“È arrivato il momento di staccare”, il pensiero di molti vedendo il volto affaticato di Romain Bardet, ottavo sul traguardo di Bergamo al Giro di Lombardia. Una gara selettiva, lui protagonista, sì, ma più di contorno, meno di come si aspettava; sentiva le sue gambe che pulsavano al punto giusto, sì, ma allo stesso tempo non rispondevano fino in fondo ai segnali mandati dal suo cervello, scontrandosi tra realtà, desiderio e ambizione. «Nel momento cruciale della corsa ho sentito le gambe di legno».
Ed è stata la fine della stagione – almeno su strada – perché poi, terminata la corsa è salito in macchina in direzione ovest; verso la Provenza, verso il dipartimento del Var, a Fréjus, dalle parti della meravigliosa Roquebrune-sur-Argens. Eh, ma mica per anticipare le vacanze o che – anche se il posto merita.
In testa e nelle gambe, o in quello che rimaneva nel suo serbatoio di energie psicofisiche, Bardet aveva ancora un’idea che si tramutava nell’ultima corsa da disputare: la Roc d’Azur.
Roc d’Azur, ovvero la mitica gara di mountain bike che si corre dal 1984: quella volta al via ci furono 7 partecipanti, mentre il 10 ottobre 2021 nella sfida clou del week end oltre tremila tra uomini e donne a percorrere un tracciato selettivo di quasi 50 km.
Altamente spettacolare la Roc d’Azur, affascinante, con passaggi suggestivi dal mare alla montagna e i suoi punti focali tra il Col Du Bugnon preso d’assalto dai tifosi, Le Fournel con la sua celebre discesa (su internet esiste persino una guida – scritta tra il serio e il faceto – per affrontarla al meglio), estremamente tecnica, e lo spettacolare Sentier des Douaniers che arriva fino in riva al mare.
Ha vinto, per dovere di cronaca va detto, il giovane svizzero Filippo Colombo, in 2h 03’43”, tra i più forti interpreti della mountain bike (12° a Tokyo, 3°al campionato europeo e 9° al mondiale, nonostante la frattura del bacino a maggio, tanto per dire) davanti a un certo Julien Absalon (non ha bisogno di presentazioni, vero?) che la Roc d’Azur l’ha conquistata tre volte.
Spinto dal tantissimo pubblico (ma davvero tanto) lungo la strada, ecco anche la sagoma dai tratti sinuosi e spigolosi, il naso leggermente aquilino, la divisa della DSM, ecco Romain Bardet che nel 2018 alla Roc d’Azur arrivò 102°, anche quella volta si divertì da matti.
«Sono venuto qui perché amo la mountain bike – ha raccontato sorridente e impolverato a fine corsa, vittima anche di un incidente meccanico e con anche qualche graffio sul corpo che non guasta mai quando corri in bicicletta – sono venuto qui perché volevo divertirmi e senza prendere rischi soprattutto in partenza: mica avevo intenzione di passare l’inverno in barella?!»
Il tempo del corridore francese, che legge libri di politica e filosofia, che ama informarsi su temi come immigrazione ed economia, adora il buon vino e che se non fosse diventato un ciclista professionista sarebbe voluto essere un dj oppure uno scrittore, è stato di circa 6 minuti superiore a quello di Colombo e gli è valso l’11° posto. Ma non era l’unica star dello sport transalpino al via: al 439° posto è infatti arrivato Renaud Lavillenie, medaglia d’oro ai Giochi Olimpici di Londra nel 2012. Nel salto con l’asta.
Ora la stagione per Bardet è davvero chiusa, dopo aver rotto il ghiaccio vincendo per la prima volta in carriera fuori dal patrio suolo: prima con una tappa alla Vuelta a Burgos, poi con un’altra alla Vuelta España.
Nel 2022 lo aspettiamo, magari di nuovo al Giro d’Italia, per provare a rompere il ghiaccio pure da noi; non mancheremo di spingerlo certamente, probabilmente non vestiti da uomo di Cro-Magnon come i ragazzi in foto.