Quanto è cambiato Mathieu van der Poel

Mathieu van der Poel ha compiuto 29 anni a gennaio e da pochi giorni ha conquistato il suo terzo Giro delle Fiandre in sei partecipazioni, ottenendo come peggior risultato il quarto posto nel 2019 e salendo sul podio per cinque edizioni consecutive dal 2020 al 2024. L’olandese, nel 2019, era ufficialmente un neo professionista e quindi all’esordio nella “sua” corsa, quella che più di ogni altra sembra fatta apposta per esaltare le sue doti da equilibrista, l’esplosività, la resistenza, la velocità, oppure una delle cose che sin da quando era ragazzino amava più di tutte: correre faccia al vento. Era all’esordio e nonostante ciò era considerato uno dei grandi favoriti per la vittoria, per Tom Boonen, per Patrick Lefevere e per Roger De Vlaeminck, tanto per citare qualche nome che si espresse alla vigilia. Per il suo compagno di squadra, all’epoca, Stijn Devolder, che, oltre ad aver vinto un paio di Fiandre, aveva corso sia con Cancellara che con Boonen, era il più grande talento mai visto con i propri occhi.

Van der Poel in azione nel finale al suo primo Giro delle Fiandre: chiuderà 4° - Foto Luca Bettini/BettiniPhoto©2019

Van der Poel quella volta, però, tenne fede, più che ai pronostici, a quel suo modo un po’ naïf di interpretare le corse e che fino a un po’ di tempo fa pareva marchio di fabbrica: si dilettò nel provare ad auto sabotarsi rischiando l'osso del collo per saltare un marciapiede con la bici, finendo per rompere una ruota, cadere e inseguire il gruppo in un momento caldo della gara e restando appannato sull’attacco vincente di Alberto Bettiol.

Quanto è cambiato da quella volta? In realtà nemmeno molto, mi spiego, il suo è semplicemente un processo evolutivo naturale per un corridore considerato a tutti gli effetti, già quando muoveva i primi passi tra gli allievi, uno dei futuri dominatori del ciclismo di ogni tipo, almeno quello praticato da lui: ad esempio, parlando di ciclocross, emblematica la stagione 2010/11 quando si laureò campione nazionale allievi. Quel successo fu il ventiduesimo su ventidue gare disputate. Lasciare le briciole agli altri, fare filotti inimmaginabili diventerà un altro dei suoi modi di imporsi all’attenzione di tifosi, media e avversari. Sia tra gli junior che tra gli élite manterrà un ruolino di marcia impensabile e difficilmente battibile fino a quando, in futuro, non uscirà fuori un altro fuoriclasse di queste dimensioni.

A Tabor, 2015, Mathieu van der Poel, pochi giorni dopo aver compiuto vent'anni, conquista il suo 1° titolo mondiale nel ciclocross tra gli élite, il suo 4° in carriera (dopo i 3 fra gli juniores, due su strada e uno sul fango) - Foto Anton Vos/CV/BettiniPhoto©2015

Mathieu van der Poel, da quando ha iniziato a pedalare seriamente, quindi non valgono i racconti fatti su di lui da nonno Poulidor che ne preconizzava un futuro da campione o di papà Adri che se lo portava dietro alle gare di ciclocross quando a malapena Mathieu camminava, ha subito mostrato di avere qualcosa in più. Già quattordici, quindici anni fa in Belgio e in Olanda si parlava di lui come di quel campione che è poi diventato: aveva le stimmate, si diceva, la testa sulle spalle (“è un ragazzo che ama la bici, ma non si finisce negli allenamenti perché prima vuole finire gli studi”): è vero, spesso sono epiteti che si sprecano un po' a caso, ma chi ha seguito l’evoluzione del suo percorso o anche chi, semplicemente, in questi mesi si fosse approcciato alla materia, troverebbe in giro tracce eloquenti lasciate dal giovane van der Poel. Tracce che avrebbero fatto presagire il suo futuro, che è ora suo il presente.

C’ha messo poco a farsi capire: vincente in tutte le categorie sia su strada che nel cross, amore che non ha mai abbandonato -ha vinto 8 titoli iridati sommando tutte le categorie-, da quando è passato professionista ogni gara con lui presente è un'attesa. Negli ultimi dieci o quindici, forse anche vent'anni pochi corridori sono stati preceduti da simile fama e aspettative. Pochi, forse solo uno: Remco Evenepoel.

Amstel Gold Race 2019: poche setttimane dopo la Dwars door Vlaanderen, van der Poel vince in modo rocambolesco l'Amstel Gold Race- Foto Dion Kerckhoffst/CV/BettiniPhoto©2019

Ha limato i suoi difetti - gli attacchi scriteriati - ora quando attacca è perché si sente, lo è, il più forte. Quando vinse l’Amstel Gold Race, nel 2019, aveva da poco conquistato pure la Dwars door Vlaanderen: in quelle settimane capimmo come, dopo averlo atteso, fosse sbocciato. Era evidente come quella vittoria in Olanda sarebbe stata solo la prima di una lunga serie e che anzi, da lì in poi avrebbe provato a correre meno rischi nel conquistare i suoi successi più importanti. L’Amstel di quell’anno, tanto assurda quanto spettacolare nel suo epilogo, gli fu consegnata da un suicidio tattico dei fuggitivi, quella volata finale è spesso rimasta nell’immaginario dei tifosi come uno dei numeri più vanderpoeliani di sempre, ma in realtà ogni sua vittoria diventerà vanderpoeliana: spettacolare, veloce, fatta di fondo e di forza, di esplosività e numeri record di ogni genere: dalle punte di watt alla resistenza in avanscoperta. Come ha vinto Strade Bianche o Milano Sanremo: facendo esplodere gli avversari nel finale; come ha vinto il mondiale di Glasgow o l’ultimo Fiandre: resistendo ai tentativi di cottura a fuoco lento dei suoi avversari e poi annichilendoli, lasciandoli sul posto, rimanendo solo al vento per un tempo abbondante.

Quando vinse l’Amstel si capì benissimo cosa sarebbe diventato: un autentico bastonatore di avversari. Di lì in poi ci sono stati momenti che ne hanno costruito il bagaglio tecnico e che lo hanno aiutato a capire dove avrebbe dovuto migliorare. Ci sono state le crisi - fame e freddo al Mondiale ad Harrogate - gli attacchi folli che ci hanno fatto innamorare di lui - Castelletto alla Tirreno - attacco vincente ma che gli costò in termini di energie la Sanremo successiva; c’è la sua unica partecipazione al Giro che ancora la ricordiamo: accendevi la tv e te lo trovavi già in fuga dal mattino. Ci sono stati episodi spiacevoli come quelli alla vigilia del mondiale australiano, arrestato e poi rilasciato dopo alcuni problemi con dei vicini rumorosi.

E3 Saxo Classic 2024 - 66th Edition - Harelbeke - Harelbeke 207,3 km - 22/03/2024 - Mathieu Van Der Poel (NED - Alpecin - Deceuninck) - Jasper Stuyven (BEL - Lidl - Trek) - Wout Van Aert (BEL - Team Visma - Lease a Bike) - photo Ivan Benedetto/SprintCyclingAgency©2024

Anche in conseguenza di alcuni problemi fisici che ne hanno rischiato di compromettere la carriera, negli ultimi due anni è maturato, tatticamente, mentalmente, appare più riflessivo e deciso, sa quello che vuole. Freddy Ovett, star di Zwift, amico e compagno di allenamento di van der Poel dice di vederlo, in questo periodo, sereno, allegro, felice: questo gli permette di arrivare a ogni corsa consapevole di essere superiore alla concorrenza, coscienza che stimola poi una realtà effettiva che aumenta quando mancano Pogačar e van Aert, o con un Pedersen non al meglio (tutti e tre hanno saputo batterlo in corse importanti, anche di recente), di sapere sempre quale sia il momento giusto per affondare il colpo. La squadra, aspetto importante, è cresciuta ed è costruita a sua immagine e somiglianza; fondo ed esplosività non gli sono mai mancati: da quando ha iniziato a vincere tutto sembra non volersi fermare più.

Van der Poel è, attualmente, il corridore più fiammingo che ci sia, con buona pace di quelle brutte persone che gli lanciavano birra mescolata a buu di sdegno, lungo il passaggio sull’Oude Kwaremont e il Paterberg o di chi ancora getta ombre o di chi si chiede come sia possibile dominare in questa maniera un certo tipo di gare: van der Poel è una spanna superiore a tutti. Semplicemente.

Domenica, alla Roubaix, vorrebbe essere il primo corridore non belga di passaporto - lui è nato in Belgio, ma è olandese - né svizzero, a vincere nello stesso anno le due più importanti corse del calendario - insieme a Tour e Mondiale - ovvero Fiandre e Roubaix, una doppietta riuscita a pochi e nemmeno a tutti i più grandi. Suiter, svizzero, nel 1923, fu il primo, Cancellara, svizzero, l’ultimo, due volte: 2010 e 2013. In mezzo solo belgi: Gijssels nel 1932, Rebry nel 1934, Impanis 1954, De Bruyne 1957, Van Looy 1962, De Vlaeminck 1977, van Petegem 2003, Boonen 2005 e 2012. Non sarà facile, guarderà anche in casa per trovare l'avversario più temibile, ma sulla carta è lui il più veloce di tutti.

 


Un lungo viaggio: intervista a Elisa Longo Borghini

«Forse, dall'esterno, non si è capito molto quanto abbia sofferto nell'ultimo anno. Non è facile comprenderlo fino in fondo e non è nemmeno facile spiegarlo». Il telefono di Elisa Longo Borghini squilla nella stanza di un albergo vicino a Waregem: è quel periodo dell'anno in cui le strade delle cicliste e dei ciclisti sono quelle di freddo, pietre, muri, vento e inverno del Nord, che, anche a fine marzo, fatica a mollare la presa. Un viaggio, alla fine questo è il ciclismo nelle sue trasferte e nei suoi bagagli. La trentaduenne di Ornavasso parla di questo viaggio e lo assimila ad un altro che ha mappe e cartine differenti: «Il ritorno a quella che ero è stato un viaggio interiore che pareva non finire mai, una meta che non arrivava nonostante la cercassi. Non ero preparata a tutta questa sofferenza: stop forzati, infortuni, malattie e al Tour de France quella setticemia di cui, ancora oggi, mi chiedo le cause. Tutte volte in cui provavo a prepararmi, in cui pensavo di farcela, il mio corpo mi diceva un no secco. Non era pronto agli sforzi che una carriera professionistica comporta, non era mai pronto. Ad un certo punto, ho dovuto lasciare la bicicletta completamente da parte».

I pensieri si riannodano, sembra un flusso di coscienza in cui ogni passaggio costruisce il passaggio successivo, come quando si riflette molto su ciò che accade, cercando di riordinarlo e di dargli un senso affinché non sia inutile. Elisa Longo Borghini lo ha fatto anche con le esperienze più piccole di quei giorni lontana dalla bicicletta: quella mattinata in cui suo padre aveva avuto un piccola indisposizione e lei e suo fratello Paolo, nella stalla, l'avevano aiutato a mungere una mucca e a prendersi cura del vitellino. Aveva pensato che la vita vera fosse un'altra, che «quando ti alzi al mattino e sai di dover spalare letame tutto il giorno è dura», eppure era stata felice con tutto quel dolore che sembrava essersi quietato, nascosto in qualche angolo, meno ingombrante in quegli istanti in cui condivideva un gesto semplice con il fratello. Sì, il 2023 è stato un anno difficile, ma, allo stesso tempo, fuori dal ciclismo, pieno di cose belle, importanti: il matrimonio con Jacopo Mosca, essere diventata moglie, poter chiamare Jacopo "marito", quel giorno, le energie buone che ha dedicato a quel pensiero, la quotidianità e tutto quel che ne deriva. Ed ancora le ore ed i giorni con i suoi nipoti, come fanno le zie, come spesso una ciclista non può fare. Tutti i pensieri sono necessari per salvare e custodire il bello, per riconoscerselo ed esserne fieri, pur nelle difficoltà.

