L’estate piena, settembre dietro l’angolo, l’autunno che attende: l’ultima estate, l’ultimo autunno da corridore perché quelli come Nibali hanno qualcosa di antico a cui ben si abbina la parola corridore, come avrebbero detto i nostri nonni. Pensare che fra un anno, a Messina, Nibali potrà dire “un’estate fa” e parlare di quando ancora era corridore potrebbe mettergli malinconia; quella sensazione che si prova quando qualcosa finisce, quando i viaggi finiscono, che non è, poi, tristezza perché una parte di bellezza c’è anche nella malinconia. Il punto è che, in questa estate che è ancora, Vincenzo Nibali quel viaggio lo sta vivendo senza pensare alla fine o, per quanto, pensandoci in maniera diversa.
Vuelta a Burgos. Quinto nella prima tappa, all’attacco ieri, in un finale mosso con tutta l’intenzione di chi questo viaggio vuole goderselo. Proprio ieri qualcuno ci ha detto: «Certo che vedere scattare lo Squalo…», una frase sospesa che, però, non lascia dubbi. C’è una sorta di ritorno alle origini in Nibali: le proprie e quelle del ciclismo.
Le proprie ovvero quelle di un ragazzo che scattava sulle strade siciliane e faceva a gara con altri ragazzi come lui. Che, tempo dopo, nelle prime gare si affidava alle “vibrazioni” e agiva di conseguenza, talvolta sbagliando. Le origini di Nibali che sono, con tutte le differenze del caso, le origini di qualsiasi ragazzo che inizia a correre in bicicletta e che sono, forse, le origini stesse del ciclismo.
Anche Nibali, il campione che tanto ha vinto, sa che, quando si inizia a pedalare, si ha il sogno di vincere, indubbiamente, ma il ciclismo lo si sceglie per sensazioni genuine che appartengono a tutti e che tutti possono capire: una discesa veloce, il brivido in una curva, la vetta di una salita, gli amici che non tengono più la tua ruota. Vincenzo Nibali in questo non fa differenza: ha sempre fatto tutto questo, solo più in grande: al Giro, al Tour, alla Vuelta, alla Milano-Sanremo o a “Il Lombardia”.
Un campione non scorda mai tutto questo anche se per le persone è colui che ha vinto due volte il Giro d’Italia e il Tour de France. Non lo scorda mai e quando tutto si fa più lieve torna a godersi questo viaggio. Anche ora, mentre le sagome dei ciclisti sull’asfalto si accorciano, come il tempo che manca. E quando scatta, chi lo vede, pensa sempre: «Certo che vedere Nibali scattare…»