Dispacci dal World Tour #9

La Sanremo è passata e così tutti gli strascichi, le idee e le analisi attorno a lei. Una corsa che è cortocircuito perché è sia fine che inizio. Si è discusso molto, nelle ore successive, su chi abbia fatto bene cosa, su chi abbia fatto bene quando e i suoi contrari. Se l’UAE Team Emirates si è comportata in maniera coerente e dignitosa (dal punto di vista sportivo) oppure no sulla Cipressa, ma i diretti interessati hanno spiegato più o meno tutto. Si è parlato di Pogačar e dei limiti tattici che ha ancora (e sempre li avrà?) e di come spesso la sua straripante superiorità lo porti a vincere semplicemente le corse un po' più dure del normale. Perché è il più forte. E se il ciclismo fosse una partita a scacchi e di nervi troverebbe forse qualcuno più forte di lui, sostiene qualcuno e se io avessi due ruote e due pedali sarei un uomo bicicletta. Ne sono convinto.

Siamo ai limiti estremi, perché stiamo facendo le pulci a uno dei corridori più forti, completi e vincenti della storia del ciclismo. Per Pogačar rimarrà un tabù la Sanremo, come altri grandi corridori prima di lui? Forse, pazienza, perché i suoi avversari, anzi, il suo Avversario finché vorrà sarà lì a sbarrargli la strada. Ma magari non diventerà un’ossessione come per altri - viene in mente Sagan - anche se l’altro giorno a fine corsa aveva una faccia…

Si è parlato dell’istinto killer di van der Poel, uno che fino a qualche stagione fa straripava (anche lui) fisicamente ma commetteva tragici sbagli sportivi, tatticamente. Appena il suo cervello da cane da caccia (sì, è un complimento) ha assorbito le nozioni necessarie a dividere gli sbagli dalle verità, ha imparato a gestire a suo piacimento e vincere.

Su Ganna c’è poco, ancora, da aggiungere. Adesso arrivano nuove belle corse dove dovrà sfidare gli altri: con questa gambe e queste intenzioni ci divertiremo. Il numero uno in Italia per distacco. Si è parlato, poi, di acme e di come la Sanremo sia una corsa spettacolare: sarebbe meglio dire come lo siano questi corridori più che la corsa in sé che ci ha mostrato decenni di poco e niente alimentati nel finale soltanto dall’importanza della posta in palio.

Non c’è nessuna paura del vuoto perché questa è la settimana che porta definitivamente alle corse del pavé più note in quel crescendo che solo questo periodo ci sa regalare: Harelbeke oggi (per chi legge venerdì 27 marzo), Gent-Wevelgem domenica, poi Dwaars door Vlaanderen, Ronde e infine Roubaix. A Fiandre e Roubaix vedremo la sfida lanciata da Pogačar a van der Poel (e van Aert? che van Aert sarà? tanti dubbi… sembra una pecorella smarrita). Ci ritroveremo qui fra qualche giorno a tirare le somme.

Chiudo con l’uomo copertina, anzi il ragazzo. Il rocket man inglese che in un paio di stagioni è passato da ottimo e completo corridore tra gli juniores a bastonatore di corridori navigati tra i professionisti e su diversi terreni. Nel prologo della stagione vince due gare .2, ma fino a lì tutto ok, mostra la sua classe davanti ai coetanei. Poi arriva primo al Gp Denain, corsa da bucanieri, dove è attento sulle pietre (della Roubaix e simil Roubaix), è lesto a beccare l’azione giusta lontano dal traguardo giustiziando corridori di spessore.

Il numero di maggior prestigio, però, gli riesce nella prima tappa del Catalunya. Giornata fredda in cui si staccano velocisti e scalatori. Lui resiste davanti anche in salita e sempre nelle prime posizioni. Poi nel finale, mentre Tibor Del Grosso (arriveremo a parlare a breve anche di lui) sfiora il colpaccio partendo in discesa in maniche corte, nonostante il freddo e la pioggia, Brennan rimonta senza mai farsi nemmeno affiancare da un certo Kaden Groves che finisce secondo. Prima vittoria nel WT a 19 anni e poco più. Più avanti scopriremo i limiti di un corridore in queste settimane paragonato a tre fra i più grandi cacciatori di classiche degli ultimi dieci anni: Sagan, van Aert e van der Poel. Scegliete voi, a me inizia a sembrare sempre più, semplicemente a Matthew Brennan, il razzo inglese.


10 corridori da seguire alla Milano-Sanremo

Parlare della Milano Sanremo è molto semplice: lo abbiamo fatto decine di volte su queste pagine, avrete letto migliaia di storie di ogni genere un po’ ovunque. Molto semplice raccontarla, meno da correre nonostante le apparenze. Corsa che ormai da una vita segue lo stesso svolgimento dal crescendo finale: diverse ore di noia più assoluta, poi le grandi manovre cipressane, gli attacchi devastanti sul Poggio da dove comincia la lotteria che vede l’estrazione giù a Sanremo.

Quest’anno, chissà, tra tempo ballerino e intenzioni bellicose degli UAE Team Emirates, si potrebbe vedere qualcosa di diverso o comunque raro, ma è sempre tutto relativo a quel momento atteso, a quelle illusioni che ci si fanno prima di un qualsiasi tipo di appuntamento. (È come un virus della parola che si diffonde, da individuo a individuo, fino a diventare opinione diffusa, ma lo è da due anni: vogliono fare la Cipressa in meno di 9’ per far fuori - agonisticamente parlando - tutti i velocisti e indurire le gambe agli altri. Sarà la volta buona?)

Abbiamo due grandi favoriti (Pogačar e van der Poel), tre alternative, molto credibili (Ganna, Pidcock e Mads Pedersen), un corridore che nelle ultime ore, causa caduta, vede scendere le sue quotazioni, ma fino a pochi minuti prima del tonfo alla Nokere Koerse stava benissimo (Jasper Philipsen). Che oltretutto porta il numero uno sulle spalle e una bella abrasione in faccia e altre su tutto il corpo.

Poi un gruppo di outsider, molto pericolosi. Perché se c’è una corsa che dà spazio alle sorprese, nonostante la presenza di corridori che stanno facendo man bassa, lasciando agli altri soltanto le briciole dei piazzamenti o delle corse minori, quella è la Milano-Sanremo. Che a volte regala esiti imprevedibili.

 

MICHAEL MATTHEWS 🇦🇺 (1990) - Team Jayco AlUla

L’impressione, intorno all’australiano, è che, pur non essendo la sua squadra partita a mille e quindi ci potrebbero essere forti dubbi, lui si sia nascosto preparando bene l’appuntamento. Alla Milano-Sanremo non ha mai vinto, ma non ha praticamente sbagliato un colpo: semmai un colpo di reni, un posizionamento. Mai come lo scorso anno ci è arrivato vicino, secondo, ma ha anche due terzi, un quarto, un sesto, un settimo, due dodicesimi posti. Tra gli uomini veloci è, quando in giornata, uno di quelli che supera meglio certi tipi di asperità, con gli anni è diventato sempre più resistente. Occhio a portarselo dietro. In casa australiana occhio anche a Mauro Schmid. Sta bene e con eventuali condizioni meteo complicate può emergere.

 

JONATHAN MILAN 🇮🇹 (2000) - Lidl-Trek

Dopo Ganna, la maggiore speranza del ciclismo italiano a Sanremo. D’altra parte parliamo di colui che, proprio insieme a Ganna, è, pound for pound, il miglior ciclista italiano. Milan arriva da dominatore - o quasi - delle volate in stagione e sembra aver fatto anche qualche progresso in avanti in salita. Lo scorso anno si spese per Pedersen sulla Cipressa, quest’anno avrà un ruolo più centrale?

