10 nomi da seguire al Tour de l'Avenir
È una delle corse più attese del calendario Under 23, è quella che chiude il trittico delle gare a tappe più blasonate e qualificanti della categoria a cui appartengono i ragazzi con meno di 23 anni* – per questa stagione quelli nati tra il 2002 e il 2005 – dopo Giro (Next Gen) e (Giro Ciclistico della) Valle d’Aosta, ecco, dal 18 al 24 agosto il Tour de l’Avenir.
Il Tour dei giovani, così detto, e che noi amiamo particolarmente non tanto per gli spunti che può dare verso il futuro – ormai la maggior parte dei corridori che partecipano a questi eventi sono praticamente dei professionisti, anzi, in alcuni casi lo sono a tutti gli effetti e di loro sappiamo “tutto” – quanto per il fascino incredibile che trasmette il vederli correre, non con le maglie di club, ma con quelle della propria nazionale. Quindi niente squadroni Devo delle WT (ben rappresentati lo stesso), ma nazionali, in alcuni casi molto forti, come vedremo a breve.
*Ricordiamo che possono partecipare anche i professionisti del World Tour, anche chi ha già disputato dei Grandi Giri.
Prima di raccontare i dieci corridori che potranno essere protagonisti di questa edizione, qualche numero.
Sessantesima edizione del Tour de l’Avenir, la prima è nel 1961 quando a vincere fu un italiano: Guido De Rosso, l’ultima, nel 2023, l’ha conquistata Isaac Del Toro, da sabato impegnato alla Vuelta. L’Italia ha vinto 4 volte: dopo De Rosso, c’è stato Gimondi nel 1964, Denti nel 1966 e infine Baronchelli, 1973, Baronchelli che detiene un record che quest’anno potrebbe cadere: la doppietta Giro/Tour nello stesso anno, obiettivo fallito nelle ultime stagioni da Ayuso (2021) e Staune Mittet (2023) - anche se, come vedremo, Jarno Widar potrebbe fare pure meglio.
Negli anni, la corsa ha cambiato nome, organizzatori e anche modalità di partecipazione ed è stata vinta da corridori che hanno scritto alcune pagine importanti della storia di questo sport: da Zoetemelk (1969), a Lemond (1982), continuando poi con Ludwig (1983) Mottet (1984), Indurain (1986), Madiot (1987), Fignon (1988), Bruyneel (1990) e venendo poi agli anni 2000, Menchov (2000), Mollema (2007), Quintana (2010), Chaves (2011), Barguil (2012), Miguel Angel Lopez (2014), Soler (2015), Gaudu (2016), Bernal (2017), Pogačar (2018), Foss (2019) Tobias Halland Johannessen (2021), Uitdebroeks (2022) e Del toro (2023). Nomi noti, vero? In poche parole: l’Avenir dice spesso la verità sul futuro dei corridori.
Una corsa che è stata anche vinta da uno dei personaggi più di culto della disciplina delle due ruote: Sergei Sukhoruchenkov, unico corridore ad averla vinta due volte, oltretutto, nel 1978 e nel 1979.
L’Italia, qui, è bene o male sempre stata protagonista, di recente sia con i successi di tappa - nel 2016 c’è riuscito Albanese, poi Covi nel 2018, Milesi nell’ultima tappa del 2022 e Pellizzari nell'ultima del 2023 - che in classifica generale. Oltre ai vincitori già citati spiccano, più di recente, i podi di Pellizzari e Piganzoli lo scorso anno, di Zana nel 2021, di Aleotti nel 2019 e di Ravasi nel 2016. Mattia Cattaneo è stato terzo per ben due anni di fila, 2011 e 2012, e non sono moltissimi, anzi, i corridori a vantare più di due podi. C’è appunto il sovietico Sukhoruchenkov, due primi e due secondi posti, mentre proprio a quota due podi: l’olandese Den Hertog (1° nel 1972 e 2° nel 1971), il francese Laurent Roux, vincitore nel 1997 dopo essere stato sul podio, 3°, nel 1995, i sui connazionali Bezault (due secondi posti) e Bourreau, l’austriaco Steinmayer, e lo spagnolo, José Gomez.
È una corsa che, bene o male, basta vedere l’albo d’oro recente, segnala chi ha qualità per poi imporsi tra i professionisti, e visti i favoriti per quest’anno, dovrebbe essere così anche per il futuro.
Infine due conti sulle nazioni plurivittoriose: la Francia, con 19 vittorie, comanda nettamente l’albo d’oro, segue la Spagna a 12, la Colombia a 6, Russia (o ex Urss) a 4 come Italia e Belgio, Olanda è ferma a quota 3 mentre la Norvegia è a 2 - ha vinto due delle ultime quattro edizioni. Lo scorso anno, con Del Toro, c'è stata la prima vittoria di un messicano.
Ma ora ecco dieci nomi da seguire al Tour de l'Avenir 2024
ANTONIO MORGADO
Che cosa ci fa uno così ancora a correre tra gli Under 23 dopo aver ottenuto un quinto posto in una delle gare più dure della stagione, il Giro delle Fiandre, resta un mistero o meglio, nemmeno troppo, è qualcosa di legato al regolamento che permette a corridori di questa età (Morgado è un classe 2004, sarebbe un secondo anno tra gli Under 23), nonostante siano già ben inseriti in contesti superiori, di scendere di categoria - lo vedremo anche al Mondiale dove rischia di essere il favorito. Il suo nome al Tour de l’Avenir è più interessante per le frazioni singole che per la classifica generale, anche se il suo livello è così alto che non mi stupirei di vederlo in alto a fine corsa. Vedremo, forse il grande caldo previsto rischia di non favorire lui che col freddo e la pioggia si trova a meraviglia, ma giorno dopo giorno il rischio concreto di vedere il baffuto portoghese davanti c’è, seppure dodici mesi fa fu una delle delusioni della corsa.
BRIEUC ROLLAND
Capitano - o uno dei capitani - di una Francia che si presenta al via con una formazione fortissima e che punta a riportare in Francia la corsa otto anni dopo la vittoria di David Gaudu. Non ha disputato il Giro Next Gen dove, gioco forza, sarebbe stato uno dei favoriti pure lì, ma la sua squadra, la Groupama, non era stata invitata; ha saltato il Valle d’Aosta e si presenta tirato a lucido (terzo di recente in una gara in linea in Francia, battuto solo da Lapeira ed Eenkhoorn) per l’evento cerchiato in rosso da inizio stagione. Va forte in salita e quest’anno lo ha dimostrato anche in alcune uscite con i professionisti, è cresciuto con Lenny Martinez e Grégoire e con loro era uno dei leader delle selezioni francesi giovanili, i due, però, sono maturati prima di lui, ma questo non vuol dire che Rolland non sia un corridore di valore assoluto o che non possa togliersi grandi soddisfazioni anche nella massima categoria. Prima però c’è un Avenir da provare a vincere e per la Francia può andare bene sia con lui che con Rondel o perché no pure con Bisiaux.
JARNO WIDAR
Ma chiunque voglia vincere questa corsa se la deve vedere con Jarno Widar che insegue un trittico mai realizzato finora: Giro-Valle d’Aosta e Avenir nello stesso anno, o provare a togliere a Baronchelli quel record di Giro e Avenir vinti entrambi nel 1973. Di recente ci hanno provato Ayuso e Staune Mittet, ma entrambi si sono dovuti inchinare più che agli avversari alla cadute e questo ci fa pensare quanto sia un tabù che prima o poi andrà sfatato. Widar, dominatore in stagione della categoria, non pensa a entrare negli annali per la doppietta ma semplicemente a vincere quella corsa che in Belgio, di recente, ha conquistato Cian Uijtdebroeks. È vero, la strada è costellata di pericoli, ma per quello visto in stagione, il piccolo belga mi pare, in questo momento, imbattibile.
JOSEPH BLACKMORE
Se Morgado è già lanciato tra i professionisti anche Joe Blackmore non scherza e ha pure un anno in più. Ma se Morgado passava quest’anno in UAE come astro baffuto destinato a illuminare il ciclismo, il rendimento nella prima parte di 2024 di Joe Blackmore, se non è da catalogare come un'autentica sorpresa, poco ci manca. Una certezza quasi assoluta è diventato il biker inglese che in stagione ha trionfato tra i professionisti in giro per tutto il mondo: primo al Tour of Rwanda e al Tour de Taiwan, prima di conquistare il Circuit des Ardennes, corsa .2, concludendo una parte iniziale di stagione da mezzo fenomeno con la vittoria alla Liegi di categoria. Dopo una parentesi in mountain bike è tornato a macinare buoni risultati, senza vittorie però, chiudendo al decimo posto l’Arctic Race of Norway, ma pare con una preparazione mirata all’Avenir. Va forte in salita, lunga o corta non fa differenza, è veloce, gli piace attaccare. Se cercate il principale rivale di Widar per la classifica generale ecco il nome.
MATTHEW BRENNAN
Restiamo in Gran Bretagna per parlare di Matthew Brennan, altro classe 2005, dunque un primo anno, che non ha per nulla subito il salto di categoria, anzi, si è pure messo in luce tra i professionisti. Prodotto della Fensham Howes Junior Team, squadra che sta lanciando diversi talenti in questi ultimi anni, Brennan non è un semplice velocista, tutt’altro, ma come caratteristiche potrebbe ricordare un suo possibile compagno di squadra nel 2025, quando il 19enne passerà con la squadra World Tour della Visma, ovvero Wout van Aert. Tiene bene su salite brevi e ripide ed è estremamente veloce, ma sono ancora da cogliere i suoi margini. In stagione è partito fortissimo con il successo nell’ultima tappa del Giro Next Gen come fiore all’occhiello di una crescita continua e di una grande costanza di rendimento. All’Avenir ha cerchiato di rosso la tappa 1, quella con arrivo a Ronchamp-Champagney.
LUDOVICO CRESCIOLI
In un Avenir così montagnoso Ludovico Crescioli, che da ragazzo ha fatto proprio dell'andare forte in salita la sua massima vocazione, sarà la carta più importante della spedizione azzurra di Marino Amadori il quale non ha nascosto di aver provato a riportare in Francia uno tra Pellizzari e Piganzoli, sul podio nel 2023 di fianco al vincitore Del Toro. Il talentuoso corridore della Team Technipes #InEmiliaRomagna sta finalmente vivendo una stagione (quasi) senza malanni fisici e ha un doppio obiettivo in Francia: chiudere in una posizione di classifica tra i primi dieci e strappare ufficialmente un contratto per il prossimo anno tra i professionisti. L’Italia si presenta con una squadra interessante, ma sulla carta appare difficile ripetere le imprese delle ultime stagioni, ma mai porre limiti alle selezioni di Amadori. Oltre a Crescioli, li nominiamo tutti quelli al via: Edoardo Zamperini, uno dei migliori italiani nell’ultimo biennio, fermato in stagione da un brutto infortunio che ne ha compromesso il rendimento al Giro, punterà alle tappe, ma proverà a tenere duro anche per la classifica; Pietro Mattio, una delle realtà del nostro ciclismo giovanile, cresciuto stagione dopo stagione in maglia Visma, anche lui sarà una carta interessante da buttare in fuga e provare a scompigliare le carte. Di sicuro sarà un importante uomo squadra, ruolo che ricopre con qualità anche in Visma; Simone Gualdi, il migliore 2005 italiano per risultati quest’anno, a suo agio anche tra i professionisti, e infine Alessandro Pinarello e Florian Kajamini, anche loro chiamati a provare a tenere duro in salita e a dare anche qualche risposta dopo un periodo non del tutto facilissimo a livello di risultati. Chissà che qualcuno di questi non cerchi gloria e consacrazione l’ultimo giorno con l’arrivo in Italia, sul Colle delle Finestre. Occasione ghiotta.
JAKOB SÖDERQVIST
Lo svedese della Lidl-Trek punta tutto sul prologo iniziale e proprio come al Giro Next gen è il favorito a vestire la maglia di leader per un giorno. Un giorno solo, perché poi già dalla frazione successiva probabilmente perderà terreno appena la strada salirà, ma al momento è il corridore, nella categoria, nettamente più forte a cronometro e potrà usare la corsa francese oltre che per riportare alla Svezia un successo di tappa che manca dal 2004 (Lofqvist primo su Le Grand Bornard), anche per affinare la condizione in vista del mondiale di Zurigo.
AJ AUGUST
Altro corridore che si sta facendo già tra i professionisti è il giovanissimo americano AJ August, in forza alla Ineos e qui leader di una compagine che schiera anche Artem Shmidt, suo futuro compagno di squadra con i britannici e Colby Simmons, che punterà tutto sulla prima tappa e sulle fughe. AJ August, sosia di Miles Teller, l’attore protagonista del film Whiplash, potrebbe essere un nome un po’ a sorpresa a fine Avenir nei piani alti della classifica, perché le lunghe salite ancora non sembra gli si addicano molto, ma chissà. Ci rivediamo a fine corsa per vedere dove sarà arrivato.
ROBIN ORINS
Premio alla regolarità per il 2002 belga che il prossimo anno sarà a tutti gli effetti tra i professionisti in maglia Lotto Dstny. In stagione ha un ruolino di marcia impressionante soprattutto nelle gare di un giorno dove spiccano su tutti i podi alla Roubaix e alla Liegi e le vittoria nel campionato belga a cronometro e nella Omloop Het Nieuwsblad. Insieme a Verstrynge, altro corridore regolarissimo, ma più forte in salita, sarà fondamentale per i sogni di gloria del capitano Widar.
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MAX VAN DER MEULEN
Tanti alti e bassi in carriera dopo un inizio scoppiettante, quasi folgorante, tra gli juniores. Tanti alti e bassi anche in stagione per il giovane corridore del CTF Victorious e futuro Bahrain, vincitore quest’anno di una tappa alla Ronde de l’Isard, ma spesso anche vittima di malanni e controprestazioni. Lo si vede spesso allenarsi con due mostri sacri come van der Poel ed Evenepoel e lui, che è soprattutto scalatore, andrà a caccia di un posto sul podio che all’Olanda all’Avenir manca dal 2018, quando Arensman chiuse alle spalle di un certo Pogačar. Sulla carta uno forte così in salita, in Olanda, non lo vedevano da anni.
Foto: Sprint Cycling Agency
Appunti sul Tour de France
Il Tour è terminato qualche giorno fa, andiamo in pace. Più o meno. Il Tour è terminato pochi giorni fa e proietta in maniera definitiva Pogačar nella storia di questo sport. Stando larghi, andando a naso, a sensazione, senza che tutto ciò sia suffragato da numeri - e i numeri in ogni caso suffragherebbero, eccome se suffragherebbero - la stagione 2024, che sta trascorrendo veloce come veloce affrontano le salite i corridori, lo inserisce (almeno) tra i dieci più grandi che questo sport abbia mai visto. La doppietta Giro-Tour dopo 26 anni è simbolo di ciò che è lo sloveno e di ciò che resterà delle sue gesta in questo sport negli anni a venire.
NON SOLO POGI
Il Tour appena trascorso, però, non è soltanto lo sloveno. C’è la resistenza - la volta che userò il termine resilienza abbattetemi - del suo più forte rivale, Jonas Vingegaard, che rientra alle corse proprio al Tour dopo aver rischiato perlomeno la carriera un paio di mesi prima ai Paesi Baschi. Il danese, tanto grintoso in sella quanto sfuggente e introverso nel dopo corsa - e adoro questo suo volto contraddittorio - è stato l’unico, a sprazzi, a provare a tenere la ruota di Pogačar, tanto da farci pensare, a un certo punto, come il Tour 2024 potesse avere una sfida da raccontare in chiave maglia gialla. Ma troppa, esagerata, la superiorità dello sloveno in versione 2024. Un Pogačar che ha raggiunto la maturità agonistica, fisiologico vista l'età, e pare che sul suo periodo di forma stia avendo un certo peso il cambio di allenatore e di allenamenti.
Il podio lo chiude Remco Evenepoel, sorpresa, ma fino a un certo punto. Fino a un certo punto perché in quanto a talento il corridore belga appartiene a quel gruppo lì, dei Pogačar e pochissimi altri. C’era qualche dubbio sulla tenuta, in alta montagna, soprattutto in tappe con salite ripetute, ma si è gestito benissimo e a questo punto, con una vittoria alla Vuelta nel 2022, un dodicesimo posto lo scorso anno sempre in Spagna (uscì di classifica a causa di una giornata di crisi dalla quale comunque si riprese benissimo, una giornata no) dove arrivarono, però, tre vittorie di tappa e la maglia a pois, un ritiro al Giro nel 2023, quando era in piena lotta per vincerlo e un podio al Tour, si può dire come sia attualmente uno dei più forti interpreti anche delle corse di tre settimane. Margini? Da scoprire, da capire quali e se ci saranno. Argomento interessante per il 2025 dove, molto probabilmente, lo rivedremo in corsa in Francia, stavolta, però, con la pressione di dover per forza salire sul podio se non addirittura trasformare il duello in una lotta a tre. Poi se magari, per mettere pepe, gli organizzatori aggiungessero cinquanta, sessanta chilometri a cronometro ci si potrebbe divertire ancora di più.
E ci sono tante altre cose da dire, partendo dal regolarista Almeida (quarto) che non sbaglia una corsa a tappe che sia una, con un ritiro al Giro per un malanno quando era lì a giocarsi il successo e poi tanti risultati di rilievo, uniti ad una certa costanza di rendimento ne fanno uno dei corridori più forti al mondo nelle corse di tre settimane, Tutto questo oltre a una grande capacità di svolgere, a livelli importanti, il ruolo di uomo-squadra.
C’è poi il ritrovato Landa che a quasi 35 anni firma un notevole quinto posto in classifica, migliorando anche lui ogni prestazione in ogni singola tappa di montagna rispetto a quello che era il suo meglio almeno a livello di età. Ci sono le difficoltà della Ineos, vittima di malanni in serie e che non va al di là del settimo posto di Carlos Rodriguez: per lui un passo indietro rispetto al 2023 ma con l’attenuante di aver corso mezzo malato, per l’appunto, dopo aver corso mezzo incidentato lo scorso anno: ancora da capire quale sia il suo vero volto e in questo caso da scoprire quali sono i margini. Per motivi legati anche alla giovane età non ho ancora capito molto del corridore spagnolo se non che è uno che va forte un po’ ovunque e quando sta bene non ha paura di attaccare.
C’è Adam Yates (sesto posto) che, senza strafare, chiude ancora in alto in classifica, anche se non tanto quanto il 2023, ma lavorando con profitto per il suo capitano; c’è Matteo Jorgenson, completo come pochi altri in gruppo, dotato di fondo e recupero, capace anche lui di svolgere al meglio il lavoro di gregario, ma anche di ritagliarsi spazio personale. Chiude ottavo al Tour dopo aver vinto una classica delle pietre questa primavera: ecco, in questo è stato persino superiore a Tadej Pogačar che quest’anno la campagna fiamminga l’aveva saltata a piè pari. C’è Derek Gee che toglie spettacolarità al suo modo di correre, ma si testa per la classifica: nono al Tour è un risultato enorme e chissà che nel 2025 non gli venga in mente di provare a venire al Giro e magari cercare pure di vincerlo o di salire sul podio.
Un accenno alle tre settimane strepitose di Carapaz. Veste la maglia gialla, vince quella a pois, conquista una tappa e ne sfiora altre due. Corridore spettacolare, esaltante, quando scatta fa male (quasi) a tutti. Si deve inchinare in un paio di circostanze soltanto alla rimonta di quel diavolo vestito in giallo che porta il nome di Tadej Pogačar. Due righe anche sul Tour di Bini Girmay che porta a casa la maglia verde, fa pari e patta come numero di vittorie di tappa con Jasper Philipsen e questa è stata una grande sorpresa: alzi la mano chi si sarebbe mai immaginato di vederlo così competitivo in volate di gruppo. Certo, voglio fare il rompiscatole: il livello di queste volate, una volta tanto, non era così alto, anzi, rispetto a quello che il 2024 sa offrire. Mancavano due dei tre più forti al mondo, Milan e Merlier, oltre a Groves e Kooij, tutti questi ce li siamo goduti al Giro. E in più è come se a Philipsen fosse mancato qualcosa in termini di brillantezza. A lui e al suo treno.
