Il questionario cicloproustiano di Elena Bissolati

Il tratto principale del tuo carattere?
Testarda, determinata
Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Simpatia, essere premuroso e socievole
Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
Personalità, semplicità
Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
Stima, rispetto e pazzia
Il tuo peggior difetto?
Impulsiva, a volte impaziente
Il tuo hobby o passatempo preferito?
Ascoltare musica, disegnare, uscire con amici, guardare film/serie tv
Cosa sogni per la tua felicità?
Di non aver rimpianti e di godermi ogni cosa che faccio con serenità
Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
Per scaramanzia meglio non pensarci
Cosa vorresti essere?
Un animale
In che paese/nazione vorresti vivere?
Sono tradizionalista, mi piace il paese in cui vivo
Il tuo colore preferito?
Verde
Il tuo animale preferito?
La pantera
Il tuo scrittore preferito?
Non ne ho uno preferito, mi piace leggere thriller/gialli, narrativa/suspense
Il tuo film preferito?
Ce ne sono tanti... The others, Miglio Verde, Genio ribelle, Sette anime ed i "fantasy" come Harry Potter, La bussola d'oro, I pirati dei caraibi...e, come serie tv, Stranger Things
Il tuo musicista o gruppo preferito?
Linkin Park
Il tuo corridore preferito?
Kristina Vogel
Un eroe nella tua vita reale?
Mio papà e mio fratello
Una tua eroina nella vita reale?
Mamma
Il tuo nome preferito?
Marco
Cosa detesti?
La falsità e l'incoerenza
Un personaggio della storia che odi più di tutti?
Hitler
L’impresa storica che ammiri di più?
Il diritto al voto delle donne
L’impresa ciclistica che ricordi di più?
Europei e mondiali in pista
Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Da quella che devo ancora fare
Un dono che vorresti avere?
L'invisibilità
Come ti senti attualmente?
Serena
Lascia scritto il tuo motto della vita
Tutto arriva al momento giusto. Sii paziente


Il questionario cicloproustiano di Sofia Bertizzolo

Il tratto principale del tuo carattere?
Decisione

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Intraprendenza

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
Praticità

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
Sincerità

Il tuo peggior difetto?
Schiettezza

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Curare il verde

Cosa sogni per la tua felicità?
La salute fisica e mentale delle persone a cui voglio bene

Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
La morte

Cosa vorresti essere?
Un gabbiano per volare sul mare

In che paese/nazione vorresti vivere?
Italia

Il tuo colore preferito?
Rosso

Il tuo animale preferito?
Leone

Il tuo scrittore preferito?
Non ne ho uno in particolare

Il tuo film preferito?
Il ciclone

Il tuo musicista o gruppo preferito?
Maneskin

Il tuo corridore preferito?
Non ne ho uno

Un eroe nella tua vita reale?
Nonno Vittorio

Una tua eroina nella vita reale?
La mia prima allenatrice donna, Fabiana

Il tuo nome preferito?
Eros

Cosa detesti?
Le persone indecise e il sushi

L’impresa storica che ammiri di più?
La Resistenza partigiana della Seconda Guerra Mondiale

L’impresa ciclistica che ricordi di più?
Annemiek Van Vleuten che vince la "Course" con una rimonta incredibile su Van der Breggen. Mi sembra che fosse il 2018

Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Tutte le corse in cui vesto la maglia azzurra

Un dono che vorresti avere?
Essere sorda a comando per non sentire certi commenti infelici sulle donne

Come ti senti attualmente?
Libera e leggera

Lascia scritto il tuo motto della vita
L'esperienza conta più della grammatica


Si sta come d'autunno sui tornanti

Contributo di Michele Merelli

Per la mia famiglia, bici è sinonimo di vacanza. E’ occasione di ritrovarsi. Sì, perché, lavorando in pizzeria, Ferragosto, Natale e Pasqua non possono essere giorni di ferie. Così, da più di 10 anni, che io fossi in Olanda per studio o che mio fratello fosse impegnato in qualche gara ciclistica in giro per l'Italia, la bici con le sue ruote tornavano periodicamente a riunirci.

Spesso la tappa della nostra riunione era il Nord. Le classiche di primavera: “La Liegi” e “Il Fiandre”. Vacanze piene di difficoltà altimetriche, di muri in sanpietrini, alleggeriti da birre d’abazia e stroopwaffle. Alleggeriti dal pubblico che, 24 ore prima del passaggio “dei pro”, saluta da fuori casa gli amatori, supportandoli e, se fa freddo, magari offrendo caffè caldo. La loro passione, segnalata dalle bandiere col leone belga delle Fiandre, è indescrivibile. Così come è indescrivibile la macchina di turismo e di bellezza che nasce intorno a giornate come il giro delle Fiandre. L’ultima volta che ci siamo stati, mio fratello scherzava: “Sarebbe bello avere quella casa lì, con la terrazza sul Koppenberg”.

La nostra terrazza a Orezzo dà su Passo Ganda. Da qualche anno, la salita è stata introdotta come tassello fondamentale del Lombardia. La quinta, autunnale, non a caso spesso un po’ dimenticata Classica Monumento. Sancisce la fine della stagione ciclista. Quest’anno, sancisce la fine della carriera di un grande ciclista, Thibaut Pinot. Il terrazzo di Ganda è dove il collettivo artistico belga PNCHR ha deciso di rendere omaggio all’atleta, dipingendo per terra quello che ho subito associato ad un “piccolo Bansky per la Valseriana”.
Ma spesso in Italia i sogni durano meno di 24 ore. Non aspettano “i pro”. Con il tramonto del giorno, la dimostrazione di quanto non sappiamo valorizzare la nostra bellezza (e quella che dall’estero vengono a promuovere): la faccia di Pinot vandalizzata insieme ad altre scritte che aspettavano il Lombardia.