 

MATEJ MOHORIČ 🇸🇮 (1994) - Bahrain-Victorious

Come Matthews ama follemente questa corsa. Più di Matthews si è spinto in avanti: l’ha vinta nel 2022 con quel capolavoro visionario nella discesa del Poggio. A differenza di Matthews più che nascondersi in questo inizio di stagione si sta trascinando dietro un mezzo malanno preso al Tour de la Provence che ne ha un po’ condizionato lo stato di forma sin dal week end di apertura in Belgio un paio di settimane fa. Arriva qui con tanti dubbi e una certezza che riguarda il feeling con la Sanremo: sei volte nei primi undici negli ultimi sei anni non è un bottino di cui disfarsi facilmente.

 

MAGNUS CORT NIELSEN 🇩🇰 (1993) - Uno-X Mobility

A 32 anni e con diverse vittorie di prestigio alle spalle, Magnus Cort Nielsen si presenta al Mondiale di Primavera in quella che è probabilmente la condizione della vita e la possibilità di provare a beffare tutti qualora dovesse riuscire a tenere sul Poggio, soprattutto si dovesse formare un gruppetto in discesa o verso il traguardo. Il baffuto danese, con un 8° posto nel 2018, ha ottenuto proprio su queste strade il miglior risultato in carriera in una grande classica e quella volta non andava così forte. Sempre in casa Uno X, occhio a a Tobias Halland Johannessen, anche lui di recente in grande spolvero, soprattutto dovesse riuscire una forte selezione capace di trasformare Sanremo in qualcosa che non è, tipo un arrivo per corridori esplosivi, leggerini  e d’alta quota.

 

ROGER ADRIÀ 🇪🇸 (1998) - Red Bull-BORA-hansgrohe

In casa Red Bull, squadra partita meno forte di quello che si poteva pensare, l’uomo in più pare Roger Adrià che ormai dal 2024 continua ad andare forte stabilendosi, su certi arrivi, costantemente in mezzo ai grandi calibri. Veloce e resistente anche lui potrebbe tenere sul Poggio e poi in volata è una brutta bestia. Lo scorso anno, di questi tempi, non avremmo esitato a inserire Van Gils e Pithie tra i candidati alla vittoria. Saranno entrambi al via ma con diversi punti di domanda: uno è stato malato, l’altro si è visto poco dopo l’Australia (lungo ritiro). In ogni caso, vista la qualità, ce li possiamo ritrovare davanti, senza troppi patemi, a giocarsi qualcosa, ognuno di loro sfruttando uno scenario differente.

 

ALEX ARANBURU 🇪🇸 (1995) - Cofidis

Così come senza patemi ci possiamo ritrovare davanti Mister Piazzamento Nei 10 (ne contiamo ormai oltre un centinaio). La sua evoluzione come corridore fa sì che il basco sia diventato tagliato per diverse corse dalla Sanremo alla Liegi. Almeno quando si parla di un buon risultato, per la vittoria gli manca sempre qualcosa. Aranburu, oltretutto, fondista, quindi apprezzerà la probabile corsa dura, è uno che col maltempo si esalta. A fare la danza della pioggia stasera ci sarà anche lui.

 

ROMAIN GREGOIRE 🇫🇷 (2003) - Groupama-FDJ

Il più giovane tra i citati in questo elenco è un corridore che prima o poi arriverà anche in una corsa lunga. Forse gli manca qualcosa in tal senso, ma non di certo spunto veloce e resistenza. Dovrà essere scaltro, sul Poggio, nel posizionarsi davanti e perdere meno terreno possibile, in questa maniera ritrovarselo tra le scatole e vederlo sprintare per un piazzamento di peso non ci pare utopia. Così come non è follia immaginarlo un giorno vincitore su queste strade.

 

RICK PLUIMERS 🇳🇱 (2000) - Tudor Pro Cycling

Cancellara una Sanremo l’ha vinta ora tocca ai suoi. Tre nomi caldi due dei quali rappresentano un po’ il passato, uno invece potrà imporsi presto ed è Rick Pluimers. Il neerlandese in stagione ha fatto vedere il suo valore dopo essere cresciuto lo scorso anno proprio nel passaggio dal Team Visma Devo alla Tudor che ne sta esaltando le caratteristiche. Corridore veloce, ma capace di tenere anche sugli strappi, Pluimers, domani a Sanremo, potremmo ritrovarcelo nei 10 e senza stupirci troppo. Gli altri due nomi sono Alaphilippe (già vincitore qui, non serve dire altro su di lui) e Trentin, garanzia assoluta di piazzamento ma anche nel dare una mano agli altri qualora ce ne fosse bisogno.

 

OLAV KOOIJ 🇳🇱 (2001) - Visma |Lease a Bike

Dopo Milan e Philipsen è il terzo velocista più forte al via, e pure lui, come i sopracitati, in caso di gruppo di 25/30 corridori se in giornata può starci bene dentro. Lo vediamo più, come lo scorso anno, fare una volata per un piazzamento da dietro, magari subito a ridosso dei migliori, ma è giovane, cresce, stupisce e alla Tirreno ha vinto e convinto nonostante fosse stato scambiato da qualcuno per McLay. Corridore un po’ alla Freire per certi versi e Freire questa corsa la conosce molto bene. Occhio pure a Zingle nella Visma, soprattutto se dovesse piovere è corridore che si esalta con certe condizioni climatiche e non disdegna una corsa selettiva.

 

ALBERTO BETTIOL 🇮🇹 (1993) - XDS-Astana

Chiudiamo con Bettiol, ma è più un amo che lanciamo a tifosi e speranzosi. Arriva un’altra primavera in cui su di lui sono più i dubbi che le certezze. Un malanno gli ha fatto perdere la Tirreno, corsa fondamentale per fare la gamba in vista della Sanremo. Alla Milano Torino ha provato a tenere duro, ma Superga oggi è troppo dura per lui. Solita incognita, insomma, ma da lui ci si può aspettare tutto. Che salti sulla Cipressa come che attacchi sul Poggio. Se fosse un match calcistico sarebbe una tripla.


Dispacci dal World Tour #8

Cosa resta della scorsa settimana? La ormai consueta irritazione di dover fare i conti con due corse importanti, prestigiose, come Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico che in alcuni casi sono arrivate praticamente in contemporanea: è qualcosa a cui siamo abituati, ma dà fastidio e quindi trovo doveroso sottolinearlo. Poi il calendario è talmente pieno che una sistemazione differente pare operazione complicata.

Gli americani conquistano Nizza: verrebbe da dire letteralmente ma con l’aria che tira non è il caso. Matteo Jorgenson ha una maglia gialla che luccica come non mai dopo giorni a prendere freddo e pioggia, si lancia sotto il sole a caccia del suo secondo successo consecutivo alla PaNi e non è che siano poi tantissimi prima di lui a fare come lui, alcuni meglio di lui: Kelly (7 successi totali e tutti in fila, record al momento inavvicinabile), Anquetil (5 successi totali, gli ultimi 2 in fila), Merckx (3 successi totali, tutti in fila), Zoetemelk (3 successi totali, 2 in fila), Jalabert (3 totali e tutti in fila), Poulidor (2 successi totali e in fila), Indurain (2 successi totali e in fila), Vinokourov (2 totali in fila), Schachmann (2 totali in fila).

Jorgenson si gettava a caccia, sulla Promenade des Anglais, facendo bene i conti, quanto bastava per conquistare la classifica finale e per non riprendere il connazionale Magnus Sheffield, 23 anni ancora da compiere e che, vincendo la tappa, si regalava il successo più importante della giovane e promettente carriera dopo essersi trovato più volte di fronte a bivi che avrebbe voluto evitare, dopo essere finito in un burrone in una giornata drammatica qualche anno fa, in Svizzera. Dedica il successo proprio a Gino Mäder, caduto con lui in quella maledetta discesa e scomparso in quel 16 giugno del 2023: «Ci sono tante persone che vorrei ringraziare, ma quella più importante a cui dedico questa vittoria è Gino Mäder. Sono due anni che non c’è più e sinceramente non pensavo di riuscire più a vincere nuovamente dopo quello che è successo. Il ciclismo è uno sport così duro dove nulla si può dare per scontato, come nella vita. Voglio solo godermi questa vittoria dopo tantissimi secondi posti». È il suo quarto successo in una carriera da professionista che iniziò alla grande nel 2022: una tappa alla Vuelta Andalucia a inizio stagione, ma soprattutto la Freccia del Brabante. Non aveva ancora vent’anni.

