Un uomo solo (al comando)

Se volessimo usare un'espressione tipica o, ancora meglio, volessimo prendere in prestito una delle locuzioni più celebri della storia del ciclismo, diremmo: "un uomo solo al comando".
Ma chi scrive ha un certo rispetto per la tradizione e allora preferisce iniziare questo pezzo scrivendo: "Un ragazzo solo al comando".
Perché di questo si tratta: un ragazzo, poco più che ragazzino, nato nei primi mesi del 2000 che si fa scivolare addosso il tempo, tutto il tempo, che passa e lui appare andargli incontro. Mani basse, testa ficcata in mezzo alle spalle che - spiace contraddire la bonanima di Boskov - nel suo caso non è buona solo a portare cappello, ma anche casco aerodinamico, utile, come da definizione, a tagliare l'aria.
Un uomo solo al comando, anzi un ragazzo: c'è chi vorrebbe esserlo prima o poi come Tiberi alla sua prima cronometro individuale in un Grande Giro, ma non è quel giorno; c'è chi ci resta per un bel po' come Cavagna, che ride e fa segni eloquenti quando vede l'intertempo del suo giovane compagno di squadra che lo supera di parecchi secondi, come se quello lì vestito di rosso appartenesse a un'altra categoria; c'è chi lo è stato spesso al comando, magari non nelle crono, ma per tanto tempo e tante volte: Vincenzo Nibali, e fa male pensare che oggi è alla sua ultima cronometro in un Grande Giro, forse in carriera.
E allora quel tempo che passa oggi appartiene a Remco Evenepoel, vestito di rosso, solo, perché si è soli in bici, figurarsi in una cronometro, mentre spinge il 60x11, compatto sul suo mezzo, potente e dominatore come lo aspettavano in Belgio, come lo aspettavamo tutti, che lo cerchiamo, lo seguiamo, una sorta di stella da prima serata dalle sue parti, tanto che a volte fa persino storcere la bocca.
Quel tempo, presente e futuro, che appartiene anche a Carlos Rodríguez: la Spagna cercava un corridore vero, eccolo trovato. Un po' di invidia. Sana invidia, la stessa che si prova nel vedere Evenepoel, un uomo solo al comando, anzi un ragazzo che oggi è dominatore. Domani chissà, dopo la Sierra Nevada di quello che sta facendo il belga se ne potrà iniziare a parlare più serenamente, intanto strabuzziamo gli occhi e ci facciamo venire male alle gambe dopo averlo visto pedalare così.


Lorenzo Milesi cercava risposte

Oggi era, anzi in realtà lo è ancora, perché non è finita la giornata, uno di quei pomeriggi da tenersi liberi, accendere tutti i dispositivi disponibili e farsi una bella mangiata di ciclismo.

Si corre in Spagna, in Francia - in Bretagna per la precisione - in Germania eccetera, ma gli occhi di chi scrive erano puntati in maniera particolare sul Tour de l'Avenir.

C'era salita, tanta, c'era l'Iseran, che vuol dire 2700 metri di altitudine; c'era una fuga con tanti ragazzi dentro e quella voglia irrefrenabile di muovere le gambe pur essendo ormai al decimo giorno di corsa. Fra questi ragazzi, Lorenzo Milesi, classe 2002, DSM Development Team, ovviamente all'Avenir in maglia azzurra.

È tutto l'anno che va forte: nel pieno della stagione, eravamo ad aprile, ha avuto un incidente con un'auto che l'ha preso in pieno mentre si allenava rompendogli la mandibola; ha interrotto l'attività, ha tenuto a freno la rabbia, l'ha domata, è tornato a correre, si è preparato e a questo Tour de l'Avenir è arrivato con ambizioni.

Personali e di squadra perché uno come lui non ce l'hanno in tanti. Spigliato in gruppo, leader nato dicono, abile a limare, resistente sulle salite brevi, cilindrata di quelle importanti in pianura. Uomo ovunque: come va di moda dire in questo periodo, un coltellino svizzero.

Lo abbiamo visto tirare fuori i suoi capitani dalle difficoltà di tappe nervose nei primi giorni, provare a vincere in prima persona nella seconda tappa - ripreso sotto il triangolo dell'ultimo chilometro; lo abbiamo visto scivolare dietro fino in ammiraglia e risalire pieno di borracce per i suoi compagni di squadra.

Lo abbiamo visto dettare ritmi e tempi nella cronosquadre e negli ultimi giorni lo abbiamo visto andare forte anche in salita. D'altra parte lui a inizio stagione raccontava di aver scelto l'Olanda, la DSM, per capire che tipo di corridore poteva diventare e oggi forse qualche risposta l'ha ottenuta.

L'Italia al Tour de l'Avenir ha fatto un piccolo capolavoro, mi scuso in anticipo per i termini che possono sembrare esagerati, ma così è. E un applauso va anche a chi questi ragazzi li guida, Marino Amadori, che ha saputo trasformare un problema - l'assenza di quei corridori che qui avrebbero dovuto fare i capitani: Garofoli fuori tutta la stagione, Germani e Frigo che hanno dovuto saltare la corsa all'ultimo momento per un incidente ancora con un' auto mentre si allenavano - in un opportunità.

L'opportunità di rilanciare Fancellu, oggi bellissimo in salita mentre attacca e alla sua ruota resta solo Uijtdebroeks, oppure PIganzoli fino a stamattina in lotta per un posto sul podio.

L'opportunità di mostrare Milesi. Ieri, il ragazzo della provincia di Bergamo che corre in bici solo da 4 anni e un po' per caso, dopo essersi rotto i legamenti della caviglia giocando a calcio, è andato forte: 12° nella tappa più dura della corsa. Oggi è andato in fuga; ha resistito sull'Iseran, anzi, era lui a dettare il ritmo in un gruppo di fuggitivi: prima 18, poi 10, poi 6. In discesa ha controllato i contrattacchi e sull'ultima salita è sparito agli occhi dei suoi avversari. Con quel piglio e quel motore descritto sopra.

È partito e ha vinto, e visto quanto va forte, quella che raccontiamo oggi potrebbe essere solo una parte della sua storia.

Per la cronaca la corsa è stata vinta (dominata) dal belga Cian Uijtdebroeks, ragazzo belga classe 2003. Di lui, se non vi è già capitato, ne sentirete parlare.


Tour de l'Avenir: tre giorni decisivi

Oggi riparte il Tour de l'Avenir dopo un po' di riposo per i ragazzi sotto i ventitré anni che competono per portare a casa "il Tour dei giovani".
Cos'ha detto finora la corsa? Intanto che la Germania conferma le buone impressioni viste in fase di presentazione: la miglior Germania probabilmente mai schierata su queste strade, superiore anche a quelle che nel 2016 si presentò con un trio che poi si è rivelato niente male anche nella massima categoria: Ackermann, Schachmann, Kämna.

Michel Hessmann, diventato capitano dei tedeschi strada facendo, oggi dovrà difendere la maglia gialla - e sarebbe una notizia se il portacolori della Jumbo Devo concludesse domenica la corsa nei primi 5. Ha sfiorato il successo in una tappa a livello individuale e vinto la cronosquadre che gli ha permesso di vestire il simbolo del primato. A dimostrazione della completezza e compattezza del team teutonico.
Forte sul passo, si difende bene sulle salite brevi, lo scorso anno su quelle più lunghe non andò male, anzi, chiuse in crescendo, anche se non è lui l'uomo forte di questa squadra per la classifica finale. Si attendevano Steinhauser ed Engelhardt, ma sarà Hannes Wilksich (DSM Devo, 3° in classifica a 33'' e già 7° al Giro Under 23 ) colui che proverà a far salire la Germania sul podio de l'Avenir a 13 anni da Sergej Fuchs. Da valutare però le sue condizioni dopo essere stato preso in pieno dalla bici dell'etiope Berhe in una rocambolesca caduta avvenuta in volata l'altro ieri nella quale è rimasto coinvolto anche uno dei favoriti assoluti, Uijtdebroeks.

Tra i maggiori pretendenti alla classifica finale è spuntato - si fa per dire - Tom Gloag (2° a 25''), pareva promesso sposo della Ineos e invece nel 2023 andrà a correre con la Jumbo Visma. Gloag è uno scalatore, ma dotato anche di spunto veloce come ha dimostrato nel giorno del successo di tappa a Chaillac, si difende bene sul passo e arriva da una stagione fin'ora sotto tono a causa di guai fisici. Lo scorso anno cadde in discesa nell'ultima tappa e si ritirò quando lottava per un piazzamento nei primi cinque.
Al 4° posto (35'') segue Lennert Van Eetvelt. Sempre attento fino a ora il belga, 2° al Giro alle spalle di Hayter e dal 2023 con la Lotto-Dstny, sarà una delle tre carte che si giocherà la nazionale tricolore nelle prossime giornate. Le altre due: Cian Uijtdebroeks, già professionista con la BORA-hansgrohe nonostante la giovanissima età - è un 2003 e sarebbe un primo anno tra gli Under -, è 9° in classifica a 1'16'' dopo aver perso terreno giorni fa a causa di una caduta.
La terza punta è William Junior Lecerf (5° a 48'') piccolissimo, scalatore puro, corridore che a causa delle sue dimensioni potrebbe avere difficoltà nel passaggio tra i professionisti, ma questo non è il momento di pensarci. Il giovane belga è stato protagonista di un piccolo caso alla vigilia della corsa; corre nella Lotto Under 23, ma dall'anno prossimo passerà in quella che diverrà la squadra di sviluppo della QuickStep. Ebbene, i tecnici della sua attuale squadra, innervositi dalla scelta, hanno deciso di non fornire al ragazzo le biciclette per disputare la corsa con la maglia della nazionale.
Tutti e tre i belgi sono rientrati prepotentemente in classifica dopo la cronosquadre - vittoria sfiorata per 2", grazie all'importante contributo di Alec Segaert e Thibau Nys - e da oggi pomeriggio proveranno a far saltare il banco.