La meraviglia dell’essere al centro del mondo ciclistico è stata così sostituita da amarezza e delusione. “La street art è anche questo”, mi han risposto i ragazzi del collettivo su Instagram. Sì, è anche questo, ma non deve per forza essere questo.
Tanti i temi che si potrebbero aprire dopo quanto è successo: sulla cultura dell’andare in bici e del farlo in modo sicuro, sul valore ecologico, sociale e di salute che questo sport può dare. Tanti gli insegnamenti che può darci il Belgio, a riguardo.
Ma è la stessa bicicletta ad insegnare a pedalare e “fare sito”, spezzando parole e pensieri (e un po’ di rabbia) a colpi di costanti pedalate. Domani – in via del tutto eccezionale – anche a forza di sospiri d’attesa, di urla di supporto e di pa’ e strinù.


Il questionario cicloproustiano di Claudia Cretti

Il tratto principale del tuo carattere?
Sono una ragazza simpatica, sempre pronta ad una battuta e socievole

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Degli uomini non considero molto la bellezza ma la capacità di ragionare e nel modo in cui usa la testa

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
Delle donne noto subito se c'è una forte intesa

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
La qualità migliore dei miei amici è quella di essermi stati vicino nei momenti più bui della mia vita e anche quelli di gioia e soddisfazione

Il tuo peggior difetto?
Si nota sia dal volto che da come parlo quando mi arrabbio

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Amo leggere e ascoltare la musica, quando ho l'occasione mi piace andare nei musei e a volte ad un concerto

Cosa sogni per la tua felicità?
Dimostrare il mio valore e la mia forza nelle gare più importanti all'estero e viaggiare per conoscere la storia e la cultura delle persone fuori dall'Italia

Quale sarebbe per te la più grande disgrazia?
La scomparsa di una tra le persone a cui tengo molto

Cosa vorresti essere?
La sportiva più conosciuta in Italia

In che paese/nazione vorresti vivere?
Vorrei abitare o in Belgio o in Olanda: due paesi in cui rispettano ogni ciclista, pensano che il ciclismo sia lo sport migliore al mondo e utilizzano la bici sia per andare al lavoro, che per la spesa o per portare i nipoti /figli a scuola

Il tuo colore preferito?
Blu/fucsia

Il tuo animale preferito?
Cane, ti accompagna sempre

Il tuo scrittore preferito?
Ken Follet

Il tuo film preferito?
Ne ho visti molti, uno più bello dell'altro; forse uno tra i migliori è "La casa degli spiriti"

Il tuo musicista o gruppo preferito?
Vasco Rossi è il mio preferito, ma ascolto anche diversi generi: AC/DC, Beatles, Billie Eilish, Meduza

Il tuo corridore preferito?
Marco Pantani, ho iniziato ad andare in bici vedendolo alzare le braccia dopo gli arrivi con salite dure

Un eroe nella tua vita reale?
Giuseppe un poliziotto che ha contribuito a salvarmi la vita, rischiando la sua

Il tuo nome preferito?
Celeste

Cosa detesti?
Chi insulta e alcuni tipi di cibo

Un personaggio della storia che odi più di tutti?
Hitler

L'impresa storica che ammiri di più?
Nascita dei libri stampati: Gutenberg

L'impresa ciclistica che ricordi di più?
La mia vittoria agli Europei in pista a soltanto 17 anni

Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Dai mondiali. Si finiscono sia nel bene che nel male

Un dono che vorresti avere?
Capire bene le persone con cui parlo e che frequento

Come ti senti attualmente?
Felice dei miei risultati, ma pronta ad alzare l'asticella per puntare più in alto l'anno prossimo

Lascia scritto il motto della tua vita?
Ad maiora


Il questionario cicloproustiano di Elisa Longo Borghini

Il tratto principale del tuo carattere?
Determinazione.

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Onestà.

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
Onestà.

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
La loro capacità di farmi sorridere e di farmi stare bene.

Il tuo peggior difetto?
Ho la memoria troppo lunga.

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Leggere. Ma anche "fare niente", perché adesso a tutti piace dire che hanno mille hobby. A me piace anche riposare.

Cosa sogni per la tua felicità?
Avere l'orto.

Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
Perdere la memoria.

Cosa vorresti essere?
Il vento.

In che paese/nazione vorresti vivere?
Norvegia

Il tuo colore preferito?
Blu elettrico.

Il tuo animale preferito?
Il cane e l'asino.

Il tuo scrittore preferito?
Carlos Ruiz Zafón

Il tuo film preferito?
City of angels

Il tuo musicista o gruppo preferito?
Imagine Dragons / The Coldplay

Il tuo corridore preferito?
Mr G! Thomas!

Un eroe nella tua vita reale?
Mio papà.

Una tua eroina nella vita reale?
Rita Levi- Montalcini

Il tuo nome preferito?
Alessandro

Cosa detesti?
L'ananas sulla pizza

Un personaggio della storia che odi più di tutti?
Gavrilo Princip, anche se la Prima Guerra Mondiale sarebbe iniziata lo stesso.