La Ineos, in generale, corre alla grande, sempre all’attacco, porta Arensman sul podio (raddoppiato con Ganna alla Tirreno). Le voci di una possibile fusione (o quello che sarà) con un'altra squadra, oppure l'arrivo di un nuovo sponsor, hanno messo il sale sulla coda dei corridori del team britannico che in un paio di mesi di gare hanno vinto quasi la metà delle corse conquistate nel 2024, ma soprattutto hanno un atteggiamento propositivo, sempre nel vivo della corsa. Una squadra che non è più solamente materiale per tormentoni (Ineos pulling in the peloton), ma attiva e capace di (ri)lanciare i propri corridori - anche Foss e Tarling protagonisti di questa corsa: occhio al giovane inglese nelle prossime settimane al Nord.

Ci sarebbe da aprire un capitolo intero su Jonas Vingegaard ma ci limitiamo solamente a dire quanto sia stata scellerata la decisione della sua squadra di lasciarlo correre dopo la caduta. Ha lamentato vertigini, non riusciva a frenare - in realtà faticava proprio a stare in gruppo - a cosa hanno pensato gli olandesi per non fermarlo in tempo? E l’UCI, quando accadono queste cose, da che parte sta guardando?

Alla Tirreno Adriatico, invece, abbiamo potuto ammirare l’ascesa di Ayuso, ne parliamo anche qui. Il giovane spagnolo si è dimostrato il più forte in salita e primo degli umani a cronometro. Si è difeso nelle tante tappe miste nonostante gli attacchi di Pidcock, van der Poel e Ganna - tutti e tre attaccavano o rispondevano con obiettivi differenti e saranno, insieme a Pogačar e Pedersen (ha disputato una grande Parigi Nizza) i favoriti per la Milano-Sanremo di sabato. Ayuso deve combattere con la continua presenza di Pogačar al quale, per ovvi motivi, viene sempre e continuamente paragonato. Corrono nella stessa squadra e al momento si dividono le corse: in quelle più importanti, ovviamente, si punta al campione del mondo. La presenza di Pogačar è come quella di un fastidioso fantasma che infesta la casa dei sogni di Ayuso: le domande che gli vengono poste in conferenza stampa tendono sempre a virare sullo sloveno. Il paragone per il modo di attaccare e fare il vuoto li accomuna, il palmarès, al momento, neanche lontanamente, ma sono due percorsi di crescita (ed età) differenti. Anche le sensazioni, però, sono diverse: se il campione del mondo affronta tutto col sorriso (pure troppo sorridente a volte, dirà qualcuno), Ayuso appare corridore più cupo, quasi misterioso. Per certi versi scalderà di meno le platee - ma il corridore c'è e arriverà al Giro con la possibilità di essere uomo, se non l'uomo, da battere.

Piccoli antipasti di Giro: Tiberi, terzo e Hindley, quinto, hanno dimostrato una condizione superiore alle loro aspettative, Gee, quarto, invece, conferma uno stato di forma assoluta: riuscirà a mantenerlo fino a fine maggio?

E poi una buona Italia, finalmente, trascinata dai leader del movimento, Ganna (vittoria alla crono e podio finale) e Milan (due vittorie e pure una brutta caduta) che arrivano al momento clou della stagione, quello delle classiche primaverili, supportati da condizione e motivazioni. E hanno ottenuto le risposte che cercavano. E poi c'è Vendrame, vincitore di tappa, di cui abbiamo già parlato settimana scorsa e il sopra citato Tiberi che alla quinta stagione da professionista ottiene il quinto podio in una (breve) corsa a tappe, il più importante in carriera. Ventitré anni, quasi ventiquattro, ora arriva il bello.


Dispacci dal World Tour #7

La Strade Bianche disputata settimana scorsa ci dà l’opportunità per un paio di riflessioni. Stavolta non mi vorrei di nuovo soffermare, per l’ennesima volta, sull’onnipotenza di Tadej Pogačar, quanto piuttosto sulla sudditanza degli avversari (un lapsus: inizialmente avevo scritto “dei suoi compagni di squadra”).

Vero: se uno è più forte è più forte, non è arte, anche se..., ma è sport, agonismo, ci sono numeri che tendono a rimarcare la sua grandezza e Tadej Pogačar è ormai unità di misura dei più grandi di sempre con buona pace di chi fa fatica ad accettarlo. Il ciclismo è uno sport di gambe in cui la testa serve a spingere per elevare lo sforzo e superare alcuni limiti che, fisiologicamente o anche inconsciamente, ci imponiamo. C’è da dire, però, che chi dovrebbe provare a sconfiggerlo è, mentalmente, poca roba - non parlo degli assenti, non di tutti, diciamo - e la competizione sta andando a farsi benedire anche a causa di atteggiamenti da vogliamoci tutti bene che hanno un po’ annacquato l’agonismo.

Spesso si scopre come siano amici fra di loro, si mandano messaggini durante l’inverno e la stagione, addirittura dichiarano di essere uno il mito dell’altro, un esempio massimo da seguire. Io che, a volte, mi sento un cinico bastardo (scusate il termine, ma non saprei come meglio descrivere questo pensiero, tuttavia: pronti alla considerazione nostalgica del secolo?) mi chiedo: dove sei finita sana, cattiva (agonisticamente parlando) rivalità? Avrei preferito vivere, in questa epoca meravigliosa di sfide tra alcuni dei più grandi corridori di sempre, sfide anche verbali, dialettiche, corridori che si stanno sulle palle in corsa e fuori, insomma un po’ di proverbiale ciccia, che, fra strette di mano, abbracci, attese, ringraziamenti, fra un po' baci con la lingua e altre effusioni, si fatica a trovare.

Ci sono stati momenti in cui i belgi si facevano la guerra tra di loro e non entro nel discorso dei dualismi del ciclismo italiano dagli anni 80 a metà dei duemila che già la retorica nostalgica mi sta uscendo dalle orecchie. Avremmo bisogno di sale, aglio, olio, pepe e peperoncino, per magari ogni tanto incrinare la convinzione di chi, in questo momento, è già più forte di diverse spanne. Vero anche che Pidcock in parte c'ha provato, dichiarando che avrebbe fatto di tutto per stare con lo sloveno, e provando a trasformare le parole in fatti.

La seconda considerazione post Strade Bianche riguarda l’eccessivo esaltare (ci sono anche anche io, nel post gara, in questo giochetto) lacrime e sangue, in un ciclismo che, più che sembrare postmoderno, cerca una retorica antica per provare ancora a fare breccia nel cuore degli appassionati. E dunque ecco come si rimarca corridori arrivati al traguardo ricoperti di sangue, si fanno passare i bollettini delle squadre sui feriti come qualcosa che dovrebbe fare bene a questo sport, esaltandone una presunta spettacolarità e superiorità nei confronti di altre discipline (la solita dicotomia calcio-ciclismo, per esempio).

Nel momento in cui scrivo si stanno correndo, ma sono agli sgoccioli, Parigi-Nizza e Tirreno-Adriatico e visto che mancano ancora delle tappe si rischia di essere molto deboli nell'analisi quindi mi limiterò a elencare i vincitori delle tappe con brevi considerazioni: Milan e Merlier vincono in volata, dominandole, praticamente senza avversari in attesa di vederli sfidarsi di nuovo. Sono loro i migliori velocisti al mondo al momento? Sì! è l'unica risposta valida al momento e sono anche accompagnati dai pacchetti da volata di maggiore livello.

Ganna dà spettacolo nella crono alla Tirreno, la Visma, invece, si prende quella a squadre della Parigi Nizza. La domanda sorge spontanea: chi avrebbe vinto se si fossero sfidati il Ganna formato 10 marzo al Lido e la Visma intera alla Parigi-Nizza?