Come ci proverà la nazionale di casa, la Francia, che l'altro ieri si è sbloccata dopo un avvio complesso - ma calcolato vista la squadra a disposizione - vincendo con Romain Grégoire l'arrivo di Oyonnax. Grégoire, come gli è riuscito più volte in stagione, nonostante sia anche lui un 1° anno e dalla prossima stagione a tutti gli effetti professionista in maglia Groupama, ha vinto da strafavorito provando prima ad attaccare sull'ultimo strappo, e poi, dopo essere stato ripreso, vincendo allo sprint.
A proposito di sprint: nei primi giorni notevole lo spettacolo messo in mostra da tre corridori: l'ormai esperto norvegese Waerenskjold, vincitore della prima tappa, non un semplice velocista, ma un corridore resistente e di fondo, che non disdegna attaccare, molto simile a un altro norvegese che l'anno prossimo ritroverà nella stessa squadra - la Uno X - ovvero Kristoff.
Van Uden, Olanda (e DSM), anche lui sta facendo la spola tra professionisti e under 23, era in avvio il favorito per le volate e una l'ha portata a casa, e terrà duro per vincere la maglia verde. A proposito di Olanda da sottolineare anche la buona corsa disputata sin qui da Loe van Belle (maglia gialla simbolica indossata dopo la crono esibizione del primo giorno, fondamentale in pianura per i suoi e 2° dietro Grégoire l'altro ieri), forse il meno quotato alla vigilia della nazionale dei Paesi Bassi.
Sebastian Kolze Changizi, Danimarca, che come il britannico Sam Watson di tappe non ne ha vinte, ma è sempre arrivato con i primi e come i due sopra menzionati ha provato a lasciare il segno cercando pure di anticipare le volate. Oltretutto la nazionale danese, senza una vera e propria stella a questo Avenir, ha vinto una tappa con Adam Jorgensen, che ne ha sfiorata un'altra ed è stata tra le formazioni più attive in fuga, cercando il successo da lontano anche con più di un corridore alla volta.
Tornando alla Francia: il peso della classifica è tutto sulle spalle di un altro 2003 prossimo al passaggio tra i professionisti, ovvero Lenny Martinez (13° a 1'50''). Talentuosissimo figlio (suo padre Miguel è stato campione olimpico nella Mountain Bike, medagliato mondiale nel ciclocross e ha corso anche su strada con la Mapei) e nipote d'arte (suo nonno Mariano vinse la maglia a pois al Tour nel 1978), Martinez, già in evidenza in alcune corse tra i professionisti, in salita è il corridore più atteso per fare la differenza e provare a vincere la corsa che la Francia insegue dal 2016 quando Gaudu vinse davanti a Ravasi e Costa. Quello di Gaudu è anche l'ultimo podio transalpino in questa gara. Il suo distacco può sembrare importante, ma terreno per recuperare ce ne sarà in abbondanza.
Capitolo Italia: Davide Piganzoli (10° a 1'29'') si conferma una garanzia di risultato dopo il 10° posto al Giro '21 e '22 e il 9° alla Corsa della Pace '22. Corre molto bene in gruppo, si è scoperto versatile - ha rischiato di vincere la tappa di Oyonnax (3°) in uno sprint ristretto ed è il campione italiano a cronometro - non ha dei veri e propri punti di forza al momento, ma nemmeno deboli e fa della regolarità e della continuità la sua arma migliore.
Alessandro Fancellu era il nome da recuperare e ci siamo: è stato in fuga l'altro giorno in una tappa difficile da correre e interpretare e con un bel gruppetto dove i danesi facevano la voce grossa. Non è ancora il Fancellu che ci si aspetta, ma sta ritrovando il colpo di pedale e ieri, nonostante la fuga, ha chiuso alla fine a ridosso dei migliori, davanti anche a diversi corridori blasonati. Anche la classifica, è a 2' di ritardo, è tutt'altro che compromessa.
Di Lorenzo Milesi se ne parla poco ma l'utilità del corridore della DSM in questo Avenir non ha confini. I primi giorni ha provato a vincere, è stato fondamentale per una buona cronosquadre e per tenere i capitani davanti. Ha piglio, motore, sa correre: appare già pronto per il grande salto.
Davide Dapporto c'ha provato a farsi vedere con una fuga; chiude l'esperienza all'Avenir finendo fuori tempo massimo nella cronosquadre a causa di un problema fisico. Quest'anno ha fatto il salto di qualità, ma correre più gare all'estero dovrebbe essere (anche) per lui una chiave fondamentale per capire che livello di corridore potrà essere e ambire così al passaggio tra i professionisti a stretto giro di posta.

Difficile giudicare invece le prove di Alberto Bruttomesso, velocista resistente, è il più giovane della compagnia azzurra (2003), ha sicuramente faticato nei primi giorni per l'alto livello incontrato, ma sarà tutta esperienza utile, e di Alessio Martinelli, talento importante per i percorsi vallonati, l'altro ieri arrivato staccatissimo, ma purtroppo per lui questa è una stagione partita benissimo ma che da un certo punto in avanti si è complicata parecchio per un problema fisico prima del Giro Under 23. Entrambi hanno qualità importanti da coltivare.
Restano fuori da questo discorso altri corridori che in salita proveranno a ribaltare e perché no, a vincere la corsa, ma questioni di ansia sulla prolissità personale impongono di restringere il tutto a un breve elenco: Leo Hayter (7° a 1'01''), l'altra punta della Gran bretagna, sorprendente dominatore del Giro Under, Johannes Staune Mittet (6° a 56''), che cerca il terzo successo di fila per la Norvegia in questa corsa dopo Foss e Johannessen, gli scalatori Dinham (18° a 2'33''), Australia, e Arrieta (20° a 2'46''), Spagna e due corridori meno forti in salita ma apparsi in ottima forma: Karel Vacek (26° a 3'29''), Repubblica Ceca e Arthur Kluckers (11° a 1'41''), Lussemburgo. I tre giorni decisivi partono da oggi.


Il giorno meno atteso

Sono quasi le tre del pomeriggio quando Marc Soler parte. Eccolo: il solito Marc Soler, un po' filibustiere, che prova un attacco sgangherato tutto spalle che si muovono a ritmo di pedalata in salita, e faccia da vecchio ciclista catalano, di quelli già in pensione e che ritrovi in bici sulle strade il sabato mattina.

Il gruppo pare in rimonta, quelli davanti, tanti che sembrano troppi, filano che è una meraviglia, e in mezzo si mette lui. Sono quasi le tre del pomeriggio e all'apparenza è uno di quei giorni lì, quelli superflui per farne una sceneggiatura, quei giorni dove non sarebbe potuto accadere nulla di che e invece.

Davanti succede che un monegasco (!) va a conquistare punti su punti sui gran premi della montagna di cui è disseminata la tappa dei Paesi Baschi con arrivo a Bilbao; un ragazzo, Victor Langellotti, chiamato all'ultimo momento dalla sua Burgos-BH, utile per sostituire il capitano, Madrazo, che si è beccato il Covid alla vigilia della partenza della Vuelta da Utrecht.

Per non far nascere rimpianti, Langellotti fa quello che avrebbe fatto l'occhialuto compagno di squadra che oggi sarà stato davanti alla tv a soffrire tra una partita di playstation (la sua grande passione) e l'altra e un attacco di Marc Soler. A fine tappa Langellotti vestirà quella maglia che fu di Madrazo qualche stagione fa per un paio di settimane e sarebbe superfluo dire che mai nessun atleta del Principato di Monaco ne aveva vestita una.

Intanto Marc Soler rientra sul gruppo dei fuggitivi mentre da dietro quello dei migliori decide che oggi la fuga sarebbe potuta andare all'arrivo, dopo la polemica di ieri sulle moto che avrebbero favorito quelli dietro a discapito dei facinorosi davanti.

Marc Soler attacca di nuovo. Sono le 16.46. Marc Soler si materializza pochi minuti dopo alle spalle di Jake Stewart, veloce quanto un pilota di Formula Uno e sorprendentemente in avanscoperta in una tappa classificata di media montagna

Marc Soler riparte e resta solo. Sono passate da poco le 17. Scollina in testa con un vantaggio esiguo. Gestisce in discesa mentre da dietro sembrano farsi grandi così, talmente sono vicini. Agli occhi di Marc Soler, che si gira, e si gira, e si gira da farsi venire il torcicollo, saranno sembrati enormi.

L'ultimo chilometro lo viviamo con le stesse sensazioni di chi stava pedalando in quel momento con il numero 171 appicciato alla maglietta della UAE Team Emirates. Quello tra i protagonisti di un documentario sulla sua ex squadra, la Movistar; accusato di avere un carattere morbido, ma che poi aveva concluso una tappa del Tour de France con le ossa rotte e un'altra chiusa a decine di minuti dal gruppo, prima di ritirarsi, in preda al mal di pancia, solo qualche settimana fa.

Sembrano riprenderlo quelli dietro, quando mancano poco più di mille metri al traguardo che detta così sembra un'infinità; sembrano riprenderlo, alimentati dalla voglia irrefrenabile di distruggere il sogno altrui, ma poi rallentano in preda non si sa che e Marc Soler vince, con un numero che ne certifica il talento, riportando una vittoria in un Grand Tour in Spagna dopo 121 tappe consecutive. Non poteva esserci corridore più strano a interrompere la striscia.

Un gesto alla fine, anzi due. Prima il pollice in bocca con gli inseguitori sgranati dietro a giocarsi la volata per il secondo posto, e poi una sorta di liberazione.