L’impresa storica che ammiri di più?
La Resistenza.

L’impresa ciclistica che ricordi di più?
Chris Froome sul Colle delle finestre, Giro 2018

Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Tour de France

Un dono che vorresti avere?
Un figlio, in futuro.

Come ti senti attualmente?
Assonnata.

Lascia scritto il tuo motto della vita
"Non maledire il buio, accendi una candela!"


Dugnad, renne, corridori e sorrisi: la magia di un viaggio in Norvegia

Racconto e foto di Federico Guido

18 agosto 2017. Dopo aver trascorso le ultime ore più per aria, tra decolli e atterraggi, che coi piedi sulla terraferma, col terzo volo di giornata atterriamo delicatamente sulla pista dell’aeroporto di Tromsø, località dalla quale, stando al programma dell’agenzia di viaggio, inizieranno i nostri nove giorni alla scoperta delle Isole Lofoten e del Finnmark. Nell’attesa di espletare le solite pratiche burocratiche per il ritiro delle auto a noleggio, decido di fare due passi fuori dall’aeroporto dove, subito dopo il contorno definito dei monti e l’azzurro acceso del cielo, il mio sguardo viene attirato da un cartello giallo con una grossa freccia nera al centro appeso a un palo a qualche decina di metri da me. Un presentimento mi dice di averne già visti di simili da qualche parte e, avvicinandomi di qualche passo, i miei sospetti vengono confermati: è uno dei classici cartelli direzionali che gli organizzatori delle corse di ciclismo dispongono lungo il tragitto per indicare la via a corridori e mezzi al seguito. Incuriosito, decido di coprire la distanza che mi separa dal parallelepipedo di cartone e poco dopo, mettendo a fuoco l’inequivocabile dicitura riportatavi, diventa chiaro per quale manifestazione fosse stato sistemato lì quel cartello: Arctic Race of Norway. Senza che lo abbia chiesto, la mia memoria si affretta a riaprire un paio di files e, in men che non si dica, mi proietta davanti agli occhi le immagini dell’azione vincente di Gianni Moscon dell’anno prima e quelle, molto più fresche, del transito del gruppo vicino ad un aeroporto che, alzando nuovamente gli occhi e sommando gli addendi, realizzo essere quello che mi ha permesso poco fa di sbarcare a 69° 40’ di latitudine Nord. “Che peccato”, penso tra me, “sarebbe stato entusiasmante capitare quassù con la corsa ancora nei paraggi: chissà che spettacolo dev’essere seguire per più giorni un evento simile in un contesto ambientale del genere, così esigente e affascinante...”.

 

 

17 agosto 2023. Sto atterrando ad Alta e, mentre vengo rapito dalle chiazze cristalline dell’acqua nel fiordo sottostante, quell’episodio riaffiora nella mia testa. Sei anni dopo, l’interrogativo che mi ero posto fuori dall’aeroporto di Tromsø sta per trovare risposta. Alta, infatti, è sede del traguardo della prima tappa della decima, storica edizione dell’Arctic Race of Norway e da qui, per i prossimi tre giorni, partirò per toccare con mano l’atmosfera dell’evento, capire dal vivo dove risieda il suo fascino e, più in generale, assorbire appieno tutto ciò che questo potrà regalarmi.

22 agosto 2023. Quella del plateau di Sennalandet, passaggio obbligato per raggiungere via terra le isole di Kvaløya e Magerøya e, volendo, spingersi anche più in là verso Vadsø, Vardø e Kirkenes ai confini nord-occidentali della Norvegia, è una vastità che incanta, aspra, immobile, silenziosa, una vastità che lascia senza parole e che viene naturale, quando si transita da queste parti, riempire in qualche modo. Se gli occhi, da par loro, possono trovare occupazione contemplando gli spazi vuoti e cercando, ora a sinistra ora a destra, nuovi punti su cui fissarsi, la mente è inevitabile che prenda un’altra strada e inizi a vagare libera perdendosi tra riflessioni, istantanee e constatazioni di vario tipo. Le mie, tornando verso Alta, hanno tutte come oggetto quello che ho vissuto nelle giornate spese nella scia dell’Arctic Race of Norway, una manifestazione e un’esperienza che, per tutta la bellezza che mi è stata riversata negli occhi e nel cuore in 96 ore, non posso che definire che con un solo (ma abbastanza esemplificativo) termine: meravigliose. Meravigliosa è innanzitutto la cornice ambientale che, è proprio il caso di dirlo, ospita la corsa e non il contrario. Un esempio? Le numerose volte in cui ci siamo trovati a fermare l’auto di fronte al transito, isolato o in gruppo, sulla sede stradale dei tanti esemplari di renna che popolano questo angolo di Norvegia: sono loro qui, con il loro ritmo e le loro imprevedibili marce alla ricerca del miglior angolo in cui brucare, a dettar legge e a obbligare autisti e ciclisti ad adeguarsi prestando, sul mare, sulle montagne e a volte anche nei centri urbani, le attenzioni del caso.


