora Alexander Hajek per l’Austria, Tim Torn Teutenberg (per la poco probabile volata), Emil Herzog (per corsa selettiva) e Niklas Behrens (anche lui cercherà l'azione buona da lontano) per la Germania e infine i Paesi Bassi, con corridori buoni per ogni situazione, ma soprattutto con Huub Artz e Tibor Del Grosso che partiranno verosimilmente con i gradi da capitano e tra i papabili per le medaglie.
GRIGLIA DEI FAVORITI
⭐⭐⭐⭐⭐ Morgado
⭐⭐⭐⭐ Del Toro, J. Christen
⭐⭐⭐ Del Grosso, Blackmore, De Pretto, Widar, F. Christen
⭐⭐ Dockx, Costiou, Gruel, Brennan, Pellizzari, Orins, Segaert, Artz
⭐ Lecerf, Miholjevic, Simmons, Behrens, Herzog, Kopecky, R. Pedersen, Herzog
SABATO 28 SETTEMBRE
PROVA DONNE ELITE (compreso under 23)
ORARIO 12.45-16.45
DISTANZA 154.1km (+1.2km)
DISLIVELLO 2.384m
PERCORSO DA USTER A ZURIGO
Prima parte in linea e poi quattro giri e mezzo del circuito finale.
FAVORITE
Inutile nascondersi, anche qui. Il grande duello dovrebbe essere tra Lotte Kopecky (Belgio) e Demi Vollering (Olanda): la prima "rischia", ammesso che sia un rischio, di fare doppietta consecutiva ad un Mondiale, dopo la vittoria dello scorso anno a Glasgow, la seconda, invece, dopo la delusione subito al Tour de France Femmes, superata da Katarzyna Niewiadoma (Polonia, altro nome da tenere d'occhio), nonostante un successo da ricordare all'Alpe d'Huez, avrà ancora più voglia di vincere. Al recente Tour de Romandie, ci è sembrato di assistere alle prove generali tra le due, aspettiamo la grande "prima". Nelle fila olandesi, tra l'altro, vi sarà anche Marianne Vos: carta da giocare nel caso in cui servisse un piano b, magari con una corsa meno selettiva. Elisa Longo Borghini guiderà la selezione azzurra: accanto alla campionessa italiana, tra le altre, Gaia Realini, anche lei bene al Romandia, ed Elisa Balsamo, sue compagne di squadra anche in Lidl-Trek, Soraya Paladin, una garanzia in termini di donna squadra, ed Erica Magnaldi, in crescendo al Tour de France Femmes. Se Grace Brown è una delle principali favorite per la prova contro il tempo, occhio a sottovalutarla in linea. Una motivazione extra? Si tratta, per lei, dell'ultima rassegna iridata. La salita, fra le australiane, sarà terreno per Amanda Spratt. Un discorso simile, pur con le ovvie differenze, si può fare per Kristen Faulkner (Stati Uniti): difficile bissare l'exploit olimpico, ma la statunitense ci prova sempre. In casa Usa, menzione speciale per Amber Neben: quarantanove anni e abbiamo detto tutto. Formazione tutto talento, gioventù ed esperienza per la Francia: c'è Pauline Ferrand-Prevot che torna su strada, ma anche Juliette Labous e Cédrine Kerbaol. Occhio a Évita Muzic. Marlen Reusser, per le svizzere, non mancherà solo a cronometro, anche in linea avrebbe potuto inventarsi qualcosa: la punta sarà quindi Elise Chabbey, fresca di contratto con Fdj-Suez. Tra le neozelandesi il controllo sarà tutto per Niamh Fisher-Black. L'eterna Mavi García accenderà fuochi per la Spagna, mentre Cecilie Uttrup Ludwig proverà a fare lo stesso per la Danimarca. Per la Germania attenzione a Liane Lippert, in casa Austria, invece, incuriosisce quel che potrà fare Valentina Cavallar, un recente passato nel canottaggio e prestazioni di rilievo in salita in sella. Christine Majerus si inventerà qualcosa per il Lussemburgo. Fra le Under 23, un ottimo nome è in casa Belgio: Lore de Schepper, sugli scudi al Tour de l'Avenir e al Tour de Romandie. Tra le altre, segnaliamo Shirin van Anrooij, seconda lo scorso anno grazie al tredicesimo posto conquistato, Marion Bunel per la Francia, Antonia Niedermaier per la Germania, Neve Bradbury, tra le fila australiane, Alice Towers e Josie Nelson, per la Gran Bretagna e Paula Blasi ed Eneritz Vadillo, per la Spagna, in rilievo al recente Tour de l'Avenir.
GRIGLIA FAVORITE
⭐⭐⭐⭐⭐ Kopecky, Vollering
⭐⭐⭐⭐ Longo Borghini, Niewiadoma
⭐⭐⭐Fisher-Black, Muzic
⭐⭐ Férrand-Prevot, Labous, Kerbaol, Uttrup, Ludwig
⭐ Mavi Garcia, Lippert, Brown, Faulkner, Spratt, Vos, Chabbey
DOMENICA 29 SETTEMBRE
PROVA ELITE MASCHILE
DISTANZA 273,9km (4.5km)
DISLIVELLO 4.470m
PERCORSO DA WINTERTHUR A ZURIGO
Partenza da Winterthur ed entrata nel circuito finale intorno al km 70. Dopodiché 7 giri e mezzo circa del circuito che misura 27km.
Ed eccoci al gran finale domenica 28 settembre. Ecco alla gara più lunga e, non ce ne voglia nessuna delle altre categorie e specialità, più attesa dell'intera manifestazione che quest'anno si terrà in terra rossocrociata a 15 anni dal Mondiale di Mendrisio quando a vincere fu Cadel Evans. Come in altre gare che abbiamo presentato, anche qui sembra tutto apparecchiato per un testa a testa: Tadej Pogačar contro Remco Evenepoel. Lo sloveno avrà una squadra forte e compatta al suo fianco, tutta per lui, con nomi come Matej Mohorič, Primoz Roglič e Jan Tratnik a disposizione. Non è da meno il Belgio che, orfano di van Aert, punta tutto sul campione olimpico: Tiesj Benoot, Tim Wellens e Maxim Van Gils saranno le carte più importanti nel finale. Abbiamo parlato di scontro fra i due, ma voi davvero terreste fuori Mathieu van der Poel dalla sfida per l'oro? Il campione in carica - e a breve uscente - si sta preparando a puntino per questa corsa, ha perso chili, si è gestito nella stagione. Occhio alla sua classe infinita. La squadra di fianco a lui è di buona fattura (assente per infortunio il fedelissimo in maglia orange van Baarle, ma presenti, tra gli altri, corridori in forma come Wilco Kelderman, Bart Lemmen, Bauke Mollema e Frank van den Broek), tanto quanto basta quando hai un capitano di questo livello. Per un posto sul podio combatterà fino alla fine Marc Hirschi, leader della selezione di casa e già sul podio in un Mondiale, selezione di casa che potrà contare soprattutto su Stefan Küng, uno che ai mondiali è spesso davanti, un bronzo e un quinto posto in carriera), uno che più la corsa è dura e più ne raccatta tanti da dietro e Mauro Schmid, che dopo un periodo difficile punta a essere tra le sorprese della corsa. La Francia non ha un capitano ben definito, ma diversi nomi capaci di accendere la miccia anche lontani dal traguardo: Julian Alaphilippe e Valentin Madouas rispondono perfettamente a questo profilo. Romain Bardet, invece, all'ultimo Mondiale in carriera, sarà da temere se la corsa si rivelasse persino più dura del previsto, mentre Romain Grégoire è la carta in caso di sprint ristretto. Gran Bretagna per Tom Pidcock ma non solo: c'è Stevie Williams dal rendimento altalenante, ma in stagione capace di vincere la gelida Freccia Vallone, se dovesse mettersi male con il meteo tenete il suo nome da conto, ci sono i gemelli Yates, pur sempre corridori capaci di vincere grandi corse o di andarci vicino, anche loro per corsa dura, il giovane Oscar Onley, corridore dal finale molto esplosivo e Jake Stewart. Nell'eventualità di corsa poco selettiva (ma chi ci crede, con al via Pogačar, Remco e van der Poel?) potrebbe fare la volata. La Danimarca dovrebbe puntare su Mattias Skjelmose Jensen, il quale, però, è caduto e si è ritirato al Giro del Lussemburgo. Il giovane danese potrebbe essere pure carta da medaglia. Ci sarà al via Mads Pedersen che darà una mano ai suoi e magari lo vedremo in qualche azione da lontano, mentre nel finale si muoveranno il ritrovato Jakob Fuglsang e il duo EF Michael Valgren, Mikkel Honoré. Richard Carapaz è il leader di un Ecuador che non schiera Narvaez, ma tra gli altri Jefferson Cepeda, la Colombia ha in Santiago Buitrago la sua carta migliore, il Canada Derek Gee e Michael Woods, l'Austria punta su Felix Gall, l'Eritrea su Bini Girmay (e su corsa non troppo dura), la Lettonia ha in Toms Skuijns un corridore da top 5, l'Ungheria punta su Attila Valter e l'Irlanda su Dunbar e Healy. Squadra tutta d'attacco la Germania, invece, Marc Brenner, Florian Lipowitz, Georg Steinhauser e Georg Zimmermann è gente di valore, dotata di fondo e capace anche di inserirsi in qualche azione buona lontano dal tragurdo. L'Australia ha diverse frecce: Jai Hindley, Ben O'Connor, Michael Storer e Jay Vine per corsa dura, mentre Michael Matthews può sprintare per l'ennesimo piazzamento di peso della sua carriera oltre a raccoglierne pure lui diversi per strada grazie alle sue notevoli doti di fondo. Discorso simile per la Spagna: diverse le punte interessanti. Alex Aranburu, seppure in piena metamorfosi da corridore veloce da sprint anche numeroso a corridore di fondo e per percorsi misti, potrebbe aspettare il finale per un bel piazzamento, così come Roger Adrià, mentre Enric Mas, Carlos Rodriguez e Mikel Landa cercheranno di fare corsa dura. Presente anche Juan Ayuso, stagione complessa per lui, ma sulla carta sarebbe potenzialmente capace di lottare per le posizioni di vertice, ma soprattutto Pello Bilbao il quale, vista la forma espressa anche al recente GP Montreal, dovrebbe essere il capitano. Stati Uniti con diversi outsider per una grande corsa: Mateo Jorgenson, Neilson Powless, Magnus Sheffield, Kevin Vermaerke, Brandon McNulty nell'ordine, nesusno di questi è escluso dalla lotta alle medaglie. Infine l'Italia con Andrea Bagioli, Diego Ulissi, Edoardo Zambanini, tra i più in forma degli azzurri, Mattia Cattaneo, Antonio Tiberi e Giulio Ciccone. Metterne anche solo uno nei dieci sarebbe grasso che cola in questo momento difficile per il ciclismo italiano maschile.
GRIGLIA FAVORITI
⭐⭐⭐⭐⭐Pogačar
⭐⭐⭐⭐ Evenepoel
⭐⭐⭐ Hirschi, van der Poel
⭐⭐Jorgenson, Alaphilippe, Pidcock, Madouas, Skuijns, Bilbao, Schmid, Skjelmose
⭐Matthews, Aranburu, Adria, Tiberi, Williams, Van Gils, Dunbar, McNulty, Sheffield, Woods, Grégoire, Küng
Nessuno può cancellare il logorìo di una tappa dolomitica
“Contador, por qué non te gusta il Crostis?“. Un pensiero venuto giù di getto e scritto su un cartello che fa il giro delle ultime rampe dello Zoncolan racconta la beffa e l’ironia di quella giornata, 21 maggio 2011, e a reggerlo c’è pure Enzo Cainero, personaggio che chi mastica ciclismo conosce bene.
Grazie a lui lo Zoncolan non si erge più solamente in mezzo al verde oscuro delle Alpi carniche, ma diventa passaggio decisivo al Giro d’Italia. Meta di pellegrinaggio, posto sacro, “il mostro”, luogo ambito da turisti e cicloamatori, siano essi friulani, triestini o che vengano da un po’ tutta Italia ed Europa fa lo stesso: una rampa infinita descritta anche in modi raffinati, e nonostante la sua giovane età dal punto di vista ciclistico fa paura come il mostro, per l’appunto centenario, di un racconto di fantasia. La sua idea era quella di ripetere l’operazione con il Crostis: farlo uscire dal suo guscio di piccola realtà conosciuta al turismo locale e trasformarlo, dandogli un altro contesto a livello (inter)nazionale. Quella volta bisognava fare i conti, però, con una corsa che già aveva pagato un pesante tributo al destino, solo qualche giorno prima, e allora la storia andò diversamente.
La polemica sull’annullamento della scalata del Crostis e della successiva discesa lascia tuttavia strascichi ben evidenti anche al giorno d’oggi, tanto che se ne parli con qualche tifoso della zona se lo ricorda bene, che se ci ripensa ti insulta, perché schietto e orgoglioso della sua terra e in quanto robusto di costituzione non avrebbe nemmeno paura ad affrontarti – succede davvero: provare per credere.
E a proposito di insulti: quelli verso Contador si sono esauriti quel giorno, quando la maglia rosa venne subissato di fischi e ululati lungo quelle linee nervose che salivano fino alla cima dello Zoncolan. Che poi Contador c’entrasse qualcosa con quella decisione, o che fosse stata una scelta presa solo da RCS magari su pressione di Riis, all’epoca team manager dello spagnolo – c’è chi dice per paura di attacchi degli avversari in discesa -, oppure a causa della provvidenza (mai divina, ma solo messa di traverso), poco importa. Diciamo che le condizioni per correre tutto sommato c’erano, la strada fu messa in totale sicurezza, ma si decise di non affrontare quel tratto; e forse è meglio non tornarci sopra adesso, tredici anni dopo: con tutto quello che è passato verrebbe fuori solo un patetico materiale per nostalgici. E poi anche perché quel Giro, come accennato, aveva già vissuto il suo prologo drammatico con la morte di Wouter Weylandt; l’episodio ha pesato nelle decisioni prese e vivrà il suo epilogo kafkiano con la squalifica postuma di Contador per un caso di doping relativo alla stagione precedente.
E allora si torna alla chiave agonistica: ad Alberto, Alberto da Pinto, il Pistolero, Albertino, il favorito, la maglia rosa, Contador – insomma, chiamatelo come volete. Si torna a quando lascia sul posto, in un tratto tra il duro e il durissimo – quello prima delle gallerie – Vincenzo Nibali, il quale, caricato dai fischi, diventa duro e durissimo nei confronti del rivale, e a fine tappa col volto corrugato dirà: «Mi ha mancato di rispetto, però non è finita». Nibali si lamenta (sic) di non aver ricevuto un cambio che fosse uno da Contador. Che poi, un cambio sullo Zoncolan! Sarebbe più corretto, a distanza di anni, derubricare il tutto a scaramucce dialettiche piuttosto che a diatribe tattiche e agonistiche. Nibali prova a staccare Contador, ma non ci riesce e finisce per essere staccato, e da corridore di classe e quindi orgoglioso non digerisce bene quella circostanza. E Contador lo attacca, quel giorno, e difatti lo stacca, guadagna quella manciata di secondi utile a sommarsi al vantaggio già accumulato in precedenza per vincere il Giro d’Italia; e sappiamo tutti che sarà così alla fine, anche se poi gli verrà tolto a causa di una bistecca contaminata. «Io penso alla classifica, ogni secondo di vantaggio guadagnato oggi sarà prezioso a Milano». racconterà a caldo. E alla fine avrà ragione.
Trittici
Parlare dello Zoncolan serve a introdurre quello che succede il giorno dopo, quando si riprende a mulinare contro salite che ti arrivano addosso una dietro l’altra, per chiudere quel trittico di tappe di montagna inaugurato dal successo di Rujano e proseguito con il canto sullo Zoncolan di Igor, di nome, Antón, di cognome, forte scalatore basco che suona meglio quando lo chiami Igorantón, come fosse un cantautore spagnolo in voga dagli anni cinquanta ai settanta. Il basco incide un 45 giri di successo intitolato, nel lato A: “Por qué me gusta lo Zoncolan“, mentre nel lato B scriverà, il giorno successivo, come fosse la parte oscura della sua luna: “Tengo male alle gambe“, e scenderà in classifica.
Una graduatoria che vedrà, proprio alla vigilia del tappone dolomitico, Contador in maglia rosa, Nibali a 3’20”, Igorantòn a 3’21” e Scarponi a 4’06”. Ma di quel 22 maggio 2011 è importante, sì, conoscere la classifica al mattino, ma anche sapere che si parte da Conegliano con il sole per salire su, su, su, fino al Rifugio Gardeccia, con la pioggia. Dalle Alpi Carniche alle Dolomiti trentine. In Val di Fassa, con la strada che si affaccia sui Dirupi di Larséc e il traguardo che guarda fisso verso le guglie del Catinaccio: quel classico paesaggio del quale a un corridore in quel momento gliene può fregare di meno. Un paesaggio che vende un sacco perché le Dolomiti sono un posto meraviglioso e preso di mira da turisti, e almeno una volta nella vita andrebbero visitate. Quindi, se esiste davvero qualcuno che sta leggendo e non c’è mai stato, vi esorto: andateci appena potete.
Ma torniamo all’aspetto agonistico, che è quello che forse si addice meglio al nostro modo di operare: si va su verso Rifugio Gardeccia, che non è poi proprio un su, su, su – si è visto di peggio -, ma saranno comunque quasi sette ore e mezza. Per i precisetti: sette ore e ventisette minuti. Piancavallo, Forcella Cibiana, Giau – qui davvero si sale fino a superare le nuvole: Cima Coppi di quel Giro -, Fedaia, Rifugio Gardeccia: circa seimila metri di dislivello. Il guaio è che oltre alle salite c’è brutto tempo: anzi, quella situazione di sole misto a pioggia che ti scalda e poi ti raffredda, sudi e poi ti si attacca tutto addosso e se non stai attento e non porti la maglia di lana o le pagine di un giornale ad asciugarti, oppure vestiario tecnico all’avanguardia, il giorno dopo ti svegli con una bella bronchite.
E poi, oltre al meteo, si arriva da giorni duri: lo Zoncolan ti resta nelle gambe per settimane, ti sfianca l’anima, rischia di rendere queste fatiche insopportabili. Immaginate chi non ha recuperato bene dal giorno prima a cosa può andare in contro: è un guaio per i corridori, è spettacolo per gli occhi di chi segue e tifa. Ne disegnassero più spesso di tre giorni così, piuttosto che esperimenti da far arricciare il naso come le tappe di montagna da sessanta chilometri che non sono buone neppure per gli Under 23 o quelle pedalate in mezzo alla pianura padana di duecentotrenta chilometri, che sembrano processioni di Ferragosto in un paesino del sud e sono buone solo per far scappare il pubblico dal ciclismo.
Cercatori di fortuna
Ad ogni modo si parte col sole tutti assieme, si arriverà uno dopo l’altro con la pioggia e con il terreno che sembra sfaldarsi sotto le ruote. Si parte con le gambe già dure, la maggior parte dei corridori arriveranno trascinandosi come se addosso avessero attaccati i piedi di qualcun altro. Chi ha negato, mentiva.
Non serve dilungarsi troppo per descrivere cosa succede nella prima parte di corsa, volendo si può leggere tutto di un fiato. Lungo Piancavallo, ancora Friuli, il solito canovaccio scritto da sceneggiatori con poca fantasia se non nello scegliere i nomi dei protagonisti: Sella, Hoogerland, Popovych, tre che poi diventano sei. La carovana di ricercatori d’oro e di fortuna raccoglie altri carri per strada lungo i tratti tra la valle e la Forcella Cibiana: diventano all’improvviso diciassette e poi diciotto, e in mezzo c’è pure Stefano Garzelli, che la sua numero uno l’ha già guadagnata, così come la sua fortuna l’ha già messa via; ma non si sa mai, di questi tempi, e allora dato che il tempo è relativo, almeno così hanno spiegato, lui alla bellezza di trentotto anni, un’età che se corri in bici forse sei vecchio ma se scendi dalla bici forse sei troppo giovane, si lancia come se ne avesse almeno una decina di meno, magari ripensando ai tempi in cui un Giro lo aveva portato a casa.
Decide che è il momento propizio per regalarsi un’impresa, per dirla proprio come se stessimo leggendo un vecchio dispaccio, e quindi dopo essere rimasto con Hoogerland lo stacca e resta da solo quando di chilometri ne mancano una sessantina. All’improvviso, dopo la pennichella pomeridiana, siamo sul Giau. “Se proprio devo provare a vincere, lo faccio bene”, pensa il varesino, “se proprio mi vengono a riprendere, almeno un bel ricordo di questa fatica ce l’avrò”: e allora l’ambito traguardo dedicato a Fausto Coppi è suo, così come i punti necessari per la maglia verde di miglior scalatore del Giro. Dietro, intanto, Nieve sale senza strafare; è quel volpone che si dimostrerà spesso nelle tappe di montagna: uno che se va in fuga difficilmente sbaglia. E poi volete mettere, il giorno prima ha vinto Igorantón, suo compagno nella piccola e amata da tutti Euskaltel-Euskadi, e oggi ci prova lui, Mikel Nieve Iturralde, ieri un cantautore, oggi un elfo guerriero del ciclo di racconti di Terry Brooks. Il Giro è una pozza di storie meravigliose da cui attingere, non c’è da inventarsi proprio nulla.
Intanto il gruppo della maglia rosa si assottiglia e perde terreno – fino a quasi dieci minuti -, distacco che scende mano a mano che i corridori si avvicineranno al traguardo. Davanti fanno un pensierino alla vittoria di tappa. Sfatiamo il mito del fuggitivo esibizionista e un po’ sadico o buono per un feuilleton: mica si nasce solo per scappare via lontano da tutto e mai più tornare indietro, o mettere in mostra lo sponsor o le cosce muscolose, e nel caso degli scalatori le caviglie come grissini. Si va in fuga e si pensa a vincere la tappa. Mikel Nieve, poi, pensa addirittura alla maglia rosa, come quando da ragazzini prima di addormentarsi si ha in testa la compagna di banco in prima fila che nemmeno per sbaglio ti sorride, forse per timidezza, forse perché gli stai antipatico. E purtroppo per lui anche quella maglia rosa sarà virtuale, anche se, c’è da riconoscere, l’arancione nel ciclismo calza con tutto e quindi alla fine va bene così.