Strade Bianche Women 2024 - Elisa Longo Borghini - Foto Tommaso Pelagalli/SprintCyclingAgency©2024

Poi arrivava il giorno in cui risaliva in bicicletta, magari dopo aver parlato con Paolo Slongo, il suo preparatore: «Mi raccomandava di pedalare tranquilla, di guardarmi intorno, di tornare a godermi anche il paesaggio e di avere pazienza. Io, dopo qualche chilometro in sella, gli telefonavo: "Paolo, sto facendo come dici tu, ma non può funzionare. Vado troppo piano, non riuscirò mai a tornare quella di prima, è impossibile" . Allora, lui riprendeva a tranquillizzarmi: "Non avere fretta, cerca di volere bene al tuo corpo, ai tuoi muscoli. Se lo farai, tornerai anche meglio di prima". L'allenamento era diventato una sorta di religione: io dovevo credere a quel che facevo, anche se al momento non ne vedevo i risultati. Difficile, ma necessario». Racconta Longo Borghini che se è riuscita a rientrare alle corse è soprattutto grazie alla sua famiglia e a Paolo Slongo. Ma anche un episodio accaduto al Giro di Romandia, quasi casualmente, l'ha aiutata ad aggiungere qualche consapevolezza. Quel giorno è Marlen Reusser ad affiancarla: «Tu sai che sei fortunata, Elisa?». La risposta di Longo Borghini è pronta: «Sì, indubbiamente, Marlen, sono una donna fortunata, per molti aspetti». Reusser non le lascia il tempo di dire altro: «Sai che se ti fosse successa la stessa cosa quarant'anni fa non saresti qui con noi? L'hai pensato? Te lo dico io, ricordalo». Inizialmente quello di Elisa Longo Borghini è un "grazie" amaro, scherzoso, poi la riflessione, dopo la gara, chiarisce tutto.

«Siamo giovani e siamo atleti. Già il primo dato basta, talvolta, per farci sentire potenti e sin troppo sicuri della nostra forza, della nostra salute, come se niente potesse toccarci, sfiorarci, buttarci a terra. L'essere atleti accresce questa sensazione, perché sfidi la fatica, torni in bici anche con il male alle gambe, anche dopo esserti sentito sfinito, finito. Quante volte ci diciamo: "Ora mi riposo e domani esco, anche se mi fa male tutto"? Non è scontato che il giorno dopo ci trovi in salute, non è naturale questo stare bene, questo poter fare. Lo si capisce quando, pur giovane, pur atleta, non puoi più, sei fermo, bloccato. Quando si ha la sensazione che tutto sia finito». Invece un nuovo inizio si stava costruendo: l'UAE Tour per un accenno di ritorno, la Het Nieuwsblad per tornare a percepire il solito vigore nelle gambe e nei muscoli e la Strade Bianche per essere sicura: Longo Borghini c'è ancora ed è la stessa di prima. Il giorno degli sterri senesi, è caduta due volte, nella zona di Monteroni d'Arbia e prima di prendere Montaperti. Proprio in quel frangente, il gruppo stava rilanciando, Lotte Kopecky stava attaccando. La campionessa italiana non riesce solo a stare con il gruppo, ma anche a guidarlo, dopo un cambio di bicicletta.

Strade Bianche Women 2024 - Lotte Kopecky ed Elisa Longo Borghini - Foto Tommaso Pelagalli/SprintCyclingAgency©2024

Sente di dover parlare alla radiolina, un istinto che non trattiene: «Sono Elisa e penso di avere delle buone gambe». «Tra me e me, mentre guardavo le avversarie, dicevo: "Ora vi faccio vedere". La competitività solita, quella lettura che ho sempre dato a questo sport che mi porta a fare volate assurde ai cartelli con Jacopo in allenamento e a tornare a casa distrutta ed essere felice. Io sono così. Certo che avrei voluto qualche cambio in più da Kopecky, fa parte del gioco, certo che avrei voluto vincere, inutile dirlo. Ma non potevo non essere felice, per questo sorridevo al traguardo».

Il giorno dopo, al Trofeo Oro in Euro, ha conquistato la vittoria, in solitaria, e, proprio in quella solitudine, guardava i dati sviluppati sul suo potenziometro e si sfidava a fare di più, a fare meglio, come fosse un gioco, come in parte lo è sempre stato. La Ronde van Vlaanderen, spiega, è una gara iconica, «una gara che correrò a cuore aperto, vada come vada, perché i giorni buoni e meno buoni sono realtà costante nel nostro mestiere, ma l'obiettivo, l'idea fissa, è un poco più in là, alla Liegi-Bastogne-Liegi, sto lavorando per quella, voglio arrivarci essendo in grado di giocarmela». Quando le chiediamo come vorrebbe vincere, ride di gusto, torna indietro negli anni: «Ricordo il Fiandre del 2015, quell'azione senza senso, folle, che mi ha portato alla vittoria. Mentirei se non dicessi che io sogno ancora azioni così, "azioni ignoranti", come si dice in gergo. Allo stesso tempo, però, razionalmente so che in questo ciclismo, con i valori in campo, non è possibile una cosa simile. Sarà la squadra a fare la differenza: un insieme di atlete forti che dal loro essere insieme traggono ancora più forza. La squadra è il modo attraverso cui si superano le corazzate. La squadra è il mio modo di vincere».


10 nomi da seguire al Giro delle Fiandre

Pasqua, Natale, Ferragosto, compleanno, Capodanno, tutte le feste in un giorno solo: è il Giro delle Fiandre, la Ronde van Vlaanderen, la corsa delle corse. L’esame finale: chi vince qui, e non importa il come, ha qualcosa di speciale.

Muri, stradine, lunghi rettilinei improvvisi, volate per stare davanti, esplosione di watt, attacchi da lontano per anticipare e portare a casa il risultato. Bisogna avere gambe adatte alla salita, cuore e polmoni per il cambio di ritmo, si deve sapere pedalare leggeri ma decisi sulle pietre; bisogna guidare a oltranza per ore e ore. Non c'è nulla, a parte la Roubaix, che ti finisca e definisca più di questa corsa.

Il fascino del Belgio, poi, della gente per strada, è magnetico: per loro è una giornata di festa come solo la Roubaix - che a sentire loro è una corsa più belga che francese - sa esserlo.

E per questa grande festa di paese, che si trasforma in evento internazionale, abbiamo scelto dieci nomi, lasciando da parte il grande favorito, van der Poel e il principale rivale, Pedersen, tra i possibili candidati al successo, perché vogliamo tenere conto solo in parte delle contusioni subite dal danese nella caduta di mercoledì nella discesa prima di Kanarieberg alla Dwars door Vlaanderen, in un incidente che ha coinvolto, tra gli altri, van Aert - lui invece si è rotto clavicola, sterno e costole, mentre a noi si è spezzato il cuore. Sentirlo piangere, leggere il bollettino medico, sapere che salterà le corse per le quali ha sacrificato una buona parte di primavera ciclistica fa ancora male, ma va così. Sport meraviglioso, sport di merda e non smetteremo mai di dirlo.

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Dopo la breve, ma doverosa premessa: ecco i dieci nomi da seguire al Giro delle Fiandre 2024.

ALBERTO BETTIOL

Dwars door Vlaanderen - A travers la Flandre 2024 -  lo scatto di Alberto Bettiol sul Nokereberg - Foto Tomas Sisk/PN/SprintCyclingAgency©2024

Un Giro delle Fiandre lo ha già vinto, la forma sembra quella giusta, forse la migliore di sempre e facciamo finta che quel finale alla Dwars door Vlaanderen non sia mai esistito, oppure prendiamo come spunto solo una parte: l’attacco sul Nokereberg ha fatto paura, ha emozionato, ha ricordato proprio quella volta lì al Fiandre. Poi sono arrivati quei crampi che già lo avevano estromesso dalla lotta per il successo a Tokyo 2021, ma noi, per domenica, inguaribili ottimisti, ci crediamo lo stesso.

Partecipazioni: 7
Miglior risultato: 1° nel 2019
Nel 2023: -

MATTEO JORGENSON

Dwars door Vlaanderen - A travers la Flandre 2024 - l'arrivo vittorioso di Matteo Jorgenson - Foto Nico Vereecken/PN/SprintCyclingAgency©2024

Ancora prima di vincere la Dwars door Vlaanderen pochi giorni fa, ci impressionava per leggerezza sul pavé. Il suo essere così dinamico è una danza espressa con facilità muovendosi da un attacco all’altro. La potenza, il tempismo, con cui ha lanciato l’azione finale ha fatto capire una-sola-cosa-una: domenica al Giro delle Fiandre potrebbe essere il vero rivale di Mathieu van der Poel. Sarà capitano, quasi unico, di una squadra piombata nella crisi tra cadute e malanni, ma ciò non gli peserà, perché sta troppo bene.

Partecipazioni: 1
Miglior risultato: 9° nel 2023
Nel 2023: 9°

OIER LAZKANO

Ronde van Vlaanderen 2023 - Oier Lazkano in azione  - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Tra assenze programmate oppure causate da cadute e malanni si liberano posti in alto e Oier Lazkano è uno di quelli che dentro al gotha dei flandriens ha tutta l'intenzione di entrarci dalla porta principale. Erede di quella che sembrava un eccezione alla regola, ovvero uno spagnolo nelle Fiandre, Lazkano incarna in modo perfetto ciò che è un flahute: ha tigna, passo, ha coraggio, gli piace giocare d’anticipo - e in queste corse paga - sembra cresciuto per guidare forte sulle pietre e domenica punta a un piazzamento nei dieci, anche se finora, nelle corse sopra i 230/250 km non ha raccolto alcunché.

Partecipazioni: 1
Miglior risultato: DNF nel 2023

FRED WRIGHT

Ronde van Vlaanderen 2023 - Fred Wright, Kasper Asgreen, Wout van Aert e Stefan Küng - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Nascosto e in silenzio, Fred Wright si avvicina con una forma in netta crescita a quella che è un po’ la sua gara per definizione. Limando può recuperare chilometro dopo chilometro e poi cercare il piazzamento grazie allo spunto veloce. Le assenze che caratterizzeranno questo Fiandre un po’ monco permettono a lui, alla sua squadra e forse soprattutto al suo capitano Mohorič, di ambire a un posto sul podio.

Partecipazioni: 4
Miglior risultato: 7° nel 2022
Nel 2023: 8°

TOMS SKUJIŅŠ

Tre Valli Varesine 2018 - Toms Skujins dopo il mio importante successo in carriera - photo Dario Belingheri/BettiniPhoto©2018

Anche senza cadute e infortuni avrebbe scalato le gerarchie in casa Lidl-Trek in una corsa lunga e difficile come il Giro delle Fiandre. È una garanzia e dal 2023 più le corse sono dure e più sale di livello, guadagna posizioni. Sulle salite brevi va su che è una meraviglia, sui muri si difende, fermo non è fermo, si butta all’attacco: occhio perché potrebbe essere la sorpresa di questa corsa.

Partecipazioni: 3
Miglior risultato: 55° nel 2016
Nel 2023: -

STEFAN KÜNG

Dwars door Vlaanderen 2023 - Stefan Küng - Foto Peter De Voecht/PN/SprintCyclingAgency©2023

Storico stagionale nelle corse in Belgio che fa ben sperare. Storico al Fiandre e assenze al via che ci fanno dire come, sulla carta, Stefan Küng si candidi con autorevolezza a un posto sul podio. Certo, in qualunque situazione si trovi, dovrà arrivare da solo perché in volata parte battuto da tanti corridori, ma se c’è uno, fondista d'eccezione e questa è corsa per fondisti, che cercherà corsa dura e d’attacco, quello è lo svizzero. Di fianco avrà una squadra che lo potrà supportare in maniera degna, soprattutto Madouas, uno che a oggi non ha dato quei segnali tali da inserirlo fra i nomi da seguire, ma che non ci stupiremmo di vederlo salire di colpi proprio nel giorno di Pasqua.