Anche per questi incontri ravvicinati dell’animale tipo, si è portati a muoversi con rispetto e una leggera forma di timore all’interno di questo scenario che ti incanta, ti rapisce e ti stravolge a tal punto da farti dimenticare facilmente il motivo della tua presenza qui, ovvero una corsa di ciclismo. Percorrendo in lungo e in largo le strade del Finnmark nei giorni di gara, abbiamo visto giornalisti, soigneur, tifosi e persone dell’organizzazione non restare indifferenti di fronte agli spettacoli paesaggistici di quest’angolo di Norvegia e fermarsi per imprimere, nelle loro retine o nelle fotocamere dei loro cellulari, la bellezza di ciò che gli si parava davanti. Che si trattasse della sinuosità e dell’alternanza di spiagge sabbiose e ripide salite della Route 889, di altopiani brulli con le sembianze di passi alpini, del suggestivo avvicinamento a Nordkapp e dal susseguirsi di insenature e penisole attorno a esso, di un arcobaleno spuntato all’improvviso, di scogliere smussate dall’implacabile vento artico, di graziose e variopinte casette in legno dislocate nei punti più inospitali della costa, dell’odore di conifere miscelato all’aria salina del mare o semplicemente di quella natura rude e dai tratti quasi primordiali che non può non smuovere qualcosa dentro, in tanti tra corridori, addetti ai lavori e appassionati non hanno saputo resistere e sono rimasti stregati dal contesto scenografico in cui si è svolta l’ARN 2023 apprezzando oltremodo la scelta degli organizzatori di riportare la corsa in queste zone cinque anni dopo l’ultima volta.

Da Alta a Capo Nord, passando per Kvalsund e Hammerfest, ad impressionare positivamente tuttavia non sono stati solamente i panorami e le perle naturalistiche disseminate lungo il percorso di gara ma anche, se non soprattutto, il calore e la vicinanza espressi dalla gente del posto. Per quattro giorni, lungo le strade e i paesi interessati dal passaggio della corsa, abbiamo visto anziani, giovani, donne e intere famiglie mobilitarsi e spendersi nei modi più disparati per accogliere al meglio l’evento: c’era chi adornava con una sequela di bandierine il recinto di casa, chi dipingeva le proprie biciclette per poi disporle a bordo strada, chi costruiva simpatici fantocci, chi addobbava pali della luce e trattori con ruote e bici di seconda mano, chi offriva un (apprezzatissimo) bicchiere di caffe, chi organizzava balli, chi sorvegliava e incoraggiava i bambini nei piccoli circuiti cittadini allestiti appositamente per loro. Tale moltitudine di gesti e iniziative, sintomo di grande attaccamento all’evento, non poteva passare sottotraccia e, venendo dall’esterno, ci ha stupito a tal punto da chiedere in giro spiegazioni a riguardo. “È lo spirito del dugnad”, ci ha detto decisa una delle ragazze dello shop ufficiale della corsa ad Alta in attesa della conclusione della prima tappa. “Non è semplice da spiegare, è qualcosa di tipicamente norvegese: in pratica le persone si impegnano, su base volontaria, a fare qualcosa per il bene della comunità, in questo caso rendere una manifestazione sportiva ancora più grande di quello che è”. Da queste parole capisco, e capirò ancora di più una volta terminata la manifestazione, che l’Arctic Race rappresenta per le persone del posto “molto più che una semplice gara di ciclismo” (non a caso, uno degli slogan della corsa): sebbene a tutti gli effetti si tratti di un evento passeggero, anche se solo per qualche ora l’ARN è come se diventasse un gioiello di loro proprietà da lucidare, esibire e mettere in bella mostra, un diamante caduto sulla strada in grado di riflettere la bellezza del loro territorio, un prezioso da custodire con fierezza e contagioso entusiasmo. Un’autorevole conferma in questo senso ci è stata data, scendendo dalla ventosa collina di Havøysund (teatro della vittoria di Stephen Williams grazie alla quale il britannico della Israel-Premier Tech è andato poi a ipotecare il successo finale per 1” su Christian Scaroni), da Thor Hushovd, uno che, prima di diventarne ambassador, all’Arctic Race of Norway ha scritto pagine importanti. “Siamo in un posto in Europa e nel mondo dove non ci sono molti eventi sportivi” afferma il campione del mondo di Melbourne 2010. “Per questo, quando ne capita uno da queste parti, la gente se ne appropria e ne va molto orgogliosa. Il ragionamento che fanno è “Non possiamo dare per scontata la presenza di questo evento, dobbiamo dimostrare che la gara merita di venire da noi e quindi ce ne prenderemo cura”. Ecco perché si vedono le persone fare così tante cose”. Ed ecco perché chiunque, dai corridori ai ragazzi della carovana pubblicitaria fino a noi giornalisti, abbia incrociato anche fugacemente lo sguardo delle persone a bordo strada ha ricevuto sempre in cambio festosi saluti e, soprattutto, meravigliosi sorrisi, di quelli che ti rimangono dentro, che ti scaldano l’anima e che ti abbracciano, sorrisi che ti fanno venir voglia di contraccambiare con altrettanto calore e che portano a chiederti “Perché? Cosa ho fatto per meritarmi tutto questo affetto?”.