L’atmosfera, a poco a poco, inizia a mutare assumendo i contorni di una cornice oscura che racchiude un quadro allegorico pieno di volti scavati dalla fatica, mentre le nuvole si ingrigiscono sempre di più e sembrano domandarsi chi sono quegli strani esseri colorati che le attraversano. Il romanzo d’appendice non è più rosa né arancione, ma si fa minaccioso. Più si sale verso i 2236 metri del Passo Giau e più muri di pietra e vegetazione si tramutano in barriere di neve. Processo naturale, geografia del territorio, il Giro che impartisce lezioni meglio che a scuola. Garzelli passa per primo dopo essersi sbarazzato di Jonny Ho’, che ancora non si era visto investire da un auto al Tour de France – succederà poche settimane dopo, e un giorno, promesso, ci ritorneremo. Il tutto mentre Nieve, col suo passo delicato, scollina a meno di un minuto da Garzelli.
La Marmolada
Superato il Giau, all’orizzonte c’è il Fedaia, perché se gli sceneggiatori nello scegliere i fuggitivi hanno ben poca fantasia, nel disegnare la tappa sono sadici e infilano in mezzo a tutta quella sequela di salita e discesa una delle strade più dure della zona. Come se dopo una pugnalata ti dessero un sacco di botte in testa. Nibali prova a impartire lezioni di guida e allunga nella discesa del Giau, si sblocca e quel suo pelo sullo stomaco gli tornerà utile un’oretta più tardi, il tutto mentre Contador veste i panni dell’animale politico e si contorna di alleanze: il destino del siciliano sembra spacciato.
Contador, in quel Giro molto spagnolo, si avvale dell’aiuto di altri corridori che arrivano più o meno dalle stesse zone: Igor Antón, Arroyo, Lastras si tramutano in compagni di merende ed è come se gli offrissero il caffè al bar dandogli pacche sulle spalle perché convinti che il prossimo giro, finito il Giro, lo offrirà proprio Contador. In parole ciclistiche: si riveleranno fondamentali nel tenere a galla la maglia rosa inseguendo il suo rivale più pericoloso dandogli una mano a tenere alto il ritmo. Un giorno quel favore potrebbe essere ricambiato. «Di aiuti veri ne ho avuti pochi. La Movistar tirava per il suo capitano», racconterà Contador, incalzato dai giornalisti al termine di quella fatica.
Quello di Nibali in discesa si rivelerà un attacco velleitario, ma che serve a far conoscere le sue abilità e a farci sobbalzare con le pulsazioni a mille; lui che, comunque vada, ci prova sempre. «Preferisco rischiare di saltare che andare a dormire con rimpianti», dirà a fine tappa, come fosse il manifesto della sua carriera.
Ed è così che si approccia la Marmolada, cielo di piombo come pallottole che verso la cima cominciano a fischiare. Davanti Garzelli prova a tenere fede alla sua idea del mattino e picchetta verso il tramonto che magheggia di sottecchi nascosto tra le nuvole e le cime dolomitiche. Nieve ragiona ancora bene e tiene Garzelli a tiro, scollinando a meno di un minuto. Per qualche ora lo scontro tra i due sembra un’asfissiante cronometro individuale.
Il gruppo maglia rosa un po’ più indietro, mai sazio, inghiotte chi può dei fuggitivi del mattino, uno dopo l’altro, mentre Contador si scrolla di dosso le fatiche dei giorni prima, gli insulti dello Zoncolan, l’affaire Crostis, e pure l’ingombrante presenza di Nibali che va in difficoltà, perché il Fedaia lo si affronta in salita, e in questo momento lui avrebbe preferito fosse in discesa, soprattutto quando si passa da Malga Ciapela, che se la fai in auto a scendere ti sembra lo strapiombo di una giostra, se la fai in bici, a salire, è una parete per arrampicatori.
Piove fitto, adesso; «piove… e fa freddo», annuncia Savoldelli dalla moto-cronaca con il suo marcato accento delle valli bergamasche. Nibali si salva perché ha sempre trovato nella costanza e nella capacità di gestire i momenti complicati quella sostanza con cui portare avanti la materia, e scollinerà con un minuto di distacco dal gruppetto di Contador, che vede al suo interno oltra la maglia rosa, anche Rujano, Scarponi, Gadret, Purito Rodríguez, Arroyo, Menchov, Kreuziger. Una brutta banda di gente adatta alla salita.
In cima Nibali prende una borraccia da un tifoso, «un membro del suo club», spiega Martinello in telecronaca, e poi lucido si infila la mantellina, e nella discesa della Marmolada, verso Canazei, rischia tutto per rientrare – Nibali, non Martinello. Zig zag tra le ammiraglie, curve prese come se fossero rettilinei, corridori che per seguirlo rischiano di lasciare sul proprio corpo ricordi indelebili: ti accorgi di quanto Nibali sia bello da vedere in picchiata, nel momento in cui scruti la difficoltà di Sarmiento e Petrov che a confronto sembrano saliti sulla bici per la prima volta. Il siciliano recupera lo svantaggio, ma sarà solo un’illusione; Contador, invece, è tranquillo come un vecchio giocatore di scacchi che conosce a memoria ogni giocata del suo avversario e sa già da che parte penderà il risultato finale di quella partita.
Erta finale
E dopo un lungo tratto in falsopiano arriva quell’ultimo capezzolo che porta fino in cima, il protagonista di questa tappa e di questa storia: il Rifugio Gardeccia. Salita vera, nonostante la lunghezza: sono sei chilometri che detto così ti verrebbe da mettere la mano a cucchiaio ed esclamare embè, e invece no, è erta terribile. E poi aggiungiamoci che spesso il meteo è figlio del dispetto e quindi, se vuole rendere più dura quella giornata, eccolo spruzzare un po’ di pioggia qua e là e quando schizza ne fa venire giù così tanta da bagnarti fino alle ossa, da rendere il terreno un tratto d’acqua da affrontare controcorrente. Mentre i corridori erano impegnati in quell’amaro su e giù tra i monti bellunesi, infatti, tempeste d’acqua si scatenavano su quei circa seimila metri finali rendendo ancora più complicato il nobile atto del pedalare.
Appena superato il cartello dell’inizio della salita, Nieve piomba su Garzelli come un fuorilegge gentiluomo: ha una bandana e un fucile e Garzelli alza le mani, ormai ha capito che per per vincere ci vorrà uno di quei miracoli che in bicicletta di solito non accadono. Nieve lo stacca di prepotenza, mentre la pioggia torrenziale inizia a dare tregua stavolta usando una forma di rispetto verso i corridori. Poco dopo le cinque di quel pomeriggio, il ragazzo basco in arancione taglia il traguardo ed esulta a fatica, tenendo il manubrio con una mano ed esultando con l’altra (altrimenti sarebbe caduto a terra), lasciando cadere persino qualche lacrima. Con un filo di voce dirà: «Tappa eterna, nel finale mi sembrava di morire, è un sogno. Quando sono passato professionista non avrei mai pensato di poter fare questo».
Garzelli chiude con un ritardo di 1’41” – dieci secondi prima di Contador – e appena tagliato il traguardo il massaggiatore lo regge per evitare che cada a terra; il suo viso è tagliato in due dalla fatica, dalla pioggia, dal sudore, mentre dalla testa pelata spunta una leggera peluria come se gli fosse cresciuta per la fatica in quelle interminabili sette ore e mezza. Almeno la giornata verrà ripagata dalla maglia verde – e dal ricordo che resterà. «Ho fatto un’impresa, pazienza se non ho vinto. Non credo che avrò le forze per ripetere una giornata del genere».
E dietro che succede? Contador attacca, troppo ghiotta l’occasione per guadagnare ancora su Nibali, fino a quel momento il suo avversario più vicino in classifica; Scarponi usa il suo passo e si salva, non commette l’errore di rispondere subito alle stilettate dello spagnolo della Saxo Bank, e la sua perspicacia gli permetterà di finire dietro di soli sei secondi scavalcando Nibali in classifica generale. Alle spalle di Contador e Scarponi finiscono nell’ordine: Gadret, Rujano, Nibali (a 3’34” dal vincitore) in compagnia di Rodríguez, poi Kreuziger e a chiudere la top ten un giovane Kruijswijk a 4’13”. Mentre l’eroe del giorno prima, Igor Antón (Igorantón), finirà diciassettesimo a 7’59”. Come si sarebbe detto in altri tempi, distacchi d’altri tempi, per una tappa che almeno una volta nella vita va rivista e raccontata e che andrebbe riproposta più spesso nel disegno della Corsa Rosa.
Quel Giro 2011 continuerà nel nome di Contador, capace di vincere dopo il giorno di riposo la cronoscalata sul Nevegal. Farà anche in tempo a concedere all’amico Tiralongo la vittoria sul traguardo di Macugnaga, il terz’ultimo giorno di corsa, oramai forte del successo finale.
Il 6 febbraio del 2012, dopo una serie di batti e ribatti degni di un orrendo match di tennis, il TAS condannerà Contador a due anni di squalifica con effetto retroattivo. Gli verranno tolti, tra le altre corse, il Tour de France del 2010, che finirà nel palmarès di Andy Schleck, e le nove vittorie ottenute la stagione successiva nel 2011, tra le quali due vittorie di tappa e la classifica finale di quel Giro d’Italia 2011 – assegnato così a Scarponi. Mentre resterà dentro di lui e di tutti quelli che l’hanno vissuto il logorìo del tappone dolomitico che il 22 maggio ha portato i corridori da Conegliano fino al Rifugio Gardeccia. E basterebbero le parole dello spagnolo a fine tappa per riassumere tutto, come fossero la pagina del libro più corto del mondo che racconta la giornata più lunga della storia recente del Giro d’Italia: « È stata una tappa terribile, la più dura della mia vita».
Questo articolo è apparso sul sito https://www.suiveur.it/ nel 2020
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10 nomi da seguire al Tour de l'Avenir
È una delle corse più attese del calendario Under 23, è quella che chiude il trittico delle gare a tappe più blasonate e qualificanti della categoria a cui appartengono i ragazzi con meno di 23 anni* – per questa stagione quelli nati tra il 2002 e il 2005 – dopo Giro (Next Gen) e (Giro Ciclistico della) Valle d’Aosta, ecco, dal 18 al 24 agosto il Tour de l’Avenir.
Il Tour dei giovani, così detto, e che noi amiamo particolarmente non tanto per gli spunti che può dare verso il futuro – ormai la maggior parte dei corridori che partecipano a questi eventi sono praticamente dei professionisti, anzi, in alcuni casi lo sono a tutti gli effetti e di loro sappiamo “tutto” – quanto per il fascino incredibile che trasmette il vederli correre, non con le maglie di club, ma con quelle della propria nazionale. Quindi niente squadroni Devo delle WT (ben rappresentati lo stesso), ma nazionali, in alcuni casi molto forti, come vedremo a breve.
*Ricordiamo che possono partecipare anche i professionisti del World Tour, anche chi ha già disputato dei Grandi Giri.
Prima di raccontare i dieci corridori che potranno essere protagonisti di questa edizione, qualche numero.
Sessantesima edizione del Tour de l’Avenir, la prima è nel 1961 quando a vincere fu un italiano: Guido De Rosso, l’ultima, nel 2023, l’ha conquistata Isaac Del Toro, da sabato impegnato alla Vuelta. L’Italia ha vinto 4 volte: dopo De Rosso, c’è stato Gimondi nel 1964, Denti nel 1966 e infine Baronchelli, 1973, Baronchelli che detiene un record che quest’anno potrebbe cadere: la doppietta Giro/Tour nello stesso anno, obiettivo fallito nelle ultime stagioni da Ayuso (2021) e Staune Mittet (2023) - anche se, come vedremo, Jarno Widar potrebbe fare pure meglio.
Negli anni, la corsa ha cambiato nome, organizzatori e anche modalità di partecipazione ed è stata vinta da corridori che hanno scritto alcune pagine importanti della storia di questo sport: da Zoetemelk (1969), a Lemond (1982), continuando poi con Ludwig (1983) Mottet (1984), Indurain (1986), Madiot (1987), Fignon (1988), Bruyneel (1990) e venendo poi agli anni 2000, Menchov (2000), Mollema (2007), Quintana (2010), Chaves (2011), Barguil (2012), Miguel Angel Lopez (2014), Soler (2015), Gaudu (2016), Bernal (2017), Pogačar (2018), Foss (2019) Tobias Halland Johannessen (2021), Uitdebroeks (2022) e Del toro (2023). Nomi noti, vero? In poche parole: l’Avenir dice spesso la verità sul futuro dei corridori.
Una corsa che è stata anche vinta da uno dei personaggi più di culto della disciplina delle due ruote: Sergei Sukhoruchenkov, unico corridore ad averla vinta due volte, oltretutto, nel 1978 e nel 1979.
L’Italia, qui, è bene o male sempre stata protagonista, di recente sia con i successi di tappa - nel 2016 c’è riuscito Albanese, poi Covi nel 2018, Milesi nell’ultima tappa del 2022 e Pellizzari nell'ultima del 2023 - che in classifica generale. Oltre ai vincitori già citati spiccano, più di recente, i podi di Pellizzari e Piganzoli lo scorso anno, di Zana nel 2021, di Aleotti nel 2019 e di Ravasi nel 2016. Mattia Cattaneo è stato terzo per ben due anni di fila, 2011 e 2012, e non sono moltissimi, anzi, i corridori a vantare più di due podi. C’è appunto il sovietico Sukhoruchenkov, due primi e due secondi posti, mentre proprio a quota due podi: l’olandese Den Hertog (1° nel 1972 e 2° nel 1971), il francese Laurent Roux, vincitore nel 1997 dopo essere stato sul podio, 3°, nel 1995, i sui connazionali Bezault (due secondi posti) e Bourreau, l’austriaco Steinmayer, e lo spagnolo, José Gomez.
È una corsa che, bene o male, basta vedere l’albo d’oro recente, segnala chi ha qualità per poi imporsi tra i professionisti, e visti i favoriti per quest’anno, dovrebbe essere così anche per il futuro.
Infine due conti sulle nazioni plurivittoriose: la Francia, con 19 vittorie, comanda nettamente l’albo d’oro, segue la Spagna a 12, la Colombia a 6, Russia (o ex Urss) a 4 come Italia e Belgio, Olanda è ferma a quota 3 mentre la Norvegia è a 2 - ha vinto due delle ultime quattro edizioni. Lo scorso anno, con Del Toro, c'è stata la prima vittoria di un messicano.
Ma ora ecco dieci nomi da seguire al Tour de l'Avenir 2024
ANTONIO MORGADO
Che cosa ci fa uno così ancora a correre tra gli Under 23 dopo aver ottenuto un quinto posto in una delle gare più dure della stagione, il Giro delle Fiandre, resta un mistero o meglio, nemmeno troppo, è qualcosa di legato al regolamento che permette a corridori di questa età (Morgado è un classe 2004, sarebbe un secondo anno tra gli Under 23), nonostante siano già ben inseriti in contesti superiori, di scendere di categoria - lo vedremo anche al Mondiale dove rischia di essere il favorito. Il suo nome al Tour de l’Avenir è più interessante per le frazioni singole che per la classifica generale, anche se il suo livello è così alto che non mi stupirei di vederlo in alto a fine corsa. Vedremo, forse il grande caldo previsto rischia di non favorire lui che col freddo e la pioggia si trova a meraviglia, ma giorno dopo giorno il rischio concreto di vedere il baffuto portoghese davanti c’è, seppure dodici mesi fa fu una delle delusioni della corsa.
BRIEUC ROLLAND
Capitano - o uno dei capitani - di una Francia che si presenta al via con una formazione fortissima e che punta a riportare in Francia la corsa otto anni dopo la vittoria di David Gaudu. Non ha disputato il Giro Next Gen dove, gioco forza, sarebbe stato uno dei favoriti pure lì, ma la sua squadra, la Groupama, non era stata invitata; ha saltato il Valle d’Aosta e si presenta tirato a lucido (terzo di recente in una gara in linea in Francia, battuto solo da Lapeira ed Eenkhoorn) per l’evento cerchiato in rosso da inizio stagione. Va forte in salita e quest’anno lo ha dimostrato anche in alcune uscite con i professionisti, è cresciuto con Lenny Martinez e Grégoire e con loro era uno dei leader delle selezioni francesi giovanili, i due, però, sono maturati prima di lui, ma questo non vuol dire che Rolland non sia un corridore di valore assoluto o che non possa togliersi grandi soddisfazioni anche nella massima categoria. Prima però c’è un Avenir da provare a vincere e per la Francia può andare bene sia con lui che con Rondel o perché no pure con Bisiaux.
JARNO WIDAR
Ma chiunque voglia vincere questa corsa se la deve vedere con Jarno Widar che insegue un trittico mai realizzato finora: Giro-Valle d’Aosta e Avenir nello stesso anno, o provare a togliere a Baronchelli quel record di Giro e Avenir vinti entrambi nel 1973. Di recente ci hanno provato Ayuso e Staune Mittet, ma entrambi si sono dovuti inchinare più che agli avversari alla cadute e questo ci fa pensare quanto sia un tabù che prima o poi andrà sfatato. Widar, dominatore in stagione della categoria, non pensa a entrare negli annali per la doppietta ma semplicemente a vincere quella corsa che in Belgio, di recente, ha conquistato Cian Uijtdebroeks. È vero, la strada è costellata di pericoli, ma per quello visto in stagione, il piccolo belga mi pare, in questo momento, imbattibile.
JOSEPH BLACKMORE
Se Morgado è già lanciato tra i professionisti anche Joe Blackmore non scherza e ha pure un anno in più. Ma se Morgado passava quest’anno in UAE come astro baffuto destinato a illuminare il ciclismo, il rendimento nella prima parte di 2024 di Joe Blackmore, se non è da catalogare come un'autentica sorpresa, poco ci manca. Una certezza quasi assoluta è diventato il biker inglese che in stagione ha trionfato tra i professionisti in giro per tutto il mondo: primo al Tour of Rwanda e al Tour de Taiwan, prima di conquistare il Circuit des Ardennes, corsa .2, concludendo una parte iniziale di stagione da mezzo fenomeno con la vittoria alla Liegi di categoria. Dopo una parentesi in mountain bike è tornato a macinare buoni risultati, senza vittorie però, chiudendo al decimo posto l’Arctic Race of Norway, ma pare con una preparazione mirata all’Avenir. Va forte in salita, lunga o corta non fa differenza, è veloce, gli piace attaccare. Se cercate il principale rivale di Widar per la classifica generale ecco il nome.
MATTHEW BRENNAN
Restiamo in Gran Bretagna per parlare di Matthew Brennan, altro classe 2005, dunque un primo anno, che non ha per nulla subito il salto di categoria, anzi, si è pure messo in luce tra i professionisti. Prodotto della Fensham Howes Junior Team, squadra che sta lanciando diversi talenti in questi ultimi anni, Brennan non è un semplice velocista, tutt’altro, ma come caratteristiche potrebbe ricordare un suo possibile compagno di squadra nel 2025, quando il 19enne passerà con la squadra World Tour della Visma, ovvero Wout van Aert. Tiene bene su salite brevi e ripide ed è estremamente veloce, ma sono ancora da cogliere i suoi margini. In stagione è partito fortissimo con il successo nell’ultima tappa del Giro Next Gen come fiore all’occhiello di una crescita continua e di una grande costanza di rendimento. All’Avenir ha cerchiato di rosso la tappa 1, quella con arrivo a Ronchamp-Champagney.
LUDOVICO CRESCIOLI
In un Avenir così montagnoso Ludovico Crescioli, che da ragazzo ha fatto proprio dell'andare forte in salita la sua massima vocazione, sarà la carta più importante della spedizione azzurra di Marino Amadori il quale non ha nascosto di aver provato a riportare in Francia uno tra Pellizzari e Piganzoli, sul podio nel 2023 di fianco al vincitore Del Toro. Il talentuoso corridore della Team Technipes #InEmiliaRomagna sta finalmente vivendo una stagione (quasi) senza malanni fisici e ha un doppio obiettivo in Francia: chiudere in una posizione di classifica tra i primi dieci e strappare ufficialmente un contratto per il prossimo anno tra i professionisti. L’Italia si presenta con una squadra interessante, ma sulla carta appare difficile ripetere le imprese delle ultime stagioni, ma mai porre limiti alle selezioni di Amadori. Oltre a Crescioli, li nominiamo tutti quelli al via: Edoardo Zamperini, uno dei migliori italiani nell’ultimo biennio, fermato in stagione da un brutto infortunio che ne ha compromesso il rendimento al Giro, punterà alle tappe, ma proverà a tenere duro anche per la classifica; Pietro Mattio, una delle realtà del nostro ciclismo giovanile, cresciuto stagione dopo stagione in maglia Visma, anche lui sarà una carta interessante da buttare in fuga e provare a scompigliare le carte. Di sicuro sarà un importante uomo squadra, ruolo che ricopre con qualità anche in Visma; Simone Gualdi, il migliore 2005 italiano per risultati quest’anno, a suo agio anche tra i professionisti, e infine Alessandro Pinarello e Florian Kajamini, anche loro chiamati a provare a tenere duro in salita e a dare anche qualche risposta dopo un periodo non del tutto facilissimo a livello di risultati. Chissà che qualcuno di questi non cerchi gloria e consacrazione l’ultimo giorno con l’arrivo in Italia, sul Colle delle Finestre. Occasione ghiotta.
JAKOB SÖDERQVIST
Lo svedese della Lidl-Trek punta tutto sul prologo iniziale e proprio come al Giro Next gen è il favorito a vestire la maglia di leader per un giorno. Un giorno solo, perché poi già dalla frazione successiva probabilmente perderà terreno appena la strada salirà, ma al momento è il corridore, nella categoria, nettamente più forte a cronometro e potrà usare la corsa francese oltre che per riportare alla Svezia un successo di tappa che manca dal 2004 (Lofqvist primo su Le Grand Bornard), anche per affinare la condizione in vista del mondiale di Zurigo.