Partecipazioni: 8
Miglior risultato: 5° nel 2022
Nel 2023: 6°

TIM WELLENS

E3 Saxo Classic 2024 - Tim Wellens guida l'inseguimento del gruppo sull'Oude Kwaremont - Foto Ivan Benedetto/SprintCyclingAgency©2024

Anche lui quando si tratta di fare risultato in corse sopra i 230/250 km ha sempre mostrato il fianco, se escludiamo qualche eccezione e in più con il Giro delle Fiandre ha un rapporto controverso conclusosi nel 2023 con una brutta caduta che gli costò mesi di gare. Però sta bene, sul passo va forte, sui muri si difende e l’UAE senza Pogačar punta su di lui - oltre che su Politt, Hirschi e Bjerg, ma in seconda battuta. Squadra a cui forse manca quel capitano capace di cogliere il risultato e quindi l’occasione per le seconde punte è davvero ghiotta.

Partecipazioni: 5
Miglior risultato: 25° nel 2021
Nel 2023: DNF

HUGO PAGE

Binche - Chimay - Binche 2023 - Hugo Page e  Casper Pedersen - Foto Vincent Kalut/PN/SprintCyclingAgency©2023

È il nome più fuori dai radar di tutto l’elenco, ma è un corridore che sta andando davvero forte. Sarà all’esordio in una grande classica così lunga e dura, ma sulle pietre e sui muri ha già dimostrato di pedalare molto bene e questa potrebbe essere, insieme alla Roubaix (alla quale punta il compagno di squadra Rex, altro nome da tenere d’occhio), la corsa perfetta per lui in futuro. Ora, non fraintendete: il suo è un nome da vedere in prospettiva, un corridore che se dovesse chiudere nei 20 domenica sarebbe un risultato eccezionale. Ma a noi i risultati eccezionali di questo genere piacciono parecchio.

Partecipazioni: -
Miglior risultato: -
Nel 2023: -

BEN TURNER

De Brabantse Pijl - La Fleche Brabanconne 2022 - Ben Turner - Foto Jan De Meuleneir/PN/SprintCyclingAgency©2022

Infine Ben Turner, per provare, insieme ai suoi due ancora più giovani compagni di squadra Tarling (2004) e Sheffield (2002), mentre Turner è un classe ‘99, a risollevare le sorti di una squadra, la Ineos Grenadiers, ancora a caccia del primo successo World Tour in questa stagione - dove per la verità le vittorie sono state soltanto due: il campionato nazionale ecuadoriano conquistato da Narvaez, altro assente di lusso di questo Fiandre e Tarling vincitore della crono al Gran Camino. Come da Page anche da Turner non ci aspettiamo la vittoria, nemmeno il podio, ma ci piacerebbe vedergli fare quello che gli riesce meglio, fare esplodere la corsa con un’azione delle sue e magari portare via un gruppetto di coraggiosi per anticipare i pretendenti al successo finale. Le gambe sembrano girare bene, ma non è detto che la Ineos la pensi alla nostra stessa maniera riguardo il suo ruolo.

Partecipazioni: 2
Miglior risultato: 35° nel 2022
Nel 2023: DNF

LA GRIGLIA DI ALVENTO

⭐⭐⭐⭐⭐Van der Poel
⭐⭐⭐⭐Jorgenson
⭐⭐⭐Pedersen M., Küng, Bettiol, Skuijns
⭐⭐Mohorič, Benoot, van Baarle, Wright, Lazkano
⭐ Matthews, Asgreen, Philipsen, Mozzato, Albanese, Madouas, Wellens, Politt, Bjerg, Abrahamsen, Tiller, Kristoff, Neilands, Strong, Turner, Sheffield, Rex L., Trentin, van Poppel D., Alaphilippe, Bissegger, Pithie, Campenaerts, Van Moer

IL PERCORSO


Ancora Milano-Sanremo, giorni dopo

NOIA, ATTESA, FORTUNA

Milano Sanremo 2024 - 115th Edition - Pavia - Sanremo 288 km - 16/03/2024 - Michael Matthews (AUS - Team Jayco AlUla) - Jasper Philipsen (BEL - Alpecin - Deceuninck) - Tadej Pogacar (SLO - UAE Team Emirates) - Alberto Bettiol (ITA - EF Education - EasyPost) - Foto Ilario Biondi/SprintCyclingAgency©2024

Ogni anno va così: discuto, cavillo su cosa andrebbe fatto per cambiare "la Sanremo", mica uno stravolgimento, sia chiaro, inserire una salita tra Cipressa e Poggio sarebbe da provare, oppure indurire la seconda parte dopo l’inutile Turchino: ecco i due capisaldi del mio pensiero. Ogni anno va così: mi rendo conto di far parte di una minoranza che la pensa così, guardo la corsa, ugualmente e ci mancherebbe, me la godo, poi il finale è talmente folle che ore dopo ho ancora l’adrenalina a un livello da mandarmi quasi in tilt. Per certi versi non è la corsa giusta per smettere di fumare, ma è qualcosa che va molto vicino a procurarti problemi cardiaci.

“Hai visto?”, mi scrivono e io rispondo divertito ad alcuni messaggi sul telefono che si fanno gioco di me e della mia idea - agli slogan che distorcono la realtà non do molta importanza - comprendendo come, da un certo punto di vista, la corsa vada bene così, davvero, ma dall’altro restano i dubbi. Non riesco a togliermi l’idea che se il fascino della Milano-Sanremo risiede nell’incertezza e nella velocità finale, sostenere la retorica della “noia” è un argomento privo di buon senso. Mi sono sempre chiesto per quale motivo mi dovrei annoiare nel guardare una corsa di biciclette, semmai è l’attesa, quel repentino cambio di ritmo e facce che diventano smorfie, il climax che arriva pedalata dopo pedalata, ora in sella dopo ora insella, ecco è quello che nella Sanremo funziona. Ma il climax e i passi che lo portano a essere tale possono essere disegnati su un percorso capace di sfruttare altre risorse (Pompeiana, Manie, nei giorni abbiamo provato insieme ai nostri lettori a trovare dei rimedi, così per gioco) indurendo e selezionando ulteriormente il gruppo.

Tuttavia non resta che ammettere come quel finale mi renda pazzo, mi faccia amare e odiare al tempo stesso la corsa. Perché il suo apice spostato così avanti mi annebbia la vista, perché negli ultimi anni davanti abbiamo trovato i più forti a giocarsela e a volte per vincere ci vuole anche la fortuna, il momento. Prerogative dell'esistenza. Allo stesso tempo, però, la corsa mi lascia sempre un po’ di amaro in bocca, come quel film enfatizzato che ti piace, sì, ma non ti convincerà mai del tutto - ultimo esempio in ordine di tempo, Anatomia di una caduta, ma questo è tutto un altro discorso.

L’anno prossimo, in ogni caso, si ricomincia. E verso marzo inizierò a sostenere nuovamente quanto la Milano-Sanremo meriterebbe di stare al passo con i tempi, un po' di selezione in più, sia prima dei Capi che dopo la Cipressa, e così via, in continuo loop.

CRONACA DI UN DISASTRO ANNUNCIATO

Milano Sanremo 2024 - 115th Edition - Pavia - Sanremo 288 km - 16/03/2024 - Michael Matthews (AUS - Team Jayco AlUla) - Tadej Pogacar (SLO - UAE Team Emirates) - Foto POOL Fabio Ferrari/SprintCyclingAgency©2024

Quello dell’UAE Team Emirates, squadra che spesso e volentieri domina, ma altre volte riesce a ricreare spettacoli grotteschi mandando in scena spaccati di tattica grandguignolesca. Mica è una novità? Già successo e già commentato - e sottolineato - quest’anno, poi magari l’esito è stato positivo perché quando ti ritrovi con la squadra con maggiore talento (e talenti) è più facile vincere, ma che in UAE Team Emirates facciano spesso fatica a mettere vicino una tattica decente non è certo una cosa che si scopre alla Sanremo.

Non mi è piaciuto come hanno impostato la vigilia: le dichiarazioni di intenti e i titoloni: «Dobbiamo correre la Cipressa in meno di 9’, abbiamo gli uomini apposta per farlo». Alzi la mano chi non ha avuto il pensiero che queste parole sarebbero state un boomerang diretto sulla corsa degli emiratini. In soldoni: chi si è meravigliato di vedere una squadra sciolta al sole sui primi tornanti della Cipressa? Eppure quando non li vedevano tirare fino ai Capi abbiamo anche pensato: ecco che preparano le manovre per sfondare il muro del suono verso Costa Rainera, e invece… invece alcuni corridori della squadra di Matxin e Gianetti, vedi Hirschi, si sono dimostrati inadatti al ruolo disegnato su di loro ovvero dare una mano al proprio capitano tirando a fondo. Mancato Hirschi (e per la verità anche Ulissi, giornata no, ma ci può stare, Ulissi si è sempre dimostrato importante uomo squadra quando chiamato in causa), è crollato completamente il castello costruito da Matxin, Gianetti e Pogačar . Del Toro (esordiente, il più giovane al via, va ricordato) ha lavorato per due e finché lavorava per uno il ritmo era insostenibile per molti; quando ha dovuto raddoppiare il suo sforzo ormai nessuno si staccava più. Il resto poi è noto. Wellens, che si è dovuto risparmiare con un ritmo blando sulla Cipressa, sale sul palco con il tempismo giusto, a metà Poggio, il suo lead out ha permesso a Pogačar di scremare ulteriormente il gruppo, ma non quanto sarebbe bastato, quanto era nei piani. Per lo spettacolo, avere una squadra così forte che ogni tanto concede dal punto di vista tattico e per gli sbalzi di forma dei propri interpreti, in fondo, non è un male per la corsa e chi la segue.

MATHIEU VAN DER POEL - UOMO SQUADRA, UOMO SANREMO

Milano Sanremo 2024 - 115th Edition - Pavia - Sanremo 288 km - 16/03/2024 - Jasper Philipsen (BEL - Alpecin - Deceuninck) - Mathieu Van Der Poel (NED - Alpecin - Deceuninck) - Foto Ilario Biondi/SprintCyclingAgency©2024

Grandi uomini, grandi capitani. La presenza di Mathieu van der Poel è tanto ingombrante quanto il suo fascino colpisce spettatori e corridori. Ma non sono solo i risultati: il lavoro messo in atto in coppia con Jasper Philipsen, da un paio di stagioni, ha consentito (o comunque l’apporto dell’altro ha avuto il suo peso, mettiamola così) a van der Poel di vincere una Parigi-Roubaix, a Philipsen di vincere diverse tappe al Tour e pure una Milano-Sanremo. Che poi le gambe del velocista belga, unite a una particolare alchimia con questa corsa, girassero a mille e un po’ a sorpresa - fino a poche gare prima il belga non aveva certo impressionato, anzi, ma viene il dubbio si fosse persino nascosto e preparato bene - insomma che ci sia tanto di Philipsen è innegabile. Ha tenuto sul Poggio diventando improvvisamente spauracchio per tutti quando ci si è resi conto che la sagoma del corridore Alpecin non era quella di Kragh Andersen, ma la sua, diventando così l’uomo per il quale Mathieu van der Poel, campione del mondo e vincitore uscente, avrebbe lavorato. Anche in questo caso, in futuro, per un po' di sano dramma, sarebbe succoso una corsa in cui entrambi vogliono e possono vincere a tutti i costi. Magari alla Paris-Roubaix.