Sui suoi gestacci passati e litigi, con annessi "vaffa" all'ammiraglia, sui suoi attacchi scriteriati, il suo carattere un po' così a detta di chi lo conosce bene, le sue vittorie e le sue debacle, ci si potrebbe aprire un capitolo intero, ma oggi è quel giorno lì, quello meno pensato, quello del nostro cavallo pazzo preferito, quello di Marc Soler, strano catalano.


Il migliore ultimo uomo al mondo

In pratica mi accorsi che, salendo verso la cima dell'Alpe d'Huez, c'era questa bici poggiata su un muro. Dal muro spuntavano in maniera irregolare ciuffi di muschio verdastro e quella parete di cemento era intervallata ogni tanto da piccole cascate di acqua.

La bici stava lì in mezzo ad alcune auto parcheggiate e con il finestrino abbassato, una piccola cassa con un po' di musica a fare compagnia e una bandiera a riparare dal sole chi, in quel momento, pancia piena e sangue riscaldato da birra e pastis, sonnecchiava dentro l'abitacolo, restando in attesa del passaggio del Tour de France. Era il 14 luglio del 2022.

Quella bici indossava fiera i colori sociali di una squadra di qualche anno fa: giallo fluo e blu. Mi avvicinai per fare una foto - mi piaceva, mi aveva catturato, anche perché a casa ne ho una della stessa marca.

« Wanty-Gobert» mi fece, incuriosito dal mio incalzare verso la bici, questo ragazzone tedesco, proprietario della stessa, pochi capelli in testa, un sorriso cordiale e un paio di occhialini da vista con delle lenti di una leggera tonalità di rosso. Pareva il personaggio di una gang di rapinatori in un film di Michael Mann. «L'ho presa un paio di anni fa nel negozio ufficiale della squadra... è di Danny van Poppel! - aggiunse, poi, indicando un adesivo con il numero 2 appicciato sul telaio – questa era la sua bici di scorta».
Risposi, ammiccando e affannato dalla salita e dal sole. «Ah! Bel corridore».
«Sono stato fortunato perché oltre a essere uno dei miei preferiti abbiamo le stesse misure, altrimenti l'avrei comprata inutilmente, e invece ci sono venuto sin qui pedalando» concluse.

Il tifoso si mostrò all'altezza della sua bici tanto quanto Danny van Poppel in un ruolo che la squadra – non più la Wanty-Gobert, ma la BORA-hansgrohe - gli ha cucito su misura. Dopo diverse stagioni passate a fare un po' il pilota, un po' l'aiutante tuttofare; un po' la seconda punta o il classico uomo veloce, ma non velocissimo, piazzato perlopiù, a volte vincente magari nelle semiclassiche tra Belgio e Olanda.

Un ruolo, quello dell'ultimo uomo delle volate, che Danny van Poppel interpreta come un divo degli anni '50 tutto gel e giubbotto di pelle. Il classe '93 olandese al momento si consacra come migliore lead out, pesce pilota, ultimo uomo, usate il termine che preferite, al mondo, rubando quell'ideale primato a Michael Mørkøv, il corridore che più di tutti in questi anni ci ha affascinato nel vederlo guidare diversi velocisti: da Kristoff a Viviani passando per Gaviria, da Cavendish a Jakobsen. Punto di riferimento per gli sprinter, ma anche per noi che attendiamo con le palpitazioni di vedere i corridori lanciati verso il traguardo a quelle velocità.

Danny van Poppel, dunque, capace di pilotare nelle ultime tre volate disputate due corridori completamente differenti e riuscendo di volta in volta a interpretare al meglio le loro caratteristiche.

«Jakobsen – racconta van Poppel subito dopo la vittoria del suo connazionale all'Europeo di Monaco - predilige essere lasciato a ruota di quello che in corsa battezza come avversario più pericoloso». Detto fatto, van Poppel, con l'orrenda maglia bianca della nazionale olandese, lo tira fuori dalle beghe e lo lascia lì, poi Jakobsen porta a termine il suo incarico.

Sabato, invece, strade olandesi, zeppe di pubblico e arredo urbano e pericolosamente pronte alla prima volata della Vuelta 2022, van Poppel guida perfettamente Bennett che vince in una stagione ingarbugliata, lui che un paio di anni fa raggiunse la cima – o quasi - nel ruolo di uomo più veloce del mondo e che invece da un po' di tempo sembrava non riuscire più a trovare una via di fuga al bordello psicofisico in cui era finito.

«Bennett – ha raccontato sempre van Poppel – a differenza di Jakobsen vuole essere lasciato davanti con strada libera». Due modi di interpretare le volate completamente differenti e che il corridore della BORA-hansgrohe al momento interpreta con enorme profitto, anzi di più, perfeziona quel tipo di ruolo portandolo a un livello superiore.

Domenica, ancora un altro mezzo capolavoro. A poche centinaia di metri dal traguardo, van Poppel esce di ruota da un suo avversario - e siamo intorno alla decima posizione - con lo striscione dell'arrivo che si fa sempre più vicino, le urla dei tifosi sempre più forte, i telefonini sempre più pericolosamente al di qua delle transenne. Van Poppel esce di ruota e prende aria lanciando perfettamente il suo capitano che vince ancora la volata. «Quello che ha fatto van Poppel è stato un colpo da maestro» dirà Bennett subito dopo il traguardo.

Da appassionato di van Poppel e due ruote ho invidiato il tifoso tedesco per essere salito fino su all'Alpe d'Huez con quella bicicletta, anche se, a causa delle mie misure – sono alto un metro e settanta scarso – non ne sarei stato mai all'altezza. Mi sarei sentito come il nano di una storia di fantasia alle prese con la bici di un gigante. Quella del migliore ultimo uomo al mondo.


Rosso Affini

Breve quanto giusto tributo a Edoardo Affini, se La Roja non dovesse bastare. Sabato Gesink, ieri Teunissen, oggi lui.

Corridore affidabile e generoso; intelligente - anche ai microfoni - un treno in pianura, persino veloce o perlopiù con lo spunto da finisseur se e quando ha l'occasione di potersi mettere in proprio.

Un piazzato: difficile dimenticarsi il 2° posto al Giro lo scorso anno quando anticipò la volata del gruppo a Verona partendo quasi di soppiatto, se è corretto parlare di sordina quando lo fa un corridore con quella cilindrata.
Fu superato da Nizzolo sulla linea del traguardo.

Impossibile dimenticarsi quest'anno, sempre al Giro, sempre in Veneto, stavolta Treviso. Va via con un quartetto - De Bondt, Cort e Gabburo con lui - e viene battuto dal belga della Alpecin allo sprint, mentre dietro il gruppo incasinava i calcoli strada facendo non riuscendo più a riprendere i corridori in fuga da oltre 150km.

Breve quanto giusto tributo ad Edoardo Affini, uomo squadra, qui per dare una mano a Roglič, per contribuire alla buona riuscita della cronosquadre, per allungare il gruppo nel finale cercando di tenere i suoi fuori dai pericoli.

Breve quanto giusto tributo ad Edoardo Affini da oggi leader in classifica alla Vuelta.

Impossibile dimenticarselo: «Essere leader qui è qualcosa di pazzesco. Ringrazio i miei compagni di squadra per il regalo che mi hanno fatto». Che poi non è un regalo ma è da leggersi più come un meritato attestato di stima e di fiducia.

Domani ci sarà riposo per passare dalle strade olandesi a quelle basche. Domani ci sarà riposo e non potrebbe essere più dolce per Edoardo Affini in rosso.


Il monumentale de La Vuelta 2022

In principio era Il Monumentale, per l'edizione numero 77 della Vuelta che partirà fra poche ore da Utrecht sarà “El Monumental”, concedeteci la licenza. La Vuelta, ovvero la più giovane delle tre grandi corse a tappe del calendario e che da diverso tempo chiude l'annata dei Grandi Giri; la Vuelta, quella che spesso diventa rifugio per delusi della stagione, per chi prova difficili o improbabili doppiette o triplette, oppure utile per mettere vicino chilometri per il finale di stagione e che spesso significa mondiale su strada o varie corse di un giorno. Nessuno la snobba sia chiaro, anche se forse qualcuno la usa come palestra. Di sicuro spesso è corsa incerta e allo stesso tempo spettacolare, scoppiettante.

La Vuelta 2022, però, significa anche – a scriverlo viene il magone – l'ultimo ballo per Nibali e Valverde che dal 2023 non saranno più in gruppo, e per chi è cresciuto e ora sta invecchiando con loro fa un certo effetto. Entrambi alla vigilia della corsa hanno usato parole simili: «Aiutare la squadra, vincere una tappa, ma soprattutto divertirsi».

IL RIBALTONE

 

Il Giro d'Italia e poi il Tour de France di quest'anno hanno visto i pronostici ribaltati: sulle strade italiane, con partenza dall'Ungheria, il favorito era Carapaz che arrivò a tre chilometri dalla vittoria finale - eravamo sul Fedaia. Ha vinto Hindley e più di qualcuno, chi scrive questo pezzo compreso, è rimasto sorpreso. Al Tour c'era un solo favorito d'obbligo, inutile girarci attorno, ma fa già parte della storia la sua crisi sul Granon, gli errori tattici sul Galibier, la condotta della Jumbo-Visma che lo mise nel sacco, e così Vingegaard ha superato Pogačar e ha portato in Danimarca - da dove si partiva - il successo finale.

Anche alla Vuelta il favorito d'obbligo potrà essere superato e battuto da qualcun altro? Si, potrebbe andare così... non fosse che in Spagna, come vedremo, non ci sarà un favorito d'obbligo.