AJ AUGUST
Altro corridore che si sta facendo già tra i professionisti è il giovanissimo americano AJ August, in forza alla Ineos e qui leader di una compagine che schiera anche Artem Shmidt, suo futuro compagno di squadra con i britannici e Colby Simmons, che punterà tutto sulla prima tappa e sulle fughe. AJ August, sosia di Miles Teller, l’attore protagonista del film Whiplash, potrebbe essere un nome un po’ a sorpresa a fine Avenir nei piani alti della classifica, perché le lunghe salite ancora non sembra gli si addicano molto, ma chissà. Ci rivediamo a fine corsa per vedere dove sarà arrivato.
ROBIN ORINS
Premio alla regolarità per il 2002 belga che il prossimo anno sarà a tutti gli effetti tra i professionisti in maglia Lotto Dstny. In stagione ha un ruolino di marcia impressionante soprattutto nelle gare di un giorno dove spiccano su tutti i podi alla Roubaix e alla Liegi e le vittoria nel campionato belga a cronometro e nella Omloop Het Nieuwsblad. Insieme a Verstrynge, altro corridore regolarissimo, ma più forte in salita, sarà fondamentale per i sogni di gloria del capitano Widar.
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MAX VAN DER MEULEN
Tanti alti e bassi in carriera dopo un inizio scoppiettante, quasi folgorante, tra gli juniores. Tanti alti e bassi anche in stagione per il giovane corridore del CTF Victorious e futuro Bahrain, vincitore quest’anno di una tappa alla Ronde de l’Isard, ma spesso anche vittima di malanni e controprestazioni. Lo si vede spesso allenarsi con due mostri sacri come van der Poel ed Evenepoel e lui, che è soprattutto scalatore, andrà a caccia di un posto sul podio che all’Olanda all’Avenir manca dal 2018, quando Arensman chiuse alle spalle di un certo Pogačar. Sulla carta uno forte così in salita, in Olanda, non lo vedevano da anni.
Foto: Sprint Cycling Agency
Appunti sul Tour de France
Il Tour è terminato qualche giorno fa, andiamo in pace. Più o meno. Il Tour è terminato pochi giorni fa e proietta in maniera definitiva Pogačar nella storia di questo sport. Stando larghi, andando a naso, a sensazione, senza che tutto ciò sia suffragato da numeri - e i numeri in ogni caso suffragherebbero, eccome se suffragherebbero - la stagione 2024, che sta trascorrendo veloce come veloce affrontano le salite i corridori, lo inserisce (almeno) tra i dieci più grandi che questo sport abbia mai visto. La doppietta Giro-Tour dopo 26 anni è simbolo di ciò che è lo sloveno e di ciò che resterà delle sue gesta in questo sport negli anni a venire.
NON SOLO POGI
Il Tour appena trascorso, però, non è soltanto lo sloveno. C’è la resistenza - la volta che userò il termine resilienza abbattetemi - del suo più forte rivale, Jonas Vingegaard, che rientra alle corse proprio al Tour dopo aver rischiato perlomeno la carriera un paio di mesi prima ai Paesi Baschi. Il danese, tanto grintoso in sella quanto sfuggente e introverso nel dopo corsa - e adoro questo suo volto contraddittorio - è stato l’unico, a sprazzi, a provare a tenere la ruota di Pogačar, tanto da farci pensare, a un certo punto, come il Tour 2024 potesse avere una sfida da raccontare in chiave maglia gialla. Ma troppa, esagerata, la superiorità dello sloveno in versione 2024. Un Pogačar che ha raggiunto la maturità agonistica, fisiologico vista l'età, e pare che sul suo periodo di forma stia avendo un certo peso il cambio di allenatore e di allenamenti.
Il podio lo chiude Remco Evenepoel, sorpresa, ma fino a un certo punto. Fino a un certo punto perché in quanto a talento il corridore belga appartiene a quel gruppo lì, dei Pogačar e pochissimi altri. C’era qualche dubbio sulla tenuta, in alta montagna, soprattutto in tappe con salite ripetute, ma si è gestito benissimo e a questo punto, con una vittoria alla Vuelta nel 2022, un dodicesimo posto lo scorso anno sempre in Spagna (uscì di classifica a causa di una giornata di crisi dalla quale comunque si riprese benissimo, una giornata no) dove arrivarono, però, tre vittorie di tappa e la maglia a pois, un ritiro al Giro nel 2023, quando era in piena lotta per vincerlo e un podio al Tour, si può dire come sia attualmente uno dei più forti interpreti anche delle corse di tre settimane. Margini? Da scoprire, da capire quali e se ci saranno. Argomento interessante per il 2025 dove, molto probabilmente, lo rivedremo in corsa in Francia, stavolta, però, con la pressione di dover per forza salire sul podio se non addirittura trasformare il duello in una lotta a tre. Poi se magari, per mettere pepe, gli organizzatori aggiungessero cinquanta, sessanta chilometri a cronometro ci si potrebbe divertire ancora di più.
E ci sono tante altre cose da dire, partendo dal regolarista Almeida (quarto) che non sbaglia una corsa a tappe che sia una, con un ritiro al Giro per un malanno quando era lì a giocarsi il successo e poi tanti risultati di rilievo, uniti ad una certa costanza di rendimento ne fanno uno dei corridori più forti al mondo nelle corse di tre settimane, Tutto questo oltre a una grande capacità di svolgere, a livelli importanti, il ruolo di uomo-squadra.
C’è poi il ritrovato Landa che a quasi 35 anni firma un notevole quinto posto in classifica, migliorando anche lui ogni prestazione in ogni singola tappa di montagna rispetto a quello che era il suo meglio almeno a livello di età. Ci sono le difficoltà della Ineos, vittima di malanni in serie e che non va al di là del settimo posto di Carlos Rodriguez: per lui un passo indietro rispetto al 2023 ma con l’attenuante di aver corso mezzo malato, per l’appunto, dopo aver corso mezzo incidentato lo scorso anno: ancora da capire quale sia il suo vero volto e in questo caso da scoprire quali sono i margini. Per motivi legati anche alla giovane età non ho ancora capito molto del corridore spagnolo se non che è uno che va forte un po’ ovunque e quando sta bene non ha paura di attaccare.
C’è Adam Yates (sesto posto) che, senza strafare, chiude ancora in alto in classifica, anche se non tanto quanto il 2023, ma lavorando con profitto per il suo capitano; c’è Matteo Jorgenson, completo come pochi altri in gruppo, dotato di fondo e recupero, capace anche lui di svolgere al meglio il lavoro di gregario, ma anche di ritagliarsi spazio personale. Chiude ottavo al Tour dopo aver vinto una classica delle pietre questa primavera: ecco, in questo è stato persino superiore a Tadej Pogačar che quest’anno la campagna fiamminga l’aveva saltata a piè pari. C’è Derek Gee che toglie spettacolarità al suo modo di correre, ma si testa per la classifica: nono al Tour è un risultato enorme e chissà che nel 2025 non gli venga in mente di provare a venire al Giro e magari cercare pure di vincerlo o di salire sul podio.
Un accenno alle tre settimane strepitose di Carapaz. Veste la maglia gialla, vince quella a pois, conquista una tappa e ne sfiora altre due. Corridore spettacolare, esaltante, quando scatta fa male (quasi) a tutti. Si deve inchinare in un paio di circostanze soltanto alla rimonta di quel diavolo vestito in giallo che porta il nome di Tadej Pogačar. Due righe anche sul Tour di Bini Girmay che porta a casa la maglia verde, fa pari e patta come numero di vittorie di tappa con Jasper Philipsen e questa è stata una grande sorpresa: alzi la mano chi si sarebbe mai immaginato di vederlo così competitivo in volate di gruppo. Certo, voglio fare il rompiscatole: il livello di queste volate, una volta tanto, non era così alto, anzi, rispetto a quello che il 2024 sa offrire. Mancavano due dei tre più forti al mondo, Milan e Merlier, oltre a Groves e Kooij, tutti questi ce li siamo goduti al Giro. E in più è come se a Philipsen fosse mancato qualcosa in termini di brillantezza. A lui e al suo treno.
Altri spunti: le vittorie di tappa di Bardet, Vauquelin e Turgis, tre corridori francesi appartenenti a tre mo(n)di differenti. Il primo, all’ultimo Tour, che questa corsa pareva potesse vincerla un giorno e a volte c’è davvero andato vicino, ma l’avversario si chiamava Froome. All'ultimo Tour vince una tappa dopo sette anni dall'ultima volta e veste per la prima volta la maglia gialla. Il secondo avanza senza essere mai stato uno di quei talenti da strapparsi i capelli (e in Francia ne hanno, di talenti non solo di capelli) ma ogni stagione ha messo un piccolo mattoncino finendo per costruire un palazzo che si fa guardare, piazzando all’entrata la vittoria di tappa di Bologna dopo essere stato in fuga tutto il giorno. Va forte a cronometro, è veloce, apprezza le brevi corse a tappe: non sarà colui che sfaterà il tabù Tour per i francesi, ma è corridore da seguire. Nazione sempre più prolifica, grazie alla programmazione e al sistema che permette a un numero altissimo di corridori di esprimersi restando competitivi anche una volta passati professionisti - a differenza di quello che succede da noi in italia. La terza vittoria di tappa francese porta la firma di Anthony Turgis che invece appartiene agli incompiuti, di quelli che le grandi vittorie le hanno soltanto sfiorate. Vive una giornata di gloria incredibile nella tappa degli sterrati salvando il Tour, e in parte la stagione, di una (mezza) disastrosa, sin qui, TotalEnergies. Ci sarebbe da parlare di quanto è forte Jonas Abrahamsen che ha trasformato completamente il suo fisico per diventare un corridore vero alla soglia dei 30 anni e un giorno potrà giocarsi pure qualche classica del Nord. Al Tour non vince, ma veste la maglia a pois per diversi giorni, è il corridore con più chilometri in fuga, avrebbe meritato il premio di supercombattivo, ma gli viene preferito Carapaz. E a proposito di trasformazioni: Campenaerts, che da un po’ di anni si occupa meno delle crono e più delle fughe, trova il successo più importante della carriera dopo averne sfiorati anche lui diversi. Tre parole sui due van: Aert e der Poel. Entrambi a secco anche se il primo più volenteroso del secondo, oltre ad esserci arrivato molto più vicino. Per i due l’obiettivo sarà fra pochissimi giorni e si chiama Parigi 2024.
AZZURRO TENEBRA
Infine e in breve: quanto è messo male il ciclismo italiano che, tolti i due campioni di cui possiamo vantarci (Ganna e Milan), ormai è ben poca cosa? Ciccone fa classifica chiudendo undicesimo alle spalle di Buitrago: il duello con il colombiano, anche in un post tappa, è uno dei pochissimi momenti in cui l’Italia si fa vedere, anche se nella seconda settimana, quando arriva al quinto posto in due tappe di montagna, mi aveva illuso potesse lottare per qualcosa di meglio in classifica, ma al Tour il livello è troppo alto per pensare di entrare nei primi sei, sette, otto. L’anno prossimo lo aspettiamo al Giro e magari nelle classiche delle Ardenne.
Può bastare il suo undicesimo posto senza guizzi a salvare la spedizione? Assolutamente no, ma se Ciccone, pur bravo sia chiaro, non esalta, gli altri che fanno? Sobrero, dopo il ritiro dei due uomini di classifica della Red Bull, fatica a riciclarsi in un altro ruolo e si vede a malapena in un paio di fughe dove aiuta i compagni di squadra (da gregario per la classifica a gregario per i compagni in fuga, siamo questi); Moscon è l’emblema di ciò che sempre più spesso diventano i ciclisti italiani: ottimi compagni di squadra, valorosi aiutanti, dopo aver vestito i panni delle speranze, dopo averci illuso.
Bettiol, non pervenuto, ritirato per stanchezza; Ballerini e Mozzato hanno fatto l’uno guardia del corpo a Cavendish e con buoni risultati (tappa vinta dal corridore britannico), l’altro apripista di un velocista che da un anno a questa parte è diventato un ex. Gazzoli è stato il primo a ritirarsi al Tour, Formolo si è visto un paio di volte tirare il gruppo per qualche centinaia di metri. A memoria non ricordo un Tour così insipido corso dagli italiani e succede proprio nell’anno in cui la corsa parte dall’Italia. Ma, come detto, siamo questi: senza squadre di livello nella massima categoria, con talenti che passano professionisti dopo aver fatto buone cose nelle categorie giovanili e in un modo difficile da spiegare e comprendere o scompaiono dai radar o diventano gregari. Senza ottenere risultati di vertice nelle corse che contano e stanno scomparendo pure i risultati che contano nelle gare di secondo piano, fateci caso. Stiamo entrando in quello che forse è uno dei peggiori momenti della storia del ciclismo italiano. Problemi? Tanti, diffusi in maniera capillare in tutto il sistema. Soluzioni? Nessuno le conosce o ne parla, anzi, spesso alcuni buoni risultati vengono usati per nascondere ciò che non va. Vedremo il futuro cosa riserverà a questo sempre più evidente azzurro tenebra che ultimamente sta bene con tutto.
Foto: Sprint Cycling Agency
Il Monumentale del Tour de France 2024
Densa di fascino, come una di quelle gelatine che Jim Halpert, il cattivo della serie TV americana The Office, usava per fare impazzire alcuni suoi colleghi. Attesa, come il giorno più importante nella vita di un bambino. Discussa, perché se non parlassimo di Tour de France allora tanto varrebbe chiudere baracca. Il Tour de France 2024 sta per iniziare - 29 giugno-26 luglio - e lo farà dall’Italia per la prima volta nella sua storia, avrà (le consuete) 21 tappe e si snoderà lungo circa 3.500 chilometri. La corsa partirà dall’Italia per chiudersi a Nizza invece che a Parigi: i Giochi Olimpici nella capitale francese a fine luglio hanno imposto un cambio epocale che si tramuta anche in cronometro all’ultimo giorno, al posto del tradizionale sprint che vale una carriera, sui Campi Elisi.
I temi principali - le domande che mi e vi pongo - sono almeno quattro e coinvolgono i favoriti alla classifica finale, li accenno qui prima di addentrarmi nello specifico raccontando come di consueto vita, caratteristiche e miracoli sportivi dei presenti al Tour de France 2024 e delle loro squadre di appartenenza.
1) Riuscirà Tadej Pogačar a completare la doppietta Giro-Tour ? (E poi, intanto la butto lì, anzi qui: poi lo sloveno pensi al Mondiale perché non succederà spesso di averne uno così favorevole alle sue caratteristiche e lasci perdere la Vuelta).
2) In che stato di forma sarà Jonas Vingegaard Hansen, dopo lo spavento che ci ha fatto prendere ai Paesi Baschi? Sarà un avversario credibile?
3) Riuscirà Remco Evenepoel a fare quel salto di qualità per giocarsi un posto sul podio in una corsa con (quasi) tutti i migliori al mondo per le gare a tappe di tre settimane?
4) Potrà essere Primož Roglič, nonostante i quasi 35 anni l’avversario da cui Pogačar si dovrà guardare?
UN FAVORITO (CON UNO SQUADRONE)
Complesso per tutti sconfiggere Tadej Pogačar, soprattutto quello visto nel 2024, la migliore versione di se stesso, quello all’apice della sua maturità agonistica e che alla vigilia dice di non essresi mai sentito così forte. Come può non essere lui il favorito numero uno di questa corsa? Anche per via dei noti problemi del suo più accreditato - fino a qualche mese fa - rivale per la maglia gialla finale. Lui è il più forte - al mondo - la sua squadra è la più forte - al via e al mondo - e potrebbe, sulla carta, ma stando sempre attenti a non pastrocchiare con l’inchiostro, piazzarne pure altri due sul podio, un altro nei cinque e un altro ancora nei dieci. Mi piace questa cosa? Sinceramente, nemmeno un po’, ma tant’è. Di squadre forti al via del Tour ne abbiamo viste - e ne vedremo anche quest’anno - ma una così faccio fatica a ricordarla. Adam Yates e João Almeida, mantenessero lo standard visto al Tour de Suisse, potrebbero tranquillamente essere i rivali più accreditati dello sloveno; Juan Ayuso, nonostante fisiologici alti e bassi per via dell’età e qualche caduta di troppo, è il nuovo che avanza nei grandi giri. Pavel Sivakov, in poche stagioni, è passato da “prossima grande cosa” nelle corse a tappe a uomo di alta classifica, finendo per diventare gregario extra lusso di capitani che possono vincere le corse. C’è poi Marc Soler, cavallo pazzo a cui Matxin è riuscito a dare un senso, almeno per loro, a me piaceva di più la versione illeggibile dei tempi Movistar e, infine, Nils Politt e Tim Wellens, che in altre squadre andrebbero a caccia di tappe, mentre qui saranno utilissimi alla causa, soprattutto in pianura il primo e nelle prime fasi di salita il secondo.
GLI AVVERSARI
Per via dell’incidente accorso a Vingegaard, il primo rivale dello sloveno è un altro sloveno: Primož Roglič. Difficile, però, immaginare come un corridore che fa del calcio volante assestato nei finali di tappa la sua arma migliore, quasi l'unica, possa trovare terreno per battere questo Pogačar che più dei suoi rivali dovrà temere il caldo. La Red Bull-BORA-Hansgrohe, però, va al Tour con una squadra niente male e un nuovo sponsor, di peso, forse il più importante e conosciuto, a livello globale, per ciò che concerne lo sport. Darà motivazioni in più. Una squadra con Aleksandr Vlasov: uno dei corridori più continui ad alti livelli quest’anno in salita mentre Jai Hindley è uno che ha pur sempre vinto un Giro d’Italia due stagioni fa anche se come aiuto di un capitano è ancora tutto da vedere - e al recente Delfinato non ha rubato l’occhio. A completare una squadra davvero forte per la salita presenti Bob Jungels e Matteo Sobrero, mentre Marco Haller, Nico Denz e Danny van Poppel si divideranno tra lavoro sporco in pianura, tirando, difendendo, coprendo, e gloria personale: Haller a supporto di van Poppel in volata, Denz in fuga.
Parte più defilato il vincitore uscente: quali conseguenze per il suo rendimento la caduta ai Paesi Baschi? Probabilmente lo scopriremo già nelle prime, impegnative, tappe italiane. E allora, oltre a Jonas Vingegaard, in casa Visma | Lease a Bike sarà da seguire con attenzione Matteo Jorgenson, rendimento altissimo quest’anno nelle brevi corse a tappe, da verificare la capacità di tenere lungo l’arco delle tre settimane, anche se va detto, intanto, che il percorso di questo Tour potrebbe favorirlo, oltre al fatto che l’americano ha poco da invidiare alla concorrenza per un piazzamento in altissima classifica. Completano lo squadrone olandese - più vario, completo e all'apprenza compatto rispetto a quello emiratino - Wilco Kelderman, uno che potrebbe fare il capitano d’ alta classifica in almeno 18 delle 22 squadre al via, Bart Lemmen, chiamato all’ultimo per sostituire un Kuss che quest’anno non va, Wout van Aert, il coltellino svizzero del gruppo: lavorerà in salita, potrà inserirsi in fuga su ogni terreno, si butterà nelle volate di gruppo compatto, proverà a vincere quelle a plotone sgranato, mentre Christophe Laporte cercherà risposte dopo una stagione altamente negativa e sfortunata, quasi come se stesse vivendo una sorta di crisi di rigetto a un irripetibile 2023. Jan Tratnik e Tiesj Benoot sono due corridori affidabilissimi e sui quali la squadra si appoggerà per ricevere aiuto su ogni terreno.
TUTTI (PROPRIO TUTTI) GLI ALTRI
Quasi tutte le squadre mettono in campo il meglio possibile, poche le assenze di peso, ma d’altra parte il Tour de Netflix impone al via il miglior cast possibile. E così che vista la forza di UAE, Visma e Red Bull, constato come anche la INEOS Grenadiers non voglia essere da meno. Carlos Rodríguez Cano, il più giovane della compagine britannica, guida un gruppo formato da Egan Bernal, Geraint Thomas, Thomas Pidcock, Michał Kwiatkowski, Ben Turner, Jonathan Castroviejo e Laurens De Plus. Pensare che questa squadra non sia la più forte al via lascia senza parole. Carlos Rodríguez ha ottime credenziali per salire pure sul podio finale. Continuo, forte in salita, forte a cronometro, forte in discesa, sa pure cogliere l’attimo giusto per provare a vincere una tappa visto che non ha nemmeno paura ad attaccare. L'unica incognita è legata alle cadute: spesso, nonostante la capacità di guidare il mezzo, ha bruciato risultati importanti a causa di incidenti in corsa. Egan Bernal insegue la rinascita, si gioca la top ten anche se sogniamo qualcosa in più, magari pure una tappa: da troppo tempo non si concede il gusto di alzare le braccia al traguardo. Geraint Thomas, dopo il podio al Giro, sarà completamente a disposizione dei suoi, così come lo sono tre fra i più forti “gregari” in circolazione per le tappe di montagna e non solo: Laurens De Plus, Jonathan Castroviejo e Michal Kwiatkowski i quali potrebbero, insieme a Thomas Pidcok, inseguire fughe e successi di tappa. E a proposito di Pidcock: dopo due tentativi di fare classifica e conclusi con un 16° e 13° posto abbastanza dimenticabili, proverà a fare classifica per una terza volta o lo vedremo libero di dare spettacolo in qualche tappa come due anni fa nel giorno dell’Alpe d’Huez? Se dovessi indovinare e fossi costretto a scegliere direi la seconda, ci sono anche i Giochi a Parigi con cui fare i conti pochi giorni dopo la fine del Tour, sprecare troppa energia per un piazzamento nei 20, potrebbe rivelarsi controproducente. Lui intanto dice di puntare alla prima maglia gialla. Chiude il gruppo Ben Turner, successore di Luke Rowe quasi a 360 gradi, dal corridore gallese eredita principalmente il ruolo di mulo delle prime fasi di gara.