SEGNALITALIANI

Milano Sanremo 2024 - 115th Edition - Pavia - Sanremo 288 km - 16/03/2024 - Matteo Sobrero (ITA - BORA - hansgrohe) - Foto Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2024

Molto incoraggianti, e se questa espressione esce dalla tastiera di chi come me non è mai tenero nel definire il momento del nostro ciclismo tendente al buio di mezzanotte, significa che lo sono stati davvero. Sobrero è arrivato a poche centinaia di metri dalla possibilità di salire sul podio dopo aver pedalato bene sulla Cipressa e brillato sul Poggio: ora una top ten in due corse adatte a lui come Brabante e Amstel - sempre che le corra - possono essere un obiettivo. Sul Poggio, dietro i due favoriti, i più brillanti sono parsi oltre a Sobrero, Bettiol, 5° posto finale, dai tempi del Fiandre che il toscano non arrivava così vicino a cogliere una grande classica di questo livello, e Ganna: un problema alla bici lo estromette dalla lotta finale e chissà che la sua presenza non c’avrebbe portato a scrivere un’altra storia fatta di scatti nel finale, visto che a muoversi, poi, ironia della sorte, sono stati il compagno di squadra Pidcock e l'amico e "cognato" Sobrero. Che Ganna abbia un conto aperto con questa corsa è innegabile. Non credo nelle chiusure di un cerchio soprattutto nello sport, non penso come ciò che venga tolto uno poi se lo possa riprendere, anzi, ma spero che Ganna abbia una fiducia maggiore di quella che personalmente ripongo nel destino. C'è poi Milan che si è attrezzato per dare una mano ai suoi, staccandosi sulla Cipressa, rientrando e tirando per un paio di km all’imbocco dell’ultima salita prima di Sanremo, in futuro da capitano potrà provarci; ci sono Trentin 21° e Albanese 24°, a proposito di corridori con un certo feeling con questa corsa, Battistella, 22°, in quello che forse è il momento migliore da quando è passato professionista (abbiamo ritrovato un potenziale ottimo corridore?), Velasco 25° e presenti nel 2° gruppo a 35’’, anche Aleotti 36° e Scaroni 38°.

Ma un paragrafo a parte lo merita il bravo De Pretto, 28°, secondo corridore più giovane al traguardo, meglio di lui solo Pithie, classe 2002 anche il neozelandese, che chiude al 15° posto. In un ordine d’arrivo che ha visto solo 5 corridori nati dal 2000 in poi nei primi 41, perché è vero che il ciclismo sta diventando uno sport per giovani, ma alla Sanremo, dopo oltre sei ore di corsa, servono qualità che si migliorano col tempo.

Infine ultima menzione per Davide Bais, ormai specialista delle fughe, corridore che pare quasi di un tempo che non c'è più e che in questa maniera, la fuga che all'apparenza non ha speranza, ha conquistato al Giro d'Italia la sua unica vittoria in carriera. È il protagonista della fuga di giornata, ma non solo, una volta ripresi sulla Cipressa lui e i suoi compagni d'avventura, non contento, imperterrito, ci riprova in vista del Poggio.


La Milano-Sanremo e i suoi scenari

Milano Sanremo: corsa che ha del filosofico. Marcia ambigua: polarizzante nel dibattito che la precede e nel suo svolgimento. Corsa che non lascia speranze allo spettatore: ore di nulla prima di un finale che si accende all’improvviso; quaranta, quarantacinque minuti di crescendo che spesso ti manda il cuore in orbita.
Si vive in maniera empatica con i corridori:  il mal di gambe aumenta progressivamente, è vero si sta in pancia al gruppo per mezza giornata, ma dopo un po’ le ore ti consumano, così come le ore ti consumano a guardare poco e nulla se non panorami che conosci a memoria, fino a quello che il più delle volte è un tumultuoso epilogo finale. Più che Tarkovskij, Hamaguchi.
Corsa dai risvolti più disparati, da lì forse il fascino, quando questo non è legato a una meravigliosa abitudine.

 

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Abbiamo provato a immaginare cinque scenari, consapevoli che poi sarà il sesto quello che si avvera.

SCENARIO 1 - Ovvero Pogačar e van der Poel che se ne vanno.

Milano Sanremo 2023 - 114th Edition - Abbiategrasso - Sanremo 294 km - 18/03/2023 - Tadej Pogačar (SLO - UAE Team Emirates) - Filippo Ganna (ITA - INEOS Grenadiers) - photo Luca Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Le Manie o non Le Manie (nel momento in cui scriviamo non è stata ancora presa una decisione in merito all’inserimento della salita a causa di problemi di viabilità sul percorso per via di una frana) questo è lo scenario che tutti ci aspettiamo. Gara dura dalla Cipressa: UAE a tutta, con Covi, Hirschi e Ulissi; si scollina ancora in tanti, ma non tantissimi, soprattutto pochi quelli che salvano le gambe. Si arriva in pianura, tirano sempre loro, a tutta, fino al Poggio e poi di nuovo marce alte, ancora l’UAE che usa prima Del Toro e poi Wellens che a un certo punto si sposta. Sparata di Pogačar - stavolta solo una e al momento giusto  - e van der Poel unico a rispondere. I due se ne vanno. Discesa, rettilineo finale, vince il migliore. In alternativa Pogačar fa il vuoto anche su van der Poel che resiste in discesa al rientro del gruppo o ciò che c'è dietro: fanno primo e secondo. La costante è un gruppetto dietro che si gioca il terzo posto sul podio e gli altri piazzamenti.

Favoriti scenario 1

⭐⭐⭐⭐⭐Pogačar, van der Poel
⭐⭐⭐⭐
⭐⭐⭐ Laporte, Pedersen, Pidcock
⭐⭐
⭐ Bettiol, Van Gils

 

SCENARIO 2 - In solo, ma più a sorpresa: ricordate Nibali o perché no, Mohorič?

Milano Sanremo 2018 - 109th Edition - Milano - Sanremo 294 km - 17/03/2018 - Vincenzo Nibali (ITA - Bahrain - Merida) - photo Luca Bettini/BettiniPhoto©2018

È una corsa un po’ sorniona, sonnacchiosa, il vento contro non permette chissà cosa sulla Cipressa, sull’Aurelia si sta bene a ruota e così sul Poggio. Tutti aspettano una mossa: UAE, Alpecin, chi altro? Ci prova qualcuno, si guardano i migliori, un corridore da solo se ne va, allunga o mantiene in discesa, vince in solitaria. Scegliete voi chi, il ventaglio dei nomi è ampio.

Favoriti scenario 2

⭐⭐⭐⭐⭐ facciamo venticinque, trenta corridori di ogni genere. È il bello della Sanremo, no?

 

SCENARIO 3 - Il Gruppetto assottigliato.

Milano Sanremo 2021 - 112th Edition - Milano - Sanremo 299 km - 20/03/2021 - Jasper Stuyven (BEL - Trek - Segafredo) - photo POOL Tim de Waele/BettiniPhoto©2021

Restiamo sul classico. La corsa inizia a farsi seria sulla Cipressa dove a un’andatura alta, ma costante, buona parte del gruppo risponde bene. Sul Poggio si va su una meraviglia, anche qui regolari, ma sempre più forti, a ruota, nemmeno a dirlo, si sta da Dio e si risparmia qualcosa. Fondamentale il posizionamento, già essere intorno alla quindicesima, ventesima ti taglia fuori. Poi iniziano gli attacchi, ci prova Pogačar (chi sennò?), rispondono bene van der Poel, Laporte, Pedersen, spunta la sagoma di Cosnefroy, con i denti anche Bettiol, Mohorič, Trentin, Pidcock, Skuijns, c'è persino Del Toro, inserito all'ultimo e all'esordio in una corsa così lunga, poi altri restano lì in scia. Differenza c’è, ma poca. Si arriva su, alla svolta, e in discesa si resta sfilacciati. Nel gruppetto c’è un po’ di tutto: uomini da classiche fatti e finiti, novità degli ultimi tempi, gente che ha una certa affinità con la Sanremo, sorprese assolute. L’epilogo in questo caso è avvolto nella nebbia. Una cosa è certa: non bastano velocità ed esplosività, ma ci vuole fortuna magari nel partire al momento giusto e c’è poi bisogno che nelle gambe sia rimasto qualcosa: alla Milano-Sanremo, nonostante si viaggi in gruppo per quasi tutta la gara, il serbatoio si svuota inevitabilmente.

Favoriti scenario 3

⭐⭐⭐⭐⭐ Laporte
⭐⭐⭐⭐Pedersen, van der Poel
⭐⭐⭐ Pogačar 
⭐⭐ Van Gils, Bettiol, Pidcock, Scaroni, Mohorič
⭐Skuijns, Cosnefroy, Trentin, Zimmermann, Ganna, Neilands, Wellens, Kwiatkowski, Narvaez, Velasco, Albanese, Del Toro

 

SCENARIO 4 - La Cipressa oppure il pensiero pieno di fiducia.

Milano Sanremo 2020 - 111th Edition - Milano - Sanremo 305 km - 08/08/2020 - Cipressa - Tadej Pogacar (SLO - UAE - Team Emirates) - Giulio Ciccone (ITA - Trek - Segafredo) - Foto POOL Nico Vereecken/PhotoNews/BettiniPhoto©2020

Gli inglesi usano un termine che suona benissimo: wishful thinking. In italiano esiste il suo corrispettivo, pensiero speranzoso, fiducioso, e visto che siamo alla Sanremo lo preferiamo, anche se magari in altre sedi siamo indotti a usare l’espressione anglofona. Senza entrare nel merito di cosa sia giusto o sbagliato, immaginiamo un attacco sulla Cipressa. È Pogačar che ci prova, non fa il vuoto ma porta via i migliori. In discesa il vantaggio aumenta, al ritorno sull’Aurelia, quando di solito da dietro si fa in tempo a chiudere, in gruppo ci si guarda un po’ troppo. E il gruppetto, quello di testa, invece, e che comprende i favoriti, gira a meraviglia, diverse le squadre di punta rappresentate e la corsa è già selezionata prima del Poggio, dove, succeda quel che succeda, tanto già fino a questo momento è stata una corsa bellissima. Il Poggio darà comunque il suo verdetto definitivo: sparpaglio dato dalla durezza della corsa. Si arriva, giù a Sanremo, uno alla volta o poco più mentre dietro ci si raggruppa per un piazzamento nei dieci, venti.

Favoriti scenario 4

⭐⭐⭐⭐⭐Pogačar 
⭐⭐⭐⭐ Laporte, van der Poel, Pedersen, 
⭐⭐⭐Pidcock, Bettiol, Vermaerke, Mohorič, Van Gils
⭐⭐ Scaroni, Cosnefroy, Matthews, Vendrame, Albanese, Pithie, Strong, Wellens
⭐ Milan, Trentin, Mayrhofer, Beullens, Lamperti, Velasco, Del Toro, Hirschi, Ganna, Kooij, Philipsen

 

SCENARIO 5 - La volata di gruppo

Milan Sanremo 2017 - 108th Edition - Milano - Sanremo 291km - 18/03/2017Ê- Fernando Gaviria (COL - QuickStep - Floors) - Alexander Kristoff (NOR - Katusha - Alpecin) - Arnaud Demare (FRA - FDJ) - John Degenkolb (GER - Trek - Segafredo) - Foto Dario Belingheri/BettiniPhoto©2017

Gruppo a giocarsi la vittoria più o meno numeroso - scegliete voi, un po’ come il triennio 2014 (Kristoff), 2015 (Degenkolb), 2016 (Démare), o quelle di inizio millennio - tra i venticinque e i trenta corridori. E allora in questo caso entrano in scena quelli veloci, che resistono alle ore di corsa, alla Cipressa fatta con buona andatura, al Poggio a tutta, ma non così selettivo. Venticinque, trenta corridori, e in mezzo a loro i più forti velocisti resistenti al via. Sì, pure Philipsen o Kooij.

Favoriti scenario 5

⭐⭐⭐⭐⭐ Kooij
⭐⭐⭐⭐Milan, Philipsen
⭐⭐⭐Pedersen, van der Poel
⭐⭐Waerenskjold, Kristoff, Matthews, Lamperti, Strong, Pithie
⭐Ewan, Mayrhofer, Trentin, Cimolai, Stuyven, Girmay, Vendrame, Van Poppel, Bol, Démare, Bittner, Ganna

E voi, quale scenario immaginate?