Altri spunti: le vittorie di tappa di Bardet, Vauquelin e Turgis, tre corridori francesi appartenenti a tre mo(n)di differenti. Il primo, all’ultimo Tour, che questa corsa pareva potesse vincerla un giorno e a volte c’è davvero andato vicino, ma l’avversario si chiamava Froome. All'ultimo Tour vince una tappa dopo sette anni dall'ultima volta e veste per la prima volta la maglia gialla. Il secondo avanza senza essere mai stato uno di quei talenti da strapparsi i capelli (e in Francia ne hanno, di talenti non solo di capelli) ma ogni stagione ha messo un piccolo mattoncino finendo per costruire un palazzo che si fa guardare, piazzando all’entrata la vittoria di tappa di Bologna dopo essere stato in fuga tutto il giorno. Va forte a cronometro, è veloce, apprezza le brevi corse a tappe: non sarà colui che sfaterà il tabù Tour per i francesi, ma è corridore da seguire. Nazione sempre più prolifica, grazie alla programmazione e al sistema che permette a un numero altissimo di corridori di esprimersi restando competitivi anche una volta passati professionisti - a differenza di quello che succede da noi in italia. La terza vittoria di tappa francese porta la firma di Anthony Turgis che invece appartiene agli incompiuti, di quelli che le grandi vittorie le hanno soltanto sfiorate. Vive una giornata di gloria incredibile nella tappa degli sterrati salvando il Tour, e in parte la stagione, di una (mezza) disastrosa, sin qui, TotalEnergies. Ci sarebbe da parlare di quanto è forte Jonas Abrahamsen che ha trasformato completamente il suo fisico per diventare un corridore vero alla soglia dei 30 anni e un giorno potrà giocarsi pure qualche classica del Nord. Al Tour non vince, ma veste la maglia a pois per diversi giorni, è il corridore con più chilometri in fuga, avrebbe meritato il premio di supercombattivo, ma gli viene preferito Carapaz. E a proposito di trasformazioni: Campenaerts, che da un po’ di anni si occupa meno delle crono e più delle fughe, trova il successo più importante della carriera dopo averne sfiorati anche lui diversi. Tre parole sui due van: Aert e der Poel. Entrambi a secco anche se il primo più volenteroso del secondo, oltre ad esserci arrivato molto più vicino. Per i due l’obiettivo sarà fra pochissimi giorni e si chiama Parigi 2024.
AZZURRO TENEBRA
Infine e in breve: quanto è messo male il ciclismo italiano che, tolti i due campioni di cui possiamo vantarci (Ganna e Milan), ormai è ben poca cosa? Ciccone fa classifica chiudendo undicesimo alle spalle di Buitrago: il duello con il colombiano, anche in un post tappa, è uno dei pochissimi momenti in cui l’Italia si fa vedere, anche se nella seconda settimana, quando arriva al quinto posto in due tappe di montagna, mi aveva illuso potesse lottare per qualcosa di meglio in classifica, ma al Tour il livello è troppo alto per pensare di entrare nei primi sei, sette, otto. L’anno prossimo lo aspettiamo al Giro e magari nelle classiche delle Ardenne.
Può bastare il suo undicesimo posto senza guizzi a salvare la spedizione? Assolutamente no, ma se Ciccone, pur bravo sia chiaro, non esalta, gli altri che fanno? Sobrero, dopo il ritiro dei due uomini di classifica della Red Bull, fatica a riciclarsi in un altro ruolo e si vede a malapena in un paio di fughe dove aiuta i compagni di squadra (da gregario per la classifica a gregario per i compagni in fuga, siamo questi); Moscon è l’emblema di ciò che sempre più spesso diventano i ciclisti italiani: ottimi compagni di squadra, valorosi aiutanti, dopo aver vestito i panni delle speranze, dopo averci illuso.
Bettiol, non pervenuto, ritirato per stanchezza; Ballerini e Mozzato hanno fatto l’uno guardia del corpo a Cavendish e con buoni risultati (tappa vinta dal corridore britannico), l’altro apripista di un velocista che da un anno a questa parte è diventato un ex. Gazzoli è stato il primo a ritirarsi al Tour, Formolo si è visto un paio di volte tirare il gruppo per qualche centinaia di metri. A memoria non ricordo un Tour così insipido corso dagli italiani e succede proprio nell’anno in cui la corsa parte dall’Italia. Ma, come detto, siamo questi: senza squadre di livello nella massima categoria, con talenti che passano professionisti dopo aver fatto buone cose nelle categorie giovanili e in un modo difficile da spiegare e comprendere o scompaiono dai radar o diventano gregari. Senza ottenere risultati di vertice nelle corse che contano e stanno scomparendo pure i risultati che contano nelle gare di secondo piano, fateci caso. Stiamo entrando in quello che forse è uno dei peggiori momenti della storia del ciclismo italiano. Problemi? Tanti, diffusi in maniera capillare in tutto il sistema. Soluzioni? Nessuno le conosce o ne parla, anzi, spesso alcuni buoni risultati vengono usati per nascondere ciò che non va. Vedremo il futuro cosa riserverà a questo sempre più evidente azzurro tenebra che ultimamente sta bene con tutto.
Foto: Sprint Cycling Agency
Il Monumentale del Tour de France 2024
Densa di fascino, come una di quelle gelatine che Jim Halpert, il cattivo della serie TV americana The Office, usava per fare impazzire alcuni suoi colleghi. Attesa, come il giorno più importante nella vita di un bambino. Discussa, perché se non parlassimo di Tour de France allora tanto varrebbe chiudere baracca. Il Tour de France 2024 sta per iniziare - 29 giugno-26 luglio - e lo farà dall’Italia per la prima volta nella sua storia, avrà (le consuete) 21 tappe e si snoderà lungo circa 3.500 chilometri. La corsa partirà dall’Italia per chiudersi a Nizza invece che a Parigi: i Giochi Olimpici nella capitale francese a fine luglio hanno imposto un cambio epocale che si tramuta anche in cronometro all’ultimo giorno, al posto del tradizionale sprint che vale una carriera, sui Campi Elisi.
I temi principali - le domande che mi e vi pongo - sono almeno quattro e coinvolgono i favoriti alla classifica finale, li accenno qui prima di addentrarmi nello specifico raccontando come di consueto vita, caratteristiche e miracoli sportivi dei presenti al Tour de France 2024 e delle loro squadre di appartenenza.
1) Riuscirà Tadej Pogačar a completare la doppietta Giro-Tour ? (E poi, intanto la butto lì, anzi qui: poi lo sloveno pensi al Mondiale perché non succederà spesso di averne uno così favorevole alle sue caratteristiche e lasci perdere la Vuelta).
2) In che stato di forma sarà Jonas Vingegaard Hansen, dopo lo spavento che ci ha fatto prendere ai Paesi Baschi? Sarà un avversario credibile?
3) Riuscirà Remco Evenepoel a fare quel salto di qualità per giocarsi un posto sul podio in una corsa con (quasi) tutti i migliori al mondo per le gare a tappe di tre settimane?
4) Potrà essere Primož Roglič, nonostante i quasi 35 anni l’avversario da cui Pogačar si dovrà guardare?
UN FAVORITO (CON UNO SQUADRONE)
Complesso per tutti sconfiggere Tadej Pogačar, soprattutto quello visto nel 2024, la migliore versione di se stesso, quello all’apice della sua maturità agonistica e che alla vigilia dice di non essresi mai sentito così forte. Come può non essere lui il favorito numero uno di questa corsa? Anche per via dei noti problemi del suo più accreditato - fino a qualche mese fa - rivale per la maglia gialla finale. Lui è il più forte - al mondo - la sua squadra è la più forte - al via e al mondo - e potrebbe, sulla carta, ma stando sempre attenti a non pastrocchiare con l’inchiostro, piazzarne pure altri due sul podio, un altro nei cinque e un altro ancora nei dieci. Mi piace questa cosa? Sinceramente, nemmeno un po’, ma tant’è. Di squadre forti al via del Tour ne abbiamo viste - e ne vedremo anche quest’anno - ma una così faccio fatica a ricordarla. Adam Yates e João Almeida, mantenessero lo standard visto al Tour de Suisse, potrebbero tranquillamente essere i rivali più accreditati dello sloveno; Juan Ayuso, nonostante fisiologici alti e bassi per via dell’età e qualche caduta di troppo, è il nuovo che avanza nei grandi giri. Pavel Sivakov, in poche stagioni, è passato da “prossima grande cosa” nelle corse a tappe a uomo di alta classifica, finendo per diventare gregario extra lusso di capitani che possono vincere le corse. C’è poi Marc Soler, cavallo pazzo a cui Matxin è riuscito a dare un senso, almeno per loro, a me piaceva di più la versione illeggibile dei tempi Movistar e, infine, Nils Politt e Tim Wellens, che in altre squadre andrebbero a caccia di tappe, mentre qui saranno utilissimi alla causa, soprattutto in pianura il primo e nelle prime fasi di salita il secondo.
GLI AVVERSARI
Per via dell’incidente accorso a Vingegaard, il primo rivale dello sloveno è un altro sloveno: Primož Roglič. Difficile, però, immaginare come un corridore che fa del calcio volante assestato nei finali di tappa la sua arma migliore, quasi l'unica, possa trovare terreno per battere questo Pogačar che più dei suoi rivali dovrà temere il caldo. La Red Bull-BORA-Hansgrohe, però, va al Tour con una squadra niente male e un nuovo sponsor, di peso, forse il più importante e conosciuto, a livello globale, per ciò che concerne lo sport. Darà motivazioni in più. Una squadra con Aleksandr Vlasov: uno dei corridori più continui ad alti livelli quest’anno in salita mentre Jai Hindley è uno che ha pur sempre vinto un Giro d’Italia due stagioni fa anche se come aiuto di un capitano è ancora tutto da vedere - e al recente Delfinato non ha rubato l’occhio. A completare una squadra davvero forte per la salita presenti Bob Jungels e Matteo Sobrero, mentre Marco Haller, Nico Denz e Danny van Poppel si divideranno tra lavoro sporco in pianura, tirando, difendendo, coprendo, e gloria personale: Haller a supporto di van Poppel in volata, Denz in fuga.
Parte più defilato il vincitore uscente: quali conseguenze per il suo rendimento la caduta ai Paesi Baschi? Probabilmente lo scopriremo già nelle prime, impegnative, tappe italiane. E allora, oltre a Jonas Vingegaard, in casa Visma | Lease a Bike sarà da seguire con attenzione Matteo Jorgenson, rendimento altissimo quest’anno nelle brevi corse a tappe, da verificare la capacità di tenere lungo l’arco delle tre settimane, anche se va detto, intanto, che il percorso di questo Tour potrebbe favorirlo, oltre al fatto che l’americano ha poco da invidiare alla concorrenza per un piazzamento in altissima classifica. Completano lo squadrone olandese - più vario, completo e all'apprenza compatto rispetto a quello emiratino - Wilco Kelderman, uno che potrebbe fare il capitano d’ alta classifica in almeno 18 delle 22 squadre al via, Bart Lemmen, chiamato all’ultimo per sostituire un Kuss che quest’anno non va, Wout van Aert, il coltellino svizzero del gruppo: lavorerà in salita, potrà inserirsi in fuga su ogni terreno, si butterà nelle volate di gruppo compatto, proverà a vincere quelle a plotone sgranato, mentre Christophe Laporte cercherà risposte dopo una stagione altamente negativa e sfortunata, quasi come se stesse vivendo una sorta di crisi di rigetto a un irripetibile 2023. Jan Tratnik e Tiesj Benoot sono due corridori affidabilissimi e sui quali la squadra si appoggerà per ricevere aiuto su ogni terreno.
TUTTI (PROPRIO TUTTI) GLI ALTRI
Quasi tutte le squadre mettono in campo il meglio possibile, poche le assenze di peso, ma d’altra parte il Tour de Netflix impone al via il miglior cast possibile. E così che vista la forza di UAE, Visma e Red Bull, constato come anche la INEOS Grenadiers non voglia essere da meno. Carlos Rodríguez Cano, il più giovane della compagine britannica, guida un gruppo formato da Egan Bernal, Geraint Thomas, Thomas Pidcock, Michał Kwiatkowski, Ben Turner, Jonathan Castroviejo e Laurens De Plus. Pensare che questa squadra non sia la più forte al via lascia senza parole. Carlos Rodríguez ha ottime credenziali per salire pure sul podio finale. Continuo, forte in salita, forte a cronometro, forte in discesa, sa pure cogliere l’attimo giusto per provare a vincere una tappa visto che non ha nemmeno paura ad attaccare. L'unica incognita è legata alle cadute: spesso, nonostante la capacità di guidare il mezzo, ha bruciato risultati importanti a causa di incidenti in corsa. Egan Bernal insegue la rinascita, si gioca la top ten anche se sogniamo qualcosa in più, magari pure una tappa: da troppo tempo non si concede il gusto di alzare le braccia al traguardo. Geraint Thomas, dopo il podio al Giro, sarà completamente a disposizione dei suoi, così come lo sono tre fra i più forti “gregari” in circolazione per le tappe di montagna e non solo: Laurens De Plus, Jonathan Castroviejo e Michal Kwiatkowski i quali potrebbero, insieme a Thomas Pidcok, inseguire fughe e successi di tappa. E a proposito di Pidcock: dopo due tentativi di fare classifica e conclusi con un 16° e 13° posto abbastanza dimenticabili, proverà a fare classifica per una terza volta o lo vedremo libero di dare spettacolo in qualche tappa come due anni fa nel giorno dell’Alpe d’Huez? Se dovessi indovinare e fossi costretto a scegliere direi la seconda, ci sono anche i Giochi a Parigi con cui fare i conti pochi giorni dopo la fine del Tour, sprecare troppa energia per un piazzamento nei 20, potrebbe rivelarsi controproducente. Lui intanto dice di puntare alla prima maglia gialla. Chiude il gruppo Ben Turner, successore di Luke Rowe quasi a 360 gradi, dal corridore gallese eredita principalmente il ruolo di mulo delle prime fasi di gara.
Capitolo Soudal-Quick Step, o meglio Remco Evenepoel. Cosa aspettarsi dall’ imprevedibile ex campione del mondo, al suo esordio al Tour de France? Dovesse finire nei primi cinque sarebbe grasso che cola, considerando anche per lui l’incidente ad aprile che gli ha tolto qualche settimana di preparazione; nei dieci sarebbe un piazzamento auspicato, quasi chiamato tutto il resto, che non sia una vittoria di tappa o magari due, un risultato finale deludente. Le aspettative su di lui sono sempre enormi, così come è sembrato enorme - forse troppo? - il suo fisico, per pensare di poter infastidire i migliori in salita. Squadra forte al suo fianco: Mikel Landa può pensare persino di andare più forte di lui in salita e di conseguenza curare anche una buona classifica, anche se i due, almeno nelle foto, per quanto possano assumere un significato di verità assoluto immagini postate sui social, sembrano, sin dal ritiro invernale, avere instaurato un certo feeling che poi in corsa si è intravisto alla Volta ao Algarve. Gianni Moscon sarà il gregario per eccellenza in squadra, definito sin dai primi mesi in maglia Quick Step come l’erede di un altro trattore, Tim Declercq, anche se quegli standard sono decisamente lontani. Louis Vervaeke, Ian Van Wilder e Jan Hirt, saranno altre tre pedine preziose per la salita, e magari, soprattutto gli ultimi due, “riserve” per fare classifica, ma non escluderei di vederli anche cercare di vincere una tappa di montagna. Yves Lampaert, sorprendente prima maglia gialla al Tour di due anni fa, potrà giocarsi le sue chance in fuga, darà una mano in pianura a Evenepoel e una in volata a Casper Pedersen, seppure quest’ultimo non si possa considerare un velocista di prima fascia, quanto piuttosto corridore da soluzioni alternative alla volata di gruppo.
Movistar Team per la classifica punta su Enric Mas. Nel Power Ranking che ho stilato tempo fa, Mas è, a conti fatti, e grazie soprattutto alla regolarità che trova nella “gara di casa”, ovvero la Vuelta, al quarto posto assoluto tra i corridori in attività per le grandi corse a tappe. Dietro i tre che potete immaginare. Questo non significa che lo spagnolo, spesso sin troppo criticato, come sin troppo criticata è la Movistar, autentica squadra meme del ciclismo internazionale, a volte se la vanno a cercare non c’è dubbio, sia la quarta forza in campo, ma è uno dei nomi che ambiscono a un piazzamento in alta classifica. Regolarista in salita, forse avrebbe apprezzato di più un Tour da sfinimento e per fondisti, ma l’ultima settimana montagnosa può sorridergli. Interessante la squadra che gli viene costruita intorno: Davide Formolo sarà la sua guardia del corpo in salita, Javier Romo in alta quota può stupire, Oier Lazkano, a suo agio nelle tappe più dure al Delfinato, dove è riuscito spesso e volentieri ad arrivare davanti a scalatori più quotati, cercherà una vittoria di tappa andando in fuga. Presenti anche l’eterno Nelson Oliveira che potrebbe pure cercare piazzamenti nelle due crono, Fernando Gaviria, scelta un po’ sorprendente vista la sua stagione (le sue ultime stagioni) finora e infine Alex Aranburu. Il corridore basco va forte su diversi terreni ed è veloce oltre che resistente, si è laureato campione di Spagna pochi giorni fa e nell’ultimo mese, tappa vinta anche al Giro del Belgio, è riuscito a sbloccarsi dopo due stagioni a secco e un’infinità di piazzamenti. Che c’abbia preso gusto?
Quartetto da classifica anche per la Bahrain-Victorious, altra squadra in forma nell'ultimo mese. Viste le qualità espresse in salita, quello con le quotazioni maggiori potrebbe essere Santiago Buitrago, il quale, oltre a essere uno degli scalatori più forti al via, può anche puntare a vincere una tappa. Pello Bilbao, che fa parte di quella particolare categoria di corridori “da quarta settimana” potrebbe anche lui giovare di un Tour che si indurisce nel finale: obiettivo, per il corridore basco: vincere una tappa e chiudere in top ten. Con loro proveranno a tenere duro Jack Haig e soprattutto Wout Poels, quest’ultimo mette assieme un pacchetto di esperienza, qualità e regolarità con pochi eguali in gruppo. Se dovesse uscire a mani vuote da questa corsa, si potrebbe parlare di fallimento sportivo vista anche la presenza di corridori come Matej Mohorič e Phil Bauhaus, Nikias Arndt e Fred Wright, fughe e volate chiamano a gran voce i loro nomi.
Veniamo alle squadre francesi. La Cofidis per la classifica punta su Guillaume Martin pronto a giocarsi la sua mossa preferita: entrare in tutte le fughe possibili e in quel modo ottenere un piazzamento di rilievo, magari tra l’ottava e la dodicesima posizione, e chissà, se ci scappa pure una tappa non si storce il naso. Difficile che Simon Geschke possa ripetere l’impresa fatta al Giro: 14° posto finale, suo miglior risultato in carriera in un Grande Giro, a 38 anni, mentre Jesús Herrada e Ion Izagirre sono uomini da fughe che arrivano al traguardo e vittorie di tappa. Bryan Coquard è il velocista, c’è concorrenza, ma non esagerata, magari dopo aver vinto al Tour de Suisse di recente - 2 vittorie in carriera nel WT su 52 successi totali da professionista - può provare a sbloccarsi al Tour. Piet Allegaert e Alexis Renard il suo supporto, quest’ultimo cerca anche piazzamenti nelle tappe mosse o magari andando in fuga. Infine, presente Alex Zingle, inizialmente, visto che il prossimo anno lascerà la compagnia, pareva potesse rimanere fuori dal Tour. Zingle è uno dei profili da tenere maggiormente d’occhio nelle volate a ranghi ridotti oppure, dovesse trovare la forma e formula giusta, potremmo vederlo spesso in fuga, magari quella buona.