Ci sarà Roglič, però, sciolte le riserve all'ultimo momento, che proverà a raggiungere Heras, recordman di vittorie, a quota 4 successi finali. Avrà recuperato la condizione dopo l'infortunio al Tour? Vedremo, non crediamo abbia ritardato nel confermare la sua presenza in Spagna (in Olanda, per essere precisi) per fare pre tattica, al Tour si è fatto male davvero e lo stato di forma sarà un'incognita. Potrebbe mancargli il ritmo gara, potrebbe partire forte e poi finire piano o viceversa, quel che è certo è che la sua stagione è stata a inseguire il miglior colpo di pedale - al netto dei successi alla Parigi-Nizza e al Delfinato, frutto della sua classe e di un grande lavoro di squadra, più che di una brillantezza di condizione. Insomma, tra tanti punti di domanda sopra la testa di quasi tutti i favoriti al via, il più grosso campeggia sulla testa dello sloveno.

A proposito di sloveni, non ci sarà Pogačar che qui ha corso nel 2020 il suo primo Grande Giro conquistando il suo primo grande podio; a proposito di Tour: non ci sarà Vingegaard e non ci sarà Bernal nonostante si vociferasse diversamente qualche settimana fa.

E allora dunque andiamo a vedere quali saranno i nomi dei principali pretendenti alla maglia rossa finale (La Roja) in una corsa che, come successo al Giro (partito dall'Ungheria) e al Tour (partito dalla Danimarca), vedrà il via fuori dai propri confini: per la precisione da Utrecht, Olanda, che a suo modo fa registrare un primato importante: è il primo paese al mondo a ospitare la partenza di tutti e tre i Grandi Giri, accadde con il Tour nel 2015 e con il Giro nel 2017.

I SETTE NOMI DA SEGUIRE PER LA ROJA

Stavolta la mettiamo giù diversamente, perché analizzando la lista di partenti appare difficile trovare un corridore favorito rispetto agli altri. Oltretutto siamo a fine stagione e, tra energie residue e motivazioni differenti rispetto ad altri momenti della stagione, le corse viaggiano sempre su una linea di incertezza: molti uomini cambieranno casacca da qui a pochi mesi, altri arrivano da problemi di natura fisica varia, altri da alti e bassi, altri ancora li aspetti e poi non arrivano e poi ci sono anche quelli che già hanno messo le mani avanti sulle proprie condizioni e non sai mai se fidarti delle loro parole.

Ecco dunque i favoriti o presunti tali, rigorosamente in ordine alfabetico.

ALMEIDA JOÃO

JOÃO Almeida vincitore di tappa alla Vuelta a Burgos. Foto Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2022

 

Il portoghese, dopo il ritiro al Giro quando era in piena lotta per il podio, arriva in Spagna - pardon in Olanda - con i galloni del capitano della sua squadra. Conosciamo tutti le caratteristiche del lusitano, corridore mai domo se ce n'è uno, da capire quanto il percorso spagnolo sia disegnato per la sua resistenza senza un domani in salita, la sua capacità a cronometro, il suo spunto veloce. Si farà fatica e tanta nelle tre settimane di una Vuelta dal disegno un po' così, ma il podio per lui, all'esordio nel Grand Tour spagnolo, è un obiettivo. Da capire quanto il Covid preso al Giro abbia inciso sulla sua preparazione: alla vigilia una frase che non dà troppe speranze ai suoi tifosi: «Non so cosa aspettarmi da questa Vuelta, le gambe non girano come vorrei».

CARAPAZ RICHARD

Carapaz alla vigilia della partenza de La Vuelta 2022 - Foto Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2022

 

Lui che sul podio in Spagna (e anche in Francia) c'è già stato, era il 2020, Vuelta novembrina e Carapaz finì per mettere in grosse difficoltà Roglič; lui che ha vinto un Giro e che quest'anno senza mai brillare eccessivamente - pur vestendo la maglia rosa fino al traguardo della penultima tappa – ha rischiato di rivincerne un altro; lui che sarà alle ultime pedalate in maglia INEOS prima di accasarsi altrove (pare in EF ma ancora non arriva la conferma ufficiale), a cosa potrà ambire? In condizioni normali diremmo: “come minimo alla vittoria finale”, ma il Carapaz 2022 lascia diversi dubbi, anche se la sua squadra in mezzo ai tanti galli al via lo ha investito ufficialmente del ruolo di capitano.

HINDLEY JAI

Potrebbe essere Hindley il favorito numero uno della corsa? - Foto Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2022

 

Cerca una clamorosa doppietta Giro-Vuelta prima di tuffarsi nel 2023 alla grande sfida del Tour. Ha una squadra forte, fortissima, la più completa in corsa con la quale potrà difendersi da subito nella cronosquadre di apertura, e lui ha dimostrato di essere uno degli scalatori più continui del gruppo cosa che non guasta in una Vuelta particolarmente ricca di difficoltà altimetriche. Le spalle poi sono alleggerite dopo la maglia rosa vestita a Verona e quando la strada sale il rapporto peso potenza risulta sempre fondamentale. Staccarlo sulle pendenze più dure? Un'impresa per tutti. Dite che forse sotto sotto un favorito assoluto lo abbiamo trovato?

MAS ENRIC

Sarà la volta buona per Mas? - Foto ASO/©PHOTOGOMEZSPORT2021

 

Si porta addosso un macigno composto da una nazione intera che, in attesa dei due prodigi Juan Ayuso e Carlos Rodriguez, sogna di rivincere la Vuelta a otto anni dall'ultimo successo (Contador nel 2014); un macigno composto dalle difficoltà della Movistar che rischia il posto nel World Tour se non dovesse cambiare marcia nelle tre settimane in terra spagnola; un macigno che è la convivenza con Valverde all'ultima Vuelta della sua carriera: e se dovesse chiedere spazio L'Embatido? Un macigno che si è creato lui, corridore che in salita non ha nulla e nessuno da temere, ma a cui spesso sembra mancare qualcosa, non tanto dal punto di vista fisico, quanto mentale. Sarà la Vuelta della sua svolta?

O'CONNOR BEN

Deluso dal Tour, l'australiano O'Connor cerca riscatto sulle strade spagnole - Foto Vincent Kalut/PN/SprintCyclingAgency©2022

 

Occhio all'australiano che, dopo il ritiro dal Tour, un po' come accadrà per Roglič, deve consumare quelle energie che parevano pronte da sfogare in terra francese. Un avvio in Francia che peggio non si poteva dopo la caduta nelle prime tappe, ma O'Connor ha provato, ha stretto i denti, poi ha pensato sarebbe stato meglio farsi da parte. Ma ehi! C'è un altro Grande Giro da correre e la Vuelta zeppa di montagne potrebbe sorridergli. Vediamo che tipo di corsa ci sarà, lui che predilige un andamento senza padroni che potrebbe permettergli di cogliere la palla al volo e provare a vincere dando spettacolo e attaccando, anche da lontano. L'obiettivo minimo resta comunque almeno una tappa di montagna, il podio, ha detto alla vigilia, «Un sogno».

ROGLIČ PRIMOŽ

L'ultimo successo dello sloveno risale al Delfinato di due mesi fa - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2022

 

In un mondo fatto di numeri e bit lo sloveno partirebbe favorito assoluto; in un mondo fatto solo di carta e penna il suo nome lo scriveremmo a caratteri cubitali al primo posto, ma in un mondo nel quale la sua presenza è stata in dubbio fino all'ultimo, Primoz Roglič non partirà come favorito a caccia della quarta consecutiva e anzi, lo ammettiamo, è stato inserito in questa lista più per il fatto di essere il tre volte campione uscente che per reali sensazioni a proposito della sua forma. Oltretutto una Vuelta così impegnativa - sulla carta è perfetta per lui - rischia di metterlo subito in difficoltà al ritorno in Spagna, per la precisione nei Paesi Baschi, quando si arriverà dopo il primo giorno di riposo. I maligni, di cui è pieno il mondo, dicono sia stato inserito per dovere di sponsor, vista la partenza dall'Olanda, patria Jumbo. Altri, sempre con la lingua tagliente sostengono che si sia preparato a puntino per questa corsa... a qualcuno ricorda il Contador del 2014 che arrivò dopo il ritiro al Tour e poi vinse. Noi non ci sbilanciamo e ci infiliamo in mezzo alle due correnti di pensiero. Il cronometro alla fine ci darà tutte le risposte che cerchiamo.

YATES SIMON

Prima della tripletta di Roglič, è Yates l'ultimo vincitore della Vuelta

 

L'autore di questo articolo non lo nasconde, ma ha un certo debole per Simon Yates. Corridore che alterna un'esasperante concretezza nelle giornate buone a momenti di buio anche quando meno te lo aspetti e che fanno venire il panico e i nervi. Vincente e perdente nell'arco di pochi giorni: da qui il fascino che emana. Dopo le due vittorie di tappa al Giro – e il ritiro – Yates è rientrato di recente infiammando le strade spagnole dominando Villafranca de Ordizia e Castilla y Leon: ci pare un buon biglietto da visita per colui che resta l'ultimo vincitore di questa corsa prima dell'era Roglič. Anche a lui il percorso gli si addice perfettamente a patto di salvarsi nella crono di 30 km con arrivo ad Alicante, tappa numero 10, a patto di mantenere fede alle sue parole: «Vado alla Vuelta per vincere».

 

OUTSIDER

 

Diverse – tantissime - le alternative presenti al via, tra quei corridori che potrebbero rappresentare uno spauracchio per l'alta classifica – pure per podio o vittoria - o puntare a un piazzamento nei 10 o magari, vista la situazione che si potrebbe venire a creare, semplicemente essere protagonisti quando la strada sale e si fa selezione.