Breve guida alla Strade Bianche 2024

Sabato 2 marzo, Strade Bianche, con una modifica al percorso che aumenta ulteriormente il blasone di una gara che in pochi anni - siamo alla diciottesima edizione - si è elevata a rango di grande classica del calendario: appuntamento imperdibile per i tifosi e obiettivo da perseguire per alcuni tra i corridori più forti del momento.

L’albo d’oro, da questo punto di vista, non mente. Nelle ultime edizioni spiccano, nell’ordine, van der Poel, Alaphilippe, van Aert, Pogačar e Pidcock. Di questi, ahinoi, al via non ci saranno i due van che ritroveremo uno alla Sanremo, l’olandese, l’altro un po’ più avanti, il belga, mentre Alaphilippe, nonostante la buona volontà, ci pare da diverso tempo sulla via di un inesorabile declino.

IL PERCORSO

Un cambiamento deciso: intanto facciamo un sentito applauso agli organizzatori che hanno deciso di mettere mano a un percorso già (quasi) perfetto così com’era e ci chiediamo se magari un giorno quella stessa mano, ma ne basterebbe una simile, verrà data anche alla Milano-Sanremo: lo sappiamo, non succederà, ma siamo inguaribili ottimisti.

Si passa da 184 a 215 chilometri, con quindici settori in sterrato rispetto agli undici del 2023; 71,5 i chilometri di strade bianche contro i 63 dello scorso anno. Trentuno in più per una corsa già dura di suo peseranno e non poco, considerando, poi, che lo sterrato sarà, sì, battuto, sia per via della pioggia caduta in questi giorni  - e che dovrebbe dare tregua sabato - e dal passaggio dei tantissimi mezzi che precedono la corsa, ma rischierà in diversi tratti di appesantire e indurire la gara. E poi perché quei chilometri aggiunti non sono casuali tratti in asfalto a inizio gara come si poteva temere. No, perché il passaggio di Colle Pinzuto e Le Tolfe, il più scenografico, variopinto, spesso anche tecnicamente decisivo, raddoppia.

Questo darà la possibilità ai tifosi (che saranno come sempre tantissimi) di vedere i corridori passare due volte e renderà il finale ancora più selettivo, ma chissà, forse rischierà di far diventare Monte Sante Marie, ora situato a quasi ottanta chilometri dall'arrivo, non un tratto meramente caratteristico, ok, perché comunque una selezione naturale avverrà, ma magari non più decisivo, o quasi, ai fini del risultato finale. Vedremo, perché poi funziona sempre come recita la più nota delle frasi fatte legate al ciclismo: la corsa la faranno i corridori e se qualcuno di importante vorrà portare via un gruppo sul tratto dedicato a Cancellara, la possibilità ci sarà. Inutile, per concludere, soffermarci ulteriormente su quello che sarà il finale, arcinoto, piuttosto andiamo a vedere i nomi più interessanti al via.

FAVORITI

⭐⭐⭐⭐⭐

Tadej Pogačar. Qui ha corso quattro volte e una volta ha vinto. Ha deciso di partire da lontano e nessuno gli è stato dietro: era il 2022. Può vincere in qualsiasi modo, anche perché viene da chiedersi, senza l’amico rivale van der Poel, chi può stargli dietro? Ecco, forse l’unico dubbio deriva dal fatto che sarà la sua prima corsa stagionale e non gli è mai capitato di vincere all’esordio. Mettiamo le mani avanti: una sua controprestazione (da leggere come risultato diverso dal primo posto) sarà legata all'alea di uno sport come il ciclismo e in particolare a una corsa con così tante insidie come cadute o problemi meccanici.

⭐⭐⭐⭐

Tom Pidcock. Vincitore uscente, ha mostrato una buona gamba tra Portogallo e Belgio, buona, ma non irresistibile, anche se questa è stata finora la sua caratteristica più spiccata almeno nelle gare su strada. È un corridore che non sembra mai poter fare la differenza eppure è sempre lì, anche quando conta. Guida la bici come pochi, lo scorso anno l’attacco decisivo arrivò in discesa sullo sterrato. Ecco, potrebbe essere una delle debolezze del suo avversario principale: chissà che non possa provare qualcosa di simile giù per le Sante Marie, un attacco magari congeniato con la squadra - avere qualcuno in appoggio più avanti nel lungo tratto tra la discesa delle Sante Marie e il settore successivo, potrebbe essere una buona idea. Anche se, vista la distanza dal traguardo, appare un'azione da tutto o niente: ma lo scorso anno l'azione dalla media distanza pagò e, se si vuole battere lo sloveno, qualcosa bisognerà pur inventarsi.

Sepp Kuss. Perché sugli sterrati va e come, perché la corsa sa premiare anche i pesi leggeri, perché se corresse più spesso le corse di un giorno dure ci farebbe divertire, e quindi ci aspettiamo che ci faccia divertire, perché sarà il capitano della squadra più forte al mondo e quindi non è un caso averlo inserito così in alto. E poi perché preferiamo corridori che si mettono in gioco anno dopo anno allontanandosi da quella che è la propria zona di benessere. Kuss è uno che, quando lo fa, lo fa bene.

⭐⭐⭐

Romain Grégoire. Trenta chilometri in più per il classe 2003 potrebbero non essere banali, ma visto l’impatto avuto in questo primo anno e tre mesi con il professionismo, pensiamo che difficilmente potranno scalfirlo. Profilo perfetto per questa corsa: guida benissimo, sa tenere su salite non troppo lunghe, è veloce, oltretutto pure lui corre in una squadra che sta bene ed è particolarmente agguerrita. Lo scorso anno all’esordio ha chiuso ottavo.

Ben Healy. Ha terminato in crescendo la Volta ao Algarve mandando un segnale per quella che sarà la sua lunga primavera - che chiuderà con il Giro d’Italia. Domani, alla Strade Bianche, Ben Healy sarà uno dei profili da seguire con maggiore attenzione soprattutto lontano dal traguardo. Un suo attacco a lunga gittata non è nemmeno quotato e chi volesse anticipare per poi chiudere con un piazzamento dignitoso è pregato di seguire la maglia del campione irlandese. Oltretutto è uno che non soffre, anzi, le tante ore passate in sella: per lui il podio è alla portata.

Tim Wellens. Nelle prime uscite stagionali, come peraltro accadeva con regolarità in passato, Tim Wellens ha mostrato di avere una gamba tirata a lucido. Eccezionale soprattutto alla Kuurne Brusseles Kuurne dove non ha mai esitato agli allunghi di van Aert. Mai peggio di tredicesimo in Piazza del Campo, e sul podio nel 2017, approfittando della spinta UAE, domani Wellens è uno dei maggiori candidati a un posto tra i primi tre.

Toms Skujiņš. Fino a due anni fa era un ottimo corridore in gare di secondo piano, importantissimo di fianco ai suoi capitani, a volte riusciva a tirare fuori una zampata a livello personale anche nelle corse importanti, con colpi da top ten. Lo scorso anno ha fatto un ulteriore salto di qualità, quest’anno, alla Omloop Het Nieuwsblad, ci ha impressionati: a un certo punto ha staccato van Aert su uno strappetto. Le conclusioni traetele voi.

Matej Mohorič. È vero, non ha un grande feeling con questa corsa, a eccezione del 2023 quando chiuse a ridosso del podio. È vero, non è partito così forte, nonostante abbia già vinto e si sia visto al contrattacco sia alla Omloop Het Nieuwsblad che alla Kuurne Bruxelles Kuurne. L’impressione è che manchi ancora qualcosa per vedere il miglior Mohorič, in generale la migliore Bahrain, ma escluderlo dal novero dei favoriti sarebbe un errore.

⭐⭐

Lenny Martinez: dopo la vittoria al Laigueglia è da tenere d'occhio. L'altimetria non gli fa paura, è migliorato nella guida del mezzo e la giovane età e l'inesperienza ormai non sono più una debolezza nel ciclismo di oggi;
Attila Valter: è il piano B in casa Visma, andato fortissimo già l'anno scorso;
Neilson Powless: come il suo compagno di squadra Healy è uno che più la corsa è dura e lunga e più va forte;
Romain Bardet: qui ha già fatto molto bene e con condizioni di meteo simili e insieme a Kevin Vermaerke forma una coppia di outsider molto interessante;
Michał Kwiatkowski: ha un talento noto innato e un feeling particolare con una corsa già vinta due volte. Magari la sua parabola sarà discendente, ma per un piazzamento nei 10 lui c'è;
Quinn Simmons: qui ha offerto sempre ottime prestazioni. Non lo aiuta il suo essere spesso indecifrabile a livello di risultati e anche la discontinuità nella stessa gara;
Daniel Felipe Martinez: è forse nel miglior momento della carriera e sulle salite brevi non teme nessuno;
Bastien Tronchon: giovanissimo, è uno dei leader di una Decathlon partita fortissimo e lui per caratteristiche ci sembra il più adatto;
Maxim Van Gils: migliora di gara in gara, di anno in anno. Esplosivo, dotato di spunto veloce, resistente su salite da 5, 10 minuti. Cliente molto scomodo per tutti.
Krists Neilands e Dylan Teuns: la coppia della Israel PT è partita forte e mira a un piazzamento nei dieci; ,
Jan Christen e Marc Hirschi: potranno essere sfruttati in diversi modi da quella che sarà a tutti gli effetti la squadra di riferimento in corsa. Entrambi a nozze con questo tipo di percorso hanno dimostrato, recentemente, di stare molto bene.

Filippo Zana, Davide Formolo, Carlos Canal, Magnus Sheffield, Quinten Hermans, Valentin Madouas, Lenny Martinez, Axel Zingle, Alberto Bettiol, Richard Carapaz, Julian Alaphilippe, Simone Velasco, Lennard Kämna, Andrea Vendrame, Paul Lapeira, Lorenzo Rota, Simon Clarke, Andrea Bagioli, Lennart Van Eetvelt, Gianluca Brambilla, Julian Alaphilippe, Davide De Pretto, Jonathan Restrepo, Sergio Higuita, Ben Tulett e Kevin Vauquelin, sono alternative con poche ambizioni da vittoria, ma con buone possibilità di fare una buona gara e ottenere un ottimo piazzamento.

 

 


Le volate, la pista, i Giochi Olimpici: Chiara Consonni a tutto campo

Very very super: bastano queste poche parole per iniziare a ridere di gusto con Chiara Consonni. Una sorta di flashback che riporta, in un istante, all'otto settembre 2019, all'ultima tappa del Boels Ladies Tour ad Arnhem, la prima vittoria World Tour della ventiquattrenne di Ponte San Pietro, non lontano da Bergamo. Un microfono sotto il naso, poco dopo la linea del traguardo, senza tempo per pensare, per riordinare le idee, e Consonni parlava del suo treno, raccontava una sensazione di felicità devastante che le scompigliava le parole, i gesti, persino gli occhi lucidi che, ad intervalli di qualche secondo, stropicciava con le mani, mentre ripeteva ritmicamente "non lo so".
In quelle parole traspariva una visione romantica del ciclismo e della vittoria, espressa in maniera talmente genuina da suscitare un contrasto: «Forse avrei potuto vergognarmi di quell'intervista. Non sapevo quasi per nulla l'inglese, mi facevo capire a stento, mostravo, comunque, una mia mancanza, qualcosa che non conoscevo, e non è facile, temiamo sempre il giudizio per le nostre lacune di conoscenza. In più era una felicità scomposta, non controllata, bambina, e anche quella cerchiamo sempre, bene o male, di controllarla. Sì, forse avrei potuto vergognarmene e, probabilmente, potrei vergognarmene ora, rivedendola, invece ne sono orgogliosa. Io sono così, spontanea, non posso farci nulla: chi guarda quell'intervista vede esattamente come sono. Perché dovrei mascherare e raccontarmi diversamente?». Quel "very very super" è diventato un suo simbolo: ai tempi di Valcar lo aveva anche fatto scrivere sulla sua bicicletta.
La spontaneità pervade l'intervista, per esempio, quando le chiediamo delle prime volate di questa stagione, dei suoi due podi, terzo e secondo posto, dietro a Lorena Wiebes all'UAE Tour, la corsa di casa per la sua squadra, quella che le ha messo qualche tensione, qualche preoccupazione, come sempre "l'essere a casa", pur se ormai conosceva a memoria le insidie, il vento principalmente e pure la salita di Jebel Hafeet, provata sin troppe volte, «ma lì ormai non era più il mio terreno, non dovevo dimostrare nulla, quindi ero tranquilla». Ma, allora, come si batte Lorena Wiebes? Di astuzia, sostiene Consonni. «Devi considerare che parliamo della velocista più forte del momento che, in più, si ritrova come ultima donna del treno Lotte Kopecky: ti pare poco? Mettiamoci anche una ciclista del calibro di Barbara Guarischi. Con Tereza Neumanova e Karlijn Swinkels abbiamo rivisto gli errori e continueremo a lavorarci, soprattutto in gara, perché in allenamento si può migliorare relativamente il lavoro di un treno. Ma sono proprio le volate ad essere cambiate: due anni fa, bastava buttarsi per fare una volata, oggi il livello è così alto che è necessaria una forte preparazione». A giudizio di Consonni, il suo errore principale, negli anni, era quello di prendere le volate da una posizione troppo arretrata per il timore di prenderle di testa: una scelta che, però, impediva di concentrarsi sul proprio sprint per pensare alla rimonta, quando, invece, negli ultimi centocinquanta metri, afferma oggi, bisogna essere davanti e pensare solo al proprio operato, poi accadrà quello che accadrà e, se si viene saltati, ci si riproverà. «Continuo ad avere il giusto pelo sullo stomaco per non avere paura a gettarmi negli sprint e con tutti gli errori che ho fatto sono diventata più consapevole».