Bella squadra la Groupama - FDJ di Madiot che cala i cinque assi e ce n’è per tutti i gusti - tranne che per le volate. Stefan Küng per le due crono con vista Parigi 2024 dove inseguirà una medaglia, ma non è da escludere trovarlo spesso in fuga. Lenny Martinez rappresenta il nuovo che avanza a livello mondiale. Il classe 2003, ancora acerbo per fare classifica, nella tappa secca, se in giornata, in salita può essere imbattibile. Viste anche le doti di esplosività una tappa in cui misurarsi con i migliori potrebbe essere quella di Bologna, magari attaccando sul San Luca, il secondo giorno. Valentin Madouas, uomo buono per tutti i percorsi, darà una mano, come faranno anche Kevin Geniets e Quentin Pacher, in salita, e lo vedremo in fuga dove la sua presenza lo metterà tra gli uomini da battere. Difficile per lui, come per Gaudu, ripetere il Tour d’alta classifica del 2022, ma ha le qualità pure per provare a tenere duro in montagna o magari vincere proprio una tappa tra quelle più impegnative, soprattutto nell’ultima settimana, lui che viene fuori alla distanza. Dicevo di David Gaudu: fino a 2 anni fa sarebbe stato il capitano designato, ma ora gliene succedono di ogni e si è pure ammalato alla vigilia di questo Tour. Dai sogni di podio si è passati a una realtà che potrebbe vederlo “solamente” provare a vincere una tappa o a conquistare la maglia a pois. Destino che lo accomuna a tantissimi suoi predecessori e connazionali. Presente al via anche Clément Russo che darà una mano in pianura e sarà anche utile nella tappa degli sterrati di Troyes. Tenuto per ultimo Romain Grégoire. Attesissimo a un ulteriore salto di qualità, nonostante sia anche lui giovanissimo (2003), potrebbe essere tra i corridori da battere nelle tappe più mosse e nelle numerose fughe che mi aspetto arrivino al traguardo.
La Decathlon AG2R vuole continuare a macinare successi e nel farlo, selezionando la squadra per il Tour, si dimentica del suo uomo faro: Benoit Cosnefroy. Perché non è stato chiamato al Tour? Si va per la classifica di Felix Gall, il quale però sembra un po’ sotto gli standard del 2023, ma magari sta tenendo il meglio per la corsa francese. Si punta alle volate di Sam Bennett, altro corridore trasformato dalla cura Decathlon/Van Rysel. Ad aiutare l’irlandese in volata c’è uno dei corridori più esperti del gruppo: Oliver Naesen. Nans Peters e Nicolas Prodhomme sono sia uomini da fuga in montagna che i compagni più vicini che potrà avere Gall nelle tappe più impegnative, oltre all’esperto della compagnia, Bruno Armirail. L’ammiraglio francese punterà a un buon piazzamento nelle crono e magari anche a una top 20 in classifica finale. Il neo campione francese Paul Lapeira è uno dei corridori maggiormente migliorati in questo 2024 e vorrà continuare a stupire, magari vincendo una tappa al Tour in maglia tricolore. Ultimo francese a riuscirci, Arnaud Démare nel 2017, vincitore a Vittel davanti a Kristoff e Greipel. Dorian Godon, invece, sarà l’uomo, almeno come caratteristiche, preferito a Cosnefroy, darà una mano a Bennett in volata, andrà all’attacco delle tappe mosse e si lancerà negli sprint a ranghi ridotti.
Arkéa -B&B Hotels squadra bretone, ma senza bretoni al via, avrà come leader Arnaud Démare per le volate, lui che al Tour ne ha vinte due, ma l’ultima nel 2018. A dargli una mano Daniel Mclay, Luca Mozzato e Amaury Capiot, ma soprattutto gli ultimi due proveranno anche a mettersi in proprio se la strada glielo consentirà. Il corridore italiano, secondo quest’anno al Fiandre, lo scorso anno al Tour ha chiuso 4 volte nei 10 di tappa risultando, insieme a Ciccone, il migliore della risicata spedizione italiana in terra di Francia. Chissà che in una delle prime tre tappe “casalinghe” la squadra non gli dia la possibilità di giocarsi le sue carte - penso soprattutto alla frazione di Torino - le altre due frazioni, invece, lo dovrebbero vedere tagliato fuori dalla contesa. Squadra francese perfettamente divisa in due, detto delle quattro ruote veloci, gli altri quattro sono uomini che si faranno vedere in montagna e proveranno pure a fare classifica. Clément Champoussin cerca un po’ di continuità. Ha grandi numeri e una discreta precocità - vinse una tappa alla Vuelta nel 2021 in quella che fu la prima vera e propria stagione completa tra i professionisti. I due spagnoli, Cristian Rodríguez e Raúl García Pierna, sono due regolaristi, ma sono convinto che li vedremo spesso in fuga, infine mi sono tenuto per ultimo Kévin Vauquelin. Il 23enne normanno di Bayeux, dopo un’ottima prima parte di stagione (nei dieci tra Etoile de Besseges, Tirreno e Paesi Baschi) culminata con il secondo posto alla Freccia Vallone, ha sofferto al recente Tour de Suisse e ha perso il campionato francese a cronometro per pochissimi secondi. È al suo primo Tour e nel 2023 all’esordio in un grande giro (Vuelta), corse a lungo ammalato finendo per ritirarsi dopo due settimane di corsa. Quello che verrà sarà tutto di guadagnato, farà esperienza, ma le qualità sono quelle di un corridore che a fine Tour potrebbe pure lambire la top ten. Ultima squadra “di casa”, TotalEnergies. una delle quattro Professional al via. Steff Cras per la classifica, vicino a lui in salita troveremo Jordan Jegat, da tenere d’occhio, così come da seguire Thomas Gachignard, grande protagonista in questo 2024 nel calendario franco-belga, ha pure sfiorato la vittoria al campionato nazionale francese. Lo troveremo spesso in fuga e chissà che prima o poi la vittoria arrivi proprio al Tour de France. Il gruppo sportivo guidato da Bernaudeau non conquista una tappa al Tour dal 2017 (vittoria in fuga di Calmejane): ci proveranno anche Anthony Turgis o Sandy Dujardin, entrambi veloci, anche se non così tanto da volata di gruppo compatto, ma in fuga possono creare diversi grattacapi, così come Mathieu Burgaudeau. Il sosia di Alaphilippe non sta vivendo una grande stagione e cerca le risposte giuste sulle strade francesi. Al via anche Mattéo Vercher e Fabien Grellier, principalmente per cercare fughe da lontano o dare una mano ai compagni di squadra.
Introdotto con la TotalEnergies il discorso relativo alle squadre che hanno usufruito delle wild card, lo proseguo parlando di Israel Premier Tech, Uno X Mobility e Lotto Dstny. Tre squadre che difficilmente cureranno l’alta classifica, ma che molto probabilmente daranno vita a tante fughe con l’obiettivo di arrivare al traguardo. Israel-Premier Tech in realtà, un po’ a sorpresa, un uomo per la classifica potrebbe averlo: Derek Gee. No, non sto dando i numeri, il canadese al Delfinato ha impressionato in salita. Sono convinto che inizialmente proverà a tenere duro, e al Giro 2023 ha dimostrato di non soffrire, andando in fuga in quasi ogni tappa di montagna, le fatiche ravvicinate nei giorni. Quota canadese in squadra che aumenta con le presenze di Hugo Houle, vincitore di una tappa nel 2022 e Guillaume Boivin, entrambi specialisti della fuga. Difficile, se non impossibile, immaginare Jakob Fuglsang competitivo ad alti livelli, ma magari un colpo di coda lo potrà dare. Pascal Ackermann, con Jake Stewart a supporto, proverà a inserirsi nelle volate, Krists Neilands vorrà essere nuovamente protagonista in fuga come già accaduto lo scorso anno, mentre Stevie Williams, corridore da alti e bassi, punterà a vincere una tappa e magari essere protagonista da subito, nelle prime due tappe italiane. La Lotto Dstny incentra la propria corsa sulle volate di Arnaud De Lie e sulla qualità di Maxim Van Gils. Se il primo spesso ha picchi altissimi - a livello di talento, dato da forza, esplosività e spunto veloce, è colui che può battere Pedersen e Philipsen in volata - ma a volte è suscettibile a controprestazioni, il secondo fa della regolarità ad alti livelli la sua arma migliore. Veloce e resistente, Van Gils avrà diverse tappe in cui provare a lasciare il segno, soprattutto quelle con il traguardo che punta all’insù. Certo, la concorrenza è folta e forse sarà meglio cercare gloria in fuga, piuttosto che sfidare i big su un certo tipo di finali. Victor Campenaerts fungerà da battitore libero in una corsa in cui ha sempre faticato a trovare spazio, Harm Vanhoucke sarà l'uomo in fuga nelle tappe di montagna, difficile pensarlo in classifica, discorso simile per Jarrad Drizners, mentre Brent Van Moer, Sebastian Grignard e Cedric Beullens saranno i pretoriani di De Lie, ma con la possibilità di giocarsi le proprie carte in fuga. Ultima squadra invitata: Uno X Mobility. La compagine norvegese, dopo una prima parte di stagione troppo anonima per essere vera, arriva al Tour al massimo della forma e punterà quasi esclusivamente a vincere una o più tappe. Sorprende in almeno una scelta: il giovanissimo (e prospetto molto interessante) scalatore Johannes Kulset preferito ad Andreas Leknessund, ritornato in squadra quest’inverno dopo la parentesi in DSM per curare la classifica al Tour e invece escluso. I capitani, tuttavia, saranno diversi, squadra solida, buona per tutti i terreni. Alexander Kristoff, aiutato da Søren Wærenskjold, sarà il velocista di punta e proprio con il suo giovane "erede" potrà dividersi il ruolo di capitano negli sprint di volta in volta a seconda della situazione. Magnus Cort, già vincitore di due tappe al Tour, si getterà nelle volate a ranghi ristretti - se ci saranno - ma non disdegnerà la fuga giusta su ogni terreno. Rasmus Tiller e Jonas Abrahamsen, oltre a essere solide pedine per il treno dei due velocisti, proveranno a entrare nelle fughe e quelle fughe le proveranno a portare fino al traguardo. Il primo grazie alle doti veloci può regolare un gruppetto, il secondo ha motore e tempismo per provare azioni solitarie nei finali di corsa. Odd Christian Eiking e Tobias Halland Johannessen saranno i punti di riferimento nelle tappe di montagna. Il forte corridore classe ‘99, vincitore del Tour de l’Avenir ormai tre anni fa, punta deciso a vincere una tappa di montagna.
Capitolo Alpecin-Deceuninck. Si rivede in corsa Mathieu van der Poel, ma con quali credenziali? Lo immagino provare un Tour quasi fotocopia di quello dello scorso anno. In aiuto a Jasper Philipsen, il velocista di riferimento, sulla carta solo Mads Pedersen lo potrà impensierire in volata a questo Tour, cerca la condizione senza strafare con l’obiettivo Parigi 2024 e magari un finale di corsa in crescendo cerchiando di rosso un paio di tappe nell’ultima settimana. Certo, con una buona condizione, potrà provarci magari già sul San Luca. San Luca, che però potrebbe essere il terreno ideale per Axel Laurance, quanto di più vicino ad Alaphilippe la Francia ha prodotto in queste ultime stagioni, che fa il suo esordio in un grande giro meritando la convocazione a suon di risultati. Di Philipsen abbiamo già detto, sarà il velocista faro della corsa, sei tappe vinte al Tour nelle ultime due stagioni, e con lui, oltre a Robbe Ghys e Jonas Rickaert, tornano in voga quelli delle classiche: Søren Kragh Andersen, Silvan Dillier e Gianni Vermeersch, che oltre a essere fondamentali uomini squadra, potrebbero contribuire a trasformare alcune tappe in vere corride.
Dal velocista principe al suo principale rivale: Mads Pedersen che guida una Lidl-Trek orfana di Tao Geoghegan Hart, ammalatosi all’ultimo momento. Il danese, come al suo solito, non solo si getterà in volata, ma proverà a dire la sua andando in fuga e provando a piazzarsi in alcune tappe impegnative, ma non troppo e terrà accesa la lotta per la maglia verde. A proposito di maglie: Giulio Ciccone mette in palio la pois: che Tour sarà il suo? Non lo so, ma so che finora la sua stagione è stata alquanto sfortunata. Un problema al soprasella gli ha fatto saltare tutta la prima parte di stagione, Giro compreso. È tornato, si è dimostrato in buona forma e si è ammalato poco prima del Tour. Può darsi che provi a fare classifica, altrimenti il suo bagaglio è pieno di piani alternativi: fughe, tappe, classifica dei gran premi della montagna. Di sicuro con lui non ci annoieremo mai. Terza punta di una squadra nel complesso più debole di quello che ci si poteva aspettare è Toms Skujiņš, che si dividerà tra le fughe e il supporto al treno di Pedersen. A proposito di treno: lo completano Ryan Gibbons e Jasper Stuyven e se Tim Declercq è il lavoratore per eccellenza nelle prime ore di gara, Carlos Verona e Julien Bernard li vedremo all’opera in salita.
L’Astana Qazaqstan Team punta forte, ma non esclusivamente, sulle volate di Mark Cavendish, supportato da un treno di buona fattura: Davide Ballerini, Michele Gazzoli, Cees Bol e Michael Mørkøv. Yevgeniy Fedorov cerca gloria in fuga e nelle tappe impegnative, Harold Tejada e Alexey Lutsenko proveranno a fare classifica e/o a vincere una tappa di montagna, andando in fuga. Da seguire con interesse la selezione del Team Jayco AlUla. Simon Yates torna per fare classifica: difficile migliorare il 4° posto del 2023, oltretutto dopo una stagione, questa, costellata di tanti piccoli problemi e un rendimento al di sotto delle aspettative. Se dovesse mancare l'appuntamento con l’alta classifica, di sicuro proverà in ogni modo a vincere la sua terza tappa in carriera al Tour. Dylan Groenewegen, fresco di titolo olandese, è il velocista di punta per le volate a gruppo compatto e si contenderà il titolo di terzo incomodo degli sprint, mentre Michael Matthews lo vedremo in azione in altri situazioni, a gruppo sgranato oppure in fuga. Uno degli obiettivi del corridore australiano è quello di crescere di condizioni in vista dei Giochi Olimpici. Chris Harper è l’alternativa a Yates per la classifica, Luke Durbridge, Christopher Juul Jensen ed Elmar Reinders i lavoratori spesso oscuri, nonché parte del treno dei velocisti che vedrà nel solito Luka Mezgec l’ultima ruota da cui si potrà lanciare Groenewegen.
A proposito di volate: il Team dsm-firmenich-PostNL ci riprova con Fabio Jakobsen, del tutto impalpabile al Giro e saranno ben quattro le chance fino alla prima giornata di riposo per provare a riemergere per l’ennesima volta. Bram Welten, Nils Eekhoff e John Degenkolb gli tireranno la volata, ma questi ultimi due magari avranno anche chance personali in altre tappe. Frank Van Den Broek è uno dei nomi che potrà diventare noto anche ai meno attenti: grande motore, il suo soprannome, Wattage Bazooka, è tutto un programma. È estroso, fantasioso, va forte ovunque e si infilerà in diverse fughe. Sarà l’ultimo Tour per Romain Bardet, farà classifica o proverà a vincere una tappa? Credo più alla seconda ipotesi. Sempre per le tappe ci sarà un altro francese ormai appartenente alla vecchia guardia: Warren Barguil. I suoi anni migliori sono passati, ma WaWa è uno di quelli che può stupire in fuga. Menzione finale per Oscar Onley, giovane e interessantissimo britannico che può dire la sua sugli arrivi adatti a corridori esplosivi, ma anche sulle salite non troppo lunghe. Finora, la sua ancora breve carriera tra i professionisti è stata un'alternanza di bei risultati e brutti infortuni. Al Tour per trovare la quadra.
L'Intermarché Wanty porta Louis Meintjes per la classifica, magari non troppo vicino al podio, ma nemmeno così lontano da una top ten. Regolare come pochi, il sudafricano potrebbe anche centrare la fuga buona in montagna per provare a vincere una tappa. Il resto della compagnia è composta da corridori che strizzano l’occhio perlopiù alle corse di un giorno: l’obiettivo principale sarà quello di provare a vincere tappe. Bini Girmay e Gerben Thijssen in volata, ma come gestiranno la convivenza? Mike Teunissen, Hugo Page e Laurenz Rex formeranno un ottimo trio di vagoni veloci e potenti, ma potranno anche entrare in fughe numerose, infine Georg Zimmermann e Kobe Goossens sono due profili di corridori fantasiosi, quasi selvaggi, amanti delle scorribande da lontano: occhio anche a loro due per un possibile successo di tappa.
Chiudiamo con una delle squadre più interessanti di questo Tour de France seppure, almeno all’apparenza, senza uomini che possono puntare al podio, ma con la presenza del corridore italiano più forte del momento, che pochi giorni fa ha dominato il campionato nazionale e porterà, in giro per il Tour, il tricolore. Alberto Bettiol partirà con motivazioni extra dalla sua toscana, con indosso il rossobiancoverde e chissà, potrebbe pure puntare alla prima tappa e a vestire la maglia gialla. Richard Carapaz sarebbe l’uomo designato per la classifica generale, ma l’ex vincitore del Giro d’Italia, oltre a non aver ancora mostrato in stagione il meglio, in questo 2024 è finito spesso a terra. Di sicuro lui è un altro che ha pronta l’alternativa alla classifica: andare in fuga gli piace e quando va all’attacco sa pure concludere. In alternativa, per fughe e classifiche, altri tre elementi di grande qualità: Rui Costa, Ben Healy e Neilson Powless. Il primo è reduce dal successo al campionato portoghese, il secondo da una stagione inferiore a quella del 2023, ma si è sbloccato a modo suo, con una fuga, al recente Giro di Slovenia, il terzo, invece, arriva da un’annata complicata per problemi al ginocchio, ma se dovesse trovare la forma potrebbe stupire. Chiudono la selezione EF Education-Easy Post, Sean Quinn, veloce e resistente, di recente laureatosi campione nazionale statunitense, Marijn van den Berg, uno che sembra sempre sul punto di esplodere e che ha avrebbe le qualità pure per giocarsi le tappe con i migliori velocisti resistenti - quelle adatte ai van Aert o Pedersen, per intenderci - e Stefan Bissegger, un po’ cronoman, un po’ attaccante, ancora alla ricerca della sua dimensione.
PERCORSO
Sarà un Tour anomalo e ricco di novità, ritorni e cambiamenti. La partenza dall’Italia, le Alpi, subito, e poi nuovamente alla fine. Gli sterrati, due crono, i Pirenei alla fine del secondo weekend, la tappa finale a Nizza.
Dall’Italia per tre tappe, di cui due davvero frizzantine e che potrebbero già mettere in fila gli uomini di classifica. Il primo giorno, Firenze-Rimini, senza considerare quello che potrà succedere nelle ultime ore con possibili cambi di percorso a causa di strade allagate e smottamenti, ci sono pur sempre sei GPM, Barbotto e San Leo sono impegnativi, anche se lontani dal traguardo, e i chilometri più di 200: insomma, si parte col botto. Dipende da come approcceranno il primo giorno del Tour, ma, tolta una possibile azione dei big e magari un gruppetto sgranato, difficile immaginare che arrivino più di 30/40 corridori a giocarsela.
A Bologna, sul San Luca, che verrà affrontato due volte in tutto, sarà, invece, un testa a testa tra i migliori. Che siano uomini di classifica o “semplici” cacciatori di tappa non importa, di sicuro bisogna stare bene sin da subito, come ormai la corsa francese ci sta abituando.
Piacenza-Torino, il terzo giorno, invece, segnerà la prima delle tante volate di questo Tour de France, in una giornata dal punto di vista chilometrico tutt’altro che banale: 231 km è una lunghezza che non si vede più così spesso nelle corse a tappe. La quarta tappa sarà la prima di montagna. Partenza da Pinerolo e arrivo a Valloire: 139,6 km con quasi 4.000 di dislivello. Infinita la salita per arrivare al Sestriere, poi si sconfina con il Monginevro e infine, passanti tra i Giganti, si sale verso il Galibier dal Lautaret, prima di scendere a Valloire. La classifica verrà disegnata in maniera precisa e siamo solo al quarto giorno.
Quinta e sesta tappa, arrivi di Saint Vulbas e Digione, sono due volate che precedono la prima delle due crono di questo Tour. La Nuits Saint George - Gevrey Chambertin di soli 25 km sorride agli specialisti, anche se, pur sempre breve, potrebbe non creare esagerati distacchi tra gli uomini di classifica.