A questa domanda purtroppo, come sempre accade quando ci si interroga sulla natura di gesti spontanei e genuini prodotti da quella sfuggente forza che è la sensibilità umana, non ho trovato risposta. A quella invece che mi ero fatto quel pomeriggio di sei anni fa fuori dall’aeroporto di Tromsø su come dovesse essere vivere en plein air e non davanti a uno schermo una corsa come l’ARN, ora posso rispondere usando sinteticamente un solo aggettivo. Sì, l’avrete capito, è proprio quello, lo stesso che può descrivere come sia stato vedere un’aquila di mare librarsi in cielo a pochi metri di distanza, sentire il ritmico tambureggiare dei tifosi sui cartelloni pubblicitari ad ogni arrivo di tappa, trovare conforto in un kanelbulle e un the caldo dopo esser stati presi letteralmente a schiaffi da raffiche taglienti, contemplare i giochi di luce al tramonto sugli irregolari profili delle isole di Måsøya e Hjelmsøya, osservare i corridori giungere e poi essere premiati a pochi metri dall’iconico Globo di Capo Nord con alle spalle nulla se non chilometri di grigio mare: semplicemente meraviglioso.


Il questionario cicloproustiano di Elena Pirrone

Il tratto principale del tuo carattere?
La testardaggine

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
L'onestà

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
La lealtà

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
Il fatto che ci siano sempre

Il tuo peggior difetto?
La testardaggine

Il tuo hobby o passatempo preferito?
La lettura

Cosa sogni per la tua felicità?
Poter realizzare tutti i miei sogni

In che paese/nazione vorresti vivere?
Mi piace il mio paese, quindi dico Italia, senza dubbi

Il tuo colore preferito?
Azzurro

Il tuo animale preferito?
L'orso

Il tuo scrittore preferito?
In realtà non ne ho uno in particolare

Il tuo film preferito?
Anche qui non riesco ad individuarne uno in particolare

Un eroe nella tua vita reale?
Mio papà

Una tua eroina nella vita reale?
Mia mamma, sennò si offende -ride divertita- scherzo

Il tuo nome preferito?
Elena

Cosa detesti?
Le bugie

Un dono che vorresti avere?
Saper leggere nella mente delle persone

Come ti senti attualmente?
Bene

Lascia scritto il tuo motto della vita
Crederci sempre


Il questionario cicloproustiano di Erica Magnaldi

Il tratto principale del tuo carattere?
Gentilezza

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Umorismo

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
Sincerità

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
Spensieratezza

Il tuo peggior difetto?
Eccessiva autocritica

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Stare immersa nella natura

Cosa sogni per la tua felicità?
Raggiungere i traguardi per cui lavoro sodo

Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
Non poter più praticare sport

Cosa vorresti essere?
Più sicura di me

In che paese/nazione vorresti vivere?
La mia, Italia

Il tuo colore preferito?
Blu

Il tuo animale preferito?
Cane

Il tuo scrittore preferito?
Jack London

Il tuo film preferito?
Braveheart

Il tuo musicista o gruppo preferito?
The Cranberries

Il tuo corridore preferito?
Lizzie Deignan

Un eroe nella tua vita reale?
Il mio ragazzo

Una tua eroina nella vita reale?
Mia nonna

Il tuo nome preferito?
Nike

Cosa detesti?
Fallire

Un personaggio della storia che odi più di tutti?
Hitler

L’impresa storica che ammiri di più?
La resistenza partigiana

L’impresa ciclistica che ricordi di più?
La vittoria di Nibali a Sant’Anna di Vinadio

Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Il mondiale

Un dono che vorresti avere?
La volata

Come ti senti attualmente?
Ambiziosa

Lascia scritto il tuo motto della vita
“Mens sana in corpore sano”


Il questionario cicloprostiano di Alice Maria Arzuffi

Il tratto principale del tuo carattere?
Determinazione

Qual è la qualità che apprezzi in un uomo?
Rispetto e positività

Qual è la qualità che apprezzi in una donna?
Intraprendenza

Cosa apprezzi di più dei tuoi amici?
Semplicità

Il tuo peggior difetto?
Fissarmi sul negativo quando qualcosa non va come dovrebbe - overthinking

Il tuo hobby o passatempo preferito?
Cucinare

Cosa sogni per la tua felicità?
Una famiglia felice e un lavoro che mi dia soddisfazione

Quale sarebbe, per te, la più grande disgrazia?
Perdere i miei cari

Cosa vorresti essere?
Me stessa, più sicura o forse la nostra cagnolina Gina

In che paese/nazione vorresti vivere?
Italia

Il tuo colore preferito?
Rosa

Il tuo animale preferito?
Cane (bassotto)

Il tuo scrittore preferito?
Carlos Ruiz Zafón

Il tuo film preferito?
Harry Potter / A star is born

Il tuo musicista o gruppo preferito?
Rihanna - Lady Gaga - Cesare Cremonini - Vasco Rossi: difficile sceglierne uno

Il tuo corridore preferito?
Wout Van Aert

Un eroe nella tua vita reale?
Mio papà

Una tua eroina nella vita reale?
Mia mamma

Il tuo nome preferito?
Giulio / Adelaide

Cosa detesti?
Fare la valigia

Un personaggio della storia che odi più di tutti?
Hitler

L’impresa ciclistica che ricordi di più?
Mathieu van der Poel, Amstel Gold Race 2019

Da quale corsa non vorresti mai ritirarti?
Mondiale /Olimpiade

Un dono che vorresti avere?
Teletrasporto

Come ti senti attualmente?
Bene, serena

Lascia scritto il tuo motto della vita
Soffrire/rinunciare oggi per godere domani


Granguanche Audax Road 2023

“It’s a demanding route for experienced riders as it includes serious climbs, high mountains, and remote areas. Experienced means well trained, technically skilled, and wisely equipped. Exhaustion, sleep deprivation, and night rides add even more risk to a challenging ride. Participants are fully responsible for their safety and logistics.”