Capitolo Soudal-Quick Step, o meglio Remco Evenepoel. Cosa aspettarsi dall’ imprevedibile ex campione del mondo, al suo esordio al Tour de France? Dovesse finire nei primi cinque sarebbe grasso che cola, considerando anche per lui l’incidente ad aprile che gli ha tolto qualche settimana di preparazione; nei dieci sarebbe un piazzamento auspicato, quasi chiamato tutto il resto, che non sia una vittoria di tappa o magari due, un risultato finale deludente. Le aspettative su di lui sono sempre enormi, così come è sembrato enorme - forse troppo? - il suo fisico, per pensare di poter infastidire i migliori in salita. Squadra forte al suo fianco: Mikel Landa può pensare persino di andare più forte di lui in salita e di conseguenza curare anche una buona classifica, anche se i due, almeno nelle foto, per quanto possano assumere un significato di verità assoluto immagini postate sui social, sembrano, sin dal ritiro invernale, avere instaurato un certo feeling che poi in corsa si è intravisto alla Volta ao Algarve. Gianni Moscon sarà il gregario per eccellenza in squadra, definito sin dai primi mesi in maglia Quick Step come l’erede di un altro trattore, Tim Declercq, anche se quegli standard sono decisamente lontani. Louis Vervaeke, Ian Van Wilder e Jan Hirt, saranno altre tre pedine preziose per la salita, e magari, soprattutto gli ultimi due, “riserve” per fare classifica, ma non escluderei di vederli anche cercare di vincere una tappa di montagna. Yves Lampaert, sorprendente prima maglia gialla al Tour di due anni fa, potrà giocarsi le sue chance in fuga, darà una mano in pianura a Evenepoel e una in volata a Casper Pedersen, seppure quest’ultimo non si possa considerare un velocista di prima fascia, quanto piuttosto corridore da soluzioni alternative alla volata di gruppo.
Movistar Team per la classifica punta su Enric Mas. Nel Power Ranking che ho stilato tempo fa, Mas è, a conti fatti, e grazie soprattutto alla regolarità che trova nella “gara di casa”, ovvero la Vuelta, al quarto posto assoluto tra i corridori in attività per le grandi corse a tappe. Dietro i tre che potete immaginare. Questo non significa che lo spagnolo, spesso sin troppo criticato, come sin troppo criticata è la Movistar, autentica squadra meme del ciclismo internazionale, a volte se la vanno a cercare non c’è dubbio, sia la quarta forza in campo, ma è uno dei nomi che ambiscono a un piazzamento in alta classifica. Regolarista in salita, forse avrebbe apprezzato di più un Tour da sfinimento e per fondisti, ma l’ultima settimana montagnosa può sorridergli. Interessante la squadra che gli viene costruita intorno: Davide Formolo sarà la sua guardia del corpo in salita, Javier Romo in alta quota può stupire, Oier Lazkano, a suo agio nelle tappe più dure al Delfinato, dove è riuscito spesso e volentieri ad arrivare davanti a scalatori più quotati, cercherà una vittoria di tappa andando in fuga. Presenti anche l’eterno Nelson Oliveira che potrebbe pure cercare piazzamenti nelle due crono, Fernando Gaviria, scelta un po’ sorprendente vista la sua stagione (le sue ultime stagioni) finora e infine Alex Aranburu. Il corridore basco va forte su diversi terreni ed è veloce oltre che resistente, si è laureato campione di Spagna pochi giorni fa e nell’ultimo mese, tappa vinta anche al Giro del Belgio, è riuscito a sbloccarsi dopo due stagioni a secco e un’infinità di piazzamenti. Che c’abbia preso gusto?
Quartetto da classifica anche per la Bahrain-Victorious, altra squadra in forma nell'ultimo mese. Viste le qualità espresse in salita, quello con le quotazioni maggiori potrebbe essere Santiago Buitrago, il quale, oltre a essere uno degli scalatori più forti al via, può anche puntare a vincere una tappa. Pello Bilbao, che fa parte di quella particolare categoria di corridori “da quarta settimana” potrebbe anche lui giovare di un Tour che si indurisce nel finale: obiettivo, per il corridore basco: vincere una tappa e chiudere in top ten. Con loro proveranno a tenere duro Jack Haig e soprattutto Wout Poels, quest’ultimo mette assieme un pacchetto di esperienza, qualità e regolarità con pochi eguali in gruppo. Se dovesse uscire a mani vuote da questa corsa, si potrebbe parlare di fallimento sportivo vista anche la presenza di corridori come Matej Mohorič e Phil Bauhaus, Nikias Arndt e Fred Wright, fughe e volate chiamano a gran voce i loro nomi.
Veniamo alle squadre francesi. La Cofidis per la classifica punta su Guillaume Martin pronto a giocarsi la sua mossa preferita: entrare in tutte le fughe possibili e in quel modo ottenere un piazzamento di rilievo, magari tra l’ottava e la dodicesima posizione, e chissà, se ci scappa pure una tappa non si storce il naso. Difficile che Simon Geschke possa ripetere l’impresa fatta al Giro: 14° posto finale, suo miglior risultato in carriera in un Grande Giro, a 38 anni, mentre Jesús Herrada e Ion Izagirre sono uomini da fughe che arrivano al traguardo e vittorie di tappa. Bryan Coquard è il velocista, c’è concorrenza, ma non esagerata, magari dopo aver vinto al Tour de Suisse di recente - 2 vittorie in carriera nel WT su 52 successi totali da professionista - può provare a sbloccarsi al Tour. Piet Allegaert e Alexis Renard il suo supporto, quest’ultimo cerca anche piazzamenti nelle tappe mosse o magari andando in fuga. Infine, presente Alex Zingle, inizialmente, visto che il prossimo anno lascerà la compagnia, pareva potesse rimanere fuori dal Tour. Zingle è uno dei profili da tenere maggiormente d’occhio nelle volate a ranghi ridotti oppure, dovesse trovare la forma e formula giusta, potremmo vederlo spesso in fuga, magari quella buona.
Bella squadra la Groupama - FDJ di Madiot che cala i cinque assi e ce n’è per tutti i gusti - tranne che per le volate. Stefan Küng per le due crono con vista Parigi 2024 dove inseguirà una medaglia, ma non è da escludere trovarlo spesso in fuga. Lenny Martinez rappresenta il nuovo che avanza a livello mondiale. Il classe 2003, ancora acerbo per fare classifica, nella tappa secca, se in giornata, in salita può essere imbattibile. Viste anche le doti di esplosività una tappa in cui misurarsi con i migliori potrebbe essere quella di Bologna, magari attaccando sul San Luca, il secondo giorno. Valentin Madouas, uomo buono per tutti i percorsi, darà una mano, come faranno anche Kevin Geniets e Quentin Pacher, in salita, e lo vedremo in fuga dove la sua presenza lo metterà tra gli uomini da battere. Difficile per lui, come per Gaudu, ripetere il Tour d’alta classifica del 2022, ma ha le qualità pure per provare a tenere duro in montagna o magari vincere proprio una tappa tra quelle più impegnative, soprattutto nell’ultima settimana, lui che viene fuori alla distanza. Dicevo di David Gaudu: fino a 2 anni fa sarebbe stato il capitano designato, ma ora gliene succedono di ogni e si è pure ammalato alla vigilia di questo Tour. Dai sogni di podio si è passati a una realtà che potrebbe vederlo “solamente” provare a vincere una tappa o a conquistare la maglia a pois. Destino che lo accomuna a tantissimi suoi predecessori e connazionali. Presente al via anche Clément Russo che darà una mano in pianura e sarà anche utile nella tappa degli sterrati di Troyes. Tenuto per ultimo Romain Grégoire. Attesissimo a un ulteriore salto di qualità, nonostante sia anche lui giovanissimo (2003), potrebbe essere tra i corridori da battere nelle tappe più mosse e nelle numerose fughe che mi aspetto arrivino al traguardo.
La Decathlon AG2R vuole continuare a macinare successi e nel farlo, selezionando la squadra per il Tour, si dimentica del suo uomo faro: Benoit Cosnefroy. Perché non è stato chiamato al Tour? Si va per la classifica di Felix Gall, il quale però sembra un po’ sotto gli standard del 2023, ma magari sta tenendo il meglio per la corsa francese. Si punta alle volate di Sam Bennett, altro corridore trasformato dalla cura Decathlon/Van Rysel. Ad aiutare l’irlandese in volata c’è uno dei corridori più esperti del gruppo: Oliver Naesen. Nans Peters e Nicolas Prodhomme sono sia uomini da fuga in montagna che i compagni più vicini che potrà avere Gall nelle tappe più impegnative, oltre all’esperto della compagnia, Bruno Armirail. L’ammiraglio francese punterà a un buon piazzamento nelle crono e magari anche a una top 20 in classifica finale. Il neo campione francese Paul Lapeira è uno dei corridori maggiormente migliorati in questo 2024 e vorrà continuare a stupire, magari vincendo una tappa al Tour in maglia tricolore. Ultimo francese a riuscirci, Arnaud Démare nel 2017, vincitore a Vittel davanti a Kristoff e Greipel. Dorian Godon, invece, sarà l’uomo, almeno come caratteristiche, preferito a Cosnefroy, darà una mano a Bennett in volata, andrà all’attacco delle tappe mosse e si lancerà negli sprint a ranghi ridotti.
Arkéa -B&B Hotels squadra bretone, ma senza bretoni al via, avrà come leader Arnaud Démare per le volate, lui che al Tour ne ha vinte due, ma l’ultima nel 2018. A dargli una mano Daniel Mclay, Luca Mozzato e Amaury Capiot, ma soprattutto gli ultimi due proveranno anche a mettersi in proprio se la strada glielo consentirà. Il corridore italiano, secondo quest’anno al Fiandre, lo scorso anno al Tour ha chiuso 4 volte nei 10 di tappa risultando, insieme a Ciccone, il migliore della risicata spedizione italiana in terra di Francia. Chissà che in una delle prime tre tappe “casalinghe” la squadra non gli dia la possibilità di giocarsi le sue carte - penso soprattutto alla frazione di Torino - le altre due frazioni, invece, lo dovrebbero vedere tagliato fuori dalla contesa. Squadra francese perfettamente divisa in due, detto delle quattro ruote veloci, gli altri quattro sono uomini che si faranno vedere in montagna e proveranno pure a fare classifica. Clément Champoussin cerca un po’ di continuità. Ha grandi numeri e una discreta precocità - vinse una tappa alla Vuelta nel 2021 in quella che fu la prima vera e propria stagione completa tra i professionisti. I due spagnoli, Cristian Rodríguez e Raúl García Pierna, sono due regolaristi, ma sono convinto che li vedremo spesso in fuga, infine mi sono tenuto per ultimo Kévin Vauquelin. Il 23enne normanno di Bayeux, dopo un’ottima prima parte di stagione (nei dieci tra Etoile de Besseges, Tirreno e Paesi Baschi) culminata con il secondo posto alla Freccia Vallone, ha sofferto al recente Tour de Suisse e ha perso il campionato francese a cronometro per pochissimi secondi. È al suo primo Tour e nel 2023 all’esordio in un grande giro (Vuelta), corse a lungo ammalato finendo per ritirarsi dopo due settimane di corsa. Quello che verrà sarà tutto di guadagnato, farà esperienza, ma le qualità sono quelle di un corridore che a fine Tour potrebbe pure lambire la top ten. Ultima squadra “di casa”, TotalEnergies. una delle quattro Professional al via. Steff Cras per la classifica, vicino a lui in salita troveremo Jordan Jegat, da tenere d’occhio, così come da seguire Thomas Gachignard, grande protagonista in questo 2024 nel calendario franco-belga, ha pure sfiorato la vittoria al campionato nazionale francese. Lo troveremo spesso in fuga e chissà che prima o poi la vittoria arrivi proprio al Tour de France. Il gruppo sportivo guidato da Bernaudeau non conquista una tappa al Tour dal 2017 (vittoria in fuga di Calmejane): ci proveranno anche Anthony Turgis o Sandy Dujardin, entrambi veloci, anche se non così tanto da volata di gruppo compatto, ma in fuga possono creare diversi grattacapi, così come Mathieu Burgaudeau. Il sosia di Alaphilippe non sta vivendo una grande stagione e cerca le risposte giuste sulle strade francesi. Al via anche Mattéo Vercher e Fabien Grellier, principalmente per cercare fughe da lontano o dare una mano ai compagni di squadra.
Introdotto con la TotalEnergies il discorso relativo alle squadre che hanno usufruito delle wild card, lo proseguo parlando di Israel Premier Tech, Uno X Mobility e Lotto Dstny. Tre squadre che difficilmente cureranno l’alta classifica, ma che molto probabilmente daranno vita a tante fughe con l’obiettivo di arrivare al traguardo. Israel-Premier Tech in realtà, un po’ a sorpresa, un uomo per la classifica potrebbe averlo: Derek Gee. No, non sto dando i numeri, il canadese al Delfinato ha impressionato in salita. Sono convinto che inizialmente proverà a tenere duro, e al Giro 2023 ha dimostrato di non soffrire, andando in fuga in quasi ogni tappa di montagna, le fatiche ravvicinate nei giorni. Quota canadese in squadra che aumenta con le presenze di Hugo Houle, vincitore di una tappa nel 2022 e Guillaume Boivin, entrambi specialisti della fuga. Difficile, se non impossibile, immaginare Jakob Fuglsang competitivo ad alti livelli, ma magari un colpo di coda lo potrà dare. Pascal Ackermann, con Jake Stewart a supporto, proverà a inserirsi nelle volate, Krists Neilands vorrà essere nuovamente protagonista in fuga come già accaduto lo scorso anno, mentre Stevie Williams, corridore da alti e bassi, punterà a vincere una tappa e magari essere protagonista da subito, nelle prime due tappe italiane. La Lotto Dstny incentra la propria corsa sulle volate di Arnaud De Lie e sulla qualità di Maxim Van Gils. Se il primo spesso ha picchi altissimi - a livello di talento, dato da forza, esplosività e spunto veloce, è colui che può battere Pedersen e Philipsen in volata - ma a volte è suscettibile a controprestazioni, il secondo fa della regolarità ad alti livelli la sua arma migliore. Veloce e resistente, Van Gils avrà diverse tappe in cui provare a lasciare il segno, soprattutto quelle con il traguardo che punta all’insù. Certo, la concorrenza è folta e forse sarà meglio cercare gloria in fuga, piuttosto che sfidare i big su un certo tipo di finali. Victor Campenaerts fungerà da battitore libero in una corsa in cui ha sempre faticato a trovare spazio, Harm Vanhoucke sarà l'uomo in fuga nelle tappe di montagna, difficile pensarlo in classifica, discorso simile per Jarrad Drizners, mentre Brent Van Moer, Sebastian Grignard e Cedric Beullens saranno i pretoriani di De Lie, ma con la possibilità di giocarsi le proprie carte in fuga. Ultima squadra invitata: Uno X Mobility. La compagine norvegese, dopo una prima parte di stagione troppo anonima per essere vera, arriva al Tour al massimo della forma e punterà quasi esclusivamente a vincere una o più tappe. Sorprende in almeno una scelta: il giovanissimo (e prospetto molto interessante) scalatore Johannes Kulset preferito ad Andreas Leknessund, ritornato in squadra quest’inverno dopo la parentesi in DSM per curare la classifica al Tour e invece escluso. I capitani, tuttavia, saranno diversi, squadra solida, buona per tutti i terreni. Alexander Kristoff, aiutato da Søren Wærenskjold, sarà il velocista di punta e proprio con il suo giovane "erede" potrà dividersi il ruolo di capitano negli sprint di volta in volta a seconda della situazione. Magnus Cort, già vincitore di due tappe al Tour, si getterà nelle volate a ranghi ristretti - se ci saranno - ma non disdegnerà la fuga giusta su ogni terreno. Rasmus Tiller e Jonas Abrahamsen, oltre a essere solide pedine per il treno dei due velocisti, proveranno a entrare nelle fughe e quelle fughe le proveranno a portare fino al traguardo. Il primo grazie alle doti veloci può regolare un gruppetto, il secondo ha motore e tempismo per provare azioni solitarie nei finali di corsa. Odd Christian Eiking e Tobias Halland Johannessen saranno i punti di riferimento nelle tappe di montagna. Il forte corridore classe ‘99, vincitore del Tour de l’Avenir ormai tre anni fa, punta deciso a vincere una tappa di montagna.
Capitolo Alpecin-Deceuninck. Si rivede in corsa Mathieu van der Poel, ma con quali credenziali? Lo immagino provare un Tour quasi fotocopia di quello dello scorso anno. In aiuto a Jasper Philipsen, il velocista di riferimento, sulla carta solo Mads Pedersen lo potrà impensierire in volata a questo Tour, cerca la condizione senza strafare con l’obiettivo Parigi 2024 e magari un finale di corsa in crescendo cerchiando di rosso un paio di tappe nell’ultima settimana. Certo, con una buona condizione, potrà provarci magari già sul San Luca. San Luca, che però potrebbe essere il terreno ideale per Axel Laurance, quanto di più vicino ad Alaphilippe la Francia ha prodotto in queste ultime stagioni, che fa il suo esordio in un grande giro meritando la convocazione a suon di risultati. Di Philipsen abbiamo già detto, sarà il velocista faro della corsa, sei tappe vinte al Tour nelle ultime due stagioni, e con lui, oltre a Robbe Ghys e Jonas Rickaert, tornano in voga quelli delle classiche: Søren Kragh Andersen, Silvan Dillier e Gianni Vermeersch, che oltre a essere fondamentali uomini squadra, potrebbero contribuire a trasformare alcune tappe in vere corride.
Dal velocista principe al suo principale rivale: Mads Pedersen che guida una Lidl-Trek orfana di Tao Geoghegan Hart, ammalatosi all’ultimo momento. Il danese, come al suo solito, non solo si getterà in volata, ma proverà a dire la sua andando in fuga e provando a piazzarsi in alcune tappe impegnative, ma non troppo e terrà accesa la lotta per la maglia verde. A proposito di maglie: Giulio Ciccone mette in palio la pois: che Tour sarà il suo? Non lo so, ma so che finora la sua stagione è stata alquanto sfortunata. Un problema al soprasella gli ha fatto saltare tutta la prima parte di stagione, Giro compreso. È tornato, si è dimostrato in buona forma e si è ammalato poco prima del Tour. Può darsi che provi a fare classifica, altrimenti il suo bagaglio è pieno di piani alternativi: fughe, tappe, classifica dei gran premi della montagna. Di sicuro con lui non ci annoieremo mai. Terza punta di una squadra nel complesso più debole di quello che ci si poteva aspettare è Toms Skujiņš, che si dividerà tra le fughe e il supporto al treno di Pedersen. A proposito di treno: lo completano Ryan Gibbons e Jasper Stuyven e se Tim Declercq è il lavoratore per eccellenza nelle prime ore di gara, Carlos Verona e Julien Bernard li vedremo all’opera in salita.
L’Astana Qazaqstan Team punta forte, ma non esclusivamente, sulle volate di Mark Cavendish, supportato da un treno di buona fattura: Davide Ballerini, Michele Gazzoli, Cees Bol e Michael Mørkøv. Yevgeniy Fedorov cerca gloria in fuga e nelle tappe impegnative, Harold Tejada e Alexey Lutsenko proveranno a fare classifica e/o a vincere una tappa di montagna, andando in fuga. Da seguire con interesse la selezione del Team Jayco AlUla. Simon Yates torna per fare classifica: difficile migliorare il 4° posto del 2023, oltretutto dopo una stagione, questa, costellata di tanti piccoli problemi e un rendimento al di sotto delle aspettative. Se dovesse mancare l'appuntamento con l’alta classifica, di sicuro proverà in ogni modo a vincere la sua terza tappa in carriera al Tour. Dylan Groenewegen, fresco di titolo olandese, è il velocista di punta per le volate a gruppo compatto e si contenderà il titolo di terzo incomodo degli sprint, mentre Michael Matthews lo vedremo in azione in altri situazioni, a gruppo sgranato oppure in fuga. Uno degli obiettivi del corridore australiano è quello di crescere di condizioni in vista dei Giochi Olimpici. Chris Harper è l’alternativa a Yates per la classifica, Luke Durbridge, Christopher Juul Jensen ed Elmar Reinders i lavoratori spesso oscuri, nonché parte del treno dei velocisti che vedrà nel solito Luka Mezgec l’ultima ruota da cui si potrà lanciare Groenewegen.
A proposito di volate: il Team dsm-firmenich-PostNL ci riprova con Fabio Jakobsen, del tutto impalpabile al Giro e saranno ben quattro le chance fino alla prima giornata di riposo per provare a riemergere per l’ennesima volta. Bram Welten, Nils Eekhoff e John Degenkolb gli tireranno la volata, ma questi ultimi due magari avranno anche chance personali in altre tappe. Frank Van Den Broek è uno dei nomi che potrà diventare noto anche ai meno attenti: grande motore, il suo soprannome, Wattage Bazooka, è tutto un programma. È estroso, fantasioso, va forte ovunque e si infilerà in diverse fughe. Sarà l’ultimo Tour per Romain Bardet, farà classifica o proverà a vincere una tappa? Credo più alla seconda ipotesi. Sempre per le tappe ci sarà un altro francese ormai appartenente alla vecchia guardia: Warren Barguil. I suoi anni migliori sono passati, ma WaWa è uno di quelli che può stupire in fuga. Menzione finale per Oscar Onley, giovane e interessantissimo britannico che può dire la sua sugli arrivi adatti a corridori esplosivi, ma anche sulle salite non troppo lunghe. Finora, la sua ancora breve carriera tra i professionisti è stata un'alternanza di bei risultati e brutti infortuni. Al Tour per trovare la quadra.
L'Intermarché Wanty porta Louis Meintjes per la classifica, magari non troppo vicino al podio, ma nemmeno così lontano da una top ten. Regolare come pochi, il sudafricano potrebbe anche centrare la fuga buona in montagna per provare a vincere una tappa. Il resto della compagnia è composta da corridori che strizzano l’occhio perlopiù alle corse di un giorno: l’obiettivo principale sarà quello di provare a vincere tappe. Bini Girmay e Gerben Thijssen in volata, ma come gestiranno la convivenza? Mike Teunissen, Hugo Page e Laurenz Rex formeranno un ottimo trio di vagoni veloci e potenti, ma potranno anche entrare in fughe numerose, infine Georg Zimmermann e Kobe Goossens sono due profili di corridori fantasiosi, quasi selvaggi, amanti delle scorribande da lontano: occhio anche a loro due per un possibile successo di tappa.