Il giorno dopo ancora volata (e siamo a 4), prima di una delle frazioni più attese: la Troyes-Troyes significa tappa degli sterrati. 199km per passare una domenica sulla carta estremamente spettacolare. 14 settori, per un totale di circa 32km di sterrato potranno completamente ribaltare la classifica, renderla rischiosissima per gli uomini di classifica, speriamo solo non venga condizionata dalle cadute, un azzardo che gli organizzatori si sono presi e speriamo che paghi. Le strade bianche diventano dunque una novità per la corsa, escludendo il finale a LPDBF, ma non lo è per nulla Troyes che ha visto, tra i vari arrivi, nel 2017 e nel 2000 due vittorie tedesche in volata: Marcel Kittel ed Erik Zabel. Il giorno dopo riposo e poi si riparte con la Orléans-Saint Amand Montrond: quinta volata in programma. Tappa da fuga invece quel di Le Lioran, o tutt’al più qualche fuoco d’artificio nel finale se qualcuno si sentisse particolarmente voglioso tra gli uomini di classifica, prima, nuovamente, di altre due frazioni per velocisti, Villeneuve sur Lot e Pau, (Tour omologato) e arriviamo a sette volate, sulla carta, nelle prime tredici tappe. Mica poco.
È il preludio di ciò che avverrà nei due giorni successivi, due tappe decisive poste, intelligentemente, il sabato e la domenica e tra le più dure in programma a questo Tour 2024. La Pau-St Lary Soulan (Pla d’Adet), misura 152 km, vede soprattutto la scalata del Tourmalet con cima posta a 63 chilometri dall’arrivo che sarà su una salita impegnativa: il Pla d’Adet da Vielle Aure, quasi 10km oltre l’8% di media. con alcuni tratti in doppia cifra.
Il giorno successivo, tappa 15, 14 luglio e quindi non serve aggiungere altro, si parte da Loudenvielle e si arriva di nuovo in salita, con un classico del ciclismo francese: Plateau de Beille, affrontato poche settimane fa alla Ronde de l’Isard - ha vinto van Bekkum - e l’ultima volta al Tour nel 2015: primo fu Purito Rodriguez. Peyresourde subito in partenza, poi Col de Mente, Portet d’Aspet, lungo giro a valle prima di affrontare il Col d’Agnes e lanciarsi verso Les Cabannes da dove iniziano gli ultimi 15 chilometri verso Plateau de Beille, salita non impossibile, ma, sulla falsariga delle classiche vette pirenaiche, lunga che sembra non finire più.
Dopo i Pirenei si riposa e a Nimes, martedì 16 luglio, tappa 16 - rara e perfetta armonia - potrebbe arrivare l’ottava volata: frazione quasi interamente pianeggiante. Il giorno dopo c’è scritto fuga in tutti i modi, verso Superdévoluy, e qualcosa di simile a Barcellonette, sempre che non ci sia qualche velocista col dente avvelenato (e se fosse la tappa proprio con i velocisti in fuga?).
Sarà il preludio a quelli che saranno gli ultimi tre giorni i quali, se ce ne fosse ancora bisogno e noi speriamo di sì, decideranno la classifica. Si torna sulle Alpi con gli arrivi a Isola 2000 (dopo aver scalato Vars e Bonette) e sul Col de la Couillole da Saint Sauver sur Tinée. Salita lunga, non durissima ma è l’ultima prima della fine. Salita conosciutissima dai corridori e dove Pogačar, nel 2023 alla Parigi Nizza, vinse su Gaudu e Pogačar. Il giorno dopo gran finale, non a Parigi, ma a Nizza con una crono di 34 chilometri che potrebbe ancora cambiare la classifica.
I FAVORITI DI ALVENTO
Come sempre, per chi non volesse sciropparsi migliaia di battute, ecco qui una sintesi di quello che potremmo vedere al Tour, con nomi e stellette
MAGLIA GIALLA
⭐⭐⭐⭐⭐Pogačar
⭐⭐⭐⭐Roglič
⭐⭐⭐Vingegaard, A. Yates
⭐⭐Evenepoel, Jorgenson, Almeida, Vlasov, Buitrago, Ca. Rodriguez, Mas, Landa, S. Yates
⭐ Hindley, Gaudu, Gall, Vauquelin, Bilbao, Poels, Ayuso, Bernal, Martin, Carapaz, Healy, Meintjes, Gee, Cras, Kelderman, Kuss, Haig
MAGLIA VERDE
⭐⭐⭐⭐⭐Philipsen
⭐⭐⭐⭐ M.Pedersen
⭐⭐⭐ De Lie
⭐⭐Van den Berg, van Aert, Aranburu
⭐ Pogačar, Roglič, Evenepoel, Coquard, Groenewegen, Matthews, Zingle, Grégoire, Cort
MAGLIA A POIS
⭐⭐⭐⭐⭐ Ciccone
⭐⭐⭐⭐Pogačar
⭐⭐⭐ Roglič, Buitrago, Gee
⭐⭐ Bernal, Johannessen, A. Yates, S. Yates
⭐ Bilbao, Poels, Ca. Rodriguez, Vauquelin, Martin, Meintjes
MAGLIA BIANCA
⭐⭐⭐⭐⭐Jorgenson
⭐⭐⭐⭐Evenepoel, Ca. Rodriguez
⭐⭐⭐Buitrago, Ayuso
⭐⭐ Johannessen
⭐Pidcock, Van Gils, Van Wilder, Healy, Vauquelin, Onley, Martinez
Foto in copertina: ASO/Pauline Ballet
Appunti sul Giro Next Gen 2024
Sull’onda di quei corridori un po’ cheerleader, vedi Pogačar o Pidcock, Jarno Widar dà spettacolo sulle strade del Giro Next Gen 2024. Vince due tappe e la maglia rosa finale e, come avrete letto in ogni dove, è il più giovane nella storia della corsa a conquistare la classifica generale: compirà 19 anni soltanto a novembre. Stravince e forse questa è la vera notizia: il suo comando non è mai stato in discussione. Gli organizzatori pensano a un percorso meno selettivo che possa restare aperto persino fino all’ultima tappa, ma il piccolo belga, di cui ancora non si comprendono bene limiti e caratteristiche definitive, va forte fin dal primo giorno quando si piazza nono nella cronometro di apertura.
Widar, classe 2005 e quindi al 1° anno da Under 23, così piccolo fisicamente da ricordare proprio Pidcock, da junior andava forte un po’ ovunque, salite e salitelle, sprint ristretti e arrivi per puncheur, pietre, colline, di tutto, si prendeva il lusso di vincere per distacco, attaccando in qualsiasi momento della corsa, forte ovunque, a parte le volate che non ama, per usare un eufemismo. Carattere forte, vincente, chiedere a chi gli è stato vicino in due cocenti - per lui - sconfitte, come quelle del Lunigiana e del mondiale lo scorso anno. Ha stravinto, lo merita, e dice che l’anno prossimo tornerà per vincere di nuovo - mai accaduto un bis nella storia di questa corsa. Ci credo poco, ma chissà: in un ciclismo così folle mi aspetterei di vederlo a pieno titolo tra i professionisti - campo che ha già calcato in stagione - già dal 2025. Piedi per terra, però, come detto è un corridore giovanissimo, che ha già grandi numeri, ma è ancora acerbo.
Sul podio salgono due spagnoli, due vere sorprese. Sì, perché Albert Torres (altro 2005, UAE Gen Z) e Pau Martí (2004, Israel PT Academy) non erano assolutamente accreditati della possibilità di chiudere così in alto, soprattutto il corridore della Israel. Parole dello stesso Pau Martí, che dopo essere arrivato con i migliori a Pian della Mussa, si era detto stupito di aver trovato un certo livello in salita. Torres beneficia di un’attività svolta in stagione tra i professionisti (ben quattro corse a tappe disputate tra “i grandi”) che gli permette di avere un motore già ben rodato per figurare con i migliori in salita. Pau Martí fa valere anche il suo spunto veloce andando a conquistare grazie ai piazzamenti all’arrivo il terzo posto davanti a Rondel - ci torno a breve.
Restando alle sorprese in classifica, cito anche l’australiano Tuckwell decimo nella generale dopo aver corso bene in stagione anche alla Ronde de l’Isard: da definire limiti e caratteristiche. È un classe 2004 che ha fatto l’esordio in Europa solo due anni fa con la maglia del Team Bike Terenzi, squadra con la quale conquistò, proprio nel 2022, la sua prima vittoria nella sua prima corsa in assoluto al di fuori dell’Oceania.
In mezzo: 4° Rondel, per molti, compreso il sottoscritto, il favorito del Giro. Rondel ha difettato in maniera palese di acume tattico. Nella tappa di Fosse ha tirato per quasi tutta la salita senza chiedere cambi, aprendo il gas quando all’arrivo mancavano ancora diversi chilometri, tratto più duro compreso, e quando Widar, perfettamente a suo agio a ruota per diversi chilometri, è partito nel finale, non solo Rondel ha perso la ruota del corridore belga, ma anche dei due spagnoli poi finiti davanti a lui sul podio. Secondi che si riveleranno preziosi. L’altro pasticcio di Rondel è datato 16 giugno, l'ultimo giorno, arrivo di Forlimpopoli. Gli sarebbe bastato arrivare in volata davanti a Pau Martí o tutt’al più dietro di una sola posizione per conservare il terzo posto sul podio. Nello sprint di gruppo il corridore della Israel ha chiuso 20°, il francese della Tudor , pur dotato di esplosività e buon spunto veloce, 25°, piazzamento che lo faceva scivolare dal 3° al 4° posto. Qui, però, da definire dove finisce il capolavoro di Martí e inizia quel pasticciaccio brutto de Rondel. Corridore il quale, però, potrà prendersi la sua rivincita al prossimo Tour de l’Avenir. Qualora lo avesse in programma diventerebbe in automatico uno dei favoriti alla maglia gialla finale.
Al 5° posto chiude Pavel Novak, primo corridore di una squadra non Development, il Team MBH Bank Colpack Ballan, tra i migliori in salita come il regolare Kajamini, 7° e migliore degli italiani, questo passa il ciclismo di casa nostra al momento. Ottimo, in generale, il Giro della squadra italo ungherese che dall’anno prossimo dovrebbe - ma non ci sono ancora conferme definitive - diventare Professional: oltre ad essere stata l’unica capace di mettere due uomini tra i primi 10 in classifica, risultato non da poco vista la presenza di quasi tutti i top team della categoria, ha messo in luce Christian Bagatin e Lorenzo Nespoli. Il primo, partito forte, 10° nella crono d’apertura e poi in fuga con i big il giorno dopo, il secondo capace di conquistare la maglia dei gran premi della montagna, fra le poche soddisfazioni del ciclismo italiano in questa corsa. Nei 10 troviamo Leo Bisiaux, sesto posto finale per uno dei miei corridori preferiti di quella che è un’incredibile annata, la 2005. Bisiaux sta correndo poco e prima o poi arriverà: se non dovesse esagerare saltando subito tra i professionisti, nel 2025 potrebbe essere uno dei corridori da battere nelle corse a tappe e anche in quella di un giorno più impegnative. Intanto la Francia tra lui, Rondel e Rolland (assente come tutta la Groupama, ingiustamente esclusa per favorire la presenza di squadra italiane fantasma, sarebbe stato forse il favorito assoluto), si gode un possibile terzetto di fuoco per l’Avenir. La Decathlon ci ha provato, anche con Kevin Verschuren, 11° in classifica, ma raccogliendo alla fine un po’ poco. 8° in classifica è Mats Wenzel, Lidl-Trek Future Racing, il lussemburghese, da quando ha iniziato a farsi vedere in campo internazionale, sin dagli juniores, ha spiccato per regolarità. 9°, invece, Alessandro Pinarello, VF Bardiani Group CSF Faizanè, in un Giro per lui e la sua squadra senza infamia e senza lode, con qualche acuto come piazzamenti di tappa di Lorenzo Conforti, classico profilo all’italiana di corridore veloce e resistente, peccato per lui essersi dovuto scontrare negli sprint con un corridore che quest’anno ha battuto alcuni tra i migliori velocisti del World Tour e dintorni.
Fuori dai dieci, invece, i corridori della Visma Lease a Bike, che perde subito Nordhagen (uno dei tre favoriti della vigilia) e Huising per un malanno, che vede Graat sottotono e 12°, con van Bekkum 16° e che viene salvata da Brennan - altro 2005 già in evidenza in mezzo ai professionisti - nell’ultima tappa, vittoria a Forlimpopoli e da un Mattio extra lusso - ci torno a breve anche qui.
In generale è stato un Giro Next Gen che ha espresso quello che è a oggi la categoria: a livello internazionale c'è poco spazio per le squadre che non sono quelle di sviluppo del World Tour e quindi come nel 2023, anche nel 2024 raccogliere risultati se non appartenenti a una certa area sportiva, diventa sempre più difficile - lo scorso anno Trinity, Colpack e Biesse portarono comunque a casa quattro tappe. Quest’anno le vittorie sono state suddivise tra cinque squadre, praticamente le top della categoria presenti e tutti vivai, se così possiamo definirli, di formazioni World Tour. Un edizione spartiacque, per me, di quello che è il futuro o meglio il presente della categoria. Su otto tappe, quattro sono andate ai 2005, due ai (anzi a un) 2004, una a un 2003 e a un 2002. A parte Teutenberg, sempre piazzato nelle tre volate, hanno praticamente vinto quei corridori che ci si aspettava vincessero.
Due tappe sono andate alla Soudal Quick Step, entrambe con Magnier che apre il dibattito su quello che andrebbe fatto a livello regolamentare: è possibile che un corridore del World Tour, capace di vincere volate davanti a fior di professionisti, scenda per dominare questo tipo di corse? Forse andrebbe cambiato qualcosa, magari mettendo un limite su quei corridori che ottengono un totale di punti tra i professionisti, ponendo un divieto di scendere nella categoria - valido sia per Giro, che per Avenir e poi per Mondiale ed Europeo. Ma la presenza di corridori del livello di Magnier è solo una parte del problema, se vi interessa approfondire potete ascoltare il mio intervento fatto sul podcast di 53x11.
La Lotto Dstny, da anni una se non la miglior squadra Development del mondo, vince tre tappe con corridori al primo anno: due con Widar e una con De Schuyteener in volata. Ha il piglio della dominatrice come non si era mai visto al Giro, andandosi a prendere una bella rivincita con la corsa: la sconfitta patita da Van Eetvelt nel 2022, contro un corridore che non si è mai più ripetuto nemmeno a livelli base, bruciava ancora. Donie è stato preziosissimo in salita e Giddings in pianura dove De Schuyteneer oltre al successo ha saputo dare una mano importante. Conquistano poi una tappa a testa la Lidl Trek Future Racing, con Soderqvist (2003), la Wanty ReUz technord con Artz (2002) e la Visma | Lease a Bike Development con Brennan (2005). Lo svedese della Lidl è il favoritissimo della crono d’apertura e non sbaglia, in generale la sua squadra è sempre presente, in classifica - con Wenzel - nelle fughe, nelle volate - con Teutenberg - e l’ultimo giorno sfiora il colpaccio con Behrens, secondo di un soffio dietro Brennan. La Wanty cerca il podio in classifica con Toussaint ma i suoi sogni di gloria terminano a causa di una caduta, quando era perfettamente in linea, e in forma, per giocarsela, ma riescono però il penultimo giorno, a conquistare la tappa con uno dei corridori più attesi: l’olandese Huub Artz, già forte di un contratto tra i professionisti dall’anno prossimo. Infine, nonostante la chiamata arrivata all’ultimo per sostituire Belletta, Matthew Brennan, altro talento del 2005 di cui non conosciamo bene i margini, e con caratteristiche da cacciatore di classiche moderno, veloce anche negli sprint di gruppo e molto resistente, conquista l’ultima tappa del Giro, salvando la corsa dei calabroni.
Per gli altri è stata dura.
Sempre più difficile riuscire a fare risultati, riuscire anche soltanto a mettersi in evidenza con una fuga o un piazzamento, risultati che sono solo una parte del tutto. Che futuro potranno avere alcuni team italiani, in questo caso, per provare a confrontarsi con certe realtà più ricche e di conseguenza più forti? Come talento, preparazione, avvicinamento, mezzi, soldi, tutto. Come biasimare squadre che a fine stagione decideranno che non avrà più alcun senso continuare? E sia chiaro, questo non dipende solo dai risultati ottenuti a questo Giro, o dalle scelte, sacrosante dal loro punto di vista, di RCS di invitare via via le squadre più forti - a sensazione immagino che il prossimo anno almeno due, se non tre squadre italiane viste nel 2024 non verranno confermate a discapito di team stranieri esclusi quest'anno decisamente più competitivi. La categoria Under 23 sta mutando completamente, non serve più a formare il ragazzo o il corridore, a fargli prendere poco a poco confidenza con uno sport che poi diventerà un mestiere vero e proprio, ma ormai è un momento di transizione per chi ha già quasi certamente in mano un contratto per il World Tour. Si è creato un divario enorme, tra chi fa parte dell'élite - i team devo - e tutti gli altri. Mettersi in evidenza, lasciare una breccia, sorprendere è sempre più complicato.
come se da una parte - perdonatemi il paragone azzardato - ci fossero i piloti delle driver academy o della formula due, che studiano per un posto nella massima categoria e tutti gli altri, alla guida di un'utilitaria in giro la domenica per qualche strada secondaria in collina.
Infine gli italiani.
Chi si salva? Oltre ai già citati tre del Team MBH Bank Colpack Ballan, Kajamini, Nespoli e Bagatin, nella lista entrano Luca Paletti, chiude il Giro in crescendo, 13° in classifica finale, è un 2004 su cui dover puntare in futuro, il suo compagno di squadra Lorenzo Conforti, che con un 2°, un 3° e 6° posto di tappa è certamente il migliore dopo Magnier e Teutenberg negli arrivi a ranghi compatti dove invece manca del tutto l’atteso Daniel Skerl - in generale, a parte Borgo, CTF Victorious in difficoltà, anche per alcuni malanni che hanno colpito la squadra alla vigilia. Aggiungerei anche un altro dei ragazzi di Reverberi, Alessandro Pinarello, che chiude nei 10 un Giro che per disegno forse ne favorisce le caratteristiche - ma alla fine cosa sarebbe cambiato da un 9° a un 5°/6° posto, forse massima ambizione per qualità e peculiarità? Bravo anche Samuele Privitera, come Borgo un 2005 (e come Luca Giaimi, praticamente mai visto se non nel dare una mano ai suoi compagni dell’UAE), ha corso malaticcio ma non appena è stato bene si è lanciato in fuga nella tappa con arrivo a Zocca chiudendo al 3° posto. Iniezione di fiducia per il ligure della Hagens Berman Jayco squadra vincitrice del Giro due anni fa e praticamente mai vista a eccezione per l’appunto di Privitera. Da evidenziare anche i piazzamenti nelle volate di Andrea D'Amato (2002, Biesse-Carrera), 3° e 4° di tappa a Borgomanero e Cremona e di Lorenzo Peschi (2002, General Store), 4° a Borgomanero, 6° a Zocca (era in fuga) e 10° a Cremona.