Vingegaard mostra il fianco in Francia ed è forse la notizia più interessante - vedremo, e infatti per questo parlo di debolezza nell'analisi - se mi smentirà a riflessione già uscita. È parso subito chiaro che, nel momento dell'attacco, il danese fosse differente da quello delle ultime stagioni. Ha attaccato e quando si è seduto è parso, anche visivamente, meno straripante del solito, meno macinatore di watt e distacchi, meno annichilitore di speranze altrui. Il vantaggio sugli avversari non prendeva mai una misura tale da metterlo al sicuro fino all'arrivo. Anzi, sul traguardo viene bruciato da Almeida. Certo, è stata una giornata difficile, con pioggia, neve, grandine, poi sole, tappa interrotta per quasi un'ora e perciò la si potrebbe inserire alla voce eccezione. Oppure è il primo segno di qualcos'altro? Chi ha buona memoria, tuttavia, ricorderà come alla Parigi Nizza di due stagioni fa in salita fu staccato, ok, da Pogačar, ma anche da Gaudu.

Alla Tirreno-Adriatico, lo stesso giorno, medesimo scenario: pioggia per tutta la tappa. Cadute (coinvolto anche Milan) e finale con sprint di un gruppo non troppo numeroso e vittoria, bellissima, di Andrea Vendrame. Forse lo scrissi già, ma ho sempre avuto un debole per il corridore veneto, che ha avuto un passato turbolento caratterizzato da un grave incidente in allenamento da Under 23 che rischiò di fargli chiudere lì la carriera e poteva avere anche conseguenze peggiori. Di quell'incidente restano ancora i segni sul volto. Il debole per lui deriva soprattutto per quel capolavoro realizzato nel 2019 quando, in maglia Androni, vinse una delle corse più belle del calendario: il Tro-Bro Léon.


10 nomi da seguire alla Strade Bianche

Alla Strade Bianche 2025 Tadej Pogačar avrà pochi avversari. Ha vinto due delle ultime tre edizioni con un totale di centotrentuno chilometri di fuga, con una settantina farebbe cifra tonda o poco più, con ottanta avrebbe passato in fuga interamente almeno una delle tre Strade Bianche vinte (sì, ok, la terza deve ancora vincerla...) come puntualizza un lettore nel nostro gruppo Telegram.

Pochi avversari, nessun alter ego. Uno può essere proprio lo stesso Pogačar, ma non riesco a pensare come possa andare contro se stesso, non ha mai dato segni di scompenso in tal senso. L’altro avversario, più plausibile, in uno sport dove “può accadere di tutto”, al massimo sarebbe legato a qualche fattore esterno come una caduta, una foratura in un momento chiave, per il resto è difficile immaginare lo sloveno sconfitto in una corsa perfetta per lui sotto ogni punto di vista.

RCS l’ha indurita lo scorso anno, venendo ancora di più incontro alle caratteristiche del campione del mondo in carica e per il 2025 ha aggiunto altri (quasi) 10 km in più di sterrato, anche se, giova ricordare come, andando verso l’arrivo, le "strade bianche" diminuiscano nettamente rispetto alla parte centrale in cui sono assolute protagoniste.

 

Il nuovo percorso della Strade Bianche vede un paio di km in meno totali, un tratto di sterrato in più (il numero 7, si passa dunque da 15 a 16 sezioni) e qualche centinaia di metri in più di dislivello.

 
Gli avversari più credibili non ci sono: van der Poel, scelta tecnico-tattica direbbe un Fabio Capello d'annata, consapevole forse di andare incontro a una sconfitta, pensa ad altri traguardi e, assente della penultima ora, Van Gils, uno dei più accreditati outsider. Gli altri correranno per il secondo posto, lo hanno già, più o meno, affermato. Lo scenario più credibile è l’attesa di un Pogi-show, come e quando vorrà lui e dietro rimescolamenti, caos, magari organizzato, gara al ciapa no dove, via via, usciranno alla distanza i corridori più tagliati per fondo- corsa molto esigente con un finale verso Siena che spacca le gambe - forma, capacità di tenere ai continui su e giù, sia in sterrato che non. Sempre che qualcuno non sia preso dalla voglia di provarci veramente (anticipando, inventandosi qualcosa, magari anche seguire Pogačar con il rischio di saltare per aria e buttare via un buon piazzamento) e non partire battuto, come ha, piuttosto banalmente, ricordato Michael Albasini, uno dei DS della Q36.5, la squadra di Tom Pidcock: «Pogačar è il più forte ed è il favorito, ma se parti sconfitto di testa, lui sarà ancora più imbattibile».

I nomi che possono concorrere al podio sono diversi: da Scaroni a Pidcock, fino a Van Eetvelt, passando per corridori più esperti come Kwiatkowski, Bilbao, Skuijns, Wellens ad altri più giovani come Vacek, Grégoire, Adria Simmons, o magari Hirschi, Madouas, Mohorič, Valter o Healy dovessero salire di colpi rispetto alle prime uscite stagionali.

Le sorprese, però, verso Piazza del Campo, potrebbero non mancare come succede spesso. Ed è proprio su questo che voglio basare i dieci nomi da seguire alla Strade Bianche 2025. Quei corridori meno attesi, meno gettonati, magari più lontani dai riflettori (anche se non tutti lo sono tra quelli che seguiranno) e che potrebbero riuscire a ottenere un piazzamento importante al termine di una corsa che, comunque vada, si attende dura, selettiva, di quelle che rimarrà nelle gambe per diversi giorni. Speriamo anche nella mente degli appassionati, anche se ultimamente, quando Pogačar è in gara, la lotta per la vittoria resta annacquata e si divide tra chi gioisce nel vedere e nel vivere un campione che sta scrivendo la storia di questo sport affiancandosi ai più grandi di sempre e chi invece di tutto ciò è un po' stufo.

 

Ben Tulett 🇬🇧 (2001) - Visma Lease a Bike

Il britannico della Visma Lease a Bike sembrerebbe aver finalmente, dopo stagioni complicate coincise con l’addio all’Alpecin, trovato la retta via e per caratteristiche - guida, esplosività, resistenza - è corridore perfetto in un percorso come la Strade Bianche. Fratellino di Pidcock se ce n’è uno (in realtà ce ne sono due, vedremo a breve).

Filippo Zana 🇮🇹 (1999) - Team Jayco AlUla

Insieme a Scaroni è la carta migliore che abbiamo in casa Italia seppure da segnalare le presenze di Formolo - che qui è sempre andato forte, ma non sembra stare benissimo in questo avvio di stagione - Bettiol, Busatto e De Pretto. Adatto a percorsi mossi e a terreni come quelli della Strade Bianche, Zana ha dichiarato di voler migliorare il 9° posto dello scorso anno. Interessante accadesse perché sarebbe un altra conferma della sua crescita come corridore.

Clément Berthet 🇫🇷 (1997) - Decathlon AG2R

Ci sono più francesi da seguire, ormai è una costante, forse il nome più lontano dai radar è quello di Clement Berthet. Ex biker, tiene bene in salita, corre in una delle squadre più forti del gruppo, può ambire a una top ten facendo gara regolare. Certo, in casa Decathlon si parte in tanti con simili ambizioni: Prodhomme, Tronchon e Labrosse sono tutti nomi che possono chiudere nelle prime 20 posizioni, magari qualcuno di loro anche qualcosa meglio.

Joe Blackmore 🇬🇧 (2003) - IPT

Altro fratellino di Pidcock è Joe Blackmore. Anche lui con un passato nel fuoristrada e per caratteristiche, esplosivo, tiene bene in salite più o meno lunghe, sarà un corridore da tenere d’occhio. È all’esordio assoluto sugli sterrati delle Strade Bianche, ma questo non dovrebbe frenare le sue ambizioni che sono alte e può anche puntare a essere una delle sorprese di giornata.