Chiudiamo con una delle squadre più interessanti di questo Tour de France seppure, almeno all’apparenza, senza uomini che possono puntare al podio, ma con la presenza del corridore italiano più forte del momento, che pochi giorni fa ha dominato il campionato nazionale e porterà, in giro per il Tour, il tricolore. Alberto Bettiol partirà con motivazioni extra dalla sua toscana, con indosso il rossobiancoverde e chissà, potrebbe pure puntare alla prima tappa e a vestire la maglia gialla. Richard Carapaz sarebbe l’uomo designato per la classifica generale, ma l’ex vincitore del Giro d’Italia, oltre a non aver ancora mostrato in stagione il meglio, in questo 2024 è finito spesso a terra. Di sicuro lui è un altro che ha pronta l’alternativa alla classifica: andare in fuga gli piace e quando va all’attacco sa pure concludere. In alternativa, per fughe e classifiche, altri tre elementi di grande qualità: Rui Costa, Ben Healy e Neilson Powless. Il primo è reduce dal successo al campionato portoghese, il secondo da una stagione inferiore a quella del 2023, ma si è sbloccato a modo suo, con una fuga, al recente Giro di Slovenia, il terzo, invece, arriva da un’annata complicata per problemi al ginocchio, ma se dovesse trovare la forma potrebbe stupire. Chiudono la selezione EF Education-Easy Post, Sean Quinn, veloce e resistente, di recente laureatosi campione nazionale statunitense, Marijn van den Berg, uno che sembra sempre sul punto di esplodere e che ha avrebbe le qualità pure per giocarsi le tappe con i migliori velocisti resistenti - quelle adatte ai van Aert o Pedersen, per intenderci - e Stefan Bissegger, un po’ cronoman, un po’ attaccante, ancora alla ricerca della sua dimensione.
PERCORSO
Sarà un Tour anomalo e ricco di novità, ritorni e cambiamenti. La partenza dall’Italia, le Alpi, subito, e poi nuovamente alla fine. Gli sterrati, due crono, i Pirenei alla fine del secondo weekend, la tappa finale a Nizza.
Dall’Italia per tre tappe, di cui due davvero frizzantine e che potrebbero già mettere in fila gli uomini di classifica. Il primo giorno, Firenze-Rimini, senza considerare quello che potrà succedere nelle ultime ore con possibili cambi di percorso a causa di strade allagate e smottamenti, ci sono pur sempre sei GPM, Barbotto e San Leo sono impegnativi, anche se lontani dal traguardo, e i chilometri più di 200: insomma, si parte col botto. Dipende da come approcceranno il primo giorno del Tour, ma, tolta una possibile azione dei big e magari un gruppetto sgranato, difficile immaginare che arrivino più di 30/40 corridori a giocarsela.
A Bologna, sul San Luca, che verrà affrontato due volte in tutto, sarà, invece, un testa a testa tra i migliori. Che siano uomini di classifica o “semplici” cacciatori di tappa non importa, di sicuro bisogna stare bene sin da subito, come ormai la corsa francese ci sta abituando.
Piacenza-Torino, il terzo giorno, invece, segnerà la prima delle tante volate di questo Tour de France, in una giornata dal punto di vista chilometrico tutt’altro che banale: 231 km è una lunghezza che non si vede più così spesso nelle corse a tappe. La quarta tappa sarà la prima di montagna. Partenza da Pinerolo e arrivo a Valloire: 139,6 km con quasi 4.000 di dislivello. Infinita la salita per arrivare al Sestriere, poi si sconfina con il Monginevro e infine, passanti tra i Giganti, si sale verso il Galibier dal Lautaret, prima di scendere a Valloire. La classifica verrà disegnata in maniera precisa e siamo solo al quarto giorno.
Quinta e sesta tappa, arrivi di Saint Vulbas e Digione, sono due volate che precedono la prima delle due crono di questo Tour. La Nuits Saint George - Gevrey Chambertin di soli 25 km sorride agli specialisti, anche se, pur sempre breve, potrebbe non creare esagerati distacchi tra gli uomini di classifica.
Il giorno dopo ancora volata (e siamo a 4), prima di una delle frazioni più attese: la Troyes-Troyes significa tappa degli sterrati. 199km per passare una domenica sulla carta estremamente spettacolare. 14 settori, per un totale di circa 32km di sterrato potranno completamente ribaltare la classifica, renderla rischiosissima per gli uomini di classifica, speriamo solo non venga condizionata dalle cadute, un azzardo che gli organizzatori si sono presi e speriamo che paghi. Le strade bianche diventano dunque una novità per la corsa, escludendo il finale a LPDBF, ma non lo è per nulla Troyes che ha visto, tra i vari arrivi, nel 2017 e nel 2000 due vittorie tedesche in volata: Marcel Kittel ed Erik Zabel. Il giorno dopo riposo e poi si riparte con la Orléans-Saint Amand Montrond: quinta volata in programma. Tappa da fuga invece quel di Le Lioran, o tutt’al più qualche fuoco d’artificio nel finale se qualcuno si sentisse particolarmente voglioso tra gli uomini di classifica, prima, nuovamente, di altre due frazioni per velocisti, Villeneuve sur Lot e Pau, (Tour omologato) e arriviamo a sette volate, sulla carta, nelle prime tredici tappe. Mica poco.
È il preludio di ciò che avverrà nei due giorni successivi, due tappe decisive poste, intelligentemente, il sabato e la domenica e tra le più dure in programma a questo Tour 2024. La Pau-St Lary Soulan (Pla d’Adet), misura 152 km, vede soprattutto la scalata del Tourmalet con cima posta a 63 chilometri dall’arrivo che sarà su una salita impegnativa: il Pla d’Adet da Vielle Aure, quasi 10km oltre l’8% di media. con alcuni tratti in doppia cifra.
Il giorno successivo, tappa 15, 14 luglio e quindi non serve aggiungere altro, si parte da Loudenvielle e si arriva di nuovo in salita, con un classico del ciclismo francese: Plateau de Beille, affrontato poche settimane fa alla Ronde de l’Isard - ha vinto van Bekkum - e l’ultima volta al Tour nel 2015: primo fu Purito Rodriguez. Peyresourde subito in partenza, poi Col de Mente, Portet d’Aspet, lungo giro a valle prima di affrontare il Col d’Agnes e lanciarsi verso Les Cabannes da dove iniziano gli ultimi 15 chilometri verso Plateau de Beille, salita non impossibile, ma, sulla falsariga delle classiche vette pirenaiche, lunga che sembra non finire più.
Dopo i Pirenei si riposa e a Nimes, martedì 16 luglio, tappa 16 - rara e perfetta armonia - potrebbe arrivare l’ottava volata: frazione quasi interamente pianeggiante. Il giorno dopo c’è scritto fuga in tutti i modi, verso Superdévoluy, e qualcosa di simile a Barcellonette, sempre che non ci sia qualche velocista col dente avvelenato (e se fosse la tappa proprio con i velocisti in fuga?).
Sarà il preludio a quelli che saranno gli ultimi tre giorni i quali, se ce ne fosse ancora bisogno e noi speriamo di sì, decideranno la classifica. Si torna sulle Alpi con gli arrivi a Isola 2000 (dopo aver scalato Vars e Bonette) e sul Col de la Couillole da Saint Sauver sur Tinée. Salita lunga, non durissima ma è l’ultima prima della fine. Salita conosciutissima dai corridori e dove Pogačar, nel 2023 alla Parigi Nizza, vinse su Gaudu e Pogačar. Il giorno dopo gran finale, non a Parigi, ma a Nizza con una crono di 34 chilometri che potrebbe ancora cambiare la classifica.
I FAVORITI DI ALVENTO
Come sempre, per chi non volesse sciropparsi migliaia di battute, ecco qui una sintesi di quello che potremmo vedere al Tour, con nomi e stellette
MAGLIA GIALLA
⭐⭐⭐⭐⭐Pogačar
⭐⭐⭐⭐Roglič
⭐⭐⭐Vingegaard, A. Yates
⭐⭐Evenepoel, Jorgenson, Almeida, Vlasov, Buitrago, Ca. Rodriguez, Mas, Landa, S. Yates
⭐ Hindley, Gaudu, Gall, Vauquelin, Bilbao, Poels, Ayuso, Bernal, Martin, Carapaz, Healy, Meintjes, Gee, Cras, Kelderman, Kuss, Haig
MAGLIA VERDE
⭐⭐⭐⭐⭐Philipsen
⭐⭐⭐⭐ M.Pedersen
⭐⭐⭐ De Lie
⭐⭐Van den Berg, van Aert, Aranburu
⭐ Pogačar, Roglič, Evenepoel, Coquard, Groenewegen, Matthews, Zingle, Grégoire, Cort
MAGLIA A POIS
⭐⭐⭐⭐⭐ Ciccone
⭐⭐⭐⭐Pogačar
⭐⭐⭐ Roglič, Buitrago, Gee
⭐⭐ Bernal, Johannessen, A. Yates, S. Yates
⭐ Bilbao, Poels, Ca. Rodriguez, Vauquelin, Martin, Meintjes
MAGLIA BIANCA
⭐⭐⭐⭐⭐Jorgenson
⭐⭐⭐⭐Evenepoel, Ca. Rodriguez
⭐⭐⭐Buitrago, Ayuso
⭐⭐ Johannessen
⭐Pidcock, Van Gils, Van Wilder, Healy, Vauquelin, Onley, Martinez
Foto in copertina: ASO/Pauline Ballet
Appunti sul Giro Next Gen 2024
Sull’onda di quei corridori un po’ cheerleader, vedi Pogačar o Pidcock, Jarno Widar dà spettacolo sulle strade del Giro Next Gen 2024. Vince due tappe e la maglia rosa finale e, come avrete letto in ogni dove, è il più giovane nella storia della corsa a conquistare la classifica generale: compirà 19 anni soltanto a novembre. Stravince e forse questa è la vera notizia: il suo comando non è mai stato in discussione. Gli organizzatori pensano a un percorso meno selettivo che possa restare aperto persino fino all’ultima tappa, ma il piccolo belga, di cui ancora non si comprendono bene limiti e caratteristiche definitive, va forte fin dal primo giorno quando si piazza nono nella cronometro di apertura.
Widar, classe 2005 e quindi al 1° anno da Under 23, così piccolo fisicamente da ricordare proprio Pidcock, da junior andava forte un po’ ovunque, salite e salitelle, sprint ristretti e arrivi per puncheur, pietre, colline, di tutto, si prendeva il lusso di vincere per distacco, attaccando in qualsiasi momento della corsa, forte ovunque, a parte le volate che non ama, per usare un eufemismo. Carattere forte, vincente, chiedere a chi gli è stato vicino in due cocenti - per lui - sconfitte, come quelle del Lunigiana e del mondiale lo scorso anno. Ha stravinto, lo merita, e dice che l’anno prossimo tornerà per vincere di nuovo - mai accaduto un bis nella storia di questa corsa. Ci credo poco, ma chissà: in un ciclismo così folle mi aspetterei di vederlo a pieno titolo tra i professionisti - campo che ha già calcato in stagione - già dal 2025. Piedi per terra, però, come detto è un corridore giovanissimo, che ha già grandi numeri, ma è ancora acerbo.
Sul podio salgono due spagnoli, due vere sorprese. Sì, perché Albert Torres (altro 2005, UAE Gen Z) e Pau Martí (2004, Israel PT Academy) non erano assolutamente accreditati della possibilità di chiudere così in alto, soprattutto il corridore della Israel. Parole dello stesso Pau Martí, che dopo essere arrivato con i migliori a Pian della Mussa, si era detto stupito di aver trovato un certo livello in salita. Torres beneficia di un’attività svolta in stagione tra i professionisti (ben quattro corse a tappe disputate tra “i grandi”) che gli permette di avere un motore già ben rodato per figurare con i migliori in salita. Pau Martí fa valere anche il suo spunto veloce andando a conquistare grazie ai piazzamenti all’arrivo il terzo posto davanti a Rondel - ci torno a breve.
Restando alle sorprese in classifica, cito anche l’australiano Tuckwell decimo nella generale dopo aver corso bene in stagione anche alla Ronde de l’Isard: da definire limiti e caratteristiche. È un classe 2004 che ha fatto l’esordio in Europa solo due anni fa con la maglia del Team Bike Terenzi, squadra con la quale conquistò, proprio nel 2022, la sua prima vittoria nella sua prima corsa in assoluto al di fuori dell’Oceania.
In mezzo: 4° Rondel, per molti, compreso il sottoscritto, il favorito del Giro. Rondel ha difettato in maniera palese di acume tattico. Nella tappa di Fosse ha tirato per quasi tutta la salita senza chiedere cambi, aprendo il gas quando all’arrivo mancavano ancora diversi chilometri, tratto più duro compreso, e quando Widar, perfettamente a suo agio a ruota per diversi chilometri, è partito nel finale, non solo Rondel ha perso la ruota del corridore belga, ma anche dei due spagnoli poi finiti davanti a lui sul podio. Secondi che si riveleranno preziosi. L’altro pasticcio di Rondel è datato 16 giugno, l'ultimo giorno, arrivo di Forlimpopoli. Gli sarebbe bastato arrivare in volata davanti a Pau Martí o tutt’al più dietro di una sola posizione per conservare il terzo posto sul podio. Nello sprint di gruppo il corridore della Israel ha chiuso 20°, il francese della Tudor , pur dotato di esplosività e buon spunto veloce, 25°, piazzamento che lo faceva scivolare dal 3° al 4° posto. Qui, però, da definire dove finisce il capolavoro di Martí e inizia quel pasticciaccio brutto de Rondel. Corridore il quale, però, potrà prendersi la sua rivincita al prossimo Tour de l’Avenir. Qualora lo avesse in programma diventerebbe in automatico uno dei favoriti alla maglia gialla finale.
Al 5° posto chiude Pavel Novak, primo corridore di una squadra non Development, il Team MBH Bank Colpack Ballan, tra i migliori in salita come il regolare Kajamini, 7° e migliore degli italiani, questo passa il ciclismo di casa nostra al momento. Ottimo, in generale, il Giro della squadra italo ungherese che dall’anno prossimo dovrebbe - ma non ci sono ancora conferme definitive - diventare Professional: oltre ad essere stata l’unica capace di mettere due uomini tra i primi 10 in classifica, risultato non da poco vista la presenza di quasi tutti i top team della categoria, ha messo in luce Christian Bagatin e Lorenzo Nespoli. Il primo, partito forte, 10° nella crono d’apertura e poi in fuga con i big il giorno dopo, il secondo capace di conquistare la maglia dei gran premi della montagna, fra le poche soddisfazioni del ciclismo italiano in questa corsa. Nei 10 troviamo Leo Bisiaux, sesto posto finale per uno dei miei corridori preferiti di quella che è un’incredibile annata, la 2005. Bisiaux sta correndo poco e prima o poi arriverà: se non dovesse esagerare saltando subito tra i professionisti, nel 2025 potrebbe essere uno dei corridori da battere nelle corse a tappe e anche in quella di un giorno più impegnative. Intanto la Francia tra lui, Rondel e Rolland (assente come tutta la Groupama, ingiustamente esclusa per favorire la presenza di squadra italiane fantasma, sarebbe stato forse il favorito assoluto), si gode un possibile terzetto di fuoco per l’Avenir. La Decathlon ci ha provato, anche con Kevin Verschuren, 11° in classifica, ma raccogliendo alla fine un po’ poco. 8° in classifica è Mats Wenzel, Lidl-Trek Future Racing, il lussemburghese, da quando ha iniziato a farsi vedere in campo internazionale, sin dagli juniores, ha spiccato per regolarità. 9°, invece, Alessandro Pinarello, VF Bardiani Group CSF Faizanè, in un Giro per lui e la sua squadra senza infamia e senza lode, con qualche acuto come piazzamenti di tappa di Lorenzo Conforti, classico profilo all’italiana di corridore veloce e resistente, peccato per lui essersi dovuto scontrare negli sprint con un corridore che quest’anno ha battuto alcuni tra i migliori velocisti del World Tour e dintorni.
Fuori dai dieci, invece, i corridori della Visma Lease a Bike, che perde subito Nordhagen (uno dei tre favoriti della vigilia) e Huising per un malanno, che vede Graat sottotono e 12°, con van Bekkum 16° e che viene salvata da Brennan - altro 2005 già in evidenza in mezzo ai professionisti - nell’ultima tappa, vittoria a Forlimpopoli e da un Mattio extra lusso - ci torno a breve anche qui.
In generale è stato un Giro Next Gen che ha espresso quello che è a oggi la categoria: a livello internazionale c'è poco spazio per le squadre che non sono quelle di sviluppo del World Tour e quindi come nel 2023, anche nel 2024 raccogliere risultati se non appartenenti a una certa area sportiva, diventa sempre più difficile - lo scorso anno Trinity, Colpack e Biesse portarono comunque a casa quattro tappe. Quest’anno le vittorie sono state suddivise tra cinque squadre, praticamente le top della categoria presenti e tutti vivai, se così possiamo definirli, di formazioni World Tour. Un edizione spartiacque, per me, di quello che è il futuro o meglio il presente della categoria. Su otto tappe, quattro sono andate ai 2005, due ai (anzi a un) 2004, una a un 2003 e a un 2002. A parte Teutenberg, sempre piazzato nelle tre volate, hanno praticamente vinto quei corridori che ci si aspettava vincessero.
Due tappe sono andate alla Soudal Quick Step, entrambe con Magnier che apre il dibattito su quello che andrebbe fatto a livello regolamentare: è possibile che un corridore del World Tour, capace di vincere volate davanti a fior di professionisti, scenda per dominare questo tipo di corse? Forse andrebbe cambiato qualcosa, magari mettendo un limite su quei corridori che ottengono un totale di punti tra i professionisti, ponendo un divieto di scendere nella categoria - valido sia per Giro, che per Avenir e poi per Mondiale ed Europeo. Ma la presenza di corridori del livello di Magnier è solo una parte del problema, se vi interessa approfondire potete ascoltare il mio intervento fatto sul podcast di 53x11.
La Lotto Dstny, da anni una se non la miglior squadra Development del mondo, vince tre tappe con corridori al primo anno: due con Widar e una con De Schuyteener in volata. Ha il piglio della dominatrice come non si era mai visto al Giro, andandosi a prendere una bella rivincita con la corsa: la sconfitta patita da Van Eetvelt nel 2022, contro un corridore che non si è mai più ripetuto nemmeno a livelli base, bruciava ancora. Donie è stato preziosissimo in salita e Giddings in pianura dove De Schuyteneer oltre al successo ha saputo dare una mano importante. Conquistano poi una tappa a testa la Lidl Trek Future Racing, con Soderqvist (2003), la Wanty ReUz technord con Artz (2002) e la Visma | Lease a Bike Development con Brennan (2005). Lo svedese della Lidl è il favoritissimo della crono d’apertura e non sbaglia, in generale la sua squadra è sempre presente, in classifica - con Wenzel - nelle fughe, nelle volate - con Teutenberg - e l’ultimo giorno sfiora il colpaccio con Behrens, secondo di un soffio dietro Brennan. La Wanty cerca il podio in classifica con Toussaint ma i suoi sogni di gloria terminano a causa di una caduta, quando era perfettamente in linea, e in forma, per giocarsela, ma riescono però il penultimo giorno, a conquistare la tappa con uno dei corridori più attesi: l’olandese Huub Artz, già forte di un contratto tra i professionisti dall’anno prossimo. Infine, nonostante la chiamata arrivata all’ultimo per sostituire Belletta, Matthew Brennan, altro talento del 2005 di cui non conosciamo bene i margini, e con caratteristiche da cacciatore di classiche moderno, veloce anche negli sprint di gruppo e molto resistente, conquista l’ultima tappa del Giro, salvando la corsa dei calabroni.
Per gli altri è stata dura.
Sempre più difficile riuscire a fare risultati, riuscire anche soltanto a mettersi in evidenza con una fuga o un piazzamento, risultati che sono solo una parte del tutto. Che futuro potranno avere alcuni team italiani, in questo caso, per provare a confrontarsi con certe realtà più ricche e di conseguenza più forti? Come talento, preparazione, avvicinamento, mezzi, soldi, tutto. Come biasimare squadre che a fine stagione decideranno che non avrà più alcun senso continuare? E sia chiaro, questo non dipende solo dai risultati ottenuti a questo Giro, o dalle scelte, sacrosante dal loro punto di vista, di RCS di invitare via via le squadre più forti - a sensazione immagino che il prossimo anno almeno due, se non tre squadre italiane viste nel 2024 non verranno confermate a discapito di team stranieri esclusi quest'anno decisamente più competitivi. La categoria Under 23 sta mutando completamente, non serve più a formare il ragazzo o il corridore, a fargli prendere poco a poco confidenza con uno sport che poi diventerà un mestiere vero e proprio, ma ormai è un momento di transizione per chi ha già quasi certamente in mano un contratto per il World Tour. Si è creato un divario enorme, tra chi fa parte dell'élite - i team devo - e tutti gli altri. Mettersi in evidenza, lasciare una breccia, sorprendere è sempre più complicato.
come se da una parte - perdonatemi il paragone azzardato - ci fossero i piloti delle driver academy o della formula due, che studiano per un posto nella massima categoria e tutti gli altri, alla guida di un'utilitaria in giro la domenica per qualche strada secondaria in collina.
Infine gli italiani.
Chi si salva? Oltre ai già citati tre del Team MBH Bank Colpack Ballan, Kajamini, Nespoli e Bagatin, nella lista entrano Luca Paletti, chiude il Giro in crescendo, 13° in classifica finale, è un 2004 su cui dover puntare in futuro, il suo compagno di squadra Lorenzo Conforti, che con un 2°, un 3° e 6° posto di tappa è certamente il migliore dopo Magnier e Teutenberg negli arrivi a ranghi compatti dove invece manca del tutto l’atteso Daniel Skerl - in generale, a parte Borgo, CTF Victorious in difficoltà, anche per alcuni malanni che hanno colpito la squadra alla vigilia. Aggiungerei anche un altro dei ragazzi di Reverberi, Alessandro Pinarello, che chiude nei 10 un Giro che per disegno forse ne favorisce le caratteristiche - ma alla fine cosa sarebbe cambiato da un 9° a un 5°/6° posto, forse massima ambizione per qualità e peculiarità? Bravo anche Samuele Privitera, come Borgo un 2005 (e come Luca Giaimi, praticamente mai visto se non nel dare una mano ai suoi compagni dell’UAE), ha corso malaticcio ma non appena è stato bene si è lanciato in fuga nella tappa con arrivo a Zocca chiudendo al 3° posto. Iniezione di fiducia per il ligure della Hagens Berman Jayco squadra vincitrice del Giro due anni fa e praticamente mai vista a eccezione per l’appunto di Privitera. Da evidenziare anche i piazzamenti nelle volate di Andrea D'Amato (2002, Biesse-Carrera), 3° e 4° di tappa a Borgomanero e Cremona e di Lorenzo Peschi (2002, General Store), 4° a Borgomanero, 6° a Zocca (era in fuga) e 10° a Cremona.