Queste sono le prime parole che leggo sul sito. Affascinante vero? La descrizione prosegue...

“Granguanche is a cycling route across the Canary Islands. It’s a ride to the next ferry planned in three options for any choice of bike and terrain. From sandy beaches to snowy peaks, through empty deserts, enchanted rainforests, moon-like volcanic landscapes, lush tropical canyons, sand dunes, black lava fields and ancient pine forests. This archipelago seems to host every corner of the planet…and some sights from another world.”

Le isole in questione sono le Canarie, distanti solo 100 km dal Marocco, i cui i paesaggi spaziano da spiagge di sabbia nera, deserti, foreste tropicali, paesaggi vulcanici che sembra di stare sulla luna, canyons vertiginosi, e boschi di pini, e sullo sfondo l’oceano che si confonde con il blu del cielo.

Ma facciamo un passo indietro. Che cos’è la Granguanche Audax? La Granguanche è un evento di ultra-cycling che attraversa l’arcipelago delle isole Canarie. L'evento segue le classiche regole e i principi degli eventi senza supporto di ultra-cycling, ma nello spirito dell’Audax, e quindi i partecipanti possono fare gruppo e drafting, cioè pedalare dietro un altro ciclista approfittando del fatto che blocca il vento. Si può scegliere tra tre tipi di percorso a traccia fissa - trail, MTB oppure road - e diversi tipi di pace, cioè le andature. Chi riesce a mantenere l’Audax pace e completare il percorso in meno di 48 ore, riceve addirittura il rimborso dell’iscrizione! Gli altri pace vanno dai 3 ai 5 giorni. In realtà non c’è un vero e proprio limite di tempo. Le andature fornite sono delle risorse per pianificare. Il tempo limite è dettato solo dai traghetti per le isole. È una gara del tutto personale contro il tempo, non contro gli altri partecipanti. Il ritmo lo decidi tu e la competizione è solo con te stesso. Il concetto è semplice: pedala nel minor tempo possibile per prendere il traghetto per la prossima isola.

La cosa mi stuzzica abbastanza da iscrivermi senza troppi pensieri.
Scelgo la traccia Road che consiste in 600 km di percorso e 14000 metri di elevazione, 5 isole e 4 traghetti. Il mio obiettivo è quello di seguire il pace dei 3 giorni: non così veloce come nel passo suggerito dell’Audax (2 giorni) ma neanche troppo rilassato come quello del party pace (5 giorni). Voglio godermi i paesaggi e aggiungere un po’ di sfida all’impresa.
Non sono tanto i chilometri a spaventarmi quanto il dislivello. Sono sempre stata lenta a salire e a vederli così i numeri mi spaventano. Ma sì, dai, al massimo finirò per avere una super abbronzatura e una vacanza alle Canarie! In fondo è così. Ci si imbarca in un’impresa perché hai quel dubbio che si insinua nella testa. Ce la farò? C’è solo un modo per scoprirlo.

Day 1

Lanzarote. Ore 07:00. Wahoo dice 101 km e 15:30 m TO GO.

Dormito pochissimo. Tutta colpa dell’adrenalina che non vuole scendere. Fuori l’aria è tiepida e tira vento da Nord-Est. Ottimo penso. Spero che questo vento a favore ci accompagni fino alla fine. La partenza è a Orzola, sulla punta nord di Lanzarote. Tra il mio alloggio e Orzola c’è una discesa ed è tutto bagnato. Fa niente. Sono troppo adrenalinica per mettermi su i copriscarpe. Alla partenza c’è già il pulmino degli organizzatori dove ritiro il mio pacco, cap 66, con il tracker, il cappellino e gli adesivi per la bici. Noto con piacere la presenza numerosa di donne cicliste alla partenza. Si percepisce un mix di emozioni sui visi dei partecipanti: volti timidi, sorridenti, preoccupati, spavaldi. Io provo una gran voglia di salire sulla mia Cinelli e pedalare libera, inseguendo solo quella traccia di Komoot scaricata sul dispositivo. Non bado tanto ai numeri totali dell’evento. Inutile pensarci. Mi ripeto una frase di Omar di Felice: “Se pensi è la fine, se pedali arrivi”.

Ore 08:00. Partita. Lanzarote vola accompagnata da un forte vento a favore che spinge. E noi ci lasciamo trasportare. Si attraversa El Jable, con le sue dune di sabbia, e il parco di Timanfaya, risultato di un’esplosione vulcanica di qualche secolo fa. Che paesaggio lunare e primordiale! Il mio amico Joel mi sta dietro e facciamo già amicizia con alcuni partecipanti. Spingiamo sui pedali e in 4 ore abbiamo attraversato l’isola e siamo al traghetto.

Fuerteventura. Wahoo dice 137 km e 2030 metri TO GO.