Spiccano, poi, Raccagni Noviero e Mattio. Il primo, dopo il secondo posto nella crono di apertura, è una risorsa fondamentale per le vittorie di Magnier e si prende pure il lusso di andare in fuga in una tappa con salite, non di certo il suo pane, il secondo, invece, è fondamentale per Brennan a Forlimpopoli. Qui una breve, ultima, riflessione: negli ultimi anni abbiamo avuto buoni, ottimi corridori che tra gli Under 23 emergevano riuscendo a fare i capitani, trasformandosi poi tra i professionisti in gregari, spesso e volentieri di grande qualità. Oggi, all’interno delle squadre di sviluppo straniere, i ragazzi iniziano a essere fior di uomini-squadra sin dall’ultima categoria prima di passare professionisti. Questo è. Se Mattio dopo il Giro ha firmato, come Belletta, qui assente a causa di un infortunio, per un altro anno con la squadra Development della Visma, questo Raccagni Noviero merita un posto nella Soudal dei grandi. Ha caratteristiche da uomo del nord, da uomo squadra - lo accosterei ad Asgreen - e in questo momento storico la squadra di Lefevere non si può certo permettere grossi investimenti oppure di fare la schizzinosa su un certo tipo di corridore. Oltretutto, avendo indebolito il blocco per le corse del Nord, quello del corridore friulano è un nome da cui potrebbero ripartire. Detto del CTF e del buon Giro di Alessandro Borgo - altro 2005, ribadisco, annata d’oro per il ciclismo, selezionato all’ultimo momento per sostituire Stockwell, nonostante gli esami di maturità imminenti - un peccato non aver potuto vedere al loro massimo Matteo Scalco, VF Group Bardiani CSF Faizané, ritirato per un malanno, avrebbe potuto cogliere una top ten o qualcosa di meglio, Ludovico Crescioli, anche lui condizionato da un malanno dal primo giorno, ed Edoardo Zamperini condizionato da una frattura della clavicola a poche settimane dal Giro. Chissà se uno di questi ultimi tre, insieme ai sopracitati Raccagni Noviero, Mattio e Belletta, al già confermato Kajamini, e al quasi certo Pinarello, non possano essere i 6 uomini convocati da Marino Amadori al Tour de l’Avenir. Prima, però, per il ciclismo italiano ci sarà un Val d’Aosta dove provare a ottenere qualche risultato migliore.
Foto: Lapresse
Livigno, Tiberi e sci ai piedi: intervista a Sonny Colbrelli
Inverno totale a Livigno. Scendiamo dalla cabinovia del Mottolino e lo scenario non è proprio da fine stagione: -10°, temperatura inusuale anche per aprile inoltrato in alta montagna; quasi un metro di neve sulle piste caduta nelle ultime 48 ore. Sonny Colbrelli ha rimesso gli sci ai piedi quest’anno e il vincitore della Roubaix 2020, passaggio dopo passaggio, pista dopo pista, si trova comunque a proprio agio sulla neve. Meno goffo, appare Sonny, dopo le prime curve di giornata. Siamo qui per la conferenza stampa della tappa del Giro d'Italia che arriverà proprio al Mottolino di Livigno, a quota 2400 metri, il 19 maggio. Sarà la tappa numero 15.
Certo che se i corridori troveranno queste condizioni meteo…
«Così sarà difficile, non sarà così freddo. Con il meteo avverso la tappa sarebbe ancora più dura. Sicuramente attaccheranno il finale di gara con la neve ai lati, lo spettacolo è assicurato. Sarà una lotta dall’inizio alla fine».
L’arrivo in quota è duro, ma quale sarà il punto decisivo dove fare la differenza?
«La tappa è tutta insidiosa. Parte dal bresciano, Manerba del Garda, passa da casa mia. Poi una salita impegnativa subito, Colle San Zeno, quindi il trasferimento fino alla Valtellina dove poi si scalerà il mostro sacro del Mortirolo. Arrivati a Bormio poi anche il Foscagno se fatto forte può far male. Il finale ovviamente sarà il trampolino di lancio per chi primeggerà. Ne vedremo delle belle…».
Pronostico per la vittoria finale?
«Scontato, Tadej Pogačar senza se e senza ma. E’ l’unico che può perderlo, ha dimostrato nelle classiche di essere imbattibile. Poi, tornando alla tappa livignasca, lo sloveno si esalta anche con condizioni meteo complicate».
La tua Bahrain su chi punta?
«Antonio Tiberi parte da capitano. E’ giovane e alle prime gare questa stagione si è mosso bene. Ci aspettiamo tanto da lui, puntiamo al podio. Può giocarselo sicuramente. Damiano Caruso invece sarà la seconda scelta e ha dichiarato di essere a disposizione di Tiberi e soprattutto di puntare ad imporsi in una tappa».
Ma non rischia di essere una scelta azzardata puntare su Tiberi come capitano?
«Dici che non ha esperienza? Certo, è alle prime battute della sua carriera, ma è cresciuto molto tatticamente e di mentalità, Antonio. E’ reduce da un podio al Tour of The Alps e anche alla Liegi Bastogne Liegi ha chiuso 22° dimostrando di avere le gambe quando la corsa si faceva sempre più dura. Io dico di tenerlo d'occhio».
Cosa ti lega così a Livigno?
«Da corridore mi sono sempre trovato bene perché oltre alla quota e alle salite, consente anche di fare pianura a 1800 metri che è davvero allenante. Poi mi ha stupito questa entusiasmo e la volontà di spendersi tanto nel ciclismo e nella sua promozione. Un posto che vive di sport invernali e punta tanto davvero sui Giochi olimpici 2026 ma trova comunque le energie e le risorse per veicolare anche il nostro sport e tutto il movimento. Un esempio per quello che fa per il mondo della bici».
Quanto ti manca l’agonismo?
«Parecchio. Mi manca quel mondo, ho investito la mia vita sulla bicicletta. Certe gioie che mi ha dato correre difficilmente potrò riassaporarle, e non parlo solo della vittoria magica della Parigi-Roubaix, che rimarrà la cosa più bella che ho fatto. Ma adesso ho voltato pagina, faccio il direttore sportivo in Bahrain e ho altri impegni con aziende e sponsor».
Ma ti vedremo in ammiraglia al Giro d’Italia?
«No, mi vedrete ma in un’altra veste. Farò il Giro-E».
Il monumentale del Giro 2024
Per qualche minuto proviamo a mettere da parte quel discorso che un po' mi annoia, ovvero il fatto che il Giro 2024, fatta eccezione per qualche nome, per uno soprattutto, sia forse uno dei più poveri che molti ricordano a livello di partecipazione. Pazienza, il Giro è il Giro ed è inutile continuare a battere quel tasto: ormai il Tour domina, il calendario è zeppo di eventi, il World Tour fa i suoi danni e quindi appare sempre più difficile vedere al via della Corsa Rosa il meglio del ciclismo mondiale. Questo è.
Il Giro 2024, piuttosto, rischia di entrare nella storia di questo sport in quanto il grande favorito, Tadej Pogačar, proverà l’impresa di vincere nello stesso anno Corsa Rosa e Grande Boucle e quindi, se non altro, forse di riflesso, forse per l’importanza capitale che questa competizione riesce ad avere nonostante tutto, sarà una corsa da seguire - banalità disarmante.
Lo sarà per i soliti spunti che ci saprà dare: perché, restando nel campo dei luoghi comuni, non sarà soltanto una competizione sportiva. Ci farà conoscere zone mai viste d’Italia, rivederne alcune conosciute; ci farà conoscere personaggi e storie alle loro spalle, anzi, più andremo avanti e più il verdetto che sembra già scritto prenderà la sua forma sempre più definitiva e più, per forza di cose, ci appassioneremo ad altri corridori. La mattina guarderemo la cartina, altimetria e planimetria, uno sguardo al Garibaldi, e inizieremo a fantasticare su chi potrà vincere la tappa, su chi andrà in fuga; ci saranno tappe in cui inizieremo a fare i conti su chi potrà guadagnare posizioni. Aspetteremo la newsletter di alvento, quotidiana, e il suo podcast. Mica poco.
In questa guida, che vi terrà compagnia, si spera buona compagnia, nelle prossime settimane, abbiamo provato a raccontarvi il più possibile sui corridori al via, i favoriti e le loro squadre, velocisti e cacciatori di tappe. In fondo troverete come di consueto una breve analisi del percorso e la griglia dei favoriti a tutto lo scibile ciclistico vestito a festa, quella festa chiamata Giro d’Italia e in cui noi ci buttiamo a capofitto.
Il FAVORITO
Assoluto, uno solo, Tadej Pogačar. UAE team Emirates che non ha nemmeno bisogno di portarsi dietro chissà che squadra eccezionale, talmente è la superiorità del corridore rispetto alla concorrenza. Diciamola tutta: l’unico modo che ha Pogačar per perdere questo Giro è ammalarsi o cadere. Pure bucando più volte o bucando malamente qualche tappa può vincere la Corsa Rosa con una decina di minuti di vantaggio sul secondo. Se vuole, risparmiandosi in vista del Tour, può farla sua al piccolo trotto. Se vuole, Tadej Pogačar può prendere la maglia rosa al primo giorno e tenerla fino all’ultimo. Non vedevo una superiorità così netta dal 1999. La squadra: Rafał Majka, Felix Grossschartner e Domen Novak sono gli uomini per la salita: non mi stupirei di vederne almeno uno di questi chiudere nei primi dieci, quindici, anche in classifica generale, in particolare uno dei primi due. Vegard Staeke Laengen e Mikkel Bjerg saranno i faticatori in pianura - chissà, Bjerg proverà magari a vincere pure la crono. Infine, presente anche una coppia per le volate: Rui Oliveira a pilotare Juan Sebastian Molano.
LA LOTTA AL PODIO
Incerta e che vede quattro corridori in prima fila: O’Connor, Tiberi, Bardet, Thomas. Ben O’Connor, capitano della Decathlon AG2R La Mondiale, squadra a dir poco sorprendente e che si è presa il lusso persino di cannibalizzare alcuni ordini d’arrivo in questo inizio di stagione, alzando il tiro anche in corse di un certo peso. Se O’Connor dovesse mantenere il livello della sua squadra è difficile immaginarlo giù dal podio. A crono si difende, in salita è tra i più forti al via, se non il secondo più forte, e, se il favorito assoluto lo permetterà, vorrà provare a vincere una tappa, cosa già riuscita in passato sia al Giro che al Tour dove, non va dimenticato quando si sminuisce tutto ciò che non è Pogačar, ha concluso al 4° posto nel 2021 inventandosi un grande numero nella tappa con arrivo a Tignes. I contro? Si ammala, cade, oppure, inspiegabilmente, abbassa le prestazioni da un giorno all’altro. Non disdegna il brutto tempo, né il freddo, e ha una squadra di assoluto valore di fianco. A cominciare dai fratelli Paret-Peintre: Valentin e Aurélien, il terzetto è stato già collaudato al Tour of the Alps, da capire quale fratello tirerà per chi: entrambi, tuttavia, hanno la chance di chiudere nei primi 10 la classifica generale. In più i due Paret-Peintre potranno ambire a qualche fuga, anche se, a differenza dello scorso anno (vittoria di Aurelien a Lago Laceno che otterrà pure il 16° posto in classifica generale finale) non si potrà più sfruttare l’effetto sorpresa. Per il resto sarà una squadra sbilanciata per provare a entrare in fuga e vincere tappe a ripetizione: Alex Baudin, Bastien Tronchon, Damien Touzé e soprattutto Andrea Vendrame, quando non verranno chiamati a difendere il proprio capitano, tra pianura e salita, si getteranno nelle fughe, ma non quelle di giornata che fanno felici gli sponsor, bensì quelle che hanno serie possibilità di andare fino all’arrivo. Chiude la lista degli otto Larry Warbasse, passista scalatore con un piazzamento al 17° posto al giro nel 2020, il più esperto della compagnia francese.
Il secondo nome per il podio è quello di Antonio Tiberi e fino a poche settimane fa era difficile pronosticarlo. Ha cambiato marcia nel giro delle ultime corse crescendo da metà Catalunya in poi (chiusa in top ten e risultando, dopo le difficoltà patite a Vallter 2000, uno dei migliori in salita alle spalle di Pogačar), con un Tour of the Alps corso per vincere e una Liegi-Bastogne-Liegi solida che ne ha messo in mostra anche le doti di fondo già venute fuori nella seconda parte di Vuelta 2023. Se in salita il corridore laziale se la giocherà con tutti quelli che non si chiamano Pogačar, anzi, dalla sua potrebbe esserci persino un po' di energia messa da parte per il gran finale, molte delle sue possibilità dipenderanno dal livello nella cronometro. Non pochi 71 km di questi tempi, tutt’altro, anche se l’impressione è che i nomi fatti potrebbero più o meno eguagliarsi anche contro il tempo a eccezione di Thomas (forse il più forte) e Bardet (forse il più debole tra i pretendenti al podio, ma non è detto) - ci arriveremo. Sarà capitano Bahrain Victorious, Tiberi, e anche qui non è affatto scontato vedere un ragazzo italiano di 22 anni in questo periodo capitano di una squadra World Tour in un grande giro: la pressione su di lui sarà enorme. Di fianco, per la salita, ma anche per avere consigli su come gestire tutta questa serie di situazioni e i riflettori che inevitabilmente punteranno su di lui, Damiano Caruso: uno che sa benissimo come lavorare di fianco a un capitano. Squadra bahreinita che per le montagne potrà contare anche sull’austriaco Rainer Kepplinger e sul norvegese Torstein Traeen. Interessante anche il terzetto per le volate: Jasha Sutterlin e Andrea Pasqualon come apripista (ma anche come lavoratori in pianura per Tiberi) di Phil Bauhaus, velocista sottovalutato, ma che sa benissimo come battere allo sprint anche i più forti al mondo. Ultimo arrivato, ha sostituito Wout Poels non senza polemiche, Edoardo Zambanini. Buona promessa del ciclismo italiano, veloce e resistente, oltre a dare una mano ai suoi lo vedo bene in fuga o negli sprint a ranghi molto ridotti.
Geraint Thomas è il terzo nome per il podio e guida una Ineos che, a livello di forza di squadra, è forse la migliore al via di questo Giro. Compirà 38 anni durante il Giro, Thomas, e avrà dalla sua i tanti chilometri a cronometro per provare a scavare un vantaggio nei confronti degli avversari diretti. Nelle ultime uscite è apparso via via in crescita e come sempre punterà sulla regolarità in salita per conquistare un altro posto sul podio in un grande giro e vista l’età sarà un fatto eventualmente da sottolineare. Dovrà guardarsi anche in casa dove Thymen Arensman, 6° nel 2023, sarà un avversario accreditato soprattutto grazie alla sua capacità di crescere nell’arco delle tre settimane. L’olandese, per la verità, non arriva da un grande Tour de Romandie, ma è evidente come abbia pagato il carico di lavoro che tornerà utile proprio al Giro. C’è Filippo Ganna che si candida a conquistare le due tappe a cronometro, Tobias Foss che, oltre a essere avversario in casa per le due prove contro il tempo, sarà la terza pedina per la classifica, ma più verosimilmente sarà uomo da tenere di fianco ai due capitani. Jonathan Narvaez lavorerà per i suoi e andrà a caccia di tappe, così come il giovane Magnus Sheffield: entrambi potrebbero anche sfruttare la loro capacità di adattarsi al maltempo, qualora, come lo scorso anno, pioggia e freddo dovessero presentarsi puntali con le tappe del Giro. Infine i cugini Swift, Ben e Connor, affidabili gregari che torneranno molto utili anche, o soprattutto, nella tappa con gli sterrati.
Il quarto nome per il podio è Romain Bardet: anche lui come Antonio Tiberi ha scalato prepotentemente le gerarchie nelle ultime settimane di gare dopo aver destato una buona impressione al Tour of the Alps, ma soprattutto dopo essere stato il primo degli umani alla Liegi-Bastogne-Liegi. 2° alle spalle di Pogačar: ci riuscirà anche al Giro? È il suo obiettivo, come quello di una squadra che ad aprile ha ricominciato a macinare risultati e vittorie grazie soprattutto alle volate di un sorprendente Tobias Lund Andresen e di Fabio Jakobsen al Giro di Turchia. E saranno proprio loro due i velocisti di punta della squadra. Difficile, dopo aver visto gli sprint più recenti, capire quali saranno le gerarchie, dovessi scommettere direi che il giovane danese restituirà il favore visto al Turchia al più esperto olandese il quale fa l’esordio assoluto al Giro. Julius van den Berg, Timo Roosen e Bram Welten saranno i mezzi pesanti per portarli velocemente fuori dal gruppo in caso di volata, mentre Chris Hamilton, Gijs Leemreize e Kevin Vermaerke i prescelti per stare di fianco a Bardet in salita, sì, ma anche per entrare in fuga e provare a vincere una tappa. Puncheur che si difendono bene sulle pendenze più o meno impegnative, soprattutto Vermaerke, finora autore della sua migliore stagione tra i professionisti, hanno tutte le caratteristiche per provarci.
OUTSIDER, VELOCISTI, UOMINI DA FUGHE: TUTTO (O QUASI) QUELLO CHE OFFRE IL GIRO 2024
Non avere troppi nomi dal grande blasone al via di un Giro d’Italia ha il suo aspetto positivo: intanto aiuta a far conoscere a un pubblico più vasto corridori che durante l’anno starebbero nascosti negli ordini d’arrivo. Poi, visto che il ciclismo è sport all'apparenza democratico, dà proprio a questi ragazzi la possibilità di strappare un risultato che magari altrove, vedi un Tour de France, risulterebbe molto difficile da raggiungere. È una corsa che ti fa conoscere le storie, detto e ripetuto in mille e più varianti, ma anche caratteristiche, è una corsa che può essere trampolino di lancio, conferma, che può segnare graditi ritorni, dopo periodi difficili, nell’alta classifica di una corsa a tappe lunga tre settimane.
Juanpe Lopez in questo discorso si inserisce come corridore che arriva al Giro 2024 nel miglior momento della carriera e desideroso di migliorare il 10° posto del 2022 quando vestì la maglia rosa per diversi giorni e finì pure per conquistare a fine corsa quella di miglior giovane. Da lì non ha saputo ripetersi, ma al Tour of the Alps, vinto di recente, ha fatto vedere di avere trovato la solidità giusta in salita per ambire a migliorare il risultato di due anni fa. La squadra non sarà soltanto per lui anche se in Lidl-Trek hanno sempre dimostrato di essere sempre tutti a disposizione dei propri compagni a seconda degli obiettivi, che siano di giornata o lungo l’arco di più settimane. Jonathan Milan è il velocista di punta, non solo della squadra, ma vuole esserlo nuovamente anche del Giro, dopo aver conquistato la maglia ciclamino nel 2023 - quest’anno c’è più concorrenza, va detto. Ha un supporto che in pochi possono vantare: Dan Hoole, Jasper Stuyven, Edward Theuns e Simone Consonni sono il miglior treno del Giro, mentre Andrea Bagioli darà una mano dove potrà e Amanuel Ghebreigzabhier sarà il corridore candidato ad aiutare Lopez in salita.
Dani Martinez e Florian Lipowitz formano la coppia di mine vaganti in salita scelta per capitanare una BORA-hansgrohe che porterà però il suo meglio al Tour. Con i due ci sarà Maximilian Schachmann, che al Giro del 2018 ha conquistato uno dei successi più importanti della carriera e che di recente, dopo due stagioni di buio totale, ha ricominciato a dare qualche segnale di vita. Occhio a lui per le lunghe fughe che possono andare al traguardo. Per le volate c’è Danny van Poppel, già miglior pesce pilota del gruppo, l’olandese ha l’occasione della carriera di poter correre in proprio le volate di un grande giro. Completano la rosa per il Giro d’Italia quattro gregari: Giovanni Aleotti, che potrà dare una mano anche in salita, Ryan Mullen e Jonas Koch principalmente per la pianura e per allungare il gruppo in vista degli sprint e Patrick Gamper, quest’ultimo si prenderà spesso anche la licenza di andare in fuga.
Cian Uijtdebroeks e Attila Valter sono la coppia, da non sottovalutare, che mette in campo la Visma | Lease a Bike. Una stagione, per i calabroni olandesi, che finora non è filata come speravano, anzi, sta andando tutto storto. Il grave incidente di Vingegaard e l'infortunio di van Aert ha costretto la squadra a ridisegnare selezioni e obiettivi. Al Giro ci arrivano con il giovanissimo belga e il più esperto ungherese entrambi con la possibilità di entrare nei 10. L’Uijtdebroeks di questa prima parte di stagione non fa pensare a qualcosa di più di un risultato intorno al sesto o ottavo posto, troppo il divario a cronometro, non solo dagli specialisti, ma il potenziale sarebbe pure da podio. Di Valter, invece, si dice come abbia lavorato sotto traccia per sorprendere al Giro. La squadra, come nel caso di Bora e Lidl, non sarà solo per difendere gli uomini da classifica, ma le forze vengono equamente distribuite. Robert Gesink (alla 23esima partecipazione a un grande Giro), verrà chiamato a dare man forte quando la strada sale, Edoardo Affini, dopo aver tirato al Nord, riprende in Italia il suo lavoro, in pianura dividerà il suo compito con Jan Tratnik, il quale andrà anche a caccia di tappe e sarà fondamentale in salita per i propri capitani. A caccia di tappe andrà anche Christophe Laporte, la sua maglia di campione d’Europa impreziosisce la startlist, gatta da pelare nelle volate a gruppo più selezionato o anche in fuga, ma soprattutto a caccia di tappe andrà Olav Kooij, uno dei pretendenti al ruolo di velocista principe della Corsa Rosa. Di fianco a Olav Kooij una delle rivelazioni della primavera 2024, ovvero Tim van Dijke, suo fedele pesce pilota: la sua presenza, non prevista inizialmente, darà qualche vantaggio in più al giovane velocista olandese.