Alan Hatherly 🇿🇦 (1996) -Team Jayco AlUla

Sarà tutta una scoperta per lui e per la squadra. Nelle sue prime sparate stagionali su strada - AlUla Tour - ha già chiuso davanti a tanti bei corridori. Vero, domani verso Piazza del Campo si troverà a dover gestire un contesto completamente differente e probabilmente sarà chiamato a dare una mano alla squadra, però, se nel caos degli sterrati dovessimo vederlo uscire nelle prime venti, venticinque posizioni non saremmo stupiti. Il dubbio, piuttosto, è sulla distanza, anche se i suoi giurano che diventerà forte anche lì.

Carlos Canal  🇪🇸 (2001) - Movistar

Uno che potrebbe diventare specialista di questa corsa: Carlos Canal, anche se bisogna ammettere come il galiziano forse avrebbe preferito la vecchia versione di Strade Bianche, quella più vicina ai puncheur che agli scalatori. Anche lui, però, con background da crossista e buone doti di fondo, ne può recuperare tanti strada facendo e provare a raggiungere un’ambiziosa top ten

Kévin Vauquelin  🇫🇷 (2001) - Arkéa B&B Hotels

Occhio a Vauquelin che lo scorso anno chiuse a ridosso dei primi 20 all’esordio in questa corsa e che è l’esempio più fulgido a livello mondiale di corridore che migliora di corsa in corsa. A suo agio su certi percorsi, potrebbe pure anticipare e poi tentare di resistere in ottica piazzamento nei primi 10. Alla sua portata.

Louis Barrè 🇫🇷 (2000) - Intermarché Wanty

Tra i corridori più continui di questo inizio di stagione c'è Louis Barrè, corridore completo, capace di andare forte su percorsi vallonati o sulle pietre, di tenere discretamente bene su salite brevi e dotato anche di un discreto spunto. Forse, come tutti quei corridori buoni ovunque, ma forti veramente da nessuna parte, rischia di vincere poco in carriera, ma ciò che importa è che domani alla Strade Bianche possa continuare a mantenere il filotto di risultati in stagione dove non è mai andato peggio che 17°. Da valutare la tenuta: in corse molto lunghe finora non ha mai ottenuto grandi risultati.

Albert Withen Philipsen 🇩🇰 (2006) - Lidl Trek

Menzione d’onore per il più giovane al via che non domani, certo, ma in futuro, sì, potrà tornare su queste strade per vincere. Il danese farà esperienza, aiuterà la squadra e qualsiasi risultato verrà sarà positivo. Tanto il futuro è suo.


Tobias Halland Johannessen 🇳🇴 (1999) - Uno X Mobility

La Uno X è squadra che passa sotto traccia nei pronostici, ma riesce spesso a sorprendere con piazzamenti o persino vittorie anche in corse che contano: l’ultimo esempio è Wærenskjold alla Omloop Niewsublad di settimana scorsa. Potrà essere la giornata di Tobias Halland Johannessen? Chissà. Il più forte dei due gemelli norvegesi sarebbe tagliato perfettamente per un percorso di questo genere avendo anche lui un passato nel ciclocross ed essendo amante di percorsi impegnativi come quello che si presenterà ai corridori nelle prossime ore. Ce lo aspettiamo in fuga mentre magari Cort Nielsen, apparso in grande condizione in questo inizio di stagione, potrà nascondersi nelle pieghe e provare a fare risultato pescando avversari a strascico. Uno dei due nordici in top ten potrebbero essere una scommessa interessante.


Dispacci dal World Tour #6

Tanto tuonò che alla fine non piovve, ma nemmeno una goccia, sia in senso figurato che letterale. Fine settimana asciutto, seppure fresco, in Belgio e che lascia un sapore amarognolo in bocca, senza nulla togliere ai due vincitori di Omloop Nieuwsblad e Kuurne Brussel Kuurne, due signori vincitori: Søren Wærenskjold e Jasper Philipsen. Fine settimana un po’ sotto tono, non era quello che ci aspettavamo, ma spunti ce ne sono stati ugualmente.

Emerge Søren Wærenskjold in tutta la sua forza e (pre)potenza. Quando la sua squadra, la Uno X, alla Omloop, aveva iniziato a prendere in mano la situazione, cosa che fa spesso al Nord, avevamo sentito suonare nella testa il solito ritornello: “belli da vedere nella loro casacca giallorossa, ma ancora non pronti a competere per il successo e a volte fuori tempo. Poi, vuoi mettere con tutti quei nomi che ci sono davanti?”. E invece Søren Wærenskjold, classe 2000 norvegese con un passato importante in tutte le categorie giovanili, dove ha sempre lasciato il segno e un presente che fa il velocista adatto pure alle prove contro il tempo, vince. 14° successo in carriera tra i professionisti, mica male. Primo successo in una corsa in linea del WT. Per fare un confronto con altri talenti, più o meno coetanei, gente come Milan, Ayuso, Skjelmose corse di un giorno nel World Tour non ne ha mai vinte. Girmay, De Lie e Kooij sono a quota una, esattamente come il norvegese.

Cosa sta succedendo a Wout van Aert (e in generale alla Visma)?, squadra apparsa lontana parente di quella che negli ultimi anni ha spesso dominato al Nord, quando van der Poel e Pogačar lo hanno permesso? Succede che è tutta conseguenza di ciò che pare essere in questo momento il proprio leader, che ha poche gambe e poca testa. Wout van Aert ha passato la giornata tra Gent e Ninove a inseguire, a fare buchi, spesso sorpreso in coda al gruppo nelle (poche, per la verità) azioni che i migliori portavano avanti nel tentativo di sgranare o mandare via la fuga giusta. Matteo Jorgenson, al suo esordio stagionale, non è mai parso ispiratissimo, Tiesj Benoot si è incaricato del lavoro sporco, Per Strand Hagenes e Matthew Brennan sono giovani e arriveranno, ma non è questo il loro momento. Qualcuno potrà vedere il bicchiere mezzo pieno ribaltando la chiave di lettura: spesso gli anni scorsi si sono presentati in forma e dominanti all’inizio della Campagna del Nord salvo poi calare alla distanza - anche per via di cadute, malanni, eccetera. Il problema è che in questo week end mancavano Pogačar e van der Poel e queste sono le occasioni in cui non solo raccogliere - d'altra parte vince solo uno - ma anche mostrare qualcosa di buono. Quello che invece ha mostrato la Visma sono i segni di una squadra in difficoltà.

Non che Red Bull, UAE e Lidl abbiano fatto vedere chissà cosa, sia chiaro, ma siamo solo all'inizio. L’UAE Team Emirates pensava di fare la selezione, ha portato una squadra per giocarsela facendo la corsa dura, ma così non è stato: Tim Wellens c’ha messo più cuore che gambe, Jhonatan Narvaez non ha lo smalto di gennaio, ma lo recupererà, Nils Politt si è visto poco e niente, Antonio Morgado sbaglia ancora del tutto i tempi. A questa UAE serve Pogačar anche al Nord, va detto, manco stessimo parlando del campione del mondo e più forte corridore degli ultimi anni.

Oltre al sorprendente successo di Wærenskjold, da sottolineare la bellezza delle prove da parte di uno slovacco e di un ceco, di Lukáš Kubiš e di Mathias Vacek. Il primo è un classe 2000 che se ne esce con un 6° e un 9° posto dal week end in terra belga. Erano le sue prime corse World Tour in carriera e le ha affrontate con la squadra cenerentola del gruppo, la Unibet Tietema Rockets, squadra che conferma ancora una volta la bontà del lavoro di scoperta e reclutamento. Kubiš, facilmente distinguibile per la maglia di campione slovacco, oltre a piazzarsi bene e con disinvoltura in volata è stato sempre tra i migliori sui muri ed era entrato anche nell’azione con (quasi) tutti i migliori che alla Omloop Nieuwsblad pareva potesse andare al traguardo. A proposito di migliore sui muri: Mathias Vacek. Il corridore ceco della Lidl Trek è sicuramente la nota più positiva di un week end che ha visto le grandi squadre del gruppo (UAE, Red Bull, Visma e Lidl Trek) prendere qualche ceffone inaspettato e raccogliere molto meno del previsto - il secondo posto di Kooij è il miglior risultato e arriva alla Kuurne, mentre alla Omloop il miglior piazzamento è di van Aert: 11°. Vacek, tuttavia, è il corridore che desta la migliore impressione sui muri. Vediamo fra qualche settimana fin dove potrà arrivare il classe 2002, quando, con il rientro in corsa di Pogačar, van der Poel e Pedersen e la crescita degli altri avversari, il livello si alzerà.