Al porto mi accoglie la mia amica Anna. Mannaggia è un secolo che non la vedo eppure è lì che mi saluta e fa il tifo per me! Che sorprese alle volte la vita. Breve sosta cibo e poi si rimonta in sella. Lasciamo Corralejo e mi si aprono davanti dune di sabbia infinite attraversate da un unico nastro nero. Una strada dritta. La traccia del mio Wahoo però non è così dritta e punta a destra. Si sale per Tindaya, la montagna sacra di Fuerteventura. I colori dominanti sono nero, rosso e marrone. Solo il blu del cielo e del mare fanno da contrasto. Lo sguardo si perde in questo gioco di colori ma le gambe non si stancano e continuano con il loro ritmo.
Si sale ancora verso il Mirador del Risco de las Peñas con qualche goccia di pioggia. E si scende in una discesa tecnica, tutta a zig zag, tra pareti vertiginose di roccia rossa e nera. Devo stare attenta perché il vento soffia e mi spinge ad ogni curva. Il tramonto arriva e il cielo si tinge di rosa e arancione. Mancano 30 km al porto di Morro Jable e recuperiamo lungo la strada Irene e Sean. Qualche scambio di battute e si arriva al porto dove la strada si ferma. Mi sdraio a terra, chiudo gli occhi e distendo i muscoli. Primo giorno andato. Due isole attraversate.

Day 2

Gran Canaria. Ore 06:30. Wahoo dice 136 km e 3560 metri TO GO.

La vita dell’ultra-cyclist non è facile. Ma ancor meno lo è quando hai da combattere il mal di mare. Il traghetto per la Gran Canaria ha messo a dura prova tutti noi ma una volta arrivati a Las Palmas, la nausea passa e ci mettiamo sulla bici! Ormai il nostro gruppetto è formato dal mio amico Joel Scozzese, Harriet Australiana, Irene Austriaca e Sean Canadese. Ognuno di noi ha una storia diversa che ci ha condotto alla Granguanche. Ti ritrovi con sconosciuti di nazionalità diversa, spinti ognuno da una propria motivazione, a pedalare verso il Pico de Las Nieves. La vita è pazzesca! Ma la salita non perdona. Sia che spingi sia che pedali, la velocità non cambia. Wahoo segna 21%, 27%, 28% di gradiente, forse di più ma non voglio guardare. È troppo per me. Scendo e rimango indietro con i miei mostri nella mente: domande che mi pongo e dubbi che si insinuano. Non mollo. Metto su Spotify e controllo Komoot. Tra poco spiana mi ripeto. Mi fermo a mangiare un po’ di Polvorones, un dolce spagnolo, che mi da un po’ di forza e sono pronta a ripartire. Salgo non solo in sella ma anche di quota. Siamo a 1850 metri di elevazione, una nebbia umida mi avvolge mentre mi ritrovo nella foresta. Riprendo Sean che sta faticando. E finalmente ecco il cartello per il Pico de Las Nieves! Poco tempo per gioire perché si sta facendo tardi e il traghetto delle 18:00 non aspetta. Ricevo dei messaggi ma non posso distrarmi. Segue un saliscendi tosto con panorami mozzafiato. Lo sguardo non riesce a cogliere tutta la profondità del paesaggio tra monoliti, canyon, precipizi e villaggi rurali arroccati sulle rocce. La vertigine mi prende e allora mi concentro sulla strada. Si sale di nuovo e riprendo Joel e Harriet. “Forza!” Li incito! “Dobbiamo raggiungere il porto!” E così finiamo la salita e scendiamo a velocità incredibile. Ad un certo punto un raggio di sole squarcia la nebbia e illumina un colle con dei pini, una casetta e in lontananza il mare. Siamo senza fiato di fronte alla drammaticità della natura. Uno spettacolo gratuito così semplice ma potente. Alcune immagini ti rimangono nella mente e nel cuore. Che bello è il pianeta!

Continuiamo a scendere. Mancano solo pochi chilometri ma le 18:00 sono appena passate. Vediamo un traghetto che prende il largo mentre il sole scende all’orizzonte: mannaggia, l’abbiamo perso! Per fortuna il prossimo è alle 20:00. Però ci si pone davanti una domanda: come facciamo a recuperare queste due ore perse? Il piano prevedeva di proseguire per ancora un paio di ore sulla prossima isola ma avendo perso la coincidenza non si può fare. Quando capitano gli imprevisti succedono due cose. O ti arrendi. Oppure mangi e ripianifichi. Ed è proprio in quei momenti che capisci di aver trovato la compagnia giusta. Infatti Harriet, Ire ed io condividiamo la stessa ambizione: finire l’evento in 3 giorni! Siamo toste, abbiamo gambe e bici: non ci manca nulla! Basta svegliarsi presto e pedalare. Nel frattempo arriva la notizia che Laurens ten Dam e Guillaume Bourgeois sono arrivati, e Lael Wilcox, la prima tra le donne cicliste, è già sull’ultima isola. Grandi! Hanno completato l’evento con l’Audax pace in meno di 2 giorni dall’inizio dell’evento! Ispirati dai primi arrivati, il morale torna alto e prendiamo l’ultimo traghetto alle 20 con destinazione Santa Cruz, Tenerife. Tre isole attraversate. Ne mancano solo due.

Day 3

Tenerife. Ore 03:30. Wahoo dice 144 km e 3780 metri TO GO.

Quando partecipo ad un evento di ultra-cycling e tocca svegliarmi nel cuore della notte ripenso sempre ad un’intervista di un famoso ultra-cyclist. Tra le varie domande, gli chiesero quale fosse il suo set up per dormire e lui rispose più o meno così: “Dormire? Questa è una gara di ultra-cycling, mica si dorme!”

