Ieri sono successe diverse cose più o meno divertenti a Tadej Pogačar. Prima della tappa ha vestito pantaloncini rosa, per il secondo giorno consecutivo: per quanto sia di una futilità estrema, è una notizia. Durante la tappa è andato, come tutti i colleghi, a oltre 50 chilometri all’ora nella prima ora e mezza, ha affrontato le montagne russe successive a Volterra in uno scenario incredibile, surfato sui settori di sterrato, flirtato col pensiero di perdere la maglia rosa. E invece gli è rimasta addosso, non per meriti suoi.
Dopo la tappa è salito sul palco delle premiazioni e, nel lanciarli al pubblico, ha colpito il tetto. I fiori si sono schiantati come una tortora contro il vetro, ricadendo tristemente al suolo. Anziché ridere della scena – un’occasione piuttosto facile per farsi una risata auto-ironica – Pogačar ha fatto il gesto di mandare a quel paese i fiori e tutto quanto, e poi se n’è andato scocciato.
Tutto un po’ strano, vero?
È successo, nelle fasi più concitate di corsa, che la Ineos Grenadiers di Geraint Thomas, il rivale più accreditato a rubarne lo scettro, si è messa a tirare. Per la vittoria di tappa di Jhonatan Narvaez, dicono loro, ma ci dobbiamo credere? L’impero del male, la più perfida squadra degli ultimi quindici anni nello sfruttare le debolezze altrui, ha colpito ancora: la maglia a Pogačar hanno voluto lasciargliela addosso. Così è dovuto tornare sul palco, ha dovuto firmare nuovamente una caterva di autografi e rispondere alle domande dei giornalisti. Poi è anche entrato nell’autotreno in cui si tiene la conferenza stampa aperta a tutta la stampa e lì, di nuovo, lo abbiamo incontrato.
«Stiamo perdendo il controllo» la frase d’esordio, con la quale entra nel van. La seconda cosa che dice è una piccola gag che aveva già fatto: si siede, aspetta pochissimi secondi, e dice una variazione di «beh nessuna domanda? Ok, ciao!» e finge di andarsene. Seguono risate nervose, sue e della stampa. Ovviamente le domande sono poi arrivate, lui ha risposto alle volte dettagliando alle volte scazzato, mai torrenziale nel flusso dei pensieri. Da una parte sembra consapevole di essere il più forte, e questo lo fa sentire bene perché senza la vittoria non sa stare; dall’altra non sembra divertirsi granché: che sia – ed è incredibile per uno che ha dimostrato il suo dominio – preoccupato?
È illeggibile, imperscrutabile, pur essendo un campione amatissimo e buonissimo di cui si conosce ormai ogni cosa. Provando a fargli domande, si prova un senso d’imbarazzata ed esitante timidezza: si teme che possa non rispondere, che possa blastarti, che usi solo un monosillabo. E probabilmente va benissimo così, non ci deve nulla, e anche trovare una domanda al giorno è un’impresa. Forse però la soluzione degli enigmi – sulla vera natura di Pogačar e sul vincitore del Giro – è più lontana del previsto.
La cronometro di oggi ci dirà molto di più. Non vediamo l’ora: se sei qui per scherzare con gli avversari, Tadej, oggi è la tua prima vera occasione.
Foto: Sprint Cycling Agency