Jasper Philipsen è un altro che quei muri li affronta davanti e in modo brillante e, visto l’esito delle due corse (3° e 1°), non sembra nemmeno aver perso lo smalto in volata. Ha fatto la gamba all’UAE dove invece aveva subito cocenti sconfitte da Merlier e Milan, prendendosi la rivincita nel momento migliore. A inizio stagione aveva detto come questa sarebbe stata una stagione fondamentale per capire quanto fosse cresciuto nelle corse di un giorno in Belgio. Per il momento tutto ok.

Vorrei parlare dell’Italia, ma c’è veramente poco da dire: Milan è il migliore della due giorni (6° alla KBK), Trentin è il solito, sempre presente nelle azioni salienti,  Albanese desta una buona impressione su pietre e strappetti. Il resto è notte fonda, ma è un buio a cui, salvo eccezioni, ci stiamo ormai abituando.

Foto: Sprint Cycling Agency


Dieci nomi da seguire alla Omloop Het Nieuwsblad e alla Kuurne Brussel Kuurne

Inizia come un lampo.  Arriva quel momento della stagione tanto atteso e che potremmo sintetizzare in quattro semplici parole da brivido: le corse del Nord. Arriva, con odore di fritto e rumore di brusche frenate, il fine settimana di apertura, ormai tradizionale. Dal Belgio: Omloop Het Nieuwsblad, sabato 1 marzo, e Kuurne Brussel Kuurne, domenica 2 marzo. Lo chiamano: "The Opening Weekend", per dargli un tono.

Abbiamo scelto per voi dieci nomi da seguire, cinque per corsa, cercando però valide alternative a quelli che saranno i favoriti e anche a gli outsider più quotati. Non sono per forza corridori che vedremo alla fine lottare per la vittoria, ma sicuramente profili interessanti per le due tipologia di gara.

OHN - Matthew Brennan 🇬🇧 (2005) - Visma Lease a Bike

Esordio al Nord per il britannico classe 2005, il più giovane in assoluto al via. Farlo con una squadra faro di queste corse, la Visma, vincitrice delle ultime tre edizioni, significa che nei Paesi Bassi credono tantissimo nel van Aert del nord dell’Inghilterra. Farà esperienza, ma occhio a porre limiti a un corridore così veloce e resistente.

 

OHN - Laurenz Rex 🇧🇪 (1999) - Intermarché-Wanty

La sua squadra non è partita fortissimo a eccezione di Barrè ed è, insieme all’Alpecin, l’ultima WT rimasta ancora a secco di vittorie. Mancherà Bini Girmay, capitano designato alla vigilia su queste strade, al momento in breve vacanza per la nascita del figlio e allora la responsabilità peserà sulle spalle - grosse - di Laurenz Rex numero due della squadra belga al Nord. Veloce, nome fuori dai radar. Outsider di qualità soprattutto in caso di piazzamento da dietro in uno sprint ristretto.

 

OHN - Dries Van Gestel 🇧🇪 (1994) - Soudal-Quick Step

Corridore solido, quasi granitico, dal piazzamento assicurato, ma che prova il salto di qualità anche nei risultati dopo averlo fatto nella sua carriera passando in estate da Total a Soudal, da una Professional al World Tour. Veloce, adatto a queste corse anche per il modo che ha di correre sempre davanti nelle fase cruciali, Van Gestel è uno dei corridori dai quali prova a ripartire una squadra un tempo riferimento al Nord, ora alla ricerca di certezze smarrite.

 

OHN - Fred Wright 🇬🇧 (1999) - Bahrain-Victorious

Anche se Fred Wright predilige probabilmente corse di maggiore durata, il fatto di essere partito forte in stagione deve far drizzare le antenne ai suoi avversari che marcheranno perlopiù Mohoric ed è per questo che il britannico potrebbe approfittarne. Anche Wright come altri citati qui è dotato di spunto veloce e quindi potrà nascondersi - anche se a lui non dispiace anticipare - per poi spuntare quando conta per un buon piazzamento finale.

 

OHN - Rick Pluimers 🇳🇱 (2000) - Tudor Pro Cycling Team

Tra i nomi scelti per la OHN quello di Pluimers è forse il meno conosciuto, ma anche l’unico che ha già alzato le braccia al cielo in stagione. L’olandese della Tudor, cresciuto nella Jumbo, è corridore che può andare forte sia sulle pietre che nelle classiche vallonate, ma con una costante: è veloce e scaltro. La Tudor quest’anno punta molto (anche) su di lui per la classiche del Nord. mica male se l’investimento te lo dà Cancellara.

 

KBK- Milan Fretin 🇧🇪 (2001) - Cofidis

Lo attendevamo tra le rivelazioni allo sprint di questa stagione e l’inizio è stato confortante. Ora per Milan Fretin il compito è provare a mantenere ciò che di buono sta dimostrando anche nelle semi classiche del Belgio che paiono curcite su misura su di lui. Alla KBK trova avversari di grande spicco, ma è questo il modo che si ha per crescere.

 

KBK- Marijn van den Berg 🇳🇱 (1999) - EF Education-EasyPost

A fari spenti il corridore olandese punta alle gare dell’Opening Week end non disdegnando eventualmente una corsa anche selettiva. EF non è partita col botto, ma lui è sempre davanti quando c’è da sgomitare, può piazzarsi in volata e sa restare a galla anche con un gruppo ristretto. Occhio a lui da qui in avanti.

 

KBK - Taco van der Hoorn 🇳🇱  (1993) - Intermarché-Wanty

Poche certezze in una corsa difficile da interpretare come la KBK, una di queste è che la presenza di Taco van der Hoorn significa una sola cosa: lo vedremo all’attacco. Vista la capacità di rendere concreti all’arrivo, spesso e volentieri, i suoi tentativi, un consiglio ai chi pedala e vuole evitare lo sprint: nel caso, seguitelo.

 

KBK - Jakob Söderqvist 🇸🇪 (2003) - Lidl-Trek

Non è il più giovane al via, ma è di certo uno dei meno esperti. Non sarà il favorito, né il capitano della sua squadra - c’è Milan - ma è di certo uno dei più in forma. Il profilo di Jakob Söderqvist è uno dei più interessanti da seguire da domenica agli anni che arriveranno al Nord perché potrebbe riscrivere la storia del ciclismo svedese rinverdendo i fasti di un certo Magnus Bäckstedt.

 

KBK - Rasmus Søjberg Pedersen 🇩🇰 (2002) - Decathlon AG2R-La Mondiale

Altro uomo del Nord giovane, non giovanissimo, ma da seguire con estremo interesse. Rasmus Pedersen non ha la potenza in pianura di Söderqvist, non ha l’esperienza del più illustre omonimo Mads, ma è corridore che sembra fatto appositamente per questo tipo di corse. Veloce, si muove bene in gruppo, tiene sugli strappi brevi, ma ripidi, negli anni sta maturando una certa esperienza di corse all’ultimo sangue in Francia. Corre in una delle squadre più in forma del gruppo e avrà anche una certa libertà nel fare la sua corsa.


Dispacci dal World Tour #5

La settimana del World Tour riparte dall’UAE Tour e dall’UAE Team Emirates, in particolar modo dal numero uno al mondo, Tadej Pogačar, numero uno di fatto, di maglia e a fine corsa:  vince due tappe su due con arrivo in salita e conquista la classifica finale. Non si limiterà a controllare o vincere, ma stravincerà. Dà spettacolo anche quando calca la mano, forse un po’ troppo: attacca in pianura in una tappa a cui lui non avrebbe dovuto chiedere nulla perché nulla avrebbe dovuto ricevere in cambio. Una tappa piatta in mezzo al niente. Però, si sa, è fatto così: «avevo fatto una scommessa con Florian Vermeersch, mio compagno di squadra - ha raccontato al termine della quinta giornata, su sette, di gara - qualora avessi vinto la tappa lui si sarebbe tatuato il suo soprannome».