Spiccano, poi, Raccagni Noviero e Mattio. Il primo, dopo il secondo posto nella crono di apertura, è una risorsa fondamentale per le vittorie di Magnier e si prende pure il lusso di andare in fuga in una tappa con salite, non di certo il suo pane, il secondo, invece, è fondamentale per Brennan a Forlimpopoli. Qui una breve, ultima, riflessione: negli ultimi anni abbiamo avuto buoni, ottimi corridori che tra gli Under 23 emergevano riuscendo a fare i capitani, trasformandosi poi tra i professionisti in gregari, spesso e volentieri di grande qualità. Oggi, all’interno delle squadre di sviluppo straniere, i ragazzi iniziano a essere fior di uomini-squadra sin dall’ultima categoria prima di passare professionisti. Questo è. Se Mattio dopo il Giro ha firmato, come Belletta, qui assente a causa di un infortunio, per un altro anno con la squadra Development della Visma, questo Raccagni Noviero merita un posto nella Soudal dei grandi. Ha caratteristiche da uomo del nord, da uomo squadra - lo accosterei ad Asgreen - e in questo momento storico la squadra di Lefevere non si può certo permettere grossi investimenti oppure di fare la schizzinosa su un certo tipo di corridore. Oltretutto, avendo indebolito il blocco per le corse del Nord, quello del corridore friulano è un nome da cui potrebbero ripartire. Detto del CTF e del buon Giro di Alessandro Borgo - altro 2005, ribadisco, annata d’oro per il ciclismo, selezionato all’ultimo momento per sostituire Stockwell, nonostante gli esami di maturità imminenti - un peccato non aver potuto vedere al loro massimo Matteo Scalco, VF Group Bardiani CSF Faizané, ritirato per un malanno, avrebbe potuto cogliere una top ten o qualcosa di meglio, Ludovico Crescioli, anche lui condizionato da un malanno dal primo giorno, ed Edoardo Zamperini condizionato da una frattura della clavicola a poche settimane dal Giro. Chissà se uno di questi ultimi tre, insieme ai sopracitati Raccagni Noviero, Mattio e Belletta, al già confermato Kajamini, e al quasi certo Pinarello, non possano essere i 6 uomini convocati da Marino Amadori al Tour de l’Avenir. Prima, però, per il ciclismo italiano ci sarà un Val d’Aosta dove provare a ottenere qualche risultato migliore.
Foto: Lapresse
Mini guida al Giro Next Gen 2024
Moser, Baronchelli, Corti, Ugrumov, Konyshev, Belli, Pantani, Simoni, Di Luca, Betancur, Sivakov, Vlasov, Ayuso e lo scorso anno Staune-Mittet. Sono alcuni dei corridori che hanno scritto il proprio nome nell’albo d’oro del Giro dilettanti, diventato poi Under 23, BioGiro e, dopo tanti cambi di nome, diverse peripezie, cancellazioni, ora, in mano a RCS, Giro Next Gen.
Volevo farne un monumentale o tutt’al più, su suggerimento esterno, qualcosa definibile tipo monumentalino, ma tocca stringere perché il tempo, a sua volta, per l'appunto stringe e dunque ecco qui una breve guida con percorso e favoriti del Giro Next Gen 2024 che parte da Aosta domenica 9 giugno per concludersi a Forlimpopoli il 16.
PERCORSO
Percorso che farà subito selezione in classifica con le frazioni tra Valle d’Aosta e Piemonte. Si parte da Aosta domenica 9 giugno con una breve cronometro individuale di 8,8 chilometri, breve, ma mossa, tutt'altro che semplice da interpretare, per chiudere, poi, a Forlimpopoli, la domenica successiva con una giornata adatta ai tanti puncheur al via.
In mezzo due arrivi in salita: Pian della Mussa nella terza tappa, salita lunga ma realmente impegnativa solo nel finale con alcuni tratti in doppia cifra, ma molto mossa anche nella prima parte, e l’arrivo di Fosse, tappa numero 6, finale con 9,2 chilometri all’8,3 % di media. Salita vera, frazione decisiva, anche per la sua lunghezza: 172 km a volte non li trovi nemmeno più al Tour de France.
Le altre tappe: due sono per velocisti, la Petruso-Borgomanero (tappa 4) e la Bergamo-Cremona del giorno dopo. Per velocisti, ok, ma fuga permettendo, anche se quest’anno, con sei corridori per squadra, dovrebbe essere più “semplice” tenere chiusa la corsa o almeno riuscire a organizzare un inseguimento.
Tappa 2 (arrivo a Saint-Vincent, 107 km, molto breve) e 8 sorridono agli attacchi da lontano o, come detto agli scattisti, la tappa 7 ha l'arrivo in salita, ma per modo di dire. Si va verso Zocca per un finale pedalabile dove potrebbe concludersi, anche qui fuga permettendo, con una volata a ranghi ristretti, seppure con 180 km è la frazione più lunga di questo Giro e arriverà praticamente in conclusione di corsa, quindi occhi aperti.
FAVORITI
29 squadre con alcune esclusioni eccellenti (si pensi ai team Devo di dsm, Q36.5, Groupama, Uno X, oppure ad Ara Skip e Tirol o infine, restando in Italia, a team storici come Beltrami e Hopplà) con due novità: la nazionale italiana, guidata da Amadori e Scirea, in una veste non proprio super competitiva e 6 corridori per squadra invece di 5.
⭐⭐⭐⭐⭐
Se lo scorso anno è stato facile trovare il nome del favorito assoluto, Staune-Mittet, il cerchio dei possibili vincitori a cinque stelle, nell’edizione 2024, si fa più largo. Ma ci piace restare fedeli alle tradizioni e così indichiamo, come primo nome, proprio un corridore norvegese della Visma Devo ed è quello di Jørgen Nordhagen. Talento smisurato anche in altri sport (sci di fondo in particolare), dotato di grandissimo motore, il classe 2005 è ancora - d’altra parte è un primo anno - alla ricerca della continuità non solo a lungo termine ma spesso anche nella stessa corsa. Di fianco avrà una squadra eccellente, forse la più forte del gruppo: Darren van Bekkum (⭐⭐) Tijmen Graat (⭐⭐) e Menno Huising (⭐) sono tre corridori che potrebbero tranquillamente chiudere nelle parti alte della classifica generale, Pietro Mattio e Dario Igor Belletta se liberi, ma difficile, di esprimersi, andranno a caccia di tappe, altrimenti saranno utilissimi alla causa del proprio capitano.
A cinque stelle anche Mathys Rondel, francese della Tudor Devo. Ex specialista nel pattinaggio di velocità, Rondel, passista scalatore dotato di spunto veloce e capace di muoversi anche nei finali più complicati e adatti ai puncheur, ha un biglietto da visita importante: 6° all’Avenir del 2023, vincitore quest’anno dell’Orlen Gran Prix Nations, ma soprattutto, in mezzo ai professionisti, 11° al Tour of The Alps, mentre gli altri si preparavano al Giro e lui inseguiva la migliore condizione, e 12° alla Coppi e Bartali. Con lui, da seguire per la classifica generale, lo svizzero Robin Donzé (⭐⭐).
⭐⭐⭐⭐
Andiamo in Italia, ma per parlare di Olanda: Max van der Meulen. Forse in salita non ha rivali nella categoria, gli manca solo un po’ di coscienza dei propri grandi mezzi. La squadra, CTF Victorious, è quella giusta per provare a inseguire un successo che manca al sodalizio friulano: la classifica generale del Giro Under 23. L'unico dubbio è su un avvicinamento complicato da un malanno, ma visto che sarà al via ci aspettiamo di vederlo molto competitivo.
A quattro stelle troviamo uno dei 2005 più forti al mondo, Jarno Widar, belga della Lotto Dstny e, per l’appunto, destinato a grandi cose, chissà magari già da questo Giro Next Gen. In squadra con lui un altro 2005 in forma smagliante che punta a essere uno tra i più forti in salita: parliamo di Milan Donie (⭐⭐) di recente vincitore della Flèche Ardennaise, dopo una lunghissima fuga.
⭐⭐⭐
Dopo Widar e Nordhagen altro 2005: Leo Bisiaux. Non è un caso che i tre citati siano stati anche i protagonisti dell’ultimo Giro della Lunigiana e saranno qui al Giro Next Gen a darsele di nuovo: una rivalità che potrà farci diventare matti anche la volta in cui passeranno professionisti. Bisiaux è partito a rilento, ma sta crescendo e in più guida una delle squadre più in forma in assoluto, basti vedere quello che stanno combinando tra i professionisti: la Decathlon AG2R. Di fianco a lui occhio in salita a Killian Verschuren (⭐⭐) due anni più vecchio, vincitore qualche settimana fa di una tappa all Alpes Isère Tour, con quarto posto finale in classifica, e già rodato tra i professionisti.
⭐⭐
Ecco i primi italiani, entrambi scommesse su cui punta chi vi scrive, si tratta di Luca Bagnara del Team Polti Kometa e Florian Kajamini del Team MBH Bank Colpack Ballan. Il primo è un corridore molto regolare, che, per certi versi, visto anche da dove arriva e con chi corre, può ricordare Davide Piganzoli. Ha corso perlopiù in Spagna in questi due anni tra gli Under 23 e poche settimane fa ha conquistato la Volta a Portugal do Futuro, primo italiano nella storia, dopo aver brillato alla Ronde de l’Isard. Nel suo bagaglio tante corse a tappe, a differenza di quasi tutti i suoi pari età e connazionali. Kajamini, invece, quest’anno ha fatto un salto di qualità notevole, in salita è forse il migliore in Italia e si è messo in evidenza pure correndo con i professionisti. Sarà il miglior corridore di casa al termine della corsa?
Altri italiani a due stelle: Alessandro Pinarello, capitano della VF Group Bardiani, sul quale la squadra dei Reverberi punta fortissimo tanto da vederlo persino in lotta per la maglia rosa finale. Personalmente ho qualche riserva in più, ma il ragazzo a inizio stagione è andato forte ed è un corridore molto regolare. Riuscirà a tenere il passo dei migliori in salita? La squadra ha un buon potenziale per le tappe più impegnative, soprattutto grazie a Matteo Scalco (⭐), già tra i migliori gregari, quando la strada si faceva pendente, nel 2023 per Martinelli, e terzo italiano in classifica a fine Giro (chiuse 17°). Presente pure Luca Paletti, in evidente crescita e il cileno Vicente Rojas (⭐), di recente 8° all'Alpes Isère Tour.
Restando in Italia occhi puntati su Ludovico Crescioli. Il classe 2003, toscano della Team Technipes di Coppolillo e Chicchi, molto atteso da diverse stagioni, sembra aver trovato l’anno buono per mostrare le sue qualità. Ha trovato continuità e ora si attende qualche guizzo, ma anche un'ulteriore crescita in salita dove, a oggi, la concorrenza dei corridori stranieri è nettamente superiore. A due stelle chiudiamo con Gal Glivar, sloveno, capitano della UAE Gen Z, corridore di qualità, ma anche dai tanti alti e bassi, e dal gruppo dei colombiani della GW Shimano nominiamo, per l’alta classifica, Jefferson Ruiz, classe 2002, senza dimenticare quello che potrebbero fare il coetaneo Brandon Rojas, il classe 2004 William Colorado e, soprattutto, Diego Pescador (⭐), anche lui un 2004 e attualmente il più interessante talento in arrivo dalla Colombia. Si difende in salita ed è dotato di spunto veloce, potrebbe puntare a un piazzamento in classifica ma anche a vincere una tappa mossa.
⭐
Infine, con una stella: Ilkhan Dostiyev, capitano Astana per la classifica generale, veloce e resistente, anche se pare un po’ in calo, Mats Wenzel per la Lidl-Trek, corridore molto regolare, lo scalatore danese Dennis Lock, Zalf-Euromobil Fior, il portoghese Daniel Lima della Israel, i due Novak, Pavel e Samuel, il primo della Colpack, il secondo della Polti, uno più esperto e già rodato, l’altro da scoprire. Poi ancora: Edoardo Zamperini, capitano dell’ottima Trevigiani di Rocchetti che, senza l’infortunio occorsogli alla Ronde de l’Isard (frattura della clavicola) mentre stava andando davvero forte, probabilmente sarebbe partito con almeno due stelle se non tre. Zamperini, lo scorso anno spesso in fuga al Giro, dopo il cambio squadra ha fatto un decisivo salto di qualità, importante, eccellente, e oltre a un risultato di peso nei prossimi giorni (tappa? top ten finale?), insegue anche un contratto tra i professionisti. Certo da capire quanto lo stop di qualche settimana fa peserà sul suo rendimento. Maxence Place e Samuele Privitera sono i due corridori della Hagens Berman Axeon chiamati a provare a fare classifica, non sarà facile per la squadra di Merckx non solo replicare l'exploit di Leo Hayter di qualche stagione fa, ma nemmeno avvicinare il podio di Rafferty del 2023 oppura una top ten. Da seguire soprattutto il corridore ligure che pare uno di quelli che va forte più passano i giorni. Chiudiamo con un'ultima coppia, quella anglo colombiana della Trinity, formata da Will Smith e Camilo Andres Gomez Gomez, in lotta anche per i nomi più belli al via (con loro, in questa speciale graduatoria, Alessandro Mario Dante della Arvedi). Il britannico Smith è una delle rivelazioni di questo inizio di stagione, mentre il colombiano Gomez era atteso da diverso tempo al salto di qualità che ora sembra arrivato.
CACCIATORI DI TAPPE (velocisti, puncheur, fugaioli)
Grandi sfide in arrivo nelle volate di gruppo: Daniel Skerl (CTF Bahrain) contro Tim Torn Teutenberg (Lidl Trek) è il piatto principale, ma mettiamoci dentro pure Paul Magnier, seppure il francese dirà la sua anche negli arrivi a gruppo selezionato e potrebbe puntare alla maglia rossa della classifica a punti. Restando in Francia: i due Decathlon Noa Isidore e Rasmus Pedersen, danese, così come Matis Grisel della Lotto Dstny, saranno nomi con cui fare i conti sia nelle volate a gruppo compatto che nel caso di arrivi a gruppo più sgranato. Anche l’Italia, oltre a Skerl, ha altre frecce veloci: Tommaso Dati - lui perlopiù punterà alle tappe mosse - e Andrea D'Amato (Biesse Carrera), Alessio Menghini (General Store), Luca Giaimi (UAE) e Lorenzo Conforti (VF Group Bardiani) soprattutto, oltre al già citato Belletta (Visma Devo) e a Raccagni Noviero, seppure quest’ultimo rischia di avere la strada chiusa dalla presenza di Magnier. Non sono tagliati fuori, poi, nemmeno il belga Steffen de Schuyteneer (Lotto), Arnaud Tendon (Tudor), Robert Donaldson (Trinity), Moritz Kretschy e Pau Marti (Israel PremierTech), Kasper Andersen (Hagens Berman Axeon) e infine Alessandro Borgo (CTF Victorious) inserito all'ultimo al posto di Stockwell che ha dato forfait. Tra i cacciatori di tappe uno dei più attesi è il fortissimo svedese Jakob Söderqvist, corridore che emana vibrazioni di un certo tipo e che potrebbe andare anche all’assalto della maglia rosa - anzi lo dico proprio: favorito assoluto! - il primo giorno, nella crono. Se la dovrà vedere, tra gli altri, con gli australiani Oscar Chamberlain (Decathlon) e Hamish Mackenzie (Hagens), con il già citato Giaimi e il suo compagno di squadra Duarte Marivoet (UAE), il duo della Tudor Fabian Weiss e Aivaras Mikutis, e magari con un altro Lidl Trek, il tedesco Louis Leidert. Da seguire anche quello che potrà fare nella crono il classe 2005 della Biesse Carrera Etienne Grimod.
A caccia di tappe, magari in fuga oppure sfruttando gli arrivi più selettivi, Alessandro Romele (Astana), Manuel Oioli e Raffaele Mosca (Italia), Federico Biagini (VF Group Bardiani), Niccolò Arrighetti (Biesse Carrera, uno dei corridori italiani più attesi in futuro come cacciatore di tappe e di corse di un giorno), Roman Ermakov (CTF Victorious), Filippo D’Aiuto e Giovanni Bortoluzzi (General Store), Niklas Behrens e Kristian Egholm (Lidl Trek), Matteo Ambrosini e Diego Bracalente (Team MBH Colpack Ballan), Ugo Fabries (Trinity), Simone Griggion (Trevigiani) e, infine, la Wanty-Re UZ. Technord, orfana di Faure Prost, inizialmente annunciato, ma che quest’anno sta facendo oltremodo fatica, e che cito in blocco. Huub Artz (⭐) è un corridore che si piazzerà ovunque, forte anche del contratto già firmato con la squadra World Tour per le prossime stagioni, avrà tranquillità e carta bianca per fare la sua corsa e chissà, magari pure per un piazzamento in classifica. Simone Gualdi è il 2005 italiano più forte in questa stagione dove ha già ottenuto piazzamenti persino tra i professionisti. Gli manca la vittoria: che possa arrivare a questo Giro? Tim Rex, fratello d’arte, ha qualità diverse rispetto a Laurenz, più a suo agio in salita, potremmo vederlo spesso in fuga, anche se, verosimilmente correrà in supporto della squadra. Victor Hannes e Zeno Moonen si butteranno nelle volate sia di gruppo che negli arrivi più selettivi e, facilmente, potremmo trovarli spesso in fuga. Infine, l'olandese Wouter Toussaint (⭐), in grande forma, potrebbe fare compagnia al connazionale Artz in salita cercando un buon risultato in classifica generale.
RIEPILOGO
Per i più pigri ecco un riepilogo a mo’ di griglia dei favoriti.
⭐⭐⭐⭐⭐ Nordhagen, Rondel
⭐⭐⭐⭐Widar, van der Meulen
⭐⭐⭐Bisiaux
⭐⭐ Van Bekkum, Graat, Donie, Donzé, Verschuren, Bagnara, Kajamini, Pinarello, Crescioli, Glivar, Ruiz
⭐ Huising, Rojas, Scalco, Artz, Toussaint, Pescador, Dostiyev, Wenzel, Lock, Lima, P. Novak, Zamperini, S.Novak, Place, Privitera, Smith e Gomez
DIRETTA TV E STREAMING
Grande novità di quest'anno sarà la diretta streaming di tutte le tappe.
Il monumentale del Giro 2024
Per qualche minuto proviamo a mettere da parte quel discorso che un po' mi annoia, ovvero il fatto che il Giro 2024, fatta eccezione per qualche nome, per uno soprattutto, sia forse uno dei più poveri che molti ricordano a livello di partecipazione. Pazienza, il Giro è il Giro ed è inutile continuare a battere quel tasto: ormai il Tour domina, il calendario è zeppo di eventi, il World Tour fa i suoi danni e quindi appare sempre più difficile vedere al via della Corsa Rosa il meglio del ciclismo mondiale. Questo è.
Il Giro 2024, piuttosto, rischia di entrare nella storia di questo sport in quanto il grande favorito, Tadej Pogačar, proverà l’impresa di vincere nello stesso anno Corsa Rosa e Grande Boucle e quindi, se non altro, forse di riflesso, forse per l’importanza capitale che questa competizione riesce ad avere nonostante tutto, sarà una corsa da seguire - banalità disarmante.
Lo sarà per i soliti spunti che ci saprà dare: perché, restando nel campo dei luoghi comuni, non sarà soltanto una competizione sportiva. Ci farà conoscere zone mai viste d’Italia, rivederne alcune conosciute; ci farà conoscere personaggi e storie alle loro spalle, anzi, più andremo avanti e più il verdetto che sembra già scritto prenderà la sua forma sempre più definitiva e più, per forza di cose, ci appassioneremo ad altri corridori. La mattina guarderemo la cartina, altimetria e planimetria, uno sguardo al Garibaldi, e inizieremo a fantasticare su chi potrà vincere la tappa, su chi andrà in fuga; ci saranno tappe in cui inizieremo a fare i conti su chi potrà guadagnare posizioni. Aspetteremo la newsletter di alvento, quotidiana, e il suo podcast. Mica poco.
In questa guida, che vi terrà compagnia, si spera buona compagnia, nelle prossime settimane, abbiamo provato a raccontarvi il più possibile sui corridori al via, i favoriti e le loro squadre, velocisti e cacciatori di tappe. In fondo troverete come di consueto una breve analisi del percorso e la griglia dei favoriti a tutto lo scibile ciclistico vestito a festa, quella festa chiamata Giro d’Italia e in cui noi ci buttiamo a capofitto.
Il FAVORITO
Assoluto, uno solo, Tadej Pogačar. UAE team Emirates che non ha nemmeno bisogno di portarsi dietro chissà che squadra eccezionale, talmente è la superiorità del corridore rispetto alla concorrenza. Diciamola tutta: l’unico modo che ha Pogačar per perdere questo Giro è ammalarsi o cadere. Pure bucando più volte o bucando malamente qualche tappa può vincere la Corsa Rosa con una decina di minuti di vantaggio sul secondo. Se vuole, risparmiandosi in vista del Tour, può farla sua al piccolo trotto. Se vuole, Tadej Pogačar può prendere la maglia rosa al primo giorno e tenerla fino all’ultimo. Non vedevo una superiorità così netta dal 1999. La squadra: Rafał Majka, Felix Grossschartner e Domen Novak sono gli uomini per la salita: non mi stupirei di vederne almeno uno di questi chiudere nei primi dieci, quindici, anche in classifica generale, in particolare uno dei primi due. Vegard Staeke Laengen e Mikkel Bjerg saranno i faticatori in pianura - chissà, Bjerg proverà magari a vincere pure la crono. Infine, presente anche una coppia per le volate: Rui Oliveira a pilotare Juan Sebastian Molano.
