Vi parliamo di Tom-Jelte Slagter ma potremmo parlarvi di tanti altri ragazzi e di tante altre ragazze. Vi parliamo di Tom Jelte Slagter perché per parlare d’altro si finisce per non parlare di ragazzi come Slagter. E invece parlare di ragazzi come Slagter è importante, perché ai più nella vita capita di trovarsi in situazioni affini a quella in cui si è trovato e si trova Slagter. Tom-Jelte Slagter ha deciso e reso pubblica la sua decisione: «Non sarò un ciclista professionista nel 2021. Ho trascorso dieci anni in gruppo, un periodo che porterò sempre con me ma ora è il momento dei saluti. Posso già raccontarvi dove sarà il mio futuro, ho da poco siglato un contratto con John Deere: sarò un rappresentante e rivenditore di macchine agricole nella zona di Groninga, la mia zona natale». Da quanto si racconta, Slagter, questa estate, dopo l’esclusione dal Tour de France, avrebbe avuto modo di incontrare un noto rivenditore di trattori della zona e costui, appassionato di ciclismo, gli avrebbe offerto un lavoro a partire dal prossimo mese di gennaio. Tom-Jelte Slagter ha trentun’anni ed è professionista dal 2011, nella sua carriera ha corso per squadre di tutto rispetto, Rabobank, Garmin, Cannondale e Dimension Data, fra le altre, non riuscendo tuttavia ad emergere con risultati di particolare spessore. Slagter è un onesto ragioniere della bicicletta ma questo ha poco a che fare con quello che vogliamo dirvi. E, forse, quello che vogliamo dirvi ha anche poco a che vedere con noi ma solo apparentemente.

Vi abbiamo sempre detto che essere Alvento vuol dire stringere i denti, vuol dire resistere, vuol dire rimanere da soli e continuare a pedalare, in testa o in coda al gruppo. Ed è vero: chi fa questo è Alvento. Senza ombra di dubbio. Ma c’è qualcosa da ricordare sempre anche quando la società tende a farcelo scordare. Già, perché sotto sotto l’idea che arriva da ogni dove è questa: devi resistere a tutti i costi altrimenti sei un perdente, altrimenti non vali, altrimenti sei un debole, senza grinta e coraggio. Questa idea è sbagliata, bisogna dirlo a voce alta. È sbagliata perché, alcune volte, nella vita fermarsi è necessario come è necessario cambiare strada o lasciar perdere. Lo è per noi, per la nostra persona. Chi si ferma, chi cambia strada, chi, a qualunque età, prova a cambiare la prova vita non manca di coraggio e di grinta, anzi. Anche se la strada precedente era stata una sua scelta, anche se l’aveva voluta con tutto ciò che poteva dare, anche se arrendersi, alcune volte, sa tanto di fallimento e come tale viene giudicato. Abbiamo la possibilità di tornare a scegliere e di cambiare scelta. Non ci è vietato, non dobbiamo temere questa opzione. Abbiamo la possibilità di fermarci dopo aver investito tanto, anche tutto, su un progetto o un’idea di futuro. Abbiamo il dovere di farlo se, in quel momento, crediamo che la nostra vita debba prendere un’altra direzione. Abbiamo anche il dovere di dirlo, di raccontarlo, senza temere coloro che semplificheranno: «Hai rinunciato perché non ci riuscivi». Forse sì o forse no. Non cambia nulla. Se non riusciamo più a continuare abbiamo il diritto di dirlo chiaramente e per una volta di non ascoltare tutti quelli che ci diranno: «Hai scelto tu questa via, ora devi arrivare in fondo. Devi farcela. Non puoi arrenderti adesso». Lo dicono per farci coraggio, certo. Molte volte vale questo discorso, altre no. Arrendersi, se così si può dire, quando non riusciamo più a fare qualcosa è possibile. Certe volte è salutare. Questo non significa non dare tutto, questo significa dare tutto ma capire, con lucidità e coraggio, quando il tuo significato è altrove.

Tom-Jelte Slagter, a quanto sappiamo, aveva altre offerte e avrebbe potuto continuare a correre anche la prossima stagione. Recentemente ha dichiarato: «Il ciclismo è stato importante ma non è mai stato tutta la mia vita. Forse anche per questo ho fatto questa scelta». Chi decide di cambiare ha paura, quasi sempre. Per assurdo, avrebbe potuto essere più comodo continuare a correre. Per assurdo, forse, avrebbe richiesto meno grinta lasciare tutto come era e far finta di niente. Far finta di non sentire quei discorsi che tutti ci facciamo, nella mente, e che ci dicono cosa fare e quando farlo. Non li ascoltiamo perché ascoltarli significa dover spiegare tante cose a tutti e sottoporsi a ogni genere di giudizi, simili a quelli citati, che sicuramente ci verranno appiccicati addosso. Dovremmo farlo, invece, e dovremmo ringraziare chi lo fa, facendogli il più grande in bocca al lupo. Perché se a ben pochi fra noi, forse a nessuno, capiterà di vincere il Tour de France o il Giro d’Italia, a molti accadrà di dover cambiare via, per stanchezza, per scelta, per necessità, talvolta solo per motivi di forza maggiore. I motivi non importano poi più di tanto. Tutte le persone che devono fare una scelta di questo tipo sono “Alvento” e fanno fatica, una fatica assurda. Hanno bisogno di ascolto, di comprensione, di appoggio e magari di qualcuno che racconti le loro storie per tutto il bello che racchiudono. Sì, perché chi sceglie di cambiare è da ammirare come chi tiene duro.

Foto: Tom-Jelte Slagter