Giro d'Italia Donne 2023 - 34th Edition - 9th stage Sassari - Olbiai 126,8km - 09/07/2023 - Chiara Consonni (ITA - UAE Team ADQ) - photo Massimo Fulgenzi/SprintCyclingAgency©2023

Un anno importante il 2024, l'anno olimpico, a Parigi, segnato già da un cambiamento importante a inizio stagione, riguardante il preparatore che, per Consonni, non sarà più Davide Arzeni, detto "Capo" da tutte le atlete del team, ma Luca Zenti. Un cambiamento che, all'inizio, è stato affrontato con difficoltà proprio per la complessità dell'anno in corso. Chiara Consonni non si nasconde: «Capo era ben più di un preparatore, era ed è un punto fermo nella mia carriera, nei primi tempi non volevo questo cambiamento e mi spaventava il fatto che avvenisse a pochi mesi dall'Olimpiade. Era questione di imparare a conoscere Luca, un professionista che sui dati materiali è imbattibile, che ha una conoscenza scientifica amplissima e che, numeri alla mano, mi sta aiutando a migliorare sulle salite brevi, quelle di uno o due chilometri in cui conta la potenza. Mi riferisco a lavori specifici di cinque o sei minuti in salita, ma anche ai lavori sui wattaggi, nel quartetto, in pista, che sono fondamentali. Da qui valutiamo, passo passo, la preparazione». Il pensiero è alla stagione delle classiche, in particolare al periodo delle Fiandre, dove Consonni vuole arrivare al meglio, con un'idea fissa legata alla Roubaix. Descrive la sua prima volta, in realtà la prima volta della gara stessa nel 2020, in una giornata da tregenda, nel giorno della vittoria di Colbrelli, all'arrivo non sentiva più i muscoli, era distrutta, eppure quella gara la affascina. Proprio in vista dell'Olimpiade, il lavoro su pista sarà più che mai importante. L'arrivo di Marco Villa ha cambiato il modo di affrontare la disciplina e, dopo un anno perfetto, il primo, con la vittoria del Mondiale, l'anno scorso qualcosa non è andato come avrebbe voluto. Nel ragionamento si sofferma sul piacere di andare in velodromo, sul fatto che il gruppo pista sia cresciuto assieme, dalla ragazza più piccola di età alla più grande, tutte più o meno coetanee, e su quella prassi presa negli ultimi tempi: «Ogni tanto ci scriviamo su un gruppo whatsapp e ci accordiamo per andare ad allenarci, rispettando le esigenze di tutte. Siamo atlete mature ormai ed è necessario fare così». I cinque cerchi olimpici le fanno tornare brutti ricordi, l'esclusione dall'Olimpiade di Tokyo brucia ancora: «In quell'anno avevo concentrato davvero tutto su Tokyo e, come non sono stata convocata, mi sentivo nel vuoto. Non sono riuscita a seguirla quell'Olimpiade e fatico a parlarne. Devo salvare la parte buona, il fatto di aver capito di dover lavorare ancora per migliorare e per volare a Parigi, ma la parte di dispiacere è lì, in agguato».

UAE Tour Women 2024 - 2nd Edition - 2nd stage Al Mirfa Bab Al Nojoum - Madinat Zayed 113 km - 09/02/2024 - Chiara Consonni (ITA - UAE Team ADQ) - photo Ivan Benedetto/SprintCyclingAgency©2024

Questa volta non farà lo stesso errore: spiega di aver messo anche altri punti fermi nella sua stagione, per fare in modo che Parigi non sia un tutto, ma una parte del tutto: «Questa la filosofia, quel che mi racconto. In realtà so già che se non dovessi essere convocata, starei male come tre anni fa, perché non è un traguardo come un altro. Però credo che questa volta riuscirei a seguirle, a sentirmi, comunque, parte dei risulati e di ogni prova. Quegli allenamenti assieme aiutano». Sì, anche Chiara Consonni, la serenità in persona, la battuta sempre pronta, la risata naturale e contagiosa, attraversa momenti difficile, come tutti, com'è ovvio che sia, se non sembra è perché Chaira stessa ha scelto di raccontare altro, sui social, nelle interviste e nel colloquio con i tifosi: «Non mi piace soffermarmi su quello che non va, che non funziona. quello c'è, si sa che c'è, ma se devo mostrare qualcosa preferisco mostrare altro: un poco di spensieratezza, di leggerezza, per questo tutti mi conoscono così. Come atleti comunichiamo con molte persone e credo sia giusto provare a restituire serenità. Per il resto c'è tempo, quando siamo con le persone più care o soli, a pedalare».


Sensazioni australiane: intervista con Luca Vergallito

Non che sia successo chissà cosa da lasciare agli annali di questo sport: il livello era buono, sicuramente, ma si tratta pur sempre di ciclismo a gennaio, della prima gara della stagione, che, come ci racconta Luca Vergallito, intercettato telefonicamente al suo arrivo in aeroporto a Parigi, mentre fa ritorno a casa, e con ancora il jet lag a scombussolarne la routine, «una corsa dove si è andati forte, sì, ma dove il livello è mediamente più basso rispetto a diverse corse World Tour che affronteremo in stagione, ma anche rispetto a un Giro di Lussemburgo che ho disputato l’anno scorso, per esempio».

Tour Down Under 2024 - Oscar Onley (GBR - Team dsm-firmenich PostNL) - Stephen Williams (GBR - Israel - Premier Tech) - Jhonatan Narvaez (ECU - INEOS Grenadiers) - Julian Alaphilippe (FRA - Soudal - Quick Step) - Foto Kei Tsuji/SprintCyclingAgency©2024

Una corsa disputata a temperature differenti da quelle che a inizio stagione si trovano in Europa, «ma il caldo vero c’è stato soprattutto nella frazione con arrivo a Willunga Hill, la penultima tappa, quella a cui tenevo di più. Gli altri giorni abbiamo gareggiato a temperature normali, anzi, e forse per questo ho pagato nel finale: non abbiamo avuto modo di abituarci al caldo. Certo è un problema che hanno affrontato anche gli altri, sia chiaro. Però, riguardando i dati a fine corsa, credo che le temperature abbiano inciso sulla mia prestazione: le sensazioni non erano come quelle dei giorni precedenti e in una situazione normale avrei potuto anche conquistare una top ten». Era ben posizionato il 27enne della Alpecin, intorno alla settima, ottava posizione, alle spalle di Alaphilippe, fino a poche centinaia di metri dal traguardo, poi sul cambio di ritmo, prima della volata finale vinta da Onley, ha ceduto qualcosa, chiudendo in 20a posizione. Tutto sommato un ottimo risultato. «E poi va considerato come queste non siano le mie salite» specifica Vergallito, uno che preferisce quelle lunghe da passista scalatore qual è. E preferirà un altro tipo di corse a tappe. Lo vedremo di nuovo in gara a L'Etoile de Besseges, altra corsa con un percorso non proprio adatto, ma sempre utile ad accumulare esperienza e chilometri, e poi probabilmente, se tutto va come deve andare, al via di Volta ao Algarve, Tirreno-Adriatico e Paesi Baschi. «Il problema - precisa, provando a smorzare con una risata - è che lì troverò salite più adatte a me, ma allo stesso tempo un livello decisamente più alto. Sarà comunque importante per capire a che punto mi trovo con il mio percorso di crescita».

Erano le prime pedalate più o meno serie per tutti: c'era chi stava lì già da tempo, chi è arrivato all’ultimo; chi è già entrato in forma - è fisiologico, non sempre una scelta ben precisa. Insomma, il Tour Down Under qualche indicazione la può anche dare, ma, da quello che si è visto non dipende certo la stagione 2024.

Tour Down Under 2024 - La volata per il 5° posto nell'ultima tappa del Tour Down Under con arrivo a Mount Lofty  - Foto Kei Tsuji/SprintCyclingAgency©2024

Anche perché per alcuni sarebbero dolori: per Simon Yates, ad esempio, dato tra i favoriti, a maggior ragione dopo la caduta (con ritiro) del compagno di squadra Plapp, non è mai parso a suo agio sui due arrivi in salita (oddio, salita… ma questo è un altro discorso), ma il gemello della Jayco AlUla avrà modo di rifarsi dalle prossime gare. Sui due arrivi decisivi, invece dell’inglese di Manchester, si sono imposti uno scozzese, Oscar Onley, giovanissimo, ma già ben a suo agio alla seconda stagione piena tra i professionisti, uno che dagli Yates può trarre ispirazione come tipo di corridore, e un gallese, Stephen Williams, che tra alti e bassi inizia a confezionare un buon palmarès: tappa finale, quella del Mount Lofty, vinta, che gli ha permesso di portare a casa anche la classifica generale della corsa. Luca Vergallito, quel giorno, arriva 15° migliorando rispetto al giorno prima e chiudendo 17° e primo degli italiani anche nella generale. «Sul Mount Lofty stavo meglio, non c’era il caldo del giorno prima, poi sono partiti i quattro più forti e dietro nel gruppo siamo rimasti un po’ a guardarci, a controllarci, ma ho comunque chiuso nel secondo gruppo, e se vedi i nomi che c’erano, erano nomi di un certo peso, significa che sono andato forte». Vergallito aggiunge anche un altro particolare su cui sta lavorando per migliorarsi: il posizionamento. «Per questo preferisco corse un po’ più dure, dove magari la ricerca della posizione all’imbocco delle salite è meno complicata perché c’è già stata selezione. Tuttavia, questo è un aspetto che proverò a migliorare con l’esperienza. Già ho visto dei progressi, ma non sono ancora al livello in cui vorrei essere, anche se, c’è da specificare, non si tratta di un aspetto legato al fisico, dove dici: “mi alleno e se ho margini lo miglioro”; qui non è detto che ci si riesca, entrano in gioco altri fattori più tecnici e tattici. Io credo di poter migliorare anche all’interno della settimana, l’ho già visto in corsa: ho fatto progressi dalle prime alle ultime tappe. Oppure, a proposito di altri fattori in gioco, è importante avere una squadra che ti supporti. Certo, a me l’aiuto non è mancato, anzi, avendo la possibilità di fare la mia corsa ho avuto uno, due compagni che mi hanno supportato e che mi hanno messo nelle condizioni migliori».