Coppia per la classifica anche in casa Team Jayco AlUla con Eddie Dunbar e soprattutto Luke Plapp che cercheranno un posto nei primi dieci. L’irlandese, già 7° nel 2023, per la verità arriva da mesi da dimenticare: non ha concluso Valenciana, UAE Tour, Gp Indurain e il recente Romandia, e ha come migliore risultato il 35esimo nella classifica finale del Giro dei Paesi Baschi. Difficile sbilanciarsi, ma anche lo scorso anno arrivò al Giro a fari spenti. Plapp, invece, è al secondo grande giro della carriera, ma il primo è passato senza lasciare traccia e vista la stagione fin qui disputata potrebbe essere anche un serio candidato a un piazzamento nei primi 10 e magari anche alla lotta per la maglia bianca. Dalla sua, ci sono anche 71 km a cronometro che possono farlo esaltare. È una delle squadre più interessanti dell’intero lotto quella australiana: ai due uomini di classifica vanno infatti aggiunti Filippo Zana e Alessandro De Marchi che andranno a caccia di tappe in fuga. Personalmente tiferò affinché De Marchi possa farcela. Caleb Ewan, che a un certo punto lo scorso anno sembrava sul punto di smettere, cerca di dare una svolta a una parte di carriera che, sono buono, definirei sotto tono. Lo farà sulle strade di una corsa che lo ha visto vincere per ben cinque volte. le occasioni ci saranno, la concorrenza è folta, ma lui di fianco avrà Michael Hepburn, Max Walscheid e Luka Mezgec: un bel supporto per gli sprint, probabilmente secondo solo a quello della Lidl Trek.
Tra le squadre che hanno ricevuto l’invito al Giro d’Italia c’è la Tudor Pro Cycling Team e nella squadra di Cancellara c’è uno scalatore australiano che, se troverà le giornate giuste, potrà dare molto fastidio in salita. Si tratta di Michael Storer il quale andrà a caccia di tappe, magari anche della maglia dei Gran Premi della Montagna o persino di un piazzamento tra i primi dieci o quindici della classifica. L’obiettivo della squadra svizzera è quello di vincere almeno una tappa e difatti, oltre a Storer, presente uno dei migliori velocisti del gruppo Alberto Dainese. Ottimo il supporto per il velocista veneto: oltre all’eterno Matteo Trentin - che vedremo anche in fuga - presente Marius Mayrhofer, veloce anche lui, magari per una volata a ranghi ridotti e Alexander Krieger. Il ruolo da lead out vero e proprio apparterrà però allo svizzero Robin Froidevaux. Completano la selezione Alexander Kamp, cacciatore di classiche che quest’anno si è visto molto poco e Florian Stork, anche lui chiamato a dare una mano ai compagni di squadra o tutt'al più a inserirsi in qualche fuga.
UN PO’ DI ITALIA
Oltre a Tiberi per la classifica e alle volate di Milan e Dainese, l’Italia si affida a tre ragazzi dalle buone qualità che possono emergere soprattutto quando la strada sale. Si tratta di Lorenzo Fortunato, Davide Piganzoli e Giulio Pellizzari, rigorosamente in ordine di nascita dal più vecchio al più giovane. Lorenzo Fortunato sarà il co-capitano di un’Astana molto interessante. L’ obiettivo è quello di vincere di nuovo una tappa come successo nel 2021 e continuare a veleggiare intorno alla zona di classifica delle ultime stagioni: 16° nel 2021, 15° nel 2022 e 21° lo scorso anno, Giro un po’ anonimo il suo, ma dove soffrì per il tanto freddo. Con lui, al via, nel ruolo di leader, Alexej Lutsenko, che punta a un risultato finale nei primi dieci e a qualche tappa. Oltre ai due corridori da classifica (e da montagna), la squadra kazaka, ma storicamente con una forte connotazione italiana, schiera Davide Ballerini e Max Kanter per le volate, Simone Velasco e Christian Scaroni molto attesi nelle fughe anche nelle tappe più dure, Henok Mulubrhan, che finora si è visto molto poco, ma avrebbe le qualità per tenere duro nelle frazioni di media montagna e infine Vadim Pronskiy che darà una mano in salita.
Davide Piganzoli, all’esordio in una corsa a tappe di tre settimane, avrà il compito di prendere inizialmente le misure con una fatica di questo genere, ma con l’obiettivo di continuare a stupire come gli è riuscito benissimo nelle stagioni da Under 23. Regolare in salita, da capire quanto potrà perdere a cronometro - esercizio in cui si è sempre difeso nelle categorie giovanili, ma quanto c’avrà lavorato quest’anno? Da lì si potranno tirare le somme. Chiudere un Giro, all’esordio, nelle prime 20 posizioni della classifica generale sarebbe un risultato enorme da cui partire per il futuro. Con lui, la Polti-Kometa di Ivan Basso porta i fratelli Bais, Davide e Mattia, che a suon di fughe proveranno a ripetere l’impresa ottenuta da Davide nel 2023. Il capitano sarà Mirco Maestri, che porterà la sua esperienza e sicuramente guiderà i suoi a qualche bella fuga all’arrivo, mentre Giovanni Lonardi è uno degli outsider più interessanti per le volate di gruppo - pur non disdegnando nemmeno lui volate a ranghi più ridotti. Chiudono la selezione per il Giro lo spagnolo Francisco Munoz, che darà una mano ai suoi capitani e due ex corridori del Cycling Team Friuli: Matteo Fabbro, che vedremo dare il meglio in salita e Andrea Pietrobon, anche lui carne da fuga come molti suoi compagni di squadra.
Il più giovane dei tre, ma anche del Giro d’Italia, è Giulio Pellizzari: vent'anni appena compiuti e grande speranza per il nostro ciclismo soprattutto quando la strada sale. Se Piganzoli può essere paragonato come caratteristiche al suo mentore Ivan Basso, Pellizzari appare una sorta di Ciccone 2.0. Come Ciccone ha una certa predisposizione nel muovere le gambe in salita, ha una certa fretta nell’uscire dal gruppo, nell’inseguire la fuga buona e proprio come Ciccone, quando fece il suo esordio al Giro, cerca il successo da giovanissimo con la squadra dei Reverberi. Magari (anzi ne sono quasi certo, spero mi smentisca) non riuscirà a fare classifica fino in fondo da subito, ma al recente Tour of the Alps ha mostrato segnali incoraggianti di crescita giorno dopo giorno: dote fondamentale per chi vuole lottare per la generale. In casa VF Group- Bardiani CSF - Faizanè c’è il più giovane al via, ma anche il più vecchio: Domenico Pozzovivo. Le sue ambizioni sono quelle di concludere la corsa nelle prime venti posizioni, come gli è già riuscito altre undici volte, ovvero tutte le undici volte in cui ha portato a termine il Giro d'Italia. Anche lui avrà dalla sua la salita, ma proprio come Pellizzari, dovrà difendersi a cronometro. Buona squadra quella dei Reverberi che per le volate pure avrà Enrico Zanoncello che proverà a infilarsi in mezzo ai più forti, mentre Filippo Fiorelli tenterà di inserirsi in quelle a gruppo sgranato o magari andare in fuga e provare a piazzarsi in un gruppetto. Votati alla fuga il solito Alessandro Tonelli, ma anche Martin Marcellusi, uno dei più positivi in questo inizio di stagione per i verde acqua, mentre Luca Covili proverà a tenere duro in salita. Infine presente Manuele Tarozzi, corridore simpatico, estroverso, uno che fa della fuga la sua vocazione, uno che se sta bene potrà entrare nel cuore dei tifosi in questo Giro d'Italia.
QUALCUN ALTRO DI CUI PARLARE ANCORA
L’Alpecin-Deceuninck ad esempio, squadra che non porta uomini per la classifica e punterà molto sulle volate di Kaden Groves, già capace di lasciare il segno al Giro - come alla Vuelta - ma bloccato di recente per un problema al ginocchio. Dovesse aver risolto l’acciacco diventerebbe in automatico uno dei maggiori outsider per le volate, alle spalle dei due, tre nomi favoriti. Senza i due grandi capitani, ma squadra che si farà sentire ugualmente: intanto proprio nella composizione del treno per le volate, ottimo il supporto composto da Tobias Bayer, Fabio Van Den Bossche, Edward Planckaert, Jimmy Janssens (lo vedremo spesso anche in fuga) e Timo Kielich. Quest’ultimo, all’esordio in un Grande Giro, sarà anche il vice sprinter e potrebbe provare pure a vincere la tappa degli sterrati. A proposito di tappa degli sterrati: difficile non pensare a Quinten Hermans per quel giorno, il belga che nel 2021 sfiorò il successo in fuga verso Gorizia, ci riproverà. Così come ci riproverà Nicola Conci, uno dei grandi talenti del nostro ciclismo giovanile, che a oggi, a 27 anni, è ancora alla ricerca del primo successo in carriera tra i professionisti. Chissà che non succeda qualcosa al Giro.
Senza Carthy, né Healy, previsti inizialmente, Ef Education EasyPost quasi esclusivamente andrà a caccia di tappe, anzi, ci aspettiamo la squadra di Vaughters come la più battaglierà tra le World Tour, come da tradizione. Jefferson Cepeda, Esteban Chaves e Simon Carr sono tre corridori che in salita hanno costruito la loro carriera e che in fuga si sono già tolti tante soddisfazioni. Mikkel Frolich Honore e Georg Steinhauser saranno due pedine importanti nelle tappe vallonate: anche loro alla ricerca della fuga giusta possono essere nomi da seguire per provare a far saltare il banco nelle giornate di media difficoltà. Stefan De Bod, sarà un supporto alla squadra, anche nelle probabili fughe numerose, ma potrà dire la sua anche a cronometro, Michael Valgren torna in un grande giro dopo tre stagioni, ma soprattutto dopo aver superato il grave infortunio che sembrava aver messo fine alla sua carriera. All’esordio al Giro, sarà uno dei corridori da temere maggiormente se si troverà in fuga. Infine presente Andrea Piccolo, finora oggetto del mistero per il ciclismo italiano, ma dal quale ci si può aspettare tutto, anche una grande prestazione e magari pure il primo successo in carriera tra i professionisti.
Anche Arkéa-B&B Hotels senza uomini di classifica, ma in questo caso nemmeno una vera e propria punta per le volate nonostante la presenza di David Dekker, lo scorso anno secondo a San Salvo. Il velocista olandese vive una situazione particolare: ovvero non ha ancora vinto in carriera. Louis Barré e Ewen Costiou sono due che vedremo spesso in fuga, il secondo è un attaccante nato, che predilige le giornate con il brutto tempo e se dovessero incontrarne al Giro, fate caso al suo nome; Michel Ries, insieme ad Alessandro Verre, è il corridore che, almeno sulla carta, ha più qualità in salita, ma dai due non c’è da aspettarsi chissà che. Jenthe Biermans è quello che potremmo definire il capitano. Corridore da Nord, veloce e resistente, averlo in compagnia in fuga potrebbe riservare spiacevoli sorprese agli altri. Alan Riou e Donovan Grondin sono un riempitivo che aiuterà la squadra o che cercherà qualche giornata di gloria in fuga.
La Cofidis punterà principalmente alle fughe: nei grandi giri da sempre si sono costruiti la loro fortuna attaccando e conquistando tappe in questa maniera. Stefano Oldani e Simon Geschke rappresentano una garanzia in tal senso. mentre Stanisław Aniołkowski si getterà in volata. Benjamin Thomas, legato all’Italia, torna al Giro dopo quattro anni e cerca più fortuna rispetto al 2020 quando la sua corsa durò poco più di quattro giorni. Lo vedremo in fuga, ma anche provare qualche azione nel finale. Il Giro gli servirà anche per fare la gamba in vista del suo obiettivo stagionale: Parigi 2024, Giochi Olimpici su pista. Chiudono l’elenco dei convocati della squadra francese nomi di comprimari. Lo scalatore spagnolo Ruben Fernandez, vincitore nel 2013 del Tour de l’Avenir, non si è mai ripetuto a quel livello, i francesi Thomas Champion, spesso in fuga nel 2023 al Giro e Nicolas Debeaumarché, e infine il britannico Harrison Wood. Questi ultimi due all’esordio in un Grande Giro.
Restando in Francia anche la Groupama-FDJ lascia per il Tour i suoi pezzi pregiati, ma concede al belpaese la presenza di uno dei protagonisti della primavera delle classiche, ovvero Laurence Pithie, per la verità sul pezzo da gennaio in Australia. Lo vedremo lanciarsi nelle volate, provare magari anche ad anticipare quegli sprint e chissà subito in apertura, sabato, dovesse tenere, potrebbe fare un pensierino alla maglia rosa. Come nel caso della Cofidis c’è un italiano in squadra, si tratta di Lorenzo Germani. Perlopiù chiamato in stagione ad aiutare i suoi capitani - Grégoire e Martinez, con loro sin dai tempi della squadra Continental - anche qui Germani avrà compiti di supporto, ma conoscendone l’attitudine lo vedremo spesso in fuga. Va forte su diversi terreni e non è escluso che possa raccogliere qualche grossa soddisfazione partendo da lontano. Lewis Askey è l’altra ruota veloce della squadra, mentre Cyril Barthe potrà inserirsi negli ordini d’arrivo di traguardi più impegnativi oppure, sfruttando lo spunto veloce, potrebbe essere nome capace di lasciare il segno andando in fuga. Il giovane Enzo Paleni farà esperienza, mentre Fabian Lienhard, Clément Davy e Olivier Le Gac, oltre a vederli, chissà, in qualche fuga, faranno quello che gli riesce meglio durante tutto l’anno: dare una mano ai propri compagni di squadra, soprattutto in pianura.
L’ Intermarché Wanty punta molto su Bini Girmay che al Giro ha già lasciato il segno, prima che il Giro, sotto forma di tappo di bottiglia, lasciasse il segno su di lui costringendolo al ritiro. Squadra in parte votata alle volate del corridore eritreo: Mads Mikhels, Dion Smith, Roel van Sintmaartensdijk, Dries De Pooter (segnatevi il suo nome, chi non lo avesse già fatto, per il futuro nelle corse di un giorno) ed Adrien Petit saranno un ottimo supporto, con il giovane estone Mikhels che potrà anche mettersi in proprio se ne avrà la possibilità. Lilian Calmejane sarà l’uomo delle fughe nelle tappe di media montagna, mentre chiude l’elenco Kevin Colleoni, ex grande speranza del ciclismo italiano per le corse a tappe e che in queste stagioni ha raccolto praticamente niente, ma finalmente, alla quarta stagione tra i professionisti, farà il suo esordio in un grande giro.
Movistar porta un capitano che ormai ha fatto il suo tempo, Nairo Quintana, oltretutto fermato per una stagione, e il suo ritorno non è stato quello immaginato. Ora, a 34 anni, mi viene difficile immaginarlo ad alti livelli in questo Giro. La classe, però, quella resta e magari pedalando e pedalando, giorno dopo giorno, potrebbe anche ritrovare la gamba giusta e provare a vincere una tappa di montagna. Di fianco a lui, in salita, Will Barta, ma soprattutto Einer Rubio, già vincitore di una tappa un anno fa. Entrambi siamo sicuri li vedremo spesso e volentieri in fuga nelle frazioni di montagna. Ottimo il pacchetto per le volate: Albert Torres e Davide Cimolai aiuteranno Fernando Gaviria a sbloccarsi in un Grande Giro. L'ultimo successo del colombiano in una di tre settimane, infatti, risale al 2019, proprio al Giro d’Italia, tappa di Orbetello. A chiudere da evidenziare la presenza di Pelayo Sanchez, veloce e resistente, guai ad averlo come compagno di fuga, e Lorenzo Milesi, alla seconda stagione tra i professionisti, ancora alla ricerca della sua dimensione.
La Israel Premier Tech va esclusivamente a caccia di tappe e lo fa con una formazione di qualità. Protagonista lo scorso anno al Giro con uno dei personaggi della corsa- Derek Gee, quest’anno assente, stagione in cui si è visto pochissimo - è stata soprattutto capace di togliersi diverse soddisfazioni quest’anno, su tutte la vittoria di Williams alla Freccia Vallone. IPT porta tre velocisti, Ethan Vernon, Hugo Hofstetter e Riley Pickrell, occhio a quest’ultimo, capace di vincere nel 2022 una tappa al Giro Under 23 e nel 2023 una al Tour de l’Avenir, due fuggitivi per l’alta montagna, Marco Frigo e Michael Woods, quest’ultimo insegue il successo al Giro dopo aver vinto al Tour e alla Vuelta, e due australiani. Il primo, Simon Clarke, oltre a parlare bene l’italiano, è uno dei corridori più esperti al via, anche lui come Michael Woods insegue il successo di tappa al Giro dopo averlo conquistato al Tour e alla Vuelta, il secondo, Nick Schultz, meno esperto, ma con caratteristiche simili, di lui non sappiamo se parla bene l'italiano ma sappiamo come poche settimane fa si è tolto la soddisfazione più grande in carriera conquistando una tappa al Catalunya battendo addirittura Pogačar. Chissà che non fossero prove generali per quello che succederà da domani…
Chiudiamo con la Soudal Quick Step, altra squadra che non presenta corridori per la classifica generale, sempre che Mauri Vansevenant non voglia provare a tenere duro. Partiamo proprio dal giovane belga che in carriera ha vinto un Valle d’Aosta e sfiorato un Tour de l’Avenir, ma sono passati cinque anni e nel frattempo, tra i professionisti, ha fatto ben poco nelle corse a tappe di tre settimane. In salita, tuttavia, va forte e vista la concorrenza non esagerata potrebbe persino spiccare come uno dei corridori più forti. Lo immagino, però, o forse desidero che vada così, più propenso a dare spettacolo in salita con quella sua testa ondeggiante, andando all'attacco nelle tappe di montagna, magari proponendo persino azioni scriteriate, per vincere tappe o magari conquistare la classifica dei Gran Premi della Montagna. Squadra fatta proprio per i successi parziali, in quest’ottica da leggere l’esordio di Julian Alaphilippe al Giro, fino a tre stagioni fa sarebbe stato un valore aggiunto alla stratlist da leccarsi i baffi, adesso pare uno di quei calciatori che vanno a impreziosire il campionato turco a fine carriera. Speriamo che uno dei corridori più forti, completi e spettacolari degli ultimi dieci anni mi smentisca. Per la salita oltre a Vansevenant presente anche Jan Hirt. Pure lui, volendo, potrebbe anche provare a ottenere un piazzamento tra i dieci, quindici, ma lo vediamo più portato a inseguire successi di tappa in alta montagna, cosa per altro riuscitagli alla grande nel 2022. Infine il resto della spedizione sarà bello compatto attorno a Tim Merlier che si contenderà, a patto di uscire fuori sano e salvo dalle prime due tappe, lo scettro del miglior velocista del Giro con Kooij e Milan e proprio con loro si giocherà la prima volata che quest’anno arriverà al terzo giorno. Di fianco al Mago: Josef Černý, che proverà a dire la sua anche a cronometro, Pieter Serry, tuttofare, potrà essere anche un appoggio in qualche fuga dei suoi, Luke Lamperti, tra i giovani più interessanti del panorama mondiale, in caso di flessione di Merlier potrà provare anche lui a giocarsi le sue carte allo sprint, e infine Bert Van Lerberghe, fedelissimo pesce pilota del compagno di squadra belga.