C’è una scena particolare che resta sempre da quel giorno ed è il momento in cui il gruppetto in fuga (dentro oltre a Pogačar e al solito mix italo-centroamericano formato da corridori di Vf Group Bardiani e Solution Tech, ci sono anche van Eetvelt e Langellotti, uomini di classifica, e Novak compagno di squadra dello sloveno campione del mondo) incrocia da una carreggiata all’altra il gruppo inseguitore e Novak saluta con gesto di scherno. Hybris o goliardia fate voi, in gruppo rispondono sottintendendo, platealmente, “ci vediamo dopo!”. Chissà come sarà andata nel dietro le quinte di quello show. Fatto sta che una volta ripresi il finale sarà un caos tra cadute prima e durante la volata e persino dopo il traguardo, con Merlier, vincitore, che si ribalta, inscenando un virtuoso treesessanta non riuscito del tutto, nel tentativo di evitare un cameraman, rischiando di farsi molto male, seriamente male.

Altro momento della corsa lo regala Jonathan Milan che vince due volate in modi totalmente differenti. La prima nella tappa d’apertura con arrivo in leggera salita, partendo da lontano, sfruttando i rilanci altrui e offrendo una progressione e una resistenza che ha visto finora pochi eguali in sprint di gruppo. Una delle sue volate più belle… fino a due giorni dopo, quando, sulla linea del traguardo, batte Tim Merlier e Jasper Philipsen. Prove generali di Tour de France, dove i tre più forti sprinter al mondo si ritroveranno a giocarsi l’ambito appellativo. Al momento non ci vergogniamo a sbilanciarci e sostenere che, forse, il corridore friulano ha qualcosa in più degli altri, a partire dai margini dati dall'età. La volata è stata un compendio di meraviglie dello sprint: Simone Consonni pilota Milan partendo come una pallottola e permettendo al suo compagno, anche di nazionale su pista, di iniziare il suo sprint in testa. Milan parte alla pari con Welsford: l’italiano vincerà, l'australiano chiuderà 17°, questo a simboleggiare lo strapotere milaniano. Bert Van Lerberghe trascina fuori Merlier dal pantano della venticinquesima, trentesima posizione, lasciandolo a ruota di Milan nel momento più opportuno, Jasper Philipsen si muove col solo Robbe Ghys in aiuto e i tre riusciranno a regalarci uno sprint ricco di classe, velocità, esplosività, potenza, magnetismo. Vero che gli sprint fanno paura, ma con quei tre sanno essere anche un grande divertimento.

Poi, certo, non vogliamo peccare di partigianeria e va detto come Merlier pareggi i conti a fine corsa sul 2-2, vincendo tappa 5 e tappa 6, inventandosi un’azione d’anticipo strepitosa tutta da rivedere, partendo dalla quindicesima posizione e vincendo per distacco, azione da lasciare a bocca aperta e che finisce dritta dritta nell'immaginario libro dei migliori ricordi della stagione che tutti pensiamo di compilare e completare quando siamo ancora a febbraio.

Due parole per uno che più giovanissimo non è ma che sembra aver maturato la giusta intenzione: Giulio Ciccone è nella dimensione di chi si può giocare le grandi corse e qui lo ha dimostrato, mostrando persino miglioramenti a cronometro. Peccato sia nell'epoca dei fenomeni, ma quando ne avrà l'occasione (ovvero le assenze di quelli lì) dovrà coglierla, magari al Giro.

E applausi finali per due corridori ancora acerbi: Ivan Romeo che cresce, ne abbiamo già parlato e visto che è giovane lo diciamo come direbbe la sua generazione: gasa. Chiude quarto la classifica generale conquistando la maglia di miglior giovane. Joshua Tarling che vince la cronometro, settima vittoria tra i professionisti, seconda nel World Tour per un ragazzo che ha compiuto 21 anni dieci giorni fa esatti. Tarling ha tenuto per diversi giorni la maglia bianca e ha provato anche a resistere in salita. Occhio a lui nelle classiche del Nord perché è completo e ha il profilo giusto.


Dispacci dal World Tour #4

Ancora niente World Tour, ma, nella settimana in cui è passato San Valentino, siamo qui a parlare di amore: Egan Bernal e Ivan Romeo,  c'è pure assonanza.

Egan Bernal tornato alla vittoria è un fatto tutt'altro che banale ed è quello che ci interessa. Quando taglia il traguardo nella prova in linea del campionate nazionale colombiano si lascia andare e mima con le mani, gesticolando, il cuore. Forse dedicato a qualcuno oppure gli sarà venuto fuori così, in un impeto d'amore e passione; forse non importa perché a volte ci sono delle vittorie che hanno un sapore diverso a seconda di chi le ottiene e da come arrivano.

A Egan Bernal abbiamo imparato a volere bene, da subito. Abbiamo studiato il suo passato, da dove arriva. La sua storia la conosciamo e l'abbiamo raccontata in diverse salse. Lo abbiamo tifato, al Giro d'Italia del 2021, quando vinse, senza stravincere,  perché già quella volta subentrarono gli scricchiolii alla schiena che ne hanno condizionato una buona parte di carriera. Abbiamo tutti negli occhi l'immagine di Daniel Felipe Martinez che lo sprona in un momento di difficoltà, sembrò affondare e invece restò a galla. Quel Giro d'Italia fu la sua ultima vittoria per anni. Bernal che, quando iniziò a farsi vedere nel 2018 sembrava destinato a dominare, ma il futuro non è mai una pagina scritta ben chiara. A volte quell'inchiostro è come uno scherzo che tende a consumarsi, a scomparire.

Nessuno avrebbe mai immaginato le pieghe che avrebbe preso la sua vita, quell'incidente nel gennaio del 2022 che poteva cancellarlo via per sempre e poi rischiò di spezzarne la carriera. Si è rimesso e tempo ce ne ha messo per ritornare ad alzare le braccia al cielo. Parafrasando Orwell, ci sono vittorie e vittorie e questa è più vittoria di altre - ci sia perdonata la formuletta semplice semplice.

E siccome si parla d'amore non potevamo che omaggiare il suo ritorno al successo 1347 giorni dopo quella volta al Giro d'Italia. Ha conquistato il titolo nazionale a cronometro, vincendo poi, due giorni dopo, anche la prova in linea, su un tracciato impegnativo, come sono sempre impegnativi i tracciati che si trovano in Colombia, 237 km che non davano scampo. Se n'è andato nel finale con Diego Camargo - dopo un grande lavoro dell'amico e compagno di squadra Rivera. Ha staccato Camargo e ha vinto, ha mostrato il cuore, ci ha fatto gioire, e all'improvviso, così pare, lo vedremo al Giro. La scelta è quella giusta, non per nostro egoismo, ma per Bernal: tornare competitivo e mostrarlo al Giro è un conto, andare al macello al Tour è un altro.

Lo ritroveremo dalle prossime gare riconoscibilissimo con la maglia di campione colombiano: un regalo che si è fatto, che ci ha fatto, che ha fatto alla sua famiglia, a Ronald, suo fratello, che lo ha applaudito commosso sotto il palco. Come accadeva 6 anni fa al Tour. Lo rivedremo alla Strade Bianche dove ci fece ammattire nel 2021 in quella che fu una fuga con tutto il meglio del ciclismo e che a vederla oggi sembra il prologo di ciò che sarebbe avvenuto gli anni dopo, quasi un manifesto o un teorema.

Sarà presente nelle prossime settimane alla Tirreno-Adriatico: si testerà sui 9.9 km della cronometro. Come ha raccontato di recente il suo allenatore, il suo rendimento in una prova contro il tempo e con atleti di alto livello sarà il termometro di come sta veramente Bernal. Lì non si potrà mentire.