Tornando alla corsa in generale: se il Tour Down Under fosse una corsa da verdetti già chiari, per alcuni sarebbero dolori: per gli altri velocisti, ripensando alle volate di Welsford che fa tre su tre spinto da una squadra compatta, la BORA-hansgrohe, con Mullen ad allungare il gruppo nel finale e Danny van Poppel a prenderlo per mano e lanciarlo verso il traguardo. Poi sia chiaro, bisogna avere la gamba giusta e Welsford in questo, proprio come successo lo scorso anno in Argentina, pareva messo proprio bene: è uno che sa partire forte. Sarebbero dolori per tutti ripensando ai numeri di un neoprofessionista come Del Toro, già in evidenza lo scorso anno tra gli Under 23, e pronti, via capace di vincere una tappa e di vestire la maglia di leader per un paio di giorni. Il giovanissimo messicano dell’UAE ha chiuso la corsa sul podio finale. La stagione è iniziata dando già diversi spunti, ma per fare sul serio e tirare le prime somme, bisogna pazientare ancora un po’.

Foto in apertura: Chiara Redaschi


Da Apeldoorn fino a Parigi: il punto della situazione

In questo inizio gennaio, come da recente tradizione, i ciclisti professionisti si sono divisi tra Spagna e Australia, per i ritiri e le prime corse della stagione, ma alcuni specialisti della pista hanno preferito i Campionati Europei su pista di Apeldoorn, Paesi Bassi, piuttosto che il caldo e le salite. Organizzare un evento come gli Europei durante il clou della preparazione della stagione su strada è significato dover ricevere qualche forfait, su tutti quelli di Viviani, Ganna e Tarling, impegnati in Australia, e di Dideriksen, che ha deciso di rimanere in ritiro con la sua Uno-X. Assenti anche gli atleti russi per una decisione delle autorità neerlandesi. Secondo il cittì Sergei Kovpanets, l’Unione Ciclistica Europea aveva garantito la partecipazione dei suoi corridori, per i quali la qualificazione olimpica è sempre più lontana. Infatti, in questi campionati continentali erano in ballo punti importanti in chiave Parigi 2024, ma i ticket olimpici saranno assegnati solo dopo le prove di Nations Cup di Adelaide, Hong Kong e Milton, quindi non sono da escludere ribaltoni dell’ultimo minuto.

Corsa a punti femminile - Foto Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2024

Archiviate le polemiche su forfait ed esclusioni forzate, all’Omnisport di Apeldoorn la prima giornata di gare si è consumata senza grandi sorprese. Come da copione, ad assicurarsi le medaglie d’oro nella velocità a squadre sono stati i Paesi Bassi al maschile e la Germania al femminile. Nel regno indiscusso dell’Oranjetrio, composto da Van den Berg, Lavreysen e Hoogland, si sono fatti notare anche gli Azzurri di Ivan Quaranta, che hanno fatto segnare un nuovo record nazionale (43.497), che è valso il sesto posto finale. Ad essere decisivo per il salto di qualità è stato Mattia Predomo, finalmente schierato in seconda frazione dove può esprimere al meglio la propria potenza. Tuttavia, per la velocità a squadre italiana il percorso verso le Olimpiadi di Parigi è tutt’altro che facile.

Team Sprint - Jeffrey Hoogland (NED) - Harrie Lavreysen (NED) - Roy van den Berg and - Tijm van Loon (NED) - Foto Davy Rietbergen/CV/SprintCyclingAgency©2024

Gli Azzurri si trovano al quattordicesimo posto del ranking olimpico, ben lontani dalla Polonia - bronzo ad Apeldoorn -, che occupa l’ottava e ultima piazza utile per Parigi. A rompere un digiuno che dura dalla qualificazione di Roberto Chiappa a Pechino 2008 non saranno neanche le due prime medaglie europee élite della storia della velocità italiana: Matteo Bianchi e Stefano Moro, entrambi molto lontani dalla qualificazione nelle discipline individuali.

Keirin Maschile - Harrie Lavreysen (Netherlands) - Mateusz Rudyk (Poland) - Stefano Moro (Italy) - Foto Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2024

All’Omnisport di Apeldoorn i due hanno conquistato rispettivamente l’oro nel chilometro - che non è parte del programma olimpico - e il bronzo nel keirin, due grandi risultati che però non devono illudere Quaranta e i suoi atleti. Nel chilometro, Bianchi, ventiduenne bolzanino in forze al Team Colpack, ha fatto registrare il miglior tempo sia nella fase di qualificazione (59.687) che in finale (1:00.272), ma al via era assente il neo recordman del mondo Jeffrey Hoogland, da anni su un altro pianeta. Più fortunoso, ma altrettanto degno di merito, il risultato di Moro. L’ex corridore di endurance, che ha virato da poco più di un anno sul settore veloce, ha fatto la propria fortuna seguendo meticolosamente e con grande intelligenza la ruota del polacco Rudyk, sia in semifinale che in finale. Una tattica rischiosa, che però ha dato i suoi frutti ed è valsa un bronzo contro un Harrie Lavreysen che si è preso gioco di tutti e ha vinto per più di mezzo secondo proprio su Rudyk.

Moro ha così migliorato il quarto posto di Predomo ottenuto all’Europeo di Grenchen dello scorso anno. Anche nella velocità individuale, Moro è riuscito a superare il promettente Predomo, che non ha ancora replicato le buonissime prestazioni fatte vedere nella velocità a squadre e non è riuscito ad andare oltre il diciassettesimo posto in qualificazione, registrando un deludente 9.983 nei 200 metri lanciati, per poi uscire al primo turno contro il ceco Topinka. Moro, invece, si è qualificato con il quattordicesimo tempo (9.942) ed è uscito solo al secondo turno contro l’israeliano Yakovlev, il quale ha poi strappato il bronzo ad Hoogland, tornando sul podio di una grande competizione internazionale, dopo tre anni e tante peripezie.

A vincere l’oro è stato il solito Lavreysen, qualificatosi nei 200 lanciati con il record della pista di 9.366, che in finale ha avuto la meglio su un sorprendente Rudyk. Al femminile, l’omologa del neerlandese è stata Emma Finucane, la quale però, oltre all’oro nella velocità individuale, si è dovuta accontentare di due medaglie d’argento nel keirin, vinto da Lea Sophie Friedrich, e nella velocità a squadre, vinta dal terzetto tedesco. La sprinter gallese è l’astro nascente della pista made in Britain - assieme a Josh Tarling nell’endurance maschile -, ma i suoi successi, tra cui spicca il mondiale di velocità vinto a Glasgow a soli vent’anni, sono solamente la punta dell’iceberg della rinascita della velocità femminile britannica iniziata sotto l’ala protettiva dell’australiana Kaarle McCulloch.

Women's Sprint - Emma Finucane (Great Britain) - Lea Sophie Friedrich (Germany) - Foto Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2024

Ne è testimone anche l’oro di Katy Marchant nei 500 metri con i tempi di 33.252 in qualificazione e di 33.319 in finale, che sono bastati a mettersi alle spalle Kouame, Grabosch e l’italiana Vece. Tuttavia, a differenza delle sue colleghe, Marchant è l’ultimo rimasuglio di una generazione precedente, infatti accanto a lei nella velocità a squadre hanno corso la classe 1998 Sophie Capewell ed ovviamente la classe 2002 Emma Finucane.

Non solo velocità femminile, per la Gran Bretagna sono piovuti successi anche nell’endurance maschile. Dopo l’argento di Tidball nell'eliminazione - vinta da Tobias Hansen - nella prima giornata di gare, è arrivato il titolo nell’inseguimento a squadre. Il quartetto composto da Bigham, Vernon, Tanfield e Hayter ha superato in finale una Danimarca che sembrava quasi imbattibile dopo i primi due turni: non a caso il tempo fatto segnare dai danesi nella semifinale contro la Germania è stato di quasi tre decimi più basso del tempo con cui sono stati battuti in finale. I britannici guadagnano così punti di fondamentale importanza nella corsa al ticket olimpico, dopo che il disastroso Mondiale di Glasgow li ha trascinati fuori dai dieci quartetti virtualmente qualificati ai Giochi.

Inseguimento a squadre maschile - Rasmus Pedersen - Frederick Madsen - Tobias Hansen - Carl-Frederick Bevort (DEN) - Foto Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2024

A completare il podio sono stati i campioni olimpici dell’Italia, orfani di Filippo Ganna, sostituito da Davide Boscaro alla luce dell’assenza di Manlio Moro, con una prestazione sicuramente migliorabile. È andata invece meglio al quartetto femminile, composto da Fidanza, Paternoster, Balsamo e Guazzini, che ha superato la Gran Bretagna in finale con il tempo di 4:12.551, prendendosi una bella rivincita dopo l’argento di Grenchen. Per le azzurre è una grande iniezione di fiducia in vista delle Olimpiadi, dopo l’addio di Rachele Barbieri e il deludente quarto posto di Glasgow. C’è però un’altra inseguitrice azzurra che ha sorpreso tutti all’Omnisport di Apeldoorn: Federica Venturelli. La classe 2005, convocata in extremis da Marco Villa, nell’inseguimento individuale ha centrato la finale per il bronzo, poi persa con il tempo di 3:27.475 contro la britannica Anna Morris. Una prestazione notevole, considerando che Venturelli era al primo test sulla distanza di tre chilometri: chissà se la diciannovenne cremonese entrerà nella rotazione del quartetto già in vista delle Olimpiadi di Parigi.

Inseguimento a squadre femminile - Vittoria Guazzini (Italy) - Elisa Balsamo (Italy) - Letizia Paternoster (Italy) - Martina Fidanza (Italy) - Foto Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2024

Non si può definire altrettanto positiva l’uscita degli uomini di Villa: il quartetto si è rivelato ancora una volta Ganna-dipendente e sono mancati i risultati anche nelle discipline di gruppo, in cui Consonni e Scartezzini non hanno replicato le prestazioni degli scorsi Europei e il giovanissimo Fiorin ha corso lo scratch - vinto da Leitão - solamente per fare esperienza. Proprio come Fiorin, un altro uomo del magico quartetto azzurro juniores detentore del record del mondo è stato lanciato nella mischia ad Apeldoorn, ovvero Luca Giaimi, neo acquisto della Uae Gen Z, che ha chiuso l’inseguimento individuale al dodicesimo posto con il tempo di 4:17.379, ben lontano dal vincitore Dan Bigham, che battendo in finale il connazionale Charlie Tanfield ha ottenuto il primo titolo internazionale individuale della sua carriera.

Ironia della sorte, questo primo successo dell’ex recordman dell’ora è arrivato proprio contro uno dei suoi compagni di squadra al Team KGF, la squadra di quattro dilettanti britannici - gli altri due erano Wale e Tipper - che nel 2017 vinse il titolo nazionale dell’inseguimento a squadre contro la nazionale britannica e diverse medaglie in Coppa del Mondo, rivoluzionando per sempre il modo di correre questa disciplina con le loro innovative tattiche. Nel 2017, in quella nazionale britannica era già presente il futuro vice-campione olimpico della madison Ethan Hayter, che ad Apeldoorn, oltre all’oro nel quartetto, ha conquistato il titolo europeo nell’omnium, battendo il danese Niklas Larsen in virtù del piazzamento all’ultimo sprint della corsa a punti. Il londinese, che su strada difende i colori della Ineos, si è così riscatatto dopo una deludente madison chiusa al settimo posto con lo scozzese della Corratec Mark Stewart, il quale dopo quest’ultima uscita difficilmente sarà il compagno di Hayter a Parigi.