LA LOTTA AL PODIO
Incerta e che vede quattro corridori in prima fila: O’Connor, Tiberi, Bardet, Thomas. Ben O’Connor, capitano della Decathlon AG2R La Mondiale, squadra a dir poco sorprendente e che si è presa il lusso persino di cannibalizzare alcuni ordini d’arrivo in questo inizio di stagione, alzando il tiro anche in corse di un certo peso. Se O’Connor dovesse mantenere il livello della sua squadra è difficile immaginarlo giù dal podio. A crono si difende, in salita è tra i più forti al via, se non il secondo più forte, e, se il favorito assoluto lo permetterà, vorrà provare a vincere una tappa, cosa già riuscita in passato sia al Giro che al Tour dove, non va dimenticato quando si sminuisce tutto ciò che non è Pogačar, ha concluso al 4° posto nel 2021 inventandosi un grande numero nella tappa con arrivo a Tignes. I contro? Si ammala, cade, oppure, inspiegabilmente, abbassa le prestazioni da un giorno all’altro. Non disdegna il brutto tempo, né il freddo, e ha una squadra di assoluto valore di fianco. A cominciare dai fratelli Paret-Peintre: Valentin e Aurélien, il terzetto è stato già collaudato al Tour of the Alps, da capire quale fratello tirerà per chi: entrambi, tuttavia, hanno la chance di chiudere nei primi 10 la classifica generale. In più i due Paret-Peintre potranno ambire a qualche fuga, anche se, a differenza dello scorso anno (vittoria di Aurelien a Lago Laceno che otterrà pure il 16° posto in classifica generale finale) non si potrà più sfruttare l’effetto sorpresa. Per il resto sarà una squadra sbilanciata per provare a entrare in fuga e vincere tappe a ripetizione: Alex Baudin, Bastien Tronchon, Damien Touzé e soprattutto Andrea Vendrame, quando non verranno chiamati a difendere il proprio capitano, tra pianura e salita, si getteranno nelle fughe, ma non quelle di giornata che fanno felici gli sponsor, bensì quelle che hanno serie possibilità di andare fino all’arrivo. Chiude la lista degli otto Larry Warbasse, passista scalatore con un piazzamento al 17° posto al giro nel 2020, il più esperto della compagnia francese.
Il secondo nome per il podio è quello di Antonio Tiberi e fino a poche settimane fa era difficile pronosticarlo. Ha cambiato marcia nel giro delle ultime corse crescendo da metà Catalunya in poi (chiusa in top ten e risultando, dopo le difficoltà patite a Vallter 2000, uno dei migliori in salita alle spalle di Pogačar), con un Tour of the Alps corso per vincere e una Liegi-Bastogne-Liegi solida che ne ha messo in mostra anche le doti di fondo già venute fuori nella seconda parte di Vuelta 2023. Se in salita il corridore laziale se la giocherà con tutti quelli che non si chiamano Pogačar, anzi, dalla sua potrebbe esserci persino un po' di energia messa da parte per il gran finale, molte delle sue possibilità dipenderanno dal livello nella cronometro. Non pochi 71 km di questi tempi, tutt’altro, anche se l’impressione è che i nomi fatti potrebbero più o meno eguagliarsi anche contro il tempo a eccezione di Thomas (forse il più forte) e Bardet (forse il più debole tra i pretendenti al podio, ma non è detto) - ci arriveremo. Sarà capitano Bahrain Victorious, Tiberi, e anche qui non è affatto scontato vedere un ragazzo italiano di 22 anni in questo periodo capitano di una squadra World Tour in un grande giro: la pressione su di lui sarà enorme. Di fianco, per la salita, ma anche per avere consigli su come gestire tutta questa serie di situazioni e i riflettori che inevitabilmente punteranno su di lui, Damiano Caruso: uno che sa benissimo come lavorare di fianco a un capitano. Squadra bahreinita che per le montagne potrà contare anche sull’austriaco Rainer Kepplinger e sul norvegese Torstein Traeen. Interessante anche il terzetto per le volate: Jasha Sutterlin e Andrea Pasqualon come apripista (ma anche come lavoratori in pianura per Tiberi) di Phil Bauhaus, velocista sottovalutato, ma che sa benissimo come battere allo sprint anche i più forti al mondo. Ultimo arrivato, ha sostituito Wout Poels non senza polemiche, Edoardo Zambanini. Buona promessa del ciclismo italiano, veloce e resistente, oltre a dare una mano ai suoi lo vedo bene in fuga o negli sprint a ranghi molto ridotti.
Geraint Thomas è il terzo nome per il podio e guida una Ineos che, a livello di forza di squadra, è forse la migliore al via di questo Giro. Compirà 38 anni durante il Giro, Thomas, e avrà dalla sua i tanti chilometri a cronometro per provare a scavare un vantaggio nei confronti degli avversari diretti. Nelle ultime uscite è apparso via via in crescita e come sempre punterà sulla regolarità in salita per conquistare un altro posto sul podio in un grande giro e vista l’età sarà un fatto eventualmente da sottolineare. Dovrà guardarsi anche in casa dove Thymen Arensman, 6° nel 2023, sarà un avversario accreditato soprattutto grazie alla sua capacità di crescere nell’arco delle tre settimane. L’olandese, per la verità, non arriva da un grande Tour de Romandie, ma è evidente come abbia pagato il carico di lavoro che tornerà utile proprio al Giro. C’è Filippo Ganna che si candida a conquistare le due tappe a cronometro, Tobias Foss che, oltre a essere avversario in casa per le due prove contro il tempo, sarà la terza pedina per la classifica, ma più verosimilmente sarà uomo da tenere di fianco ai due capitani. Jonathan Narvaez lavorerà per i suoi e andrà a caccia di tappe, così come il giovane Magnus Sheffield: entrambi potrebbero anche sfruttare la loro capacità di adattarsi al maltempo, qualora, come lo scorso anno, pioggia e freddo dovessero presentarsi puntali con le tappe del Giro. Infine i cugini Swift, Ben e Connor, affidabili gregari che torneranno molto utili anche, o soprattutto, nella tappa con gli sterrati.
Il quarto nome per il podio è Romain Bardet: anche lui come Antonio Tiberi ha scalato prepotentemente le gerarchie nelle ultime settimane di gare dopo aver destato una buona impressione al Tour of the Alps, ma soprattutto dopo essere stato il primo degli umani alla Liegi-Bastogne-Liegi. 2° alle spalle di Pogačar: ci riuscirà anche al Giro? È il suo obiettivo, come quello di una squadra che ad aprile ha ricominciato a macinare risultati e vittorie grazie soprattutto alle volate di un sorprendente Tobias Lund Andresen e di Fabio Jakobsen al Giro di Turchia. E saranno proprio loro due i velocisti di punta della squadra. Difficile, dopo aver visto gli sprint più recenti, capire quali saranno le gerarchie, dovessi scommettere direi che il giovane danese restituirà il favore visto al Turchia al più esperto olandese il quale fa l’esordio assoluto al Giro. Julius van den Berg, Timo Roosen e Bram Welten saranno i mezzi pesanti per portarli velocemente fuori dal gruppo in caso di volata, mentre Chris Hamilton, Gijs Leemreize e Kevin Vermaerke i prescelti per stare di fianco a Bardet in salita, sì, ma anche per entrare in fuga e provare a vincere una tappa. Puncheur che si difendono bene sulle pendenze più o meno impegnative, soprattutto Vermaerke, finora autore della sua migliore stagione tra i professionisti, hanno tutte le caratteristiche per provarci.
OUTSIDER, VELOCISTI, UOMINI DA FUGHE: TUTTO (O QUASI) QUELLO CHE OFFRE IL GIRO 2024
Non avere troppi nomi dal grande blasone al via di un Giro d’Italia ha il suo aspetto positivo: intanto aiuta a far conoscere a un pubblico più vasto corridori che durante l’anno starebbero nascosti negli ordini d’arrivo. Poi, visto che il ciclismo è sport all'apparenza democratico, dà proprio a questi ragazzi la possibilità di strappare un risultato che magari altrove, vedi un Tour de France, risulterebbe molto difficile da raggiungere. È una corsa che ti fa conoscere le storie, detto e ripetuto in mille e più varianti, ma anche caratteristiche, è una corsa che può essere trampolino di lancio, conferma, che può segnare graditi ritorni, dopo periodi difficili, nell’alta classifica di una corsa a tappe lunga tre settimane.
Juanpe Lopez in questo discorso si inserisce come corridore che arriva al Giro 2024 nel miglior momento della carriera e desideroso di migliorare il 10° posto del 2022 quando vestì la maglia rosa per diversi giorni e finì pure per conquistare a fine corsa quella di miglior giovane. Da lì non ha saputo ripetersi, ma al Tour of the Alps, vinto di recente, ha fatto vedere di avere trovato la solidità giusta in salita per ambire a migliorare il risultato di due anni fa. La squadra non sarà soltanto per lui anche se in Lidl-Trek hanno sempre dimostrato di essere sempre tutti a disposizione dei propri compagni a seconda degli obiettivi, che siano di giornata o lungo l’arco di più settimane. Jonathan Milan è il velocista di punta, non solo della squadra, ma vuole esserlo nuovamente anche del Giro, dopo aver conquistato la maglia ciclamino nel 2023 - quest’anno c’è più concorrenza, va detto. Ha un supporto che in pochi possono vantare: Dan Hoole, Jasper Stuyven, Edward Theuns e Simone Consonni sono il miglior treno del Giro, mentre Andrea Bagioli darà una mano dove potrà e Amanuel Ghebreigzabhier sarà il corridore candidato ad aiutare Lopez in salita.
Dani Martinez e Florian Lipowitz formano la coppia di mine vaganti in salita scelta per capitanare una BORA-hansgrohe che porterà però il suo meglio al Tour. Con i due ci sarà Maximilian Schachmann, che al Giro del 2018 ha conquistato uno dei successi più importanti della carriera e che di recente, dopo due stagioni di buio totale, ha ricominciato a dare qualche segnale di vita. Occhio a lui per le lunghe fughe che possono andare al traguardo. Per le volate c’è Danny van Poppel, già miglior pesce pilota del gruppo, l’olandese ha l’occasione della carriera di poter correre in proprio le volate di un grande giro. Completano la rosa per il Giro d’Italia quattro gregari: Giovanni Aleotti, che potrà dare una mano anche in salita, Ryan Mullen e Jonas Koch principalmente per la pianura e per allungare il gruppo in vista degli sprint e Patrick Gamper, quest’ultimo si prenderà spesso anche la licenza di andare in fuga.
Cian Uijtdebroeks e Attila Valter sono la coppia, da non sottovalutare, che mette in campo la Visma | Lease a Bike. Una stagione, per i calabroni olandesi, che finora non è filata come speravano, anzi, sta andando tutto storto. Il grave incidente di Vingegaard e l'infortunio di van Aert ha costretto la squadra a ridisegnare selezioni e obiettivi. Al Giro ci arrivano con il giovanissimo belga e il più esperto ungherese entrambi con la possibilità di entrare nei 10. L’Uijtdebroeks di questa prima parte di stagione non fa pensare a qualcosa di più di un risultato intorno al sesto o ottavo posto, troppo il divario a cronometro, non solo dagli specialisti, ma il potenziale sarebbe pure da podio. Di Valter, invece, si dice come abbia lavorato sotto traccia per sorprendere al Giro. La squadra, come nel caso di Bora e Lidl, non sarà solo per difendere gli uomini da classifica, ma le forze vengono equamente distribuite. Robert Gesink (alla 23esima partecipazione a un grande Giro), verrà chiamato a dare man forte quando la strada sale, Edoardo Affini, dopo aver tirato al Nord, riprende in Italia il suo lavoro, in pianura dividerà il suo compito con Jan Tratnik, il quale andrà anche a caccia di tappe e sarà fondamentale in salita per i propri capitani. A caccia di tappe andrà anche Christophe Laporte, la sua maglia di campione d’Europa impreziosisce la startlist, gatta da pelare nelle volate a gruppo più selezionato o anche in fuga, ma soprattutto a caccia di tappe andrà Olav Kooij, uno dei pretendenti al ruolo di velocista principe della Corsa Rosa. Di fianco a Olav Kooij una delle rivelazioni della primavera 2024, ovvero Tim van Dijke, suo fedele pesce pilota: la sua presenza, non prevista inizialmente, darà qualche vantaggio in più al giovane velocista olandese.
Coppia per la classifica anche in casa Team Jayco AlUla con Eddie Dunbar e soprattutto Luke Plapp che cercheranno un posto nei primi dieci. L’irlandese, già 7° nel 2023, per la verità arriva da mesi da dimenticare: non ha concluso Valenciana, UAE Tour, Gp Indurain e il recente Romandia, e ha come migliore risultato il 35esimo nella classifica finale del Giro dei Paesi Baschi. Difficile sbilanciarsi, ma anche lo scorso anno arrivò al Giro a fari spenti. Plapp, invece, è al secondo grande giro della carriera, ma il primo è passato senza lasciare traccia e vista la stagione fin qui disputata potrebbe essere anche un serio candidato a un piazzamento nei primi 10 e magari anche alla lotta per la maglia bianca. Dalla sua, ci sono anche 71 km a cronometro che possono farlo esaltare. È una delle squadre più interessanti dell’intero lotto quella australiana: ai due uomini di classifica vanno infatti aggiunti Filippo Zana e Alessandro De Marchi che andranno a caccia di tappe in fuga. Personalmente tiferò affinché De Marchi possa farcela. Caleb Ewan, che a un certo punto lo scorso anno sembrava sul punto di smettere, cerca di dare una svolta a una parte di carriera che, sono buono, definirei sotto tono. Lo farà sulle strade di una corsa che lo ha visto vincere per ben cinque volte. le occasioni ci saranno, la concorrenza è folta, ma lui di fianco avrà Michael Hepburn, Max Walscheid e Luka Mezgec: un bel supporto per gli sprint, probabilmente secondo solo a quello della Lidl Trek.
Tra le squadre che hanno ricevuto l’invito al Giro d’Italia c’è la Tudor Pro Cycling Team e nella squadra di Cancellara c’è uno scalatore australiano che, se troverà le giornate giuste, potrà dare molto fastidio in salita. Si tratta di Michael Storer il quale andrà a caccia di tappe, magari anche della maglia dei Gran Premi della Montagna o persino di un piazzamento tra i primi dieci o quindici della classifica. L’obiettivo della squadra svizzera è quello di vincere almeno una tappa e difatti, oltre a Storer, presente uno dei migliori velocisti del gruppo Alberto Dainese. Ottimo il supporto per il velocista veneto: oltre all’eterno Matteo Trentin - che vedremo anche in fuga - presente Marius Mayrhofer, veloce anche lui, magari per una volata a ranghi ridotti e Alexander Krieger. Il ruolo da lead out vero e proprio apparterrà però allo svizzero Robin Froidevaux. Completano la selezione Alexander Kamp, cacciatore di classiche che quest’anno si è visto molto poco e Florian Stork, anche lui chiamato a dare una mano ai compagni di squadra o tutt'al più a inserirsi in qualche fuga.
UN PO’ DI ITALIA
Oltre a Tiberi per la classifica e alle volate di Milan e Dainese, l’Italia si affida a tre ragazzi dalle buone qualità che possono emergere soprattutto quando la strada sale. Si tratta di Lorenzo Fortunato, Davide Piganzoli e Giulio Pellizzari, rigorosamente in ordine di nascita dal più vecchio al più giovane. Lorenzo Fortunato sarà il co-capitano di un’Astana molto interessante. L’ obiettivo è quello di vincere di nuovo una tappa come successo nel 2021 e continuare a veleggiare intorno alla zona di classifica delle ultime stagioni: 16° nel 2021, 15° nel 2022 e 21° lo scorso anno, Giro un po’ anonimo il suo, ma dove soffrì per il tanto freddo. Con lui, al via, nel ruolo di leader, Alexej Lutsenko, che punta a un risultato finale nei primi dieci e a qualche tappa. Oltre ai due corridori da classifica (e da montagna), la squadra kazaka, ma storicamente con una forte connotazione italiana, schiera Davide Ballerini e Max Kanter per le volate, Simone Velasco e Christian Scaroni molto attesi nelle fughe anche nelle tappe più dure, Henok Mulubrhan, che finora si è visto molto poco, ma avrebbe le qualità per tenere duro nelle frazioni di media montagna e infine Vadim Pronskiy che darà una mano in salita.
Davide Piganzoli, all’esordio in una corsa a tappe di tre settimane, avrà il compito di prendere inizialmente le misure con una fatica di questo genere, ma con l’obiettivo di continuare a stupire come gli è riuscito benissimo nelle stagioni da Under 23. Regolare in salita, da capire quanto potrà perdere a cronometro - esercizio in cui si è sempre difeso nelle categorie giovanili, ma quanto c’avrà lavorato quest’anno? Da lì si potranno tirare le somme. Chiudere un Giro, all’esordio, nelle prime 20 posizioni della classifica generale sarebbe un risultato enorme da cui partire per il futuro. Con lui, la Polti-Kometa di Ivan Basso porta i fratelli Bais, Davide e Mattia, che a suon di fughe proveranno a ripetere l’impresa ottenuta da Davide nel 2023. Il capitano sarà Mirco Maestri, che porterà la sua esperienza e sicuramente guiderà i suoi a qualche bella fuga all’arrivo, mentre Giovanni Lonardi è uno degli outsider più interessanti per le volate di gruppo - pur non disdegnando nemmeno lui volate a ranghi più ridotti. Chiudono la selezione per il Giro lo spagnolo Francisco Munoz, che darà una mano ai suoi capitani e due ex corridori del Cycling Team Friuli: Matteo Fabbro, che vedremo dare il meglio in salita e Andrea Pietrobon, anche lui carne da fuga come molti suoi compagni di squadra.
Il più giovane dei tre, ma anche del Giro d’Italia, è Giulio Pellizzari: vent'anni appena compiuti e grande speranza per il nostro ciclismo soprattutto quando la strada sale. Se Piganzoli può essere paragonato come caratteristiche al suo mentore Ivan Basso, Pellizzari appare una sorta di Ciccone 2.0. Come Ciccone ha una certa predisposizione nel muovere le gambe in salita, ha una certa fretta nell’uscire dal gruppo, nell’inseguire la fuga buona e proprio come Ciccone, quando fece il suo esordio al Giro, cerca il successo da giovanissimo con la squadra dei Reverberi. Magari (anzi ne sono quasi certo, spero mi smentisca) non riuscirà a fare classifica fino in fondo da subito, ma al recente Tour of the Alps ha mostrato segnali incoraggianti di crescita giorno dopo giorno: dote fondamentale per chi vuole lottare per la generale. In casa VF Group- Bardiani CSF - Faizanè c’è il più giovane al via, ma anche il più vecchio: Domenico Pozzovivo. Le sue ambizioni sono quelle di concludere la corsa nelle prime venti posizioni, come gli è già riuscito altre undici volte, ovvero tutte le undici volte in cui ha portato a termine il Giro d'Italia. Anche lui avrà dalla sua la salita, ma proprio come Pellizzari, dovrà difendersi a cronometro. Buona squadra quella dei Reverberi che per le volate pure avrà Enrico Zanoncello che proverà a infilarsi in mezzo ai più forti, mentre Filippo Fiorelli tenterà di inserirsi in quelle a gruppo sgranato o magari andare in fuga e provare a piazzarsi in un gruppetto. Votati alla fuga il solito Alessandro Tonelli, ma anche Martin Marcellusi, uno dei più positivi in questo inizio di stagione per i verde acqua, mentre Luca Covili proverà a tenere duro in salita. Infine presente Manuele Tarozzi, corridore simpatico, estroverso, uno che fa della fuga la sua vocazione, uno che se sta bene potrà entrare nel cuore dei tifosi in questo Giro d'Italia.
QUALCUN ALTRO DI CUI PARLARE ANCORA
L’Alpecin-Deceuninck ad esempio, squadra che non porta uomini per la classifica e punterà molto sulle volate di Kaden Groves, già capace di lasciare il segno al Giro - come alla Vuelta - ma bloccato di recente per un problema al ginocchio. Dovesse aver risolto l’acciacco diventerebbe in automatico uno dei maggiori outsider per le volate, alle spalle dei due, tre nomi favoriti. Senza i due grandi capitani, ma squadra che si farà sentire ugualmente: intanto proprio nella composizione del treno per le volate, ottimo il supporto composto da Tobias Bayer, Fabio Van Den Bossche, Edward Planckaert, Jimmy Janssens (lo vedremo spesso anche in fuga) e Timo Kielich. Quest’ultimo, all’esordio in un Grande Giro, sarà anche il vice sprinter e potrebbe provare pure a vincere la tappa degli sterrati. A proposito di tappa degli sterrati: difficile non pensare a Quinten Hermans per quel giorno, il belga che nel 2021 sfiorò il successo in fuga verso Gorizia, ci riproverà. Così come ci riproverà Nicola Conci, uno dei grandi talenti del nostro ciclismo giovanile, che a oggi, a 27 anni, è ancora alla ricerca del primo successo in carriera tra i professionisti. Chissà che non succeda qualcosa al Giro.
Senza Carthy, né Healy, previsti inizialmente, Ef Education EasyPost quasi esclusivamente andrà a caccia di tappe, anzi, ci aspettiamo la squadra di Vaughters come la più battaglierà tra le World Tour, come da tradizione. Jefferson Cepeda, Esteban Chaves e Simon Carr sono tre corridori che in salita hanno costruito la loro carriera e che in fuga si sono già tolti tante soddisfazioni. Mikkel Frolich Honore e Georg Steinhauser saranno due pedine importanti nelle tappe vallonate: anche loro alla ricerca della fuga giusta possono essere nomi da seguire per provare a far saltare il banco nelle giornate di media difficoltà. Stefan De Bod, sarà un supporto alla squadra, anche nelle probabili fughe numerose, ma potrà dire la sua anche a cronometro, Michael Valgren torna in un grande giro dopo tre stagioni, ma soprattutto dopo aver superato il grave infortunio che sembrava aver messo fine alla sua carriera. All’esordio al Giro, sarà uno dei corridori da temere maggiormente se si troverà in fuga. Infine presente Andrea Piccolo, finora oggetto del mistero per il ciclismo italiano, ma dal quale ci si può aspettare tutto, anche una grande prestazione e magari pure il primo successo in carriera tra i professionisti.