E così mi tiro su e anche i miei compagni. Le ragazze sono già in piedi e Joel e Sean decidono di seguirci. Si parte nel buio. La maggior parte dei puntini di Dotwatcher sono fermi tranne i nostri che si inerpicano su per il Parque Rural de Anaga. Salgo con i miei 8-10 km orari costanti. Non voglio spingere. Non ancora. L’alba arriva illuminando La Laguna e in lontananza il Teide. Boom! Il Teide... E chi se lo aspettava? Un gigante anche da così lontano! Facciamo rifornimento a La Esperanza: non ci saranno altre soste perché la salita al Monte Teide è lunga e il traghetto non aspetta. Ormai il sole è alto nel cielo e mi inerpico in solitaria tra i boschi con il profumo inebriante dei pini. Joel e Sean sono indietro e Harriet e Irene avanti. Guardo il telefono, rispondo a qualche messaggio. Che bello sentire le voci familiari delle persone a casa: fa stare bene sapere che c’è qualcuno che ti segue e ti pensa. I boschi si diradano e ora c’è solo roccia e sabbia. Harriet mi scrive e mi dice di far attenzione al vento in discesa. Le gambe sono stanche per via della salita costante. E poi c’è lui. Quel gigante del Teide con la neve in cima. Ma chi se lo aspettava così bello, maestoso e immobile. Tutti quei ciclisti che gli passano accanto e si allenano. Lui invece è li con la cima al cielo e le radici giù in profondità nel fuoco del cuore della terra, da millenni prima che costruissero le strade per osservarlo da vicino. Il grosso è fatto mi dico. Ora mancano solo due piccole alture e si scende. Sembra facile ma non è così perché le due salite sono brevi ma si fanno sentire. Controllo l’ora e mi accorgo che mancano solo 50 minuti al traghetto! Tocca menare! Mi sono persa come al solito davanti alla bellezza della natura. In discesa mi piego talmente tanto che ho paura di cadere con le borse della bici. I freni non li tocco più, gli occhi puntati sulla linea bianca della strada e le mani stringono il manubrio. Pochi chilometri ancora e sono al porto. 14:15. Forza ce la posso fare. 14:20 entro in città. Maledetto traffico. Manca pochissimo al porto ma il traghetto è già partito. Mi avvio verso la biglietteria un po’ delusa. E poi alzo gli occhi: davanti a me vedo due bici parcheggiate e due cicliste sedute a terra. Sono Harriet e Irene! Anche loro l’hanno perso. I nostri sguardi si incrociano e scoppiamo in una risata liberatoria! Avremo anche perso il ferry boat per pochi minuti di nuovo ma abbiamo comunque coperto l’intera isola di Tenerife e recuperato quelle due ore del giorno prima!

La Gomera. Ore 17:15 . Wahoo dice 98 km e 2970 metri TO GO.

Sbarchiamo a La Gomera con il traghetto delle 16:00. Ultima isola, paradiso subtropicale ricoperta di verde lussureggiante, foreste di laurisilva, palme e felci. Alcuni partecipanti sono avanti a noi e finiranno sicuramente prima della mezzanotte. Ma noi non molliamo: siamo piene di entusiasmo, abbiamo voglia di pedalare e di divertirci. Ci sono ancora diverse ore di luce e la notte è lunga. Ci fermiamo a mangiare dopo 25 km in un piccolo ristorante ancora aperto, gestito da una coppia di anziani che ci prepara tortillas, pane e succo d’arancia. Addirittura ci preparano delle tortillas da portarci dietro come se anche loro sapessero quali sono le nostre intenzioni. Il cielo è scuro e si riempie di stelle. Una coperta di puntini luminosi scintillanti e le pareti di roccia verticali che si stagliano sopra le nostre teste. Luci accese, la notte è cominciata. Ormai è chiaro che avremo finito insieme. Un’italiana, un’austriaca e un’australiana a fare una notturna attraversando il parco Garajonay su un’isola dell’oceano atlantico con il vento che soffia. Scherziamo, parliamo di bici, di set up, di viaggi passati, di sogni futuri, di amori, di delusioni, di meccanica, di cibo e di ultra cycling. Passata la mezzanotte la stanchezza comincia a farsi sentire. In fondo sono 20 ore che siamo sveglie e stiamo sulla bici senza dormire o riposare. Matteo, l’organizzatore, ci scrive e consiglia prudenza perché l’ultima discesa sarà molto esposta con raffiche di vento. Seguiamo le nostre luci che illuminano la strada e aprono il varco di nebbia e umidità che avvolge i picchi più alti dell’isola. Il vento è gelido ma ci scaldiamo salendo e le nostre chiacchiere alleviano la fatica e la salita.

Wahoo dice 22 km e 0 metri TO GO

Finalmente anche l’ultimo metro di salita è conquistato. Incredule, ci fermiamo, ci abbracciamo e ridiamo. Veramente ora è solo discesa? La traccia non mente. È ora di scendere.
E con le bici fianco a fianco, allineate nel buio, arriviamo infine al porto di San Sebastian.

San Sebastian, La Gomera. Ore 0253. Wahoo dice o km e 0 metri TO GO.

Ci sarebbe tanto da parlare dell’ultra-distance e di come questi eventi ti cambino profondamente. Ma una cosa c’è da dire. Per me, il vero spirito di questa Granguanche non è stata la competizione, quanto la condivisione. E ho imparato che le salite sono belle, anche di notte. Ma in compagnia sono ancora più belle.

Report di Guendalina Capone
Foto: @matminelli