IL PERCORSO
Due parole anche sul percorso che, stavolta, mi soddisfa, soprattutto nella prima parte. È presente qualche fisiologica bruttura più avanti (tappa dello Stelvio, per esempio), ormai immancabile, ma in generale, rispetto al 2023, mi pare di un'altra qualità. La prima settimana è la più interessante e questo forse non gioca a favore della corsa, ma tant’è. Le prime due tappe sono da subito fra le più interessanti della corsa. Partenza col botto quella della Venaria Reale-Torino, breve, 140km, ma che metterà già in fila il gruppo e chissà: o segnerà la prima della tante vittorie di tappa - per distacco - di Pogačar oppure vedrà la volata di un gruppetto sgranato e a quel punto i nomi in ballo saranno molti.
Il secondo giorno si arriva al Santuario di Oropa e già dopo due tappe avremo le idee molto chiare sulla classifica generale. La prima, lunga, settimana, che si chiuderà alla nona tappa con l’arrivo di Napoli, avrà altri tre momenti caldi. La tappa degli sterrati o meglio, una frazione che prevede due settori di strade bianche non troppo lunghe, il primo dei quali lontano dal traguardo una quarantina di chilometri. La mia impressione è che quel giorno andrà via la fuga e gli uomini di classifica con le loro squadre staranno belli accorti anche in vista di quello che accadrà dal giorno dopo.
Perché venerdì 10 maggio, tappa numero 7, ci sarà la crono Foligno-Perugia, ben 40,6 km e non credo ai miei occhi: esercizio vero, lungo, ok non lunghissimo, per specialisti o quasi, che metterà non solo distacchi tra i corridori, ma soprattutto fatica nelle gambe.
Fatica che si farà sentire il giorno successivo quando si arriva a Prati di Tivo, ascesa vera, magari senza pendenze impossibili, ma costanti, infime e per l’appunto, con le gambe ancora affaticate dal giorno prima. Ne vedremo delle belle.
Dopo il riposo si sale di nuovo: la tappa dieci, da Pompei a Cusano Mutri (Bocca della Selva) sarà una frazione da fuga, ma, seppure breve in cui stare molto attenti. L’ascesa finale è lunghissima, prima di arrivarci è un continuo su e giù su strade difficili. Si arriverà dal giorno di riposo. Insomma antenne drizzate in una tappa che potrà dire qualcosa.
Momento clou della seconda settimana ancora rappresentato dal dittico crono più tappa di montagna. Sabato 18 maggio, tappa 14, 31 km per la Castiglione delle Stiviere-Desenzano del Garda, piatta, non lunghissima ma quanto basta, dopo due settimane di corsa, per scavare altri solchi in classifica.
Il giorno dopo tappa 15: da Manerba del Garda a Livigno e che in origine era stata disegnata per essere quasi da leggenda, ma di quel tracciato originale resta solo la lunghezza, 220 km. Ordinaria fino a pochi anni fa, ora, in un ciclismo di tappe corte ed esplosive, sembra appartenere ad altri tempi. Invece che Forca di Livigno, si salirà sul Mortirolo, versante di Monno, non il più difficile, e poi lunga ascesa verso Passo di Foscagno prima degli ultimi chilometri del Passo di Eira verso il Mottolino. Sarà, nonostante il cambiamento avvenuto dopo Edolo, la tappa regina della corsa e forse quella che potrà scavare i maggiori solchi in classifica, oltre alle due cronometro.
Terza settimana che, come da ormai consolidata tradizione al Giro, alternerà tappe di montagna a volate. Queste saranno due: l'arrivo di Padova (tappa 18) e il finale di Roma. Niente cronometro, ma tappa inutile (la numero 16) con lo Stelvio a 150km dall’arrivo, mentre appare più interessante quella con arrivo sul Passo Brocon, il giorno dopo, tappa 17, dopo aver affrontato Sella e Rolle.
Tappa 19 e 20 che potranno ancora ribaltare la classifica: non sottovaluterei la frazione di Sappada. Da Tolmezzo in poi non si fa che salire e le montagne friulane nascondono trabocchetti e tratti di pendenza molto duri. L’impressione, però, è che potrebbe essere un lungo preludio a quello che accadrà nella penultima tappa..
Quando, con arrivo a Bassano del Grappa, si affronterà due volte il Monte Grappa. Salita lunga, impegnativa, affascinante, suggestiva. Ultima chiamata per gli uomini di classifica e per gli scalatori.
LA GRIGLIA DEI FAVORITI
Classifica Generale/Maglia rosa
⭐⭐⭐⭐⭐Pogačar
⭐⭐⭐⭐ -
⭐⭐⭐ Thomas, Bardet, Tiberi, O’Connor
⭐⭐Arensman, Caruso, D.Martinez, Valter, J.Lopez, Storer, Uijtdebroeks, Lutsenko
⭐ A.Paret-Peintre, Lipowitz, Foss, Piganzoli, Fortunato, Plapp, Dunbar, Majka, Grossschartner, Pellizzari, Rubio, Vansevenant
Volate
⭐⭐⭐⭐⭐ Milan, Merlier, Kooij
⭐⭐⭐⭐Dainese
⭐⭐⭐Girmay, Vernon, Bauhaus, Lund Andresen, D. van Poppel, Groves
⭐⭐Pithie, Gaviria, Molano, Lonardi, Ewan, Jakobsen, Lamperti, Consonni
*⭐Aniolkowski, Hofstetter, Pickrell, Zanoncello, Cimolai, Theuns, Mikhels, Askey, Dekker, Ballerini, Kanter, Kielich
Fughe
⭐⭐⭐⭐⭐Tarozzi
⭐⭐⭐⭐ De Marchi, M. Bais, D. Bais, Costiou
⭐⭐⭐Maestri, Champion, Frigo, Clarke, Scaroni, Janssens, Carr
⭐⭐ Zana, Germani, Cepeda, Velasco, Hirt, Vansevenant, Vermaerke, Steinhauser
⭐Schachmann, Vendrame, Calmejane, Rubio, Quintana, Hamilton, Barré
Classifica dei GPM/Maglia Blu
⭐⭐⭐⭐⭐ Storer
⭐⭐⭐⭐Vansevenant
⭐⭐⭐Rubio, M. Bais
⭐⭐ Fortunato, D. Bais, Tarozzi, Pogačar
⭐Zana, Bardet, Quintana, Scaroni, Velasco, Hirt
Classifica del miglior giovane (nati dopo il 1° gennaio del 1999)/Maglia bianca
⭐⭐⭐⭐⭐ Tiberi
⭐⭐⭐⭐Arensman
⭐⭐⭐Uijtdebroeks
⭐⭐Vansevenant, Plapp
⭐Lipowitz, V. Paret-Peintre, Piganzoli, Pellizzari
Classifica a punti/Maglia ciclamino
⭐⭐⭐⭐ Milan
⭐⭐⭐⭐Kooij
⭐⭐⭐ Pogačar
⭐⭐ Laporte, Kooij, Dainese,Vendrame, Girmay, Ganna
⭐Vernon, Merlier, Lamperti, Bardet, Tiberi, Groves, Scaroni, Andresen
Si va a Parigi: ne parliamo con Miriam Vece
Dopo 36 anni nel settore della Velocità, in pratica dalla partecipazione di Elisabetta Fanton a Seul 1988, e per la prima volta nella specialità del Keirin, presente nelle prove olimpiche dal 2012, l'Italia torna alle Olimpiadi. Il numero di telefono che digitiamo istintivamente è quello di Miriam Vece, ventisette anni, di Romanengo: sono state le sue prestazioni nel lungo percorso di qualificazione a permettere questo ritorno e questa prima volta. La certezza dopo la prova di Nations Cup di Milton, nel fine settimana del 20 e 21 aprile: «Devo ammettere che il sistema di punteggio per la qualifica non è più complesso come a Tokyo. In realtà, l'inizio di questo "viaggio" non è stato particolarmente brillante, penso all'Europeo e alle prove a Giacarta. Poi, qualcosa è cambiato, probabilmente al Cairo, in Egitto. Un quarto posto nella Velocità è come se mi avesse sbloccato. Se ci ripenso, da lì, su sei coppe, ho ottenuto cinque finali nel Keirin, allora, probabilmente, ho affrontato tutto in maniera più rilassata e le cose mi sono sembrate più naturali. Diciamo che il sentore della qualificazione era nell'aria da diverso tempo ormai, ma, sai, serve la certezza». Potrebbe sembrare scontato chiedere a Vece cosa provi, se sia felice, noi glielo chiediamo lo stesso e lei risponde stranamente riflessiva, tranquilla, gestendo perfettamente la felicità che pur si avverte: «Fino a Parigi sarà solo una lunga attesa. Per ora so solo che partiremo, arriveremo lì, gareggeremo, sarà la prima volta nel Keirin e chissà come andrà. C'è qualche intervista in più e una maggiore attenzione dell'opinione pubblica. Forse, al ritorno, farò una festa. Per ora so solo questo, forse, non appena arriverò capirò qualcosa in più. Sia dei Giochi Olimpici che di questa felicità».
Se ne parlava, sì, con Ivan Quaranta, responsabile tecnico del settore, e con lo staff della Nazionale. Se ne parlava anche quando non c'era quasi nulla e questo Vece lo sa benissimo. «Quando Quaranta ha iniziato il suo lavoro eravamo, in pratica, degli "scappati di casa", gli Europei sono arrivati dopo e noi ci abbiamo sempre creduto. Anche se, per quanto mi riguarda, almeno all'inizio, ho quasi sempre respinto ogni consiglio di Ivan»: una risata interrompe il flusso delle parole, mentre i rumori dell'esterno attraversano il telefono. «Siamo cane e gatto. Lui mi proponeva qualcosa ed io sostenevo esattamente l'opposto: pareva una cosa fatta di proposito. Penso ai rapporti, ad esempio: ero sistematicamente contraria a quelli indicati da Quaranta, poi li adottavo e facevo bei tempi. Ma gli esempi sono davvero innumerevoli». A ben guardare, anche per la specialità è successo qualcosa di simile: Miriam Vece non pensava minimamente al Keirin, anzi, in un certo senso lo temeva da una caduta avvenuta quando era juniores. Per questo non l'aveva più rifatto e non voleva più rifarlo: «Non sai quante volte mi sono sentita dire: "Buttati, devi buttarti, senza pensare. Buttati". Il difficile è proprio la mischia: biciclette che arrivano ovunque, contatti, millimetri di distanza che si annullano con un movimento e si rischia di finire a terra, di farsi parecchio male». Quel timore è passato, è lei stessa ad affermarlo con un certo orgoglio: «Ora chiudo gli occhi, un respiro e mi butto. Se mi toccano? Proseguo lo stesso, testarda».
Per qualche istante c'è la tentazione di sentirsi pioniere, di aver aperto o riaperto una strada, di essere la prima in qualcosa. «Sì, a livello personale è una soddisfazione importante essere i primi, ma se, poi, ti volti e dietro di te rischia di non esserci nulla? Può bastare essere la prima? Io credo di no. Negli ultimi tempi, per fortuna, si stanno avvicinando più ragazze a questa disciplina, sarà per la parte di storia che è già stata scritta, ma ancora non basta, soprattutto perché sono molto giovani e chissà se un domani proseguiranno. Potrebbe anche non esserci un seguito, dietro di noi, e mi spiacerebbe davvero. Ora ci sono le medaglie al Mondiale ed all'Europeo, ma quando eravamo giovanissime noi, io, Vittoria Guazzini ed Elisa Balsamo, ma in generale tutte le ragazze del quartetto o delle altre specialità, probabilmente sarebbe stato saggio anche da parte mia fare quel tipo di scelta, invece sono andata incontro al buio: non sapevo cosa ci sarebbe stato. Il mio periodo in Svizzera racconta anche questo». Proprio dalla Svizzera spiega di aver imparato tanto, tantissimo: a partire dalla lingua, «perché quando sono arrivata non sapevo proprio una parola di inglese, ora lo parlo molto bene e spesso anche quando parlo italiano mi viene in mente il corrispettivo inglese, oltre a tanti allenamenti e tante amicizie».
La sua famiglia e molti suoi amici hanno scoperto dai giornali la definitiva conquista del pass per i Giochi Olimpici dai giornali. Lei, ora, ripensandoci, non riesce a non pensare ai periodi più difficili passati: nel 2017, ad esempio, con la chiusura del velodromo di Montichiari, oppure nel 2020, nel periodo della pandemia ed in quello immediatamente successivo: «Se penso alle più giovani, ad un qualcosa che possa essere utile per loro, direi una cosa che si dice spesso, che è vera, ma, talvolta, a forza di ripeterla, sembra banale. Non lo è. I sacrifici tornano davvero indietro nella quotidianità, questa restituzione dell'impegno e dell'abnegazione esiste realmente. Sai quale credo sia il problema? Che non si sa quando avverrà quella restituzione, potrebbero servire anni e, nel frattempo, le persone si perdono perché non sanno cosa fare, se proseguire, se fermarsi, se davvero ci sarà una ricompensa. Il tempo che scorre impone di decidere e, se dai tanto e nulla torna, rischi di decidere di smettere di dare o di dare in un altro campo, in un altro modo. Questo aspetto c'è, non bisogna nasconderselo. Però fare sacrifici è necessario e, prima o poi, qualcosa ritorna. La mia partenza per Parigi, per i Giochi, lo testimonia».
Il ritorno dell'(ex) cittì: intervista a Davide Cassani
Si sono emozionati in tanti quando è uscita la notizia che sarebbe tornato alla telecronaca non solo per il Giro d’Italia, ma anche per il Tour de France e i Giochi Olimpici di Parigi 2024. Ho provato lo stesso anche io, che la sua voce l’ho scoperta solo recentemente da video di altre gare, altri tempi, su consiglio di amici. Mi dispiace non aver vissuto i suoi anni a fianco di Auro Bulbarelli, le ricognizioni delle tappe del Giro d’Italia e delle salite più famose. Dopo 28 anni dal Giro di Sardegna, la sua prima gara commentata a fianco di Adriano de Zan, dopo poco più di 10 da quel giorno in cui, a casa di Alfredo Martini, gli fu offerto il posto da ct della Nazionale maschile su strada, ho finalmente modo di recuperare il tempo perso: Davide Cassani è pronto infatti ad indossare di nuovo le cuffie e a prestare la sua voce al ciclismo.
Ho pensato che non potesse esserci Virgilio migliore per continuare il mio viaggio all’interno di questo folle mondo su due ruote. Per questo, in punta di piedi, un caldo pomeriggio primaverile gli ho rubato del tempo che presto sarà occupato da chilometri e chilometri di fughe, salite, piccole e grandi imprese. Volevo riflettere con lui sui miei e i suoi nuovi inizi, sull’amore per questo sport, sul ciclismo che vorrebbe raccontare, sull’importanza del passato, sulle sembianze di questo presente e su quelle che avrà il futuro.
Sono passati più di 10 anni dalla sua ultima telecronaca, anche se nel frattempo non ha mai abbandonato del tutto il piccolo schermo ciclistico con le partecipazioni al “Processo alla tappa” o il Giro d’Italia in bicicletta elettrica. Come si sente per questo ritorno?
Mi sembra ieri quando ho fatto la mia ultima telecronaca nel 2013 al Giro di Lombardia. Invece sono passati 11 anni, sono tanti. Nel mezzo ci sono stati anche gli 8 da commissario tecnico. Cerco di capire se tutto questo è stato reale, se non è invece stato un sogno. Ma sembra decisamente tutto vero. Sono ben contento di tornare in telecronaca: sono sicuramente più maturo, non so se riuscirò ancora a fare bene questo lavoro (ride), però l’entusiasmo è quello di sempre.
C’è qualcosa che le è mancato della telecronaca in questi anni?
Sinceramente no. Anzi, devo dire che è un distacco che mi ha fatto bene, perchè dopo 18 anni sentivo il desiderio di fare qualcosa di nuovo, qualcosa di diverso. Quando ascoltavo le telecronache di altri, non provavo nessun risentimento, ero contento di ascoltarle e di non farle. Quando però mi hanno chiesto di tornare qualche settimana fa, mi sono sentito dentro la voglia di dire sì, perché mi è sempre piaciuto fare questo lavoro e torno a farlo con piacere.
Ad aspettarla c’è già il Giro d’Italia, a fianco di Francesco Pancani. Che Giro è pronto a raccontare e cosa ne pensa del percorso di quest’anno?
È un percorso come al solito impegnativo: ci sono due cronometro, c’è già un arrivo in salita al secondo giorno. Con la presenza di Pogacar, c’è un solo uomo da battere. Sarà uno contro tutti e non credo sarà affatto facile riuscire ad avere la meglio su di lui. Il percorso, comunque, è bello e se sarà appassionante o no, questo sarà tutto merito o colpa dei corridori.
C’è una tappa che la incuriosisce più di altre?
Sarò curioso di commentare la tappa di Prati di Tivo perché arriva dopo una settimana di gara, dopo una cronometro: sarà una tappa importante per capire tante cose.
Come ci si dovrebbe avvicinare, da neofiti, al ciclismo e coltivarne poi la passione anche da spettatori?
Con la curiosità di andare alla scoperta di qualcosa di nuovo. La bicicletta è tua: sei tu che ci pedali sopra, sei tu che decidi dove andare, con chi andare. È una bellissima scoperta, perché hai la possibilità di esplorare il mondo, però lo devi fare con l’accortezza giusta. È come quando si va a scuola: devi cominciare dalle elementari, l’università è lontana ma la puoi raggiungere. L’importante è cominciare con gradualità, non dare nulla per scontato. La bicicletta devi saperla guidare, ci sono delle insidie, dei pericoli. Quindi bisogna affrontare tutto con la massima attenzione e soprattutto cercando di dedicarsi ad una pedalata alla volta. Gli spettatori che, invece, guardano il Giro d’Italia non lo fanno solo perché hanno una passione per il ciclismo, ma soprattutto perché si rendono conto di vedere qualcosa di particolare. Il Giro non è una semplice corsa in bicicletta, fa parte della nostra Storia e della nostra cultura. Ci dà la possibilità di vedere tutto quello che circonda un gruppo di ciclisti. È importante poi andare a cercare di approfondire quello che si vede e che si sente, anche dai telecronisti: per uno spettatore curioso c’è l’occasione di imparare molte cose, sia tecniche che culturali.
Se lo ricorda il momento in cui si è innamorato del ciclismo?
Precisamente. Avevo 7 anni e mio padre mi portò a vedere un Campionato del Mondo vicino a casa mia. Rimasi così tanto affascinato da quella corsa che decisi che da grande avrei fatto il corridore e non ho più cambiato idea.
Le chiedo un altro ricordo: Alessandra Giardini nel documentario “Il cielo del Pirata” dice parlando di Marco Pantani: “Quello che noi cerchiamo in fondo, quando andiamo a vedere uno spettacolo, come è lo sport, è qualcuno che sia in grado di cambiarti la vita con un gesto“. C’è nella sua memoria ciclistica da corridore, commentatore e poi tecnico, un momento che assomiglia a qualcosa di simile?
Mi sono subito reso conto che il ciclismo era il mio sport, che la bicicletta sarebbe entrata prepotentemente nella mia vita, perché il primo giorno che sono salito in sella e sono arrivato sulle prime colline mi sono sentito come Cristoforo Colombo. La bicicletta mi ha dato la possibilità di scoprire il mondo, di sentire quello che provavo dentro. Questa sensazione è rimasta intatta nonostante siano passati più di 50 anni da quel giorno. È stato un amore a prima vista. Mi sono divertito moltissimo anche nella tappa del Tour de France in cui Marco Pantani è riuscito a conquistare la maglia gialla, scattando sul Galibier e riuscendo a sconfiggere un Jan Ullrich che sembrava imbattibile. Quella è stata veramente una bellissima telecronaca. Per giunta se penso a lui, a quel giorno, penso anche ad Adriano de Zan, che è stato il mio primo maestro. Fu emozionante.
Quanto è importante, secondo lei, per capire il ciclismo di oggi, conoscere e aver vissuto anche quello del passato?
Il passato, per quanto mi riguarda, è arrivato di conseguenza perché amavo così tanto quello che facevo che volevo sapere da dove arrivava. Allo stesso tempo, una persona che scopre la bici a 40, 50 o addirittura 60 anni non è importante che conosca il passato, è importante che capisca cosa la bicicletta o il ciclismo gli sta trasmettendo in quel momento.