Ecco un nome su tutti, colui che almeno per questa Vuelta rappresenta l'outsider per antonomasia: Remco Evenepoel. Si testerà nel suo secondo Grande Giro della carriera per capire cosa potrà diventare, ma intanto ce lo godiamo come vincitore di corse di un giorno di un certo peso con il suo marchio di fabbrica: via in progressione su salite non troppo lunghe sviluppando una potenza alla quale è difficile resistere. Cosa potrà fare in questa Vuelta in classifica non lo sappiamo, ma qualche tappa è alla sua portata. La squadra gli affiancherà Fausto Masnada che potrebbe dare più garanzie per la classifica e il giovane Ilan Van Wilder, coetaneo e rivale tra gli junior di Evenepoel e per certe caratteristiche una sorta di versione meno potente – ma con tanto talento lo stesso – proprio del fenomenale belga.

 

Uno dei corridori più interessanti per il futuro delle corse a tappe è Thymen Arensman - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2022

 

In casa DSM molto interessante la presenza di Thymen Arensman che dopo aver lavorato per Bardet – poi costretto al ritiro – al Giro, per la prima volta nella sua giovanissima carriera proverà a sobbarcarsi l'impegno di essere uomo di classifica in una corsa così dura, lui che ha già detto: «Ho imparato tanto da Bardet, ora è il momento di mettere a frutto i suoi insegnamenti», lui che lo ricordiamo chiudere il Tour de l'Avenir del 2018 alle spalle di Pogačar e davanti a Mäder, Vlasov, Champoussin e Almeida, tutti corridori più grandi di lui di età. A fine stagione lascerà la squadra olandese per volare verso la INEOS. In DSM fa il suo esordio in un Grand Tour anche Henri Vandenabeele, classe 2000 e due volte sul podio al Giro d'Italia Under 23, per lui il compito di fare esperienza, così come per il giovanissimo Marco Brenner, tedesco classe 2002 (secondo più giovane al via) ex ragazzo prodigio e passato direttamente professionista dalla categoria juniores a quella dei professionisti lo scorso anno.

 

 

C'è un terzetto anche per l'Astana e che terzetto: Vincenzo Nibali, Miguel Ángel López, Andrej Lutsenko. Sarà l'ultima grande corsa a tappe per Nibali, sarà l'ennesima volta in cui aspettiamo Lopez al riscatto, sarà un palcoscenico importante per il regolare Lutsenko il quale, dopo aver ottenuto due top ten al Tour nelle ultime due stagioni, sulle strade spagnole potrebbe più semplicemente andare a caccia di tappe. Con loro da seguire anche David de la Cruz corridore che in passato più di una volta ha avuto importanti velleità di classifica proprio alla Vuelta chiusa per ben tre volte al 7° posto finale (2016, 2020 e 2021).

 

Non avrà le stimmate del predestinato, ma Juan Pedro López sta diventando sinonimo di garanzia nei Grandi Giri - Foto Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2022

 

Vi sentite ispirati nel provare a scommettere – simbolicamente si capisce – su un nome di seconda fascia? Ecco Juan Pedro López, per tutti Juanpe. Lo abbiamo imparato a conoscere e ad apprezzare al Giro d'Italia, diversi giorni in maglia rosa e 10° posto finale, ma già 13° in classifica alla Vuelta nel 2021. Difficile possa andare a disturbare chi lotterà per la Roja finale, ma il suo storico ci racconta di un corridore regolare, ma in costante crescita sin dagli Under 23.

Jesus Herrada sarà l'uomo deputato a portare punti in casa Cofidis (non dimentichiamo l'importanza della Vuelta per alcune squadre in lotta per non uscire dal World Tour e la Cofidis è tra quelle) provando a tenere duro in classifica e magari a vincere una tappa o la maglia a pois, di fianco a lui fa l'esordio in un GT il talentuoso scalatore francese Thomas Champion, c'è Rémy Rochas – altro uomo forte in salita- , e infine Rubén Fernández, uno che ha un Tour de l'Avenir nel palmarès – era il 2013 e conquistò la corsa francese davanti ad Adam Yates e Konrad – ma zero vittorie da professionista.

L'AG2R-Citroën si presenta al via con una squadra molto più competitiva dei connazionali, dietro O'Connor infatti ecco il ritrovato Bob Jungels e Clément Champoussin entrambi con la possibilità di difendersi in salita, in classifica e vincere una tappa. Occhio anche al finlandese Jaakko Hänninen che dopo alcune difficoltà nell'approccio con il mondo dei professionisti ultimamente sta facendo intravedere tutte le sue qualità. E la salita è il suo pane.

 

Sempre per rimanere in Francia la Groupama-FDJ dopo aver raccolto parecchio tra Giro (le tappe e la Ciclamino con Démare) e Tour (il piazzamento a ridosso del podio di Gaudu) punta alla Vuelta con Thibaut Pinot - perlopiù a caccia di  tappe - e Rudy Molard che nel 2018 alla ottenne il 14° posto finale vestendo per 4 giorni la maglia di leader – quell'anno Pinot vinse due frazioni di montagna. Con loro lo svizzero Sebastian Reichenbach, gregario e all'occorrenza uomo da primi venti posti in classifica.

Sempre dalla Francia, l'Arkéa Samsic, squadra Professional invitata di diritto, che sarebbe stata interamente raccolta attorno a Nairo Quintana. Lo scalatore colombiano, però, vincitore della corsa spagnola nel 2016 di recente ha visto cancellato il 6° posto ottenuto poche settimane fa al Tour a causa di una positività al tramadolo e nelle ultime ore ha comunicato che non prenderà il via della corsa. La squadra bretone, che ha deciso di non sostituire Quintana, a questo punto potrebbe semplicemente provare ad andare in fuga e a vincere delle tappe - Gesbert il più quotato.

 

Abbiamo accennato alle Professional, sono 3 quelle spagnole – è rimasta fuori un po' a sorpresa e chiaramente non senza polemiche la Caja Rural. La Kern Pharma vuole mettere in mostra i suoi ragazzi da classifica come José Felix Parra ('97, vincitore nel 2021 del Tour de l'Alsace), Roger Adrià ('98, scalatore dotato di spunto veloce) e soprattutto Raúl García Pierna (2001). Tra i giovani spagnoli uno dei più interessanti da seguire, Raúl García è il figlio di Félix Garcia Casas che in molti ricorderanno come ex corridore della Festina capace in carriera di piazzarsi in classifica in tutti e tre i Grandi Giri. Per i tre spagnoli sarà l'esordio assoluto in una grande corsa a tappe con la possibilità di mettersi in mostra e chissà credere nel salto nel World Tour il prossimo anno. Saranno affiancato in salita da Héctor Carretero arrivato dalla Movistar proprio quest'anno.

L'Euskaltel-Euskadi movimenterà tutte le tappe, tra Luis Angel Maté, Xabier Azparren, Joan Bou, ma soprattutto con i due Mikel d'esperienza, Iturria, vincitore nel 2019 della tappa conclusa a Urdax-Dantxarinea, unico successo in carriera, e Bizkarra, 17° lo scorso anno in classifica. Non sono più i tempi in cui “ la nazionale basca del ciclismo” vinceva a ripetizione tappe nei Grandi Giri, è vero, ma la loro maglia arancione si farà vedere spesso in fuga.

Infine la Burgos BH, terza e ultima compagine ProTour spagnola che avrà nell'eterno Dani Navarro il proprio capitano. Escluso all'ultimo Madrazo (positivo al Covid) che di questa squadra sarebbe stato l'atleta più rappresentativo, avrebbe tentato di vincere una tappa, quella di casa con arrivo al Pico Jano, e avrebbe lottato per la maglia a pois. Al suo posto al via un monegasco che si difende in salita, Victor Langellotti, recentemente vincitore di una tappa alla Volta a Portugal.

Wilco Kelderman, primo da sinistra, è l'uomo più importante in squadra per Jai Hindley - Foto Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2022

 

Tornando alle alternative da classifica di cui è zeppo il World Tour: in casa BORA-hansgrohe niente male l'eventuale riserva in campo di Hindley, ovvero Wilco Kelderman, corridore che potrebbe ambire anche a un piazzamento nei primi 5. L'olandese saprà essere affidabile ultimo uomo del compagno di squadra australiano qualora, come successo al Giro, Hindley desse maggiori garanzie per salire sul podio. Per un problema fisico invece è saltato Emanuel Buchmann. Al tedesco, 4° al Tour del 2020, da un paio di stagioni tra cadute e malanni sembra non andargliene dritta una. Il corridore è stato sostituito da Matteo Fabbro che avrà la possibilità di mettersi in mostra lavorando duramente in salita per i suoi capitani.

Geoghegan Hart (qui in foto con Buitrago, occhio anche al colombiano della Bahrain), SIvakov e Rodriguez sono qualcosa più che semplici alternative di classifica a Richard Carapaz - Foto Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2022

 

Il capitolo INEOS Grenadiers è quello tra i più complessi in assoluto. Lo squadrone britannico, qui con una squadra con diversi talenti al loro esordio in un GT, sulla carta ha in Carapaz il numero uno, ma l'ecuadoriano campione olimpico, come già detto, non sta di certo facendo la miglior stagione in carriera – al netto del 2° posto dell'ultimo Giro d'Italia - e le voci di un quasi certo divorzio a fine stagione potrebbero anche pesare sul rendimento. E allora, quali migliori garanzie potrebbero arrivare da corridori che portano il nome di Tao Geoghegan Hart, che appare ritrovato e voglioso di fare fatica dopo aver saltato sia il Giro che il Tour in questa stagione, di Carlos Rodriguez Cano, che rappresenta una delle future stella del ciclismo spagnolo per le corse a tappe – secondo alcuni anche per le corse di un giorno più dure – e Pavel Sivakov che arriva dalla vittoria al Tour de Pologne? Sulla carta tutti nomi da alta classifica. Ah e non dimentichiamo Luke Plapp, classe 2000 anche lui all'esordio in un Grande Giro e che sarà tutto da seguire per una carriera simile a quella del connazionale Rohan Dennis, corridore al quale viene naturale accostarlo. Menzione a parte merita Ben Turner, altro giovane esordiente in una corsa di tre settimane, questa primavera è stata una delle rivelazioni in assoluto del ciclismo che conta, il suo compito, qui in Spagna, sarà quello di faticare per i compagni e magari provare a togliersi qualche soddisfazione personale. Entrambi i ruoli sembra svolgerli benissimo, con rara compostezza, potenza e qualità.