Anche Arkéa-B&B Hotels senza uomini di classifica, ma in questo caso nemmeno una vera e propria punta per le volate nonostante la presenza di David Dekker, lo scorso anno secondo a San Salvo. Il velocista olandese vive una situazione particolare: ovvero non ha ancora vinto in carriera. Louis Barré e Ewen Costiou sono due che vedremo spesso in fuga, il secondo è un attaccante nato, che predilige le giornate con il brutto tempo e se dovessero incontrarne al Giro, fate caso al suo nome; Michel Ries, insieme ad Alessandro Verre, è il corridore che, almeno sulla carta, ha più qualità in salita, ma dai due non c’è da aspettarsi chissà che. Jenthe Biermans è quello che potremmo definire il capitano. Corridore da Nord, veloce e resistente, averlo in compagnia in fuga potrebbe riservare spiacevoli sorprese agli altri. Alan Riou e Donovan Grondin sono un riempitivo che aiuterà la squadra o che cercherà qualche giornata di gloria in fuga.
La Cofidis punterà principalmente alle fughe: nei grandi giri da sempre si sono costruiti la loro fortuna attaccando e conquistando tappe in questa maniera. Stefano Oldani e Simon Geschke rappresentano una garanzia in tal senso. mentre Stanisław Aniołkowski si getterà in volata. Benjamin Thomas, legato all’Italia, torna al Giro dopo quattro anni e cerca più fortuna rispetto al 2020 quando la sua corsa durò poco più di quattro giorni. Lo vedremo in fuga, ma anche provare qualche azione nel finale. Il Giro gli servirà anche per fare la gamba in vista del suo obiettivo stagionale: Parigi 2024, Giochi Olimpici su pista. Chiudono l’elenco dei convocati della squadra francese nomi di comprimari. Lo scalatore spagnolo Ruben Fernandez, vincitore nel 2013 del Tour de l’Avenir, non si è mai ripetuto a quel livello, i francesi Thomas Champion, spesso in fuga nel 2023 al Giro e Nicolas Debeaumarché, e infine il britannico Harrison Wood. Questi ultimi due all’esordio in un Grande Giro.
Restando in Francia anche la Groupama-FDJ lascia per il Tour i suoi pezzi pregiati, ma concede al belpaese la presenza di uno dei protagonisti della primavera delle classiche, ovvero Laurence Pithie, per la verità sul pezzo da gennaio in Australia. Lo vedremo lanciarsi nelle volate, provare magari anche ad anticipare quegli sprint e chissà subito in apertura, sabato, dovesse tenere, potrebbe fare un pensierino alla maglia rosa. Come nel caso della Cofidis c’è un italiano in squadra, si tratta di Lorenzo Germani. Perlopiù chiamato in stagione ad aiutare i suoi capitani - Grégoire e Martinez, con loro sin dai tempi della squadra Continental - anche qui Germani avrà compiti di supporto, ma conoscendone l’attitudine lo vedremo spesso in fuga. Va forte su diversi terreni e non è escluso che possa raccogliere qualche grossa soddisfazione partendo da lontano. Lewis Askey è l’altra ruota veloce della squadra, mentre Cyril Barthe potrà inserirsi negli ordini d’arrivo di traguardi più impegnativi oppure, sfruttando lo spunto veloce, potrebbe essere nome capace di lasciare il segno andando in fuga. Il giovane Enzo Paleni farà esperienza, mentre Fabian Lienhard, Clément Davy e Olivier Le Gac, oltre a vederli, chissà, in qualche fuga, faranno quello che gli riesce meglio durante tutto l’anno: dare una mano ai propri compagni di squadra, soprattutto in pianura.
L’ Intermarché Wanty punta molto su Bini Girmay che al Giro ha già lasciato il segno, prima che il Giro, sotto forma di tappo di bottiglia, lasciasse il segno su di lui costringendolo al ritiro. Squadra in parte votata alle volate del corridore eritreo: Mads Mikhels, Dion Smith, Roel van Sintmaartensdijk, Dries De Pooter (segnatevi il suo nome, chi non lo avesse già fatto, per il futuro nelle corse di un giorno) ed Adrien Petit saranno un ottimo supporto, con il giovane estone Mikhels che potrà anche mettersi in proprio se ne avrà la possibilità. Lilian Calmejane sarà l’uomo delle fughe nelle tappe di media montagna, mentre chiude l’elenco Kevin Colleoni, ex grande speranza del ciclismo italiano per le corse a tappe e che in queste stagioni ha raccolto praticamente niente, ma finalmente, alla quarta stagione tra i professionisti, farà il suo esordio in un grande giro.
Movistar porta un capitano che ormai ha fatto il suo tempo, Nairo Quintana, oltretutto fermato per una stagione, e il suo ritorno non è stato quello immaginato. Ora, a 34 anni, mi viene difficile immaginarlo ad alti livelli in questo Giro. La classe, però, quella resta e magari pedalando e pedalando, giorno dopo giorno, potrebbe anche ritrovare la gamba giusta e provare a vincere una tappa di montagna. Di fianco a lui, in salita, Will Barta, ma soprattutto Einer Rubio, già vincitore di una tappa un anno fa. Entrambi siamo sicuri li vedremo spesso e volentieri in fuga nelle frazioni di montagna. Ottimo il pacchetto per le volate: Albert Torres e Davide Cimolai aiuteranno Fernando Gaviria a sbloccarsi in un Grande Giro. L'ultimo successo del colombiano in una di tre settimane, infatti, risale al 2019, proprio al Giro d’Italia, tappa di Orbetello. A chiudere da evidenziare la presenza di Pelayo Sanchez, veloce e resistente, guai ad averlo come compagno di fuga, e Lorenzo Milesi, alla seconda stagione tra i professionisti, ancora alla ricerca della sua dimensione.
La Israel Premier Tech va esclusivamente a caccia di tappe e lo fa con una formazione di qualità. Protagonista lo scorso anno al Giro con uno dei personaggi della corsa- Derek Gee, quest’anno assente, stagione in cui si è visto pochissimo - è stata soprattutto capace di togliersi diverse soddisfazioni quest’anno, su tutte la vittoria di Williams alla Freccia Vallone. IPT porta tre velocisti, Ethan Vernon, Hugo Hofstetter e Riley Pickrell, occhio a quest’ultimo, capace di vincere nel 2022 una tappa al Giro Under 23 e nel 2023 una al Tour de l’Avenir, due fuggitivi per l’alta montagna, Marco Frigo e Michael Woods, quest’ultimo insegue il successo al Giro dopo aver vinto al Tour e alla Vuelta, e due australiani. Il primo, Simon Clarke, oltre a parlare bene l’italiano, è uno dei corridori più esperti al via, anche lui come Michael Woods insegue il successo di tappa al Giro dopo averlo conquistato al Tour e alla Vuelta, il secondo, Nick Schultz, meno esperto, ma con caratteristiche simili, di lui non sappiamo se parla bene l'italiano ma sappiamo come poche settimane fa si è tolto la soddisfazione più grande in carriera conquistando una tappa al Catalunya battendo addirittura Pogačar. Chissà che non fossero prove generali per quello che succederà da domani…
Chiudiamo con la Soudal Quick Step, altra squadra che non presenta corridori per la classifica generale, sempre che Mauri Vansevenant non voglia provare a tenere duro. Partiamo proprio dal giovane belga che in carriera ha vinto un Valle d’Aosta e sfiorato un Tour de l’Avenir, ma sono passati cinque anni e nel frattempo, tra i professionisti, ha fatto ben poco nelle corse a tappe di tre settimane. In salita, tuttavia, va forte e vista la concorrenza non esagerata potrebbe persino spiccare come uno dei corridori più forti. Lo immagino, però, o forse desidero che vada così, più propenso a dare spettacolo in salita con quella sua testa ondeggiante, andando all'attacco nelle tappe di montagna, magari proponendo persino azioni scriteriate, per vincere tappe o magari conquistare la classifica dei Gran Premi della Montagna. Squadra fatta proprio per i successi parziali, in quest’ottica da leggere l’esordio di Julian Alaphilippe al Giro, fino a tre stagioni fa sarebbe stato un valore aggiunto alla stratlist da leccarsi i baffi, adesso pare uno di quei calciatori che vanno a impreziosire il campionato turco a fine carriera. Speriamo che uno dei corridori più forti, completi e spettacolari degli ultimi dieci anni mi smentisca. Per la salita oltre a Vansevenant presente anche Jan Hirt. Pure lui, volendo, potrebbe anche provare a ottenere un piazzamento tra i dieci, quindici, ma lo vediamo più portato a inseguire successi di tappa in alta montagna, cosa per altro riuscitagli alla grande nel 2022. Infine il resto della spedizione sarà bello compatto attorno a Tim Merlier che si contenderà, a patto di uscire fuori sano e salvo dalle prime due tappe, lo scettro del miglior velocista del Giro con Kooij e Milan e proprio con loro si giocherà la prima volata che quest’anno arriverà al terzo giorno. Di fianco al Mago: Josef Černý, che proverà a dire la sua anche a cronometro, Pieter Serry, tuttofare, potrà essere anche un appoggio in qualche fuga dei suoi, Luke Lamperti, tra i giovani più interessanti del panorama mondiale, in caso di flessione di Merlier potrà provare anche lui a giocarsi le sue carte allo sprint, e infine Bert Van Lerberghe, fedelissimo pesce pilota del compagno di squadra belga.
IL PERCORSO
Due parole anche sul percorso che, stavolta, mi soddisfa, soprattutto nella prima parte. È presente qualche fisiologica bruttura più avanti (tappa dello Stelvio, per esempio), ormai immancabile, ma in generale, rispetto al 2023, mi pare di un'altra qualità. La prima settimana è la più interessante e questo forse non gioca a favore della corsa, ma tant’è. Le prime due tappe sono da subito fra le più interessanti della corsa. Partenza col botto quella della Venaria Reale-Torino, breve, 140km, ma che metterà già in fila il gruppo e chissà: o segnerà la prima della tante vittorie di tappa - per distacco - di Pogačar oppure vedrà la volata di un gruppetto sgranato e a quel punto i nomi in ballo saranno molti.
Il secondo giorno si arriva al Santuario di Oropa e già dopo due tappe avremo le idee molto chiare sulla classifica generale. La prima, lunga, settimana, che si chiuderà alla nona tappa con l’arrivo di Napoli, avrà altri tre momenti caldi. La tappa degli sterrati o meglio, una frazione che prevede due settori di strade bianche non troppo lunghe, il primo dei quali lontano dal traguardo una quarantina di chilometri. La mia impressione è che quel giorno andrà via la fuga e gli uomini di classifica con le loro squadre staranno belli accorti anche in vista di quello che accadrà dal giorno dopo.
Perché venerdì 10 maggio, tappa numero 7, ci sarà la crono Foligno-Perugia, ben 40,6 km e non credo ai miei occhi: esercizio vero, lungo, ok non lunghissimo, per specialisti o quasi, che metterà non solo distacchi tra i corridori, ma soprattutto fatica nelle gambe.
Fatica che si farà sentire il giorno successivo quando si arriva a Prati di Tivo, ascesa vera, magari senza pendenze impossibili, ma costanti, infime e per l’appunto, con le gambe ancora affaticate dal giorno prima. Ne vedremo delle belle.
Dopo il riposo si sale di nuovo: la tappa dieci, da Pompei a Cusano Mutri (Bocca della Selva) sarà una frazione da fuga, ma, seppure breve in cui stare molto attenti. L’ascesa finale è lunghissima, prima di arrivarci è un continuo su e giù su strade difficili. Si arriverà dal giorno di riposo. Insomma antenne drizzate in una tappa che potrà dire qualcosa.
Momento clou della seconda settimana ancora rappresentato dal dittico crono più tappa di montagna. Sabato 18 maggio, tappa 14, 31 km per la Castiglione delle Stiviere-Desenzano del Garda, piatta, non lunghissima ma quanto basta, dopo due settimane di corsa, per scavare altri solchi in classifica.
Il giorno dopo tappa 15: da Manerba del Garda a Livigno e che in origine era stata disegnata per essere quasi da leggenda, ma di quel tracciato originale resta solo la lunghezza, 220 km. Ordinaria fino a pochi anni fa, ora, in un ciclismo di tappe corte ed esplosive, sembra appartenere ad altri tempi. Invece che Forca di Livigno, si salirà sul Mortirolo, versante di Monno, non il più difficile, e poi lunga ascesa verso Passo di Foscagno prima degli ultimi chilometri del Passo di Eira verso il Mottolino. Sarà, nonostante il cambiamento avvenuto dopo Edolo, la tappa regina della corsa e forse quella che potrà scavare i maggiori solchi in classifica, oltre alle due cronometro.
Terza settimana che, come da ormai consolidata tradizione al Giro, alternerà tappe di montagna a volate. Queste saranno due: l'arrivo di Padova (tappa 18) e il finale di Roma. Niente cronometro, ma tappa inutile (la numero 16) con lo Stelvio a 150km dall’arrivo, mentre appare più interessante quella con arrivo sul Passo Brocon, il giorno dopo, tappa 17, dopo aver affrontato Sella e Rolle.
Tappa 19 e 20 che potranno ancora ribaltare la classifica: non sottovaluterei la frazione di Sappada. Da Tolmezzo in poi non si fa che salire e le montagne friulane nascondono trabocchetti e tratti di pendenza molto duri. L’impressione, però, è che potrebbe essere un lungo preludio a quello che accadrà nella penultima tappa..
Quando, con arrivo a Bassano del Grappa, si affronterà due volte il Monte Grappa. Salita lunga, impegnativa, affascinante, suggestiva. Ultima chiamata per gli uomini di classifica e per gli scalatori.
LA GRIGLIA DEI FAVORITI
Classifica Generale/Maglia rosa
⭐⭐⭐⭐⭐Pogačar
⭐⭐⭐⭐ -
⭐⭐⭐ Thomas, Bardet, Tiberi, O’Connor
⭐⭐Arensman, Caruso, D.Martinez, Valter, J.Lopez, Storer, Uijtdebroeks, Lutsenko
⭐ A.Paret-Peintre, Lipowitz, Foss, Piganzoli, Fortunato, Plapp, Dunbar, Majka, Grossschartner, Pellizzari, Rubio, Vansevenant
Volate
⭐⭐⭐⭐⭐ Milan, Merlier, Kooij
⭐⭐⭐⭐Dainese
⭐⭐⭐Girmay, Vernon, Bauhaus, Lund Andresen, D. van Poppel, Groves
⭐⭐Pithie, Gaviria, Molano, Lonardi, Ewan, Jakobsen, Lamperti, Consonni
*⭐Aniolkowski, Hofstetter, Pickrell, Zanoncello, Cimolai, Theuns, Mikhels, Askey, Dekker, Ballerini, Kanter, Kielich
Fughe
⭐⭐⭐⭐⭐Tarozzi
⭐⭐⭐⭐ De Marchi, M. Bais, D. Bais, Costiou
⭐⭐⭐Maestri, Champion, Frigo, Clarke, Scaroni, Janssens, Carr
⭐⭐ Zana, Germani, Cepeda, Velasco, Hirt, Vansevenant, Vermaerke, Steinhauser
⭐Schachmann, Vendrame, Calmejane, Rubio, Quintana, Hamilton, Barré
Classifica dei GPM/Maglia Blu
⭐⭐⭐⭐⭐ Storer
⭐⭐⭐⭐Vansevenant
⭐⭐⭐Rubio, M. Bais
⭐⭐ Fortunato, D. Bais, Tarozzi, Pogačar
⭐Zana, Bardet, Quintana, Scaroni, Velasco, Hirt
Classifica del miglior giovane (nati dopo il 1° gennaio del 1999)/Maglia bianca
⭐⭐⭐⭐⭐ Tiberi
⭐⭐⭐⭐Arensman
⭐⭐⭐Uijtdebroeks
⭐⭐Vansevenant, Plapp
⭐Lipowitz, V. Paret-Peintre, Piganzoli, Pellizzari
Classifica a punti/Maglia ciclamino
⭐⭐⭐⭐ Milan
⭐⭐⭐⭐Kooij
⭐⭐⭐ Pogačar
⭐⭐ Laporte, Kooij, Dainese,Vendrame, Girmay, Ganna
⭐Vernon, Merlier, Lamperti, Bardet, Tiberi, Groves, Scaroni, Andresen
Dieci nomi da seguire alla Liegi-Bastogne-Liegi
Ultima grande classica di questa primavera prima di tuffarci con pensieri e parole direttamente sul Giro d’Italia. Liegi-Bastogne-Liegi: la corsa delle côte che sorride a scalatori o comunque a una certa tipologia di corridori che hanno confidenza con salite di media lunghezza, e grangiristi, ma che spesso trova un punto di incontro con quei cacciatori di classiche in grande forma. Quest’anno ce n’è uno in particolare che ha la maglia iridata e che vorrebbe compiere un’impresa mai riuscita a nessuno nella storia - vi roviniamo la sorpresa: sarà molto difficile per lui, se non impossibile.
Per questa Liegi-Bastogne-Liegi abbiamo scelto 10 nomi, ma li abbiamo suddivisi in diverse categorie: abbiamo i tre favoriti, tre alternative, ma ne restano fuori altri molto interessanti, tre outsider e infine un corridore italiano il quale, probabilmente, è il più accreditato per ottenere un risultato in una classica che ci ha visto, fino a un decennio fa, autentici dominatori. Chiudere con uno o due italiani nei 20 sarebbe grasso che cola.
TRE FAVORITI
Tadej Pogačar
Partecipazioni: 4
Miglior risultato: 1°nel 2021
2023: DNF
Una volta sul podio, poi una l’ha vinta, infine ha iniziato ad accumulare credito con la sfortuna. Lo scorso anno cadde e si ruppe il polso. Stona come nemmeno in questo 2024 vedremo la sfida più attesa contro Remco Evenepoel, il vincitore delle ultime due edizioni. Alcuni già si domandano se stravincerà o si limiterà semplicemente a vincere, altri già fanno pronostici sul momento in cui attaccherà. Noi, per lo spettacolo, speriamo in una corsa aperta, ma tanto dipenderà da lui.
Mathieu Van der Poel
Partecipazioni: 1
Miglior risultato: 6° nel 2020
2023 -
La sfida la si cercherà con Mathieu van der Poel. Ora, sulla carta, non è che il campione del mondo sia proprio del tutto portato per vincere una Liegi soprattutto considerata la presenza di Pogačar, però se c’è un corridore di classe e in forma per provare a dare fastidio allo sloveno quello è proprio lui.
Tom Pidcock
Partecipazioni: 2
Miglior risultato: 2° nel 2023
2022: 103°
Ogni tanto vive giornate in cui tutto gli riesce bene, e fa anche divertire. L'Amstel di qualche giorno fa ne è la dimostrazione. Con la Liegi più che un conto aperto ha dimostrato di avere un certo feeling. Già sul podio nel 2023, ne prenota uno anche quest’anno.
TRE ALTERNATIVE
Marc Hirschi
Partecipazioni: 5
Miglior risultato: 2° nel 2020
2023: 10°
Indecifrabile Marc. Non sai mai com’è posizionato in gruppo, lo trovi in coda nelle fasi calde, poi accade che sta bene e scatta. Ha fondo, ma a volte sembra gli manchi la cattiveria e questa è forse la corsa che più gli si addice in tutto il calendario. Sulla carta è in squadra con Pogačar, ma spesso ci pare corra come un isolato dei tempi che furono.
Ben Healy
Partecipazioni: 2
Miglior risultato: 4° nel 2023
2022: DNF
Non c’è dubbio: il Ben Healy visto finora in questo 2024 è lontano da quello che dodici mesi fa, tra aprile e maggio, ci aveva fatto sognare e spesso pure saltare dalla sedia. All’Amstel ha deluso, alla Freccia ci ha provato per poi lavorare per Carapaz, qui per chiudere degnamente un trittico ardennese che lo scorso anno lo vide protagonista assoluto.
Dylan Teuns
Partecipazioni: 8
Miglior risultato: 6° nel 2022
2023 -
Alti e bassi, ma non tragga in inganno il ritiro alla Freccia Vallone. Anzi teniamolo per buono: è andato forte al Brabante, così e così all’Amstel, ritirato per l’appunto alla Freccia, in una corsa, dura, per fondisti come lui, ricca di dislivello e salite più lunghe di quelle affrontate finora nelle gare di un giorno del calendario primaverile. Si prevede freddo e pioggia e quindi può dire la sua.
Tre Outsider
Kévin Vauquelin
Partecipazioni -
Miglior risultato -
2023 -
Chi scrive stravede per il corridore francese, ma allo stesso tempo non pensava mai che il salto di qualità già visto nelle gare a tappe quest’anno (10° alla Tirreno e 8° ai Paesi Baschi) lo portasse a essere uno dei grandi protagonisti del trittico delle Ardenne. In fuga all’Amstel, secondo, a un passo dal successo, alla Freccia Vallone, Vauquelin è corridore che tiene bene sulle salite medio lunghe e ha spunto veloce. Incognita? Potrebbe pagare alla distanza come successo in Olanda.
Wout Poels
Partecipazioni 10
Miglior risultato 1° nel 2016
2023 42°
La vittoria di Poels alla Liegi appartiene a una vita fa: sua, della sua vecchia squadra, il Team Sky, della stessa Liegi che negli anni ha modificato il percorso - una volta resisi conto che la gara diventava sempre di più una lunga attesa verso il finale, hanno avuto coraggio di cambiare. In Bahrain, nonostante le quasi 37 primavere, Poels si dimostra atleta solido e affidabile, sta bene, come dimostrato al Tour of the Alps di questi giorni e in caso di gara selettiva lui è nome da tenere d’occhio.
Tiesj Benoot
Partecipazioni: 5
Miglior risultato: 7° nel 2023 e 2021
2022: DNS
Una garanzia di risultato come pochi, Tiesj Benoot, dopo essersi ben difeso sulle pietre, come ogni stagione si piazza anche sulle Ardenne. Terzo all’Amstel, nono alla Freccia nonostante si sia staccato più volte, si sia congelato le mani, abbia rischiato di tutto pur di riuscire a mettersi i guanti nelle fasi clou della gara. Se cercate un corridore per una top ten, fate affidamento sul simpatico belga.
Un italiano
Davide Formolo
Partecipazioni 5
Miglior risultato 2° nel 2019
2023 -
Tempi di magra, forse il peggiore della storia del ciclismo italiano, ma non è certo colpa di Formolino. 24° alla Freccia, anche lui è uno di quelli da conto aperto alla Liegi dove spesso si è saputo esaltare chiudendo pure sul podio nel 2019. Anche lui, in caso di corsa dura, magari resa ancora più complicata da pioggia e freddo, può dire la sua per un piazzamento nei primi dieci.
Foto in evidenza: ASO/Maxime Delobel