Eliminazione maschile - Jules Hesters (Belgium) - photo Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2024

La vera delusione dell’americana è stata però la coppia neerlandese composta da Havik e Van Schip, campioni del mondo in carica, che non è riuscita ad andare oltre all’ottavo posto. I padroni di casa avevano addirittura fatto anticipare la gara per poter partecipare alla Sei giorni di Brema, ma lì sono stati battuti dai neo campioni europei Reinhardt e Kluge, due leggende della madison tedesca che a Parigi tenteranno di coronare il proprio duraturo sodalizio con una medaglia. A differenza dei teutonici, i danesi si stanno avvicinando a Parigi lanciando una nuova strana coppia. La leggenda della pista Michael Mørkøv ha infatti corso tutto l’inverno con il classe 2005 Theodor Storm, neo acquisto della Ineos, e probabilmente lo vorrà al suo fianco anche nella sua ultima madison olimpica, malgrado i vent’anni di differenza tra i due. Consonni e Scartezzini, noni, non hanno brillato a differenza delle colleghe donne.

Madison femminile - Vittoria Guazzini (Italy) - Elisa Balsamo (Italy) - Foto Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2024

Guazzini e Balsamo hanno confermato il bronzo europeo dello scorso anno piazzandosi alle spalle delle francesi Fortin e Borras e delle belghe De Clercq e Kopecky. Per Lotte Kopecky questa è stata la terza medaglia europea della rassegna, dopo i due ori conquistati il sabato con una prestazione degna di una pluri campionessa mondiale come lei. La fuoriclasse belga ha prima vinto la corsa a punti piazzandosi in quasi tutti gli sprint e dopo neanche cinque minuti ha dominato l’eliminazione come solo lei sa fare. Due titoli europei in poco più di un quarto d’ora: fortunatamente Kopecky è la maglia iridata di entrambe le discipline e non ha dovuto perdere tempo per cambiare body!

Questi Campionati Europei non ci avranno detto chi tornerà a casa con una medaglia dai Giochi Olimpici di Parigi, ma senz’altro sono serviti per capire a che punto sono i pistard di tutta Europa: c’è chi è già pronto, come Lavreysen e Finucane; chi deve apportare ancora qualche miglioramento, come il quartetto danese; e chi deve dare il massimo nelle prossime tappe di Nations Cup per strappare una difficile qualificazione olimpica, come la velocità a squadre italiana.


In cerca di successo: 10 corridori che inseguono la prima vittoria da professionista

La stagione sta per iniziare, non pare vero. Il tempo vola se ci riferiamo a un arco ristretto, ma accade lo stesso e ci guardiamo indietro: “sembra ieri” diciamo il più delle volte. E allora facciamo un gioco, direbbe "L’Enigmista" (non Bartezzaghi anche se pure stamattina gli saranno fischiate le orecchie, lo si ama e lo si odia).

Tuttavia, non sbrodoliamoci e veniamo al dunque: sembra ieri che alcuni corridori, che qui elencheremo, sono passati professionisti, invece è già qualche anno, e alcuni di questi non hanno ancora assaporato il gusto della vittoria. C’è stato chi, come Pastonesi in passato, ne fece un vero e proprio cavallo di battaglia, oggi, noi, almeno chi scrive, non persegue lo stesso lato romantico della faccenda, ma vuole far conoscere 10 corridori (ce ne sono di più, logico, alcuni interessanti sono rimasti fuori) che non hanno ancora vinto e che inseguiranno il primo successo da professionista in questo 2024.

Una sola regola: non si è tenuto conto di chi è passato professionista nel 2023.

TIM DECLERCQ

Tim Declercq (BEL) - Foto Massimo Fulgenzi/SprintCyclingAgency©2023

Il trattore ha cambiato squadra, dalla Quick Step alla Lidl-Trek. Fa quasi rima. Ha cambiato squadra, ma non attitudine, con gli americani lo troveremo a tirare, tirare, tirare, tirare, tirare, eccetera. Qualche anno fa, quando ritirò il premio del miglior gregario dell’anno, indetto da non ricordo bene quale rivista, sito o cose simili, usò una delle frasi fatte più note che accomunano corridori lenti come la melassa (cit.): “in una volata a tre, io arrivo quarto". Tra l’altro pare sia successo davvero. Si sbloccherà?

% di possibilità di ottenere la prima vittoria nel 2024: 0%

FREDERIK FRISON

Frederik Frison (BEL - Lotto Dstny) - Foto Roberto Bettini/SprintCyclingAgency©2023

Un vecchio adagio del ciclismo afferma come i corridori in scadenza di contratto all’improvviso inizino ad andare più forte. In particolare questa sindrome - lo racconta, se non sbaglio, De Gendt nel suo libro - colpisce duramente i belgi. Forse è qualcosa nell’aria, nell’acqua, nella birra o nel cioccolato. O forse è colpa degli abitanti di Namur e della loro invenzione (le patatine fritte!). Insomma, Frison, dopo anni di anonimato lo scorso anno volava al Nord, fino a ottenere il rinnov… no, non è vero Lotto non l’ha rinnovato ma lui è andato in una squadra ambiziosa, simpatica e che al posto di un nome ha una sigla strana. Avrà il suo spazio per provarci.

% di possibilità di ottenere la prima vittoria nel 2024: 5%

JUANPE LOPEZ

Juan Pedro López (ESP - Lidl - Trek) - Foto Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2023

Non lo sapevo e ci sono rimasto male, ero convinto che al Giro avesse vinto una tappa, poi sono andato a riprendere l’arrivo sull’Etna - ero lì, ma faceva freddo e c’era vento e stavamo mangiando cannoli e arancini (sì, arancini e non arancine) - e ho visto che vinse Kämna, mentre Lopez prese la maglia rosa che gli stava pure bene. Ho come un sogno su di lui, un articolo che non ho mai più ritrovato e che raccontava un fatto curioso: prima di correre o forse nel tempo libero, faceva il panettiere o pasticcere, se trovate qualche informazione aiutatemi. Ah, per vincere deve arrivare tutto solo soletto e in una tappa di montagna. Difficilissimo, ma non del tutto impossibile.

% di possibilità di ottenere la prima vittoria nel 2024: 10%

HAROLD TEJADA

Harold Tejada (COL - Astana Qazaqstan Team) - Foto Tommaso Pelagalli/SprintCyclingAgency©2023

Ci sono corridori e corridori. Ci sono quelli che vincono e scompaiono per mesi e anni, altri che diventano corridori di livello assoluto e ci rimangono, che sanno vincere e sanno essere pure continui. Ci sono quelli che sembrano persino crescere stagione dopo stagione! E li si può anche aspettare con calma. Com’è possibile? Ci sono quelli regolari su cui puoi contare, e Tejada è uno di questi. Ha l’età giusta pure per vincere una tappa al Giro d’Italia, però prima c’è da chiedere il permesso a Pogačar.

% di possibilità di ottenere la prima vittoria nel 2024: 15%

MATTEO FABBRO

 

Matteo Fabbro (ITA - Bora - hansgrohe) - foto Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2023

Segna per noi, Matteo Fabbro, segna per noi Matteo Fabbro oooh-oooh ecc ecc. Il friulano sarà la punta di diamante della scintillante nuova squadra di Bassoeccontador, il team Polti. Peccato solo non aver scelto una maglia con il design che richiami quella degli anni ‘90 (ma secondo me hanno in serbo qualche sorpresa, una maglia speciale per il Giro pronta a sbancare il botteghino), altro discorso. Insomma, Matteo Fabbro, come dobbiamo fare per vincere? Per me si può fare, ma la strada è solo una e si chiama F-U-G-A. Se vogliamo vincere una robetta di peso, una tappa al Giro, alla Tirreno cose così. Se invece vogliamo iniziare, com’è giusto anche che sia da qualcosa di piccolo, allora fatti portare in Spagna, dove si sta bene e c'è il terreno adatto e cerchiamo di rosso un bell’arrivo in salita, possibilmente in una gara con una concorrenza non elevatissima e sprigioniamo i cavalli friulani, quelli che da Under facevano presagire un buon futuro. Per me, ripeto, si può fare.

% di possibilità di ottenere la prima vittoria nel 2024: 25%

MAX KANTER

Max Kanter (GER - Movistar Team) - Foto Ilario Biondi/SprintCyclingAgency©2023 

Ha un nome a metà tra un filosofo e un pornostar, se lo guardi in faccia sembra appartenere alla gioventù kitteliana, è un velocista di buon livello, tiene pure bene se il finale è tortuoso. Ha già 27 anni, e tra una cosa e l’altra questa è l’ottava stagione tra i professionisti. Insomma: cos’è andato storto? Non si sa, pare un giorno abbia comprato uno strano oggetto al mercato e abbia scoperto che strofinandolo (non sappiamo cos’era quell’oggetto, e non ci teniamo a scoprirlo, ne sappiamo cosa si intenda per "strofinandolo" né dove, né come) avrebbe dovuto rispondere alla domanda: preferisci arrivare 50 volte secondo o vincere una corsa? Ha scelto la prima perché la domanda gli era stata posta in kazako e lui la lingua non la conosce, andando in confusione.

% di possibilità di ottenere la prima vittoria nel 2024: 40%

 

ANDREA PICCOLO

Andrea Piccolo (ITA - EF Education - EasyPost) - Foto Luis Angel Gomez/SprintCyclingAgency©2023

Andrea, piccolo grande uomo. A sprazzi ci fai godere, ad altri ci fai arrabbiare (si fa per dire, ti si vuole un mondo di bene), abbiamo un desiderio (magari proviamo a strofinare anche noi l’oggetto di Kanter, anche se in effetti non funzionava proprio così…) ovvero quello di vederti vincere una corsa, anzi adesso barattiamo noi, fateci parlare con chi ha inventato quella cosa che al mercato Maxkanter comprò. Insomma, in cambio di una carriera opaca o di alti e bassi ti vogliamo one-season-wonder e quest’anno vinci tutto il possibile. Affare fatto?

% di possibilità di ottenere la prima vittoria nel 2024: 50%

LEWIS ASKEY

Lewis Askey (GBR - Groupama - FDJ) - Foto Jan De Meuleneir/PN/SprintCyclingAgency©2023 

L'ho visto salire sull’Alpe d’Huez zaino in spalla, divisa della FDJ, sorridente. Era il 14 luglio e c'era una festa assurda su quella salita tanto mitica quanto brutta. Tutti aspettavano Pinot, lui era un ragazzo in gita, anche se ben tirato. Askey fa così perché ama l’aria aperta e il ciclismo, il ciclismo per il momento non sembra amare lui, se è vero che alla Roubaix ha chiuso con un ginocchio aperto in diversi punti, e se è vero anche che, non ce lo siamo immaginati, lo scorso anno ha perso la Paris-Tours da favorito, almeno in quel gruppetto, la volata con uno stagista americano di età non ben definita e che sinceramente non avevo mai sentito nominare. Gli do buone chance, però deve essere più cattivo e iniziare a odiare questo sport di merda.

% di possibilità di ottenere la prima vittoria nel 2024: 75%

ANDERS HALLAND JOHANNESSEN

Anders Halland Johannessen (NOR - Uno-X Pro Cycling Team) - Foto ReneÕ Oehlgen/HRSprintCyclingAgency©2023

 

Ci sono gemelli e gemelli, ecco lui è il gemello meno forte, ma non per qualcosa, perché Tobias non è solo quello forte dei due, ma perché Tobias lo è proprio a livello assoluto. Anders è un po’ la sua stessa versione con qualche watt in meno, ma si può lavorare per limare alcuni aspetti. Nel caso non dovesse riuscire a sbloccarsi entro fine stagione pare abbiano già fatto il patto che l’uno prenderà i panni dell’altro per andare a vincere. Poi come succede in questi casi capaci che a parti invertite finisca per vincere Anders nei panni di Tobias, e che Tobias nei panni di Anders finisca secondo. Chiaro il concetto, no?

% di possibilità di ottenere la prima vittoria nel 2024: 90%

NICOLA CONCI

 

Un altro che mi ha lasciato senza parole alla scoperta delle zero vittorie in carriera, anche perché questo da Under 23 andava fortissimo, vinceva, scattava, era esplosivo, eccetera, eccetera. Io faccio una scommessa, con chi se la sente, per me quest’anno si sblocca e vince una corsa importante.

% di possibilità di ottenere la prima vittoria nel 2024: 100%