Abbiamo accennato che, in una puntata in cui si parla d'amore, non potevamo esimerci dal nominare Ivan Romeo. Il campione del mondo tra gli Under 23, vincitore anche di una bella tappa al Tour de l'Avenir, oltre al nome che richiama romantiche tradizioni, è uno spilungone che va forte ovunque e comunque come successo di recente in una tappa della Volta Comunitat Valenciana. Di solito gli piace andare all'attacco scrollandosi di dosso la compagnia altrui. Più che un egoista è un solitario, uno che probabilmente farebbe il guardiano del faro, vivessimo in un'altra epoca. Ama la fuga, ama la montagna, ama la cronometro, ama le azioni da lontano, ma anche quelle in prossimità del traguardo: gli basta sentire un ronzio nella testa e un prurito nelle cosce e se ci aggiungi un cavalcavia lui parte e va. Noi lo amiamo già. Anzi li amiamo. Forza Romeo, forza Bernal.


Dispacci dal World Tour #3

Prima di ripartire dal medio oriente (dal 17 febbraio con l'UAE Tour, quel giorno farà anche l'esordio stagionale Pogačar) il World Tour scrive l'ultimo capitolo del racconto australiano della stagione 2025, una lunga premessa ai discorsi che si svilupperanno lungo l'arco della stagione. Gli spunti sono rimasti soltanto abbozzati, ciò che abbiamo visto al Tour Down Under non è stato rivelatorio per la Cadel Evans Great Ocean Road Race (le corse cambiano nome, molto spesso e in realtà non ho capito se si chiama ufficialmente ancora così, ma credo possa andare bene lo stesso), che piaccia o no, la prima corsa di un giorno del massimo calendario mondiale del ciclismo maschile. In una giornata caldissima e selettiva ne esce fuori Mauro Schmid avvezzo alle montagne russe in fatto di continuità, che si lasciò male qualche stagione fa con la Quick Step entrando anche lui nel lungo elenco di corridori svergognati da Lefevere a mezzo stampa nei tanti anni in cui l'ex Team Manager belga, andato in pensione quest'anno, ha usato i microfoni nel tentativo da una parte di stimolare, dall'altra di screditare il lavoro dei suoi corridori.

Fatto sta che Schmid è un mastino, gli manca la continuità, ma nonostante tutto si sta costruendo una bella carriera, considerando la giovane età (25 anni) e i diversi periodi persi tra infortuni, lo scorso anno, separazioni improvvise (per l'appunto con la Quick Step) o momenti complicati (vedi la chiusura della Qhubeka nel 2021). Ha vinto una tappa al Giro, primo successo in carriera da professionista, una vittoria tutt'altro che semplice a dimostrazione della sua duttilità: sua la tappa degli sterrati di Montalcino, dominando in uno sprint a due Covi, dopo una lunga fuga. Ha vinto tre brevi corse a tappe: nel 2022 il Giro del Belgio, nel 2023 la Coppi & Bartali, nel 2024 il Giro di Slovacchia. Va forte a cronometro, si difende nelle salite brevi, è veloce, si esalta con condizioni di meteo complicate. Corridore trasversale, che dove lo metti sta, alla costante ricerca di quel risultato che lo possa proiettare ai vertici assoluti.

Sono state difficile le condizioni con cui è andato a vincere alla Cadel Evans Road Race, prima corsa di un giorno vinta a parte il campionato svizzero lo scorso anno: avverse per il grande caldo che lui non teme e difatti è emerso, grazie anche all'aiuto di una squadra che, perso Plapp (ne avrà per un po' causa operazione a un polso), ha puntato tutto su di lui che ha potuto contare sull'aiuto di Harper e Durbridge, ancora una volta tra i migliori gregari al mondo. E puntare su Schmid alla fine è valso un successo "in casa" importante, dopo un Tour Down Under più complicato del previsto per la squadra di matrice australiana al momento sponsorizzata da un distretto saudita che vuole promuovere il turismo in quella zona. Schmid, sfruttando anche l'immenso lavoro di Harper, anticipa, infila e precede un gruppetto molto ben assortito che nell'ordine gli finisce dietro così: Aaron Gate, Laurence Pithie, Javier Romo, Andrea Bagioli, Corbin Strong, Magnus Sheffield, Remy Rochas, Oscar Onley.

C'entra solo in parte con il World Tour, ma spendo due parole sul ritiro dall'attività agonistica di Karel Vacek, avvenuto nei giorni in cui suo fratello Mathias continua a progredire in maglia Lidl Trek facendo presagire sempre di più un futuro da grandissimo corridore, sia come uomo squadra che come capitano su diversi terreni (in particolare le gare di un giorno). Karel Vacek annuncia il ritiro e da un punto di vista strettamente agonistico o riflessioni riguardanti i risultati ottenuti ne lascia pochi, da professionista un solo momento brillante, tra l'altro venuto fuori in una delle più brutte tappe della storia del Giro d'Italia, ovvero quella del Gran Sasso nel 2023 quando il gruppo dei migliori quasi scioperò lasciando alla fuga la possibilità di giocarsi il successo. Lui arrivò secondo battuto da Davide Bais.

Karel Vacek condivide con pochi altri un singolare primato, ovvero quello dell'aver relegato Remco Evenepoel al secondo posto in una corsa del 2018. Anzi lui ha fatto meglio perché c’è riuscito due volte, come nessun altro e all'epoca prometteva di diventare un buonissimo corridore - non di certo un talento generazionale, sia chiaro. Questo, anche per farci capire come le cose possono cambiare quando si va forti nelle categorie giovanili: non sempre si riescono a mantenere le promesse e l'elenco è infinito anche a partire da i nomi che arriveranno a breve.

Vacek vinse davanti a Evenepoel la quinta tappa della Course de la Paix Juniors un arrivo in salita in cui relegò allo sprint, oltre a Evenepoel, Tiberi, il norvegese Aasheim e Samuele Rubino. Anche questi ultimi due non hanno avuto poi molta fortuna nel ciclismo finendo uno per ritrarsi nel 2021 e l'altro al termine della scorsa stagione. Vacek di nuovo finì davanti a Remco poche settimane dopo nella crono del Lunigiana.

Gli altri corridori con cui condivide questa statistica il buon Karel Vacek: Luca de Meester (ovvero Luca il Maestro), era il Trofeo Serge Baguet di Sint Maria Lierde. Dopo essere stato all'attacco tutto il giorno, de Meester vinse lo sprint a tre contro Remco e Vandenabeele. Oggi de Meester corre con la Wagner Bazin e insegue il primo successo tra i professionisti.

Joe Laverick nel prologo della  Ster van Zuid-Limburg, stesso tempo di Remco, vinse per una questione di centesimi. Oggi Laverick, che è stata una buona promessa del ciclismo britannico e internazionale, fa il giornalista.

Søren Wærenskjold, di nuovo a cronometro, e di nuovo per un'incollatura, stavolta non sono centesimi ma un secondo: il norvegese, che tutti conosciamo perché va forte sia come velocista, che come specialista delle crono brevi e come pesce pilota, lo superò nella seconda tappa del Trophée Morbihan - Remco poi vinse la classifica finale davanti ad Andrea Piccolo.

Bini Girmay alla Aubel Stavelot Juniors superò Evenepoel allo sprint dopo che i due avevano anticipato il gruppo partendo lontani dal traguardo. Evenepoel quel giorno indossava la maglia da campione europeo ed era grande favorito, Girmay era ancora uno sconosciuto che correva con la maglia del Centre Mondial du Cyclisme. Bini è stato anche il primo classe 2000 a imporsi in una gara tra i professionisti (23 gennaio 2019) anticipando di qualche mese proprio Evenepoel.

Infine Fredrik Thomsen, danese, il quale, sempre alla Aubel Stavelot Juniors, si prese il lusso di battere Evenepoel in uno sprint a due dopo una tappa dura e ricca di salitelle che decise la classifica finale, vinta da Evenepoel. La carriera del danese durò poco: dopo qualche apparizione tra i dilettanti, esclusivamente in corse di casa sua, si ritira nel 2023.