Ayuso e Soler a dar man forte ad Almeida, ma non disdegneranno la gloria personale - Foto Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2022

 

Abbiamo parlato di seconde linee in squadre che almeno alla partenza pare abbiano già delineato un capitano ed ecco che in tal senso va a inserirsi Brandon McNulty che, dopo il Tour, è chiamato a fare gli straordinari per l'UAE. L'americano avrà il compito di restare di fianco il più possibile ad Almeida e di dare il proprio importante supporto nella cronosquadre di apertura. Con lui, l'altra stella emergente del ciclismo spagnolo, Juan Ayuso, il quale pareva fino a qualche settimana fa lanciato verso il Tour de l'Avenir e invece farà il suo esordio da subito in un Grande Giro e a 20 anni ancora da compiere sarà il più giovane corridore al via. C'è tanta attesa attorno al suo nome per capire, stavolta letteralmente, cosa potrà diventare da grande. Ha le qualità per emergere come corridore da corse a tappe di tre settimane, è veloce, scaltro, resistente in salita, è sfacciato il giusto, e il compito dei tecnici sarà quello di riuscire a farlo convivere con colleghi sulla carta più pronti di lui. Infine, oltre a Jan Polanc, tuttofare per la salita, presente il nostro amato cavallo pazzo Marc Soler che dopo il ritiro al Tour si rimette in bici per provare se non altro a vincere una tappa e a dare il suo contributo nelle tappe più impegnative.

 

Kuss qui in foto vincitore di una tappa della Vuelta nel 2019: il suo più importante successo in carriera fino ad Andorra la Vella del Tour 2021

 

La Jumbo-Visma oltre a Roglič, porta Sepp Kuss e Sam Oomen, garanzie per la salita (così come Chris Harper), ma anche, nel caso vadano male le cose con lo sloveno, pure per un posto nei primi 10,15 della classifica generale, mentre in casa Movistar sarà Alejandro Valverde ad affiancare Mas. L'Embatido, che si ritirerà a fine stagione, vorrà lasciare il segno a modo suo, che significa come minimo provare a tenere duro in classifica e vincere qualche tappa. Il giovane belga Maxim Van Gils sarà, insieme al connazionale Steff Cras, l'uomo da classifica della Lotto Soudal: entrambi dovranno cercare di racimolare punti pesanti per il discorso permanenza nel WT. Al momento la squadra belga sarebbe retrocessa.

Gran parte della buona riuscita della Vuelta della squadra israeliana passa dai risultati di Michael Woods (CAN - Israel - Premier Tech) - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2022

 

Problema condiviso con la Israel Premier Tech che vive una situazione di classifica ancora più complessa e che qui in Spagna si affiderà al norvegese Carl Fredrik Hagen, nome da filosofo, ma tanta incostanza di risultati, e soprattutto a Michael Woods, lui sì invece una garanzia quando la strada si impenna. Il canadese stringerà i denti per provare anche a fare classifica. Al via della Vuelta anche un certo Chris Froome il quale però ha già messo le mani avanti su una forma non al meglio a causa del Covid preso al Tour.

Unico sotto tanti aspetti, Domenico Pozzovivo, punta a una top ten e a correre anche il prossimo anno - Foto Sabine Zwicky/SprintCyclingAgency©2022

 

La Intermarché Wanty Gobert, una delle squadre rivelazioni di questo ultimo biennio ciclistico, piazza un terzetto mica male: Domenico Pozzovivo che insegue l'ennesima top ten in una Grande Giro, Louis Meintjes che studia esattamente dallo scalatore lucano, e Jan Hirt, che saluterà la compagnia belga a fine stagione per diventare pedina Quick Step e prima di farlo vorrebbe aggiungere al successo conquistato sull'Aprica al Giro, una vittoria importante anche in Spagna. Con loro Rein Taaramäe, solido gregario in salita utile anche da infilare in qualche fuga buona.

Robert Stannard (AUS - Alpecin - Deceuninck), tra i talenti più forti del gruppo lo si attende alla definitiva consacrazione. Tappe o classifica, potrà essere la volta buona questa Vuelta 2022? - Foto Gregory Van Gansen/PN/SprintCyclingAgency©2022

 

La Alpecin-Deceuninck arriva alla Vuelta con poche ambizioni di classifica, però occhio a Jay Vine, già in evidenza alla Vuelta 2021 e che in salita ha numeri molto interessanti, e a un ritrovato – di recente - Robert Stannard, grande talento tra gli Under 23 in attesa di esplosione. A inizio stagione avevamo detto che il passaggio dal Team Bike Exchange ci pareva la scelta migliore per imporsi a grandissimi livelli, ma attendiamo ancora di vedere suffragate le nostre idee. Visto che citiamo Stannard, nominiamo anche Lucas Hamilton, una sorta di gemello. Lui invece è rimasto con il gruppo Orica GreenEdge che lo ha lanciato tra i professionisti, sarà di base l'ultimo uomo in salita di Yates, ma potrebbe anche togliersi qualche soddisfazione personale.

Chiudiamo la lunga lista degli outsider citando le ultime due squadre che hanno presentato la propria formazione per la Vuelta: Bahrain Victorious e EF Education Easy Post.

Cosa combinerà Mikel Landa? - Foto Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2022

 

La Bahrain porta Mikel Landa che si è chiamato fuori dalla lotta per la classifica (alleggerisce la pressione o sono reali sensazioni sulla sua forma?) altrimenti lo avremmo inserito come minimo tra i favoriti, e con lui due nomi pesanti per la salita ed eventualmente anche per l'alta classifica: Wout Poels e Gino Mäder. L'olandese è corridore solidissimo, capace di grandi giornate e con il passare delle tappe pure di fare classifica, lo svizzero, tra le rivelazioni del 2021, quest'anno sta vivendo una stagione molto difficile e cerca il riscatto sulle strade spagnole. Terreno per rifarsi ce n'è in abbondanza. Menzione a parte per il colombiano Santiago Buitrago, vincitore di tappa al Giro, forte in salita, potrebbe essere uno dei nomi più importanti in salita di questa corsa.

EF Education-Easy Post si presenta con il miglior terzetto possibile per la classifica: l'obiettivo è quello di non rimanere invischiati in una clamorosa retrocessione dal World Tour, ma d'altronde per loro è un'annata ampiamente insufficiente. Dunque compito di Rigoberto Urán, Esteban Chaves e Hugh Carthy quello di raccogliere il massimo possibile dalla corsa spagnola.

A CACCIA DI TAPPE: I VELOCISTI

Merlier vuole lasciare l'ALpecin con un bel ricordo candinandosi al ruolo di velocista principe di questa edizione di corsa a tappe spagnola - Foto Dario Belingheri/BettiniPhoto©2021

 

Liquidiamo in breve il discorso velocisti: non tantissime le volate, non tantissime le ruote veloci presenti. I nomi più interessanti sono cinque: Tim Merlier (Alpecin-Deceuninck), Kaden Groves (Team Bike Exchange) e Mads Pedersen (Trek Segafredo) che partono con i favori del pronostico rispetto a Pascal Ackermann (UAE Team Emirates, con lui anche Juan Sebastian Molano), e Sam Bennett (BORA-hansgrohe).

In seconda fila ecco invece Bryan Coquard (Cofidis) sul quale continua a pesare lo zero nella casella vittorie nel World Tour, Danny van Poppel (ultimo uomo di Bennett, ma vedremo se sarà soltanto quello), Daniel Mclay (Arkéa Samsic), Mike Teunissen (Jumbo Visma) e i due spagnoli Francisco Galván (Kern Pharma) e Manuel Peñalver (Burgos-BH). Un nome che attende invece di rivelarsi al grande pubblico è quello del giovane belga Gerben Thijssen (Intermarché Wanty Gobert) che proprio in una volata della Vuelta – era il 2020 – ottenne uno dei suoi risultati migliori in carriera chiudendo al 2° posto la tappa di Aguilar de Campoo, battuto allo sprint solo da Ackermann. Thijssen pochi giorni fa ha conquistato al Giro di Polonia il successo più importante da quando corre vincendo proprio davanti ad Ackermann la volata con arrivo a Zamość.

Per quelle volate un po' più complesse presenti invece il talentuoso britannico Jake Stewart (Groupama FDJ), il neozelandese della Israel Premier Tech Paddy Bevin, l'ormai non più giovane John Degenkolb (DSM), che si dividerà presumibilmente il compito di sprintare con Nikias Arndt, e l'italiano Andrea Vendrame (AG2R) il quale però, all'esordio alla Vuelta, ha già dimostrato nei Giri d'Italia disputati di essere qualcosina di più di un corridore da arrivi di gruppo, ma potrà, se troverà la condizione strada facendo, tentare vincere andando in fuga, pure su percorsi impegnativi. Oltretutto il corridore veneto ambisce anche a un posto in maglia azzurra su un circuito adattissimo alle sue caratteristiche.

FUGHE, CRONOMAN E CLASSICOMANI

Uno dei corridori più attesi di questa edizione di corsa, Sergio Higuita - Foto Rafa Gomez/SprintCyclingAgency©2022

Ma non solo velocisti; c'è una lista di nomi da seguire con attenzione per altri tipi di arrivi: nelle prime giornate occhio a questi corridori che andremo a nominare anche in prospettiva classifica (parziale) grazie a tracciati che solleticano la loro fantasia. Sono tre che spiccano sopra gli altri, con background e caratteristiche differenti, ma tutti e tre con ambizioni importanti: Sergio Higuita, BORA-hansgrohe, è il primo. Il campione nazionale colombiano, scattista veloce, ma forte anche in salita, oltre a provare a far classifica e a rimanere il più possibile vicino a Hindley, avrà – crediamo – anche la necessaria libertà per provare a vincere qualche tappa.

