Se qualcuno pensa davvero che il ciclismo non sia uno sport di squadra, fatto di registi, faticatori, rifinitori e finalizzatori, si riveda il finale di ieri. Moscon che tira e sgranocchia la coda dell’avanguardia è la scena madre. Lo scatto di Bernal è l’atto decisivo per andare a riprendere gli ultimi superstiti della fuga.
Se qualcuno pensa davvero che il ciclismo non sia uno sport di squadra si riveda gli ultimi 40 chilometri di oggi. Salita “normale” nel menù, che può far male, ma solo se piazzata al decimo giorno di un Grande Giro, e solo se davanti una squadra la mette giù dura per favorire un capitano coraggioso, e per sfavorire gli altri.
Oggi i capitani erano i velocisti. Tutti tranne uno, Ewan, che un paio di giorni fa ha deciso di ritirarsi non senza polemiche («mancanza di professionalità» e «poco rispetto verso la corsa» il pensiero dei Merckx, padre e figlio). Oggi la squadra era la BORA, il capitano coraggioso, Sagan.
Se pensate che una squadra unita e compatta non possa influire sul risultato di una corsa in bici, allora meglio che non vi facciate vedere dalle parti di Aleotti. Stavolta è lui al centro della scena madre: un lungo piano sequenza che lo ritrae davanti e il gruppo in fila alla sua ruota sul Valico della Somma. Aleotti quel gruppo lo trascina fino a 5 dall’arrivo mandando all’aria Groenewegen e Merlier, circondati dalla squadra, e poi Nizzolo.
Se pensate che una squadra, o anche solo un compagno, non sia importante, non ditelo a Nizzolo. Primo piano su di lui: si sfila in cima, resta con Campenaerts che lo aiuta tirando a tutta nel falsopiano. Non ce la fa, Nizzolo, e molla, sbuffa, scuote le gambe. Poi ringrazia Campenaerts con un colpetto sul collo e un sorriso amaro in mondovisione.
Se pensate che una squadra non sia importante allora siete fatti di pietra: ricordate Pinot tra le lacrime al Tour? E tutto intorno pioggia e grigio, con i compagni che vanno del suo passo. Lo incitano, lo abbracciano. Lo aiutano finché Pinot ne ha. Un film drammatico quella volta. Elogio del sentimento, come il gusto gelato crema antica.
E poi di nuovo oggi: ancora BORA. Bodnar e Oss in quel serpentone di curve e strada stretta che mettono in fila il gruppo. E le altre squadre che sbagliano scena: Molano che lancia lo sprint, ma invece di Gaviria ha a ruota Sagan; Veermersch e De Bondt che fanno la volata ognuno per conto suo; Consonni che parte a razzo, ma non c’è Viviani a ruota.
E l’atto finale è dove vince uno che si dice sia finito, o quasi, che non abbia poi molte chance ancora, che si deve inventare qualcosa per vincere, e lui qualcosa lo inventa, qualcosa lo fa. Che sembra non si diverta più e invece si diverte e vince. E trascina. Ridà al ciclismo la dimensione di sport di squadra e finalizza. Una grande squadra oggi, e lui un grande cuore. E questo, Sagan, attore protagonista, lo sa meglio di tutti noi.
Foto: Fabio Ferrari/BettiniPhoto