Il ciclismo è bello anche per questo: c’è chi corre per vincere, chi corre per stare insieme ad altri, chi va in bicicletta per vedere luoghi, chi vuole conquistare una montagna senza guardare il tempo ma solo per arrivare in cima. Ognuno ha delle ambizioni, dei progetti, delle imprese da compiere e dunque trova la bellezza in quello che fa.
Ci sono due temi che ho visto particolarmente accesi in questo inizio di stagione, ma se sulla sicurezza si è già pronunciato sui suoi profili social e speriamo possano essere fatti dei passi avanti, mi chiedevo invece cosa ne pensasse dell’altro: il dominio dei più forti che per alcuni rischia di rendere noiose le gare. Il ciclismo corre veramente questo rischio?
C’è questo rischio, però chi ama lo sport apprezza sempre quelli che riescono a fare imprese del genere. Il problema era presente anche negli anni ‘70 quando c’era un certo Eddy Merckx. È un tema che si ripete, ma non credo che la gente si annoi se Sinner vince tutti i tornei di tennis, né se le corse vengono vinte sempre dagli stessi corridori. È naturale che il ciclismo, come qualsiasi altro sport, diventi più interessante quando ci sono dei duelli, delle sfide che sono incerte. Per questo quando vediamo una sfida tra Pogacar e Vingegaard o tra van Aert e van der Poel è molto più accattivante. Sì, il ciclismo rischia di diventare più noioso se qualcuno riesce a dominare nettamente, però c’è l’apprezzamento dell’impresa, che rimane sempre una cosa straordinaria.
Spesso ho la sensazione che, essendo il peloton molto numeroso, si perdano delle storie minori che sono belle tanto quanto quelle dei grandi fenomeni. Come possiamo evitare che questo accada?
Bisogna raccontarle, bisogna scoprirle. Nel mio caso, ovvero attraverso la telecronaca, bisogna raccontare da dove arriva un’impresa, da dove arriva un corridore, che cosa ha fatto per arrivare a quel punto. Tante volte ci sono delle storie straordinarie, altre un po’ meno, ma comunque tutte danno un’idea di cosa sia il ciclismo, cosa sia uno sport professionistico difficile e di fatica come questo. Ogni corridore può avere una storia fantastica da raccontare, che ti fa rendere ancora più bello questo sport.
Come le sembra, invece, la situazione attuale del ciclismo italiano?
Non stiamo attraversando un bel momento, perché non abbiamo un corridore da corsa a tappe, che possa prendere il posto di Vincenzo Nibali. Abbiamo dei corridori come Tiberi, Piganzoli e Pellizzari che speriamo possano crescere, così come Zana e Frigo. Qualche anno fa si stava meglio, anche perché adesso il ciclismo è diventato veramente mondiale: ci sono ragazzi che sono diventati campioni, che arrivano da ogni parte del mondo. Fino a qualche anno fa, assieme a spagnoli, francesi e belgi, avevamo il predominio nel ciclismo, adesso non è più così. Soffriamo in questo momento anche perché non abbiamo una squadra World Tour, abbiamo meno ragazzini che si avvicinano a questo sport. Abbiamo sicuramente degli ottimi velocisti come Ganna, Milan, Dainese e siamo fantastici su pista. Sono cresciute moltissime le donne, ma per quanto riguarda la strada al maschile in questo momento stiamo inseguendo.
Come se lo immagina il ciclismo del futuro?
Difficile prevederlo. Anche se sono cambiate le biciclette, gli allenamenti, le strade, le squadre, c’è sempre un comune denominatore che è la fatica, l’impegno che serve metterci per avere dei buoni risultati. Le corse importanti saranno sempre più importanti, mentre rischiano di scomparire le corse minori: il piatto forte è dato dalla partecipazione dei grandi campioni, che a loro volta non possono gareggiare sempre e dunque si concentreranno sulle corse più importanti. Anche nelle difficoltà, anche con il mondo che avanza, il Giro d’Italia e il Tour de France, così come la Milano-Sanremo o il Giro di Lombardia, rimarranno sempre nell’immaginario collettivo come grandi corse e saranno più ambite che mai. Per il momento, sono abbastanza ottimista. Certo, se vado a vedere quello che era il ciclismo 40 o 50 anni fa e quello che è adesso, speriamo di poter resistere.
In Song of Myself, Walt Whitman ad un certo punto scrive: “sono vasto, contengo moltitudini”. Quante moltitudini contiene il ciclismo?
Consiglio sempre alle persone di mettersi sulla cima di una salita e di guardare in faccia ogni singolo corridore. Ognuno di loro gli trasmetterà sempre qualcosa di sé, dal primo all’ultimo. Perché la faccia di ogni ciclista parla, soprattutto in salita. Quando poi te ne torni a casa e pensi a quelle facce, a quegli occhi, a quelle smorfie, capisci cos’è una corsa, una tappa, una salita e cosa può darti.
Dieci nomi da seguire alla Liegi-Bastogne-Liegi
Ultima grande classica di questa primavera prima di tuffarci con pensieri e parole direttamente sul Giro d’Italia. Liegi-Bastogne-Liegi: la corsa delle côte che sorride a scalatori o comunque a una certa tipologia di corridori che hanno confidenza con salite di media lunghezza, e grangiristi, ma che spesso trova un punto di incontro con quei cacciatori di classiche in grande forma. Quest’anno ce n’è uno in particolare che ha la maglia iridata e che vorrebbe compiere un’impresa mai riuscita a nessuno nella storia - vi roviniamo la sorpresa: sarà molto difficile per lui, se non impossibile.
Per questa Liegi-Bastogne-Liegi abbiamo scelto 10 nomi, ma li abbiamo suddivisi in diverse categorie: abbiamo i tre favoriti, tre alternative, ma ne restano fuori altri molto interessanti, tre outsider e infine un corridore italiano il quale, probabilmente, è il più accreditato per ottenere un risultato in una classica che ci ha visto, fino a un decennio fa, autentici dominatori. Chiudere con uno o due italiani nei 20 sarebbe grasso che cola.
TRE FAVORITI
Tadej Pogačar
Partecipazioni: 4
Miglior risultato: 1°nel 2021
2023: DNF
Una volta sul podio, poi una l’ha vinta, infine ha iniziato ad accumulare credito con la sfortuna. Lo scorso anno cadde e si ruppe il polso. Stona come nemmeno in questo 2024 vedremo la sfida più attesa contro Remco Evenepoel, il vincitore delle ultime due edizioni. Alcuni già si domandano se stravincerà o si limiterà semplicemente a vincere, altri già fanno pronostici sul momento in cui attaccherà. Noi, per lo spettacolo, speriamo in una corsa aperta, ma tanto dipenderà da lui.
Mathieu Van der Poel
Partecipazioni: 1
Miglior risultato: 6° nel 2020
2023 -
La sfida la si cercherà con Mathieu van der Poel. Ora, sulla carta, non è che il campione del mondo sia proprio del tutto portato per vincere una Liegi soprattutto considerata la presenza di Pogačar, però se c’è un corridore di classe e in forma per provare a dare fastidio allo sloveno quello è proprio lui.
Tom Pidcock
Partecipazioni: 2
Miglior risultato: 2° nel 2023
2022: 103°
Ogni tanto vive giornate in cui tutto gli riesce bene, e fa anche divertire. L'Amstel di qualche giorno fa ne è la dimostrazione. Con la Liegi più che un conto aperto ha dimostrato di avere un certo feeling. Già sul podio nel 2023, ne prenota uno anche quest’anno.
TRE ALTERNATIVE
Marc Hirschi
Partecipazioni: 5
Miglior risultato: 2° nel 2020
2023: 10°
Indecifrabile Marc. Non sai mai com’è posizionato in gruppo, lo trovi in coda nelle fasi calde, poi accade che sta bene e scatta. Ha fondo, ma a volte sembra gli manchi la cattiveria e questa è forse la corsa che più gli si addice in tutto il calendario. Sulla carta è in squadra con Pogačar, ma spesso ci pare corra come un isolato dei tempi che furono.
Ben Healy
Partecipazioni: 2
Miglior risultato: 4° nel 2023
2022: DNF
Non c’è dubbio: il Ben Healy visto finora in questo 2024 è lontano da quello che dodici mesi fa, tra aprile e maggio, ci aveva fatto sognare e spesso pure saltare dalla sedia. All’Amstel ha deluso, alla Freccia ci ha provato per poi lavorare per Carapaz, qui per chiudere degnamente un trittico ardennese che lo scorso anno lo vide protagonista assoluto.
Dylan Teuns
Partecipazioni: 8
Miglior risultato: 6° nel 2022
2023 -
Alti e bassi, ma non tragga in inganno il ritiro alla Freccia Vallone. Anzi teniamolo per buono: è andato forte al Brabante, così e così all’Amstel, ritirato per l’appunto alla Freccia, in una corsa, dura, per fondisti come lui, ricca di dislivello e salite più lunghe di quelle affrontate finora nelle gare di un giorno del calendario primaverile. Si prevede freddo e pioggia e quindi può dire la sua.
Tre Outsider
Kévin Vauquelin
Partecipazioni -
Miglior risultato -
2023 -
Chi scrive stravede per il corridore francese, ma allo stesso tempo non pensava mai che il salto di qualità già visto nelle gare a tappe quest’anno (10° alla Tirreno e 8° ai Paesi Baschi) lo portasse a essere uno dei grandi protagonisti del trittico delle Ardenne. In fuga all’Amstel, secondo, a un passo dal successo, alla Freccia Vallone, Vauquelin è corridore che tiene bene sulle salite medio lunghe e ha spunto veloce. Incognita? Potrebbe pagare alla distanza come successo in Olanda.
Wout Poels
Partecipazioni 10
Miglior risultato 1° nel 2016
2023 42°
La vittoria di Poels alla Liegi appartiene a una vita fa: sua, della sua vecchia squadra, il Team Sky, della stessa Liegi che negli anni ha modificato il percorso - una volta resisi conto che la gara diventava sempre di più una lunga attesa verso il finale, hanno avuto coraggio di cambiare. In Bahrain, nonostante le quasi 37 primavere, Poels si dimostra atleta solido e affidabile, sta bene, come dimostrato al Tour of the Alps di questi giorni e in caso di gara selettiva lui è nome da tenere d’occhio.
Tiesj Benoot
Partecipazioni: 5
Miglior risultato: 7° nel 2023 e 2021
2022: DNS
Una garanzia di risultato come pochi, Tiesj Benoot, dopo essersi ben difeso sulle pietre, come ogni stagione si piazza anche sulle Ardenne. Terzo all’Amstel, nono alla Freccia nonostante si sia staccato più volte, si sia congelato le mani, abbia rischiato di tutto pur di riuscire a mettersi i guanti nelle fasi clou della gara. Se cercate un corridore per una top ten, fate affidamento sul simpatico belga.
Un italiano
Davide Formolo
Partecipazioni 5
Miglior risultato 2° nel 2019
2023 -
Tempi di magra, forse il peggiore della storia del ciclismo italiano, ma non è certo colpa di Formolino. 24° alla Freccia, anche lui è uno di quelli da conto aperto alla Liegi dove spesso si è saputo esaltare chiudendo pure sul podio nel 2019. Anche lui, in caso di corsa dura, magari resa ancora più complicata da pioggia e freddo, può dire la sua per un piazzamento nei primi dieci.
Foto in evidenza: ASO/Maxime Delobel
Nations' Cup: ultima tappa prima di Parigi 2024
Si è appena conclusa la Nations’ Cup 2024, la riformata Coppa del Mondo introdotta dall’Uci nel 2021. A differenza delle edizioni passate, spesso poco partecipate, quella di questa stagione ha assunto una particolare importanza in vista dei Giochi Olimpici di Parigi. Infatti, le tre tappe di Nations’ Cup non sono solo state un’occasione per guadagnare gli ultimi punti in chiave qualificazione, ma anche per preparare corridori e materiali prima delle Olimpiadi.
Le danze si sono aperte nei primi di febbraio in Australia, dopo il Tour Down Under. Ciò ha permesso la partecipazione di molti stradisti, ma gli specialisti si sono trovati a dover scegliere tra la prima prova di Nations’ Cup e gli Europei di Grenchen, corsi pochi giorni dopo, per questo motivo la nazionale neerlandese ha deciso di non volare in Australia. Gli occhi degli addetti ai lavori erano puntati sulla squadra di casa, soprattutto nelle discipline veloci maschili, ma Richardson (che nei 200 metri lanciati ha fatto registrare uno straordinario 9.499, a dimostrazione del suo stato di forma) e compagni hanno trovato sulla loro strada un Giappone straordinario. Gli australiani hanno trovato il successo solamente nella velocità olimpica, poi solo sconfitte: da Kaiya Ota nella velocità individuale al malese Awang nel keirin, il quale ha preceduto i due nipponici Shinji Nakano e ancora Ota. Per il Giappone, guidato dall’ex sprinter francese Benoit Vetu, i successi non sono finiti lì perché al femminile Mina Sato ha conquistato l’oro nel keirin e l’argento nella velocità individuale. Però, a vincere più medaglie d’oro di tutti è stata la selezione neozelandese, trainata da Aaron Gate e Campbell Stewart (vincitori della madison maschile), Bryony Botha e Ally Wollaston. Quest’ultima, dopo il successo nell’inseguimento a squadre, ha prevalso nell’eliminazione e nell’omnium avendo la meglio su due certezze della pista come la statunitense Jennifer Valente e la britannica Katie Archibald, la quale, non a caso, ha vinto la madison, in coppia con Elinor Barker. Al maschile, il canadese Dylan Bibic ha messo in scena una prestazione analoga a quella della neozelandese. Il classe 2003, già campione del mondo nello scratch nel 2022, ha trionfato prima nell’eliminazione e poi nell’omnium, battendo allo sprint finale, decisivo per rompere il pareggio, Elia Viviani. Viviani ha partecipato anche al torneo di inseguimento a squadre assieme a Filippo Ganna, Davide Boscaro, Franceso Lamon e Manlio Moro. Gli uomini di Villa purtroppo non hanno ottenuto il risultato sperato: dopo la sconfitta in semifinale contro i padroni di casa (poi sconfitti dalla Gran Bretagna di Tarling) si sono dovuti accontentare della medaglia di bronzo, contro un parterre in cui mancavano Danimarca e Francia. Non hanno brillato neanche i velocisti azzurri. La promettente velocità olimpica non ha superato il turno di qualificazione ed è stato lo stesso per Mattia Predomo e Daniele Napolitano nel torneo della velocità individuale. Neppure Miriam Vece ha brillato, ottenendo l’undicesimo posto nel keirin e l’eliminazione agli ottavi nella velocità individuale per mano di Katy Marchand.
Un mese più tardi, il circus del ciclismo su pista si è riunito ad Hong Kong, dove hanno brillato nuovamente gli atleti giapponesi e stavolta non solo nella velocità. Kaiya Ota ha fatto doppietta nel keirin e nella velocità individuale, la velocità olimpica maschile ha perso solo alla finale per l’oro, lo stesso per il quartetto maschile che si è dovuto arrendere ai campioni del mondo della Danimarca, ancora doppietta nell’omnium femminile con Yumi Kajihara, vincitrice anche dell’eliminazione, e Tsukaya Uchino, oro nella madison femminile con Maho Kakita, e infine i bronzi maschili con Naoki Kojima nell’omnium e Kazugishe Kuboki e Eiya Hashimoto e quello dell'inseguimento a squadre femminile. Una prestazione corale - dieci medaglie con undici atleti diversi - che fa ben sperare in vista delle Olimpiadi di Parigi, dopo i fallimentari Giochi di casa dove arrivò solo un argento. Tra tutti gli astri nascenti della nazionale giapponese, il più talentuoso è lo sprinter Kaiya Ota, che a soli 25 anni è già un idolo in patria grazie ai suoi successi nel keirin, che in Giappone è una religione e viene corso ogni domenica in velodromi all’aperto. A sorprendere, però in negativo, è stata anche la spedizione neerlandese. Gli oranje, per la prima volta dopo anni, sono rimasti a secco di medaglie nelle discipline veloci, pur schierando la miglior squadra possibile. Dunque, a fare la Lavreysen di turno ci ha pensato Emma Finucane nella velocità femminile. La classe 2002, già campionessa mondiale, ha vinto la medaglia d'oro nella velocità olimpica, con Sophie Capewell e Katy Marchant, nella velocità individuale e nel keirin, in cui si è verificato il ritorno di un’atleta russa su un podio internazionale, ovvero Alyna Lysenko (3ª), la quale ha gareggiato come atleta neutrale. Invece nell’endurance maschile il plurivittorioso è stato Aaron Gate, trionfante nell’omnium e nella madison assieme a Campbell Stewart.
La Nations’ Cup di Hong Kong ha rinviato gli ultimi verdetti in chiave qualificazione olimpica alla tappa di Milton (Canada), l’ultima occasione per strappare un ticket per Parigi. Tra le squadre che dovevano chiudere i conti qualificazione c’era il fortissimo quartetto inglese maschile, ancora penalizzato dalla caduta di Tanfield agli scorsi campionati mondiali, che ha reagito doppiando la Svizzera nella finale dell’oro. La Gran Bretagna ha centrato il successo nell'inseguimento a squadre anche con il quartetto femminile, che ha rifilato sei secondi e mezzo all’Italia seconda classificata. Nei giorni seguenti hanno portato tre medaglie d’oro a Londra anche la madison femminile, con Katie Archibald e Neah Evans, e l’omnium sia femminile che maschile, con la solita Archibald - davanti a Letizia Paternoster - e Ethan Hayter. La scozzesse non è stata l’unica atleta a collezionare una tripletta di ori in questa tappa della Nations’ Cup, infatti Harrie Lavreysen è tornato sugli scudi dopo il passo falso di Hong Kong vincendo nella velocità a squadre, con i fedeli Roy van den Berg e Joeffrey Hoogland, nel keirin e nella velocità individuale. Va però sottolineata l’assenza degli australiani e dei giapponesi, che in questa stagione hanno dato filo da torcere agli oranje. Al femminile, le competizioni veloci sono state più equilibrate, con i Paesi Bassi che hanno vinto la velocità a squadre, la neozelandese Ellesse Andrews che ha vinto il keirin in maglia iridata e la francese Mathilde Gros che è tornata alla vittoria nella velocità individuale. Buone prestazioni anche da parte della velocità italiana. Con un sesto posto nella velocità individuale e un nono nel keirin, Miriam Vece ha ufficialmente strappato il ticket olimpico per Parigi, in entrambe le discipline. Vece diventa così la prima sprinter donna a qualificarsi ai Giochi Olimpici per l’Italia dal 1988, quando Elisabetta Fanton partecipò all’edizione d’esordio della velocità femminile. Arrivò alla qualificazione anche la allora diciottenne Elisa Frisoni nel 2004, ma la veronese fu costretta a dare forfait a causa di un infortunio. È invece svanito il sogno olimpico della velocità olimpica maschile, sebbene mancasse solo l’ufficialità. Tuttavia Stefano Minuta, Mattia Predomo e Matteo Bianchi, guidati da Ivan Quaranta, hanno chiuso con un promettente quarto posto finale, anche se sarà molto difficile riconfermare un risultato del genere nei palcoscenici più importanti nel prossimo futuro. La vittoria nella finale per il bronzo contro gli azzurri è valsa al Canada la qualificazione in zona Cesarini, bissando dopo poco più di un’ora la velocità olimpica femminile che, racimolando gli ultimi punti nel velodromo di Milton, ha estromesso dalle Olimpiadi le padrone di casa della Francia.
Il prossimo appuntamento per i pistard sarà quello più importante del quadriennio: i Giochi Olimpici di Parigi. Questo inizio stagione ha mescolato le carte in tavola e al velodromo di Saint Quentin-en-Yvelines nessuna gara sarà scontata, dalla velocità, contesa tra britannici, australiani, neerlandesi e giapponesi, all’endurance, in cui si potranno rivivere emozioni simili a quelle di tre anni fa. L’appuntamento è fissato al cinque agosto.
Foto in evidenza: 2024 UEC Track Elite European Championships - Apeldoorn - 10/01/2024 - Inseguimento a squadre femminile - Vittoria Guazzini - Elisa Balsamo - Letizia Paternoster - Martina Fidanza - Foto Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2024