Non ci sono troppe parole da spendere su Alaphilippe, se non: Forza Alan!

 

Julian Alaphilippe: inutile presentarlo, diciamo solo che arriva da una vigilia un po' tormentata. Oltre ai problemi che si porta avanti da inizio stagione – prima la caduta alle Strade Bianche poi quella alla Liegi che gli ha fatto saltare persino il Tour – ci si è messo anche Lefevere. Il sulfureo team manager della Quick Step pochi giorni prima del via ha dichiarato: «Lo scorso ha corso il Tour de France in preparazione al Mondiale, spero non si ripeta la stessa situazione [alla Vuelta]. Puoi farlo una volta, ma io non lo pago certo per vincere la maglia iridata con la Francia». La coppia Alaphilippe – Evenepoel promette comunque di dare spettacolo, con l'ingrediente Lefevere a dare pepe a tutto ciò che gira intorno al loro mondo.

Seppure con altre caratteristiche, Ethan Hayer per certi versi assomiglia a Wout van Aert; sarà il suo esordio in un Grande Giro, che impatto avrà? - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2022

 

Il terzo invece è un esordiente in una grande corsa a tappe: Ethan Hayter, INEOS - Grenadier, veloce, resistente, forte a cronometro, si difende anche in salite non troppo lunghe e pendenti, insomma un giovane coltellino svizzero britannico. Ha detto di puntare forte sulla prova contro il tempo di Alicante – ma il suo apporto sarà fondamentale anche nella crono di apertura. Dopo le due volate olandesi i percorsi vallonati in terra basca del quarto e quinto giorno di gara sembrano tagliati su misura per lui che potrebbe anche ambire a vestire una maglia rossa parziale.

Interessante in quanto veloce e capace di entrare in fuga il sudafricano della Israel Premier Tech, Daryl Impey, mentre sempre per le fughe da seguire il francese Quentin Pacher, in grande forma a inizio stagione, e il suo compagno di squadra in Groupama-FDJ Bruno Armirail. A proposito di fughe: la Bahrain ha due pedine come Luis Leon Sanchez e Fred Wright che in un Tour molto sottotono per la loro squadra, sono stati tra i più positivi andando vicinissimi al successo di tappa più di una volta, ma occhi puntati in casa Bahrain soprattutto sul già citato Buitrago, vincitore di una tappa in salita al Giro, è fra gli scalatori più attesi a questa corsa. A proposito di scalatori: Kenny Elissonde (Trek Segafredo) e Nans Peters (AG2R), entrambi francesi, proveranno a lasciare il segno in salita. Per il primo sarebbe un ripetersi alla Vuelta: un successo in carriera conquistato nel WT e fu proprio qui nell'ormai lontano 2013, per il secondo sarebbe il tentativo di iscriversi al club dei vincitori di tappa in tutti i Grandi Giri, dopo i successi al Giro (2019) e al Tour (2020).

De Gendt ha vinto la tappa di Napoli al Giro 2022, pronto per il bis?

C'è il fugaiolo per antonomasia Thomas De Gendt che disputerà il suo 23° Grande Giro, in squadra con lui l'australiano Harry Sweeny che dopo l'ottimo impatto con i professionisti lo scorso anno, quest'anno ha faticato oltremodo. Entrambi andranno a caccia di fughe con la speranza come detto in precedenza, di raccogliere punti per la Lotto Soudal.

Restando in Belgio, Xandro Meurisse e Gianni Vermeersch (Alpecin Deceuninck) sono altri due corridori che amano infiammare le tappe, uno in salita, l'altro nelle frazioni miste, infine Mark Padun, scelto all'ultimo dall'EF Education Easy Post al posto di Eiking, insegue il successo di tappa in fuga in salita, come il suo compagno di squadra, l'ecuadoriano Jonathan Caicedo.

Nominiamo anche quei corridori che, oltre a essere funzionali alla squadra, in pianura, in fuga e nella crono d'apertura, potrebbe provare a dire la loro, magari vincendo, l'unica crono individuale presente in Spagna. Parliamo di Remy Cavagna (Quick Step) e Rohan Dennis (Jumbo Visma)

ITALIANI

Antonio Tiberi a detta di molti rappresenta il futuro per l'Italia nelle grandi corse a tappe. In queste prime stagioni da professionista la Trek lo ha cresciuto per gradi e ora è arrivato il momento di lanciarlo alla Vuelta. Il suo compito è fare esperienza e capire cosa potrà fare nei prossimi anni - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2022

 

Detto di Vendrame a caccia di tappe, di Nibali e Pozzovivo , sempre loro, anche al Giro i migliori nostri compatrioti in classifica, dall'alto della loro classe e della loro età, di Fabbro gregario BORA, e di Masnada che sarà diviso tra una possibile voglia di puntare a un buon risultato nella generale – quella che avrebbe potuto fare al Giro senza problemi di salute che gli hanno sbarrato la strada in quasi tutto il 2022 – al dovere farsi in quattro per Evenepoel e Alaphilippe – ecco chi sono gli altri italiani a completare l'elenco dei 14 al via.

Il più atteso per certi versi è Antonio Tiberi (Trek Segafredo), all'esordio in un Grande Giro, gli misureremo le pulsazioni in classifica generale, ma senza troppe pretese. In corsa, di fianco a lui, uno dei più esperti corridori italiani e su cui probabilmente potrà contare più o meno sempre: Dario Cataldo.

Da Samuele Battistella (Astana), invece, tre anni più grande del passista scalatore laziale, ci aspettiamo qualcosa in più, ma non solo noi, è lui il primo che vorrà trovare la giornata buona per vincere una tappa. La concorrenza è forte, ma ha le qualità giuste per imporsi.

Davide Villella, per le fughe in montagna e magari provare a vincere di nuovo come qualche anno fa la maglia dei GPM, e Davide Cimolai, per le volate, saranno gli italiani in quota Cofidis, divisi tra ambizioni personali e di squadra, ma visto il roster dovrebbero avere sufficiente carta bianca. Discorso diverso invece per Edoardo Affini (Jumbo Visma), fondamentale in pianura per i capitani, il primo giorno nella cronosquadre e persino per le volate di Teunissen, e per Edoardo Zambanini, altro giovane - è un classe 2001- all'esordio in un Grande Giro. Il corridore veneto ha avuto un buonissimo impatto con i professionisti, si mette a disposizione, va forte un po' ovunque (tiene in salita, ha spunto veloce) e sarà molto utile alla causa. Di sicuro lavorerà per i capitani, ma speriamo che questo non diventi il suo mestiere anche in futuro perché le qualità per emergere ci sono. Obiettivo minimo a questa Vuelta? Arrivare fino a Madrid sarebbe già un bel punto di partenza.

Infine citiamo uno dei più giovani della pattuglia italiana, Filippo Conca (classe 1998, Lotto Soudal), in attesa ancora di capire cosa potrà diventare da grande si farà in quattro per la squadra, ma lo aspettiamo anche in fuga, e uno in assoluto dei più esperti del gruppo, quell'Alessandro De Marchi (Israel Premier Tech) sul quale scommetteremo un centesimo su qualche tentativo ben riuscito di portare una fuga all'arrivo come già successo proprio sulle strade spagnole.

IL PERCORSO

Il percorso in poche parole: partenza da Utrecht, il 19 agosto, e arrivo a Madrid, con passerella, l'11 settembre. Nessuna tappa sopra i 200km (!), nove arrivi in salita – tanti, troppi, assurdi, un continuo susseguirsi di unipuerto, ma è la Vuelta han detto, e tocca seguirla così – due cronometro (una a squadre ad aprire, l'altra dopo il secondo giorno di riposo, di 30km), tra le quattro e le sei volate, due in Olanda il secondo e terzo giorno, l'ultima a Madrid. Una terza settimana con poco sapore, mentre in generale si supereranno i 2000 metri solo sulla Sierra Nevada, sull'Alto hoya de la Mora (2492metri).

I FAVORITI DI ALVENTO

MAGLIA ROSSA

⭐⭐⭐⭐⭐ -
⭐⭐⭐⭐ Hindley, Roglic, S.Yates
⭐⭐⭐ Almeida, Carapaz, Mas E., O'Connor
⭐⭐Evenepoel, Arensman, Landa, Geoghegan Hart, Sivakov, Kelderman, Valverde, Carthy
⭐ Rodriguez, Lopez MA, Lopez J., Woods, Meintjes, Pozzovivo, Poels, Mäder, Buitrago, Uran, Chaves, Masnada, van Wilder

MAGLIA VERDE

⭐⭐⭐⭐⭐ Hayter
⭐⭐⭐⭐ Merlier, Yates S.
⭐⭐⭐ Hindley, Evenepoel, Alaphilippe
⭐⭐ Groves, Valverde, Higuita
⭐ Roglic, Carapaz, van Poppel, Stewart, Vendrame, Thijssen, Wright

MAGLIA A POIS

⭐⭐⭐⭐⭐ Buitrago
⭐⭐⭐⭐ Hindley, Hirt, Pinot
⭐⭐⭐Kuss, Madrazo, Je. Herrada
⭐⭐ Roglic, Valverde, Mas E., Lopez J
⭐ Champoussin, Peters, Caicedo, Chaves, Villella, Hanninen, Reichenbach

MAGLIA BIANCA

⭐⭐⭐⭐⭐ Almeida
⭐⭐⭐⭐ Arensman
⭐⭐⭐ Evenepoel
⭐⭐ van Wilder, Lopez J., Rodriguez
⭐ Champoussin, McNulty, Buitrago, Tiberi

Foto in evidenza: ASO/PHOTOGOMEZ


Ferragosto: c'è chi va e c'è chi torna

Ferragosto 2022. C'è chi va e c'è chi torna. Cambiamenti, non rivoluzioni. Il sole scalda, ma non come due settimane fa. Puoi trovare persino un po' di brezza se sei in giardino o stai passeggiando da qualche parte, da un affollatissimo lungomare, fino a una più tranquilla - ma nemmeno troppo - stradina di montagna.
Puoi avere paura dell'orso se ti inoltri in un sentiero, ma poi a un certo punto quello che senti ringhiare è lo stomaco, altroché, e sei pronto a ingozzarti con tutto quello che hai preparato o, visto che ormai si mangia fuori, con quello che puoi ordinare in trattoria.
Ferragosto 2022. C'è chi va e c'è chi torna. Nel giro di poche ore accade tutto ciò. Arrivano delle notifiche in una giornata che, a parte il pomeriggio che si accenderà a suon di ciclismo su pista, doveva andare via tranquilla, indisturbata, ma è colpa dell'abitudine, maledetta abitudine. Ti sei detto, guardandoti allo specchio con la massima sincerità di cui disponi: "oggi il telefono non lo tocco fino a sera", ma è una bugia e controlli lo stesso mentre aspetti un piatto di pasta (e che pasta!) e scorri le notizie fino alla prima che cattura la tua attenzione: "Tom Dumoulin abbandona il ciclismo con effetto immediato".
C'è anche una lunga lettera con la quale l'olandese stavolta dice basta - bravo Tom, grazie Tom -, non ce la fa più, e noi ci sentiamo vicini alla sua scelta ancora di più di quando decise di riprendere a correre e tirò fuori una prestazione che gli valse la medaglia olimpica un anno fa.

C'è chi va, come Tom Dumoulin, che anticipa il suo ritiro di un paio di mesi: «Volevo chiudere la mia carriera con il botto ai campioni del mondo in Australia - sui suoi profili social (https://www.facebook.com/tomdumoulinofficial/) - e ho sognato di affrontare quelle strade come quelle di Tokyo. Con il senso di libertà che mi contraddistingue, con le mie motivazioni, alle mie condizioni, con il sostegno della squadra. Ma poi mi sono accorto di non riuscirci più. Il serbatoio è vuoto, le gambe si sentono pesanti e gli allenamenti non vanno come pensavo. Ora è il momento di godermi altre cose della vita ed esserci per le persone a cui tengo. Un grande grazie alla mia squadra e a tutti coloro che mi hanno sostenuto e hanno vissuto con me questa fantastica carriera».
Dumoulin lascia il ciclismo con 1 Giro vinto, 3 tappe al Tour, 4 al Giro e 2 alla Vuelta, un mondiale a cronometro, due argenti olimpici e uno mondiale, sempre contro il tempo, altri due podi al Giro e al Tour nel 2018 diventando uno dei corridori più vicini alla storica doppietta Giro-Tour nello stesso anno, da diverso tempo.
Ma il mondo è fatto di questo, di equilibri, di dimensioni, di vuoti da colmare e spazi da riempire: c'è chi va, ma poi c'è chi torna quasi come un gioco del destino.
È Egan Bernal che fra poche ore prenderà il via del Postnord Danmark Rundt, il Giro di Danimarca per capirci. Non corre da quasi un anno e dopo l'incidente si è detto di tutto, dal non vederlo più in bici, fino a bruciare le tappe per essere in gara il prima possibile. In realtà, tra fughe di notizie e speranze, la tabella di marcia è stata quasi perfettamente rispettata.
In una terra che ama il ciclismo come quella danese, riparte la seconda vita di Egan Bernal che ha detto, alla vigilia del suo rientro, in maniera molto concreta, di aspettare questo momento dal giorno in cui si è risvegliato in ospedale e che questi mesi, difficili, li porterà per sempre con se. Oggi rientra in corsa Bernal e questa non può che essere la più bella notizia di oggi.
Rientra in corsa Bernal con un Giro e un Tour sulle spalle e poi chissà...
Un abbraccio Tom, un buon rientro Egan, a entrambi per la vostra nuova vita.


Tutta di un fiato

Come una tazza piena fino all'orlo, sbattuta sul tavolo e poi tracannata in un solo sorso. Il liquido da mettere dentro sceglietelo voi.
Tutto in poco più di sessanta secondi, da quando Bissegger pennella la rotonda che porta verso il Siegerstor, l'arco di trionfo che segue Ludwigstrasse a Monaco di Baviera e che interrompe l'arrivo a tutta velocità del plotone. Ma per lo svizzero è solo un'illusione, quella di poter anticipare, a poco più di due chilometri dalla fine, la sacrosanta e già sancita volata di gruppo.
Tutto in circa un minuto a complicare le manovre di un treno, quello italiano, blu più che azzurro, che si perde ai 600 metri dal traguardo; vengono a mancare un po' le gambe, un po' il tempismo, un po' il coraggio e qualche vagoncino, e alla fine «da dietro arrivavano più forte e ci è andata male» ha detto Guarnieri, mentre Dainese, con Viviani, veniva risucchiato dall'inerzia del gruppo.
Tutto in quegli attimi a dividere speranze e sfiducia, oppure la realtà dai sogni che oggi per Fabio Jakobsen sono più o meno la stessa cosa. I sogni (e la realtà), come quelli dell'Olanda con van Poppel che oggi prova a sancire il sorpasso su Mørkøv come miglior pesce-pilota del gruppo, trascinando Jakobsen alla conquista del titolo europeo e di quella maglia che vestirà fino all'anno prossimo. «È stato bello, molto bello» ha detto van Poppel, raggiante, a fine corsa. «In questi giorni io e Fabio abbiamo diviso la stanza e questo è servito anche a capire e concordare alcune cose. Ad esempio: Jakobsen preferisce essere portato davanti e lasciato dove vuole lui possibilmente in scia a un avversario per poi aprirsi e sfogare la sua potenza, mentre Bennett (con il quale corre tutto l'anno in maglia BORA, Nda), vuole essere lasciato con la strada libera davanti».
In quegli attimi Jakobsen sceglie la ruota giusta, quella che vuole lui, in quegli attimi dove sarà passato di tutto dalla sua testa, ma oggi non ci interessa, se n'è già parlato sin troppo e Jakobsen è un anno che va di nuovo forte, fortissimo.
Quello che conta è che tutto d'un fiato Jakobsen, fatto di velocità e potenza, affianca Merlier e lo sorpassa. Quello che conta è stato aver scelto la ruota giusta e aver rimesso la propria davanti, dove merita di stare.


Quelle foto, quelle volte e poi domani

La prima immagine è del 2018, dell'estate del 2018. Quel giorno la pioggia era come un incessante ticchettio che rivoltò il percorso dell'Europeo di Glasgow: da semplice contesa per uomini veloci, ma resistenti, a gente avvezza a contesti più impegnativi, una sfida tra uomini - ragazzi - granitici.
Quell'immagine è del 2018, e quell'arrivo fu il primo a regalare i quattro titoli consecutivi che l'Italia di Cassani è riuscita a conquistare nelle rassegne continentali. All'epoca qualcuno forse si fece sfuggire l'importanza di quel podio - non del successo in sé. Davanti arrivò Trentin che, dopo una condotta di gara dai tratti somatici vicini a quelli della perfezione da parte dell'Italia, conquistò uno dei suoi successi più importanti in carriera (ah, maledetta volata di Harrogate poco più di dodici mesi dopo!), dietro di lui van der Poel e van Aert immortalati sul podio con delle facce poco convinte, poco sorridenti, a dimostrazione di quello che è da anni la loro fame, ma ancora con le sembianze di chi sembrava aver intrapreso da poco la strada dell'adultità. Primo Trentin, secondo van der Poel e terzo van Aert: a leggerlo oggi sembra qualcosa a cui si farebbe fatica a crederci.
2019, siamo ad Alkmaar, Olanda. È l'anno di Viviani e anche qui, la nazionale va che è una meraviglia; su strada è il migliore (o quasi) Viviani di sempre, ed è un Viviani che non si ciba di sole volate pure: l'arrivo con cui sconfigge Lampaert e Ackermann andati via nel finale è la dimostrazione. Ancora un percorso facile, sulla carta, ancora una nazionale che corre come si deve, ancora un successo. Poi arriva il 2020, a Plouay, Francia, ed è volata quasi vera e pura stavolta, e Ballerini che pilota Nizzolo, e poi Nizzolo che vince. Secondo Démare, terzo ancora Ackermann.
Infine a Trento è il giorno di Colbrelli, lo ricordiamo bene. Colbrelli che va via con Cosnefroy ed Evenepoel; Colbrelli che resiste agli affondi di Evenepoel; Colbrelli che batte Evenepoel davanti al Duomo di Trento e lo fa ammattire ma fa impazzire tutti.
E poi arriva domani in un lampo: Nizzolo - si è chiamato fuori dopo una caduta in gara in Belgio qualche giorno fa - e Colbrelli - ahinoi - non ci saranno, Trentin e Viviani sì, ma soprattutto non sarà più la nazionale di Cassani, ma quella di Bennati. Soprattutto non sarà la nazionale da battere - Belgio (Merlier), Germania (Bauhaus e Ackermann) e Olanda (Jakobsen) favorite, occhio alla Francia (Démare) e alla Danimarca (Pedersen). Ci sarà Dainese che sta andando dannatamente forte da mesi a questa parte. I favoriti sono altri, abbiamo detto, ma domani sogniamo lo stesso che tanto è gratis.