La settimana del World Tour riparte dall’UAE Tour e dall’UAE Team Emirates, in particolar modo dal numero uno al mondo, Tadej Pogačar, numero uno di fatto, di maglia e a fine corsa:  vince due tappe su due con arrivo in salita e conquista la classifica finale. Non si limiterà a controllare o vincere, ma stravincerà. Dà spettacolo anche quando calca la mano, forse un po’ troppo: attacca in pianura in una tappa a cui lui non avrebbe dovuto chiedere nulla perché nulla avrebbe dovuto ricevere in cambio. Una tappa piatta in mezzo al niente. Però, si sa, è fatto così: «avevo fatto una scommessa con Florian Vermeersch, mio compagno di squadra – ha raccontato al termine della quinta giornata, su sette, di gara – qualora avessi vinto la tappa lui si sarebbe tatuato il suo soprannome».

C’è una scena particolare che resta sempre da quel giorno ed è il momento in cui il gruppetto in fuga (dentro oltre a Pogačar e al solito mix italo-centroamericano formato da corridori di Vf Group Bardiani e Solution Tech, ci sono anche van Eetvelt e Langellotti, uomini di classifica, e Novak compagno di squadra dello sloveno campione del mondo) incrocia da una carreggiata all’altra il gruppo inseguitore e Novak saluta con gesto di scherno. Hybris o goliardia fate voi, in gruppo rispondono sottintendendo, platealmente, “ci vediamo dopo!”. Chissà come sarà andata nel dietro le quinte di quello show. Fatto sta che una volta ripresi il finale sarà un caos tra cadute prima e durante la volata e persino dopo il traguardo, con Merlier, vincitore, che si ribalta, inscenando un virtuoso treesessanta non riuscito del tutto, nel tentativo di evitare un cameraman, rischiando di farsi molto male, seriamente male.

Altro momento della corsa lo regala Jonathan Milan che vince due volate in modi totalmente differenti. La prima nella tappa d’apertura con arrivo in leggera salita, partendo da lontano, sfruttando i rilanci altrui e offrendo una progressione e una resistenza che ha visto finora pochi eguali in sprint di gruppo. Una delle sue volate più belle… fino a due giorni dopo, quando, sulla linea del traguardo, batte Tim Merlier e Jasper Philipsen. Prove generali di Tour de France, dove i tre più forti sprinter al mondo si ritroveranno a giocarsi l’ambito appellativo. Al momento non ci vergogniamo a sbilanciarci e sostenere che, forse, il corridore friulano ha qualcosa in più degli altri, a partire dai margini dati dall’età. La volata è stata un compendio di meraviglie dello sprint: Simone Consonni pilota Milan partendo come una pallottola e permettendo al suo compagno, anche di nazionale su pista, di iniziare il suo sprint in testa. Milan parte alla pari con Welsford: l’italiano vincerà, l’australiano chiuderà 17°, questo a simboleggiare lo strapotere milaniano. Bert Van Lerberghe trascina fuori Merlier dal pantano della venticinquesima, trentesima posizione, lasciandolo a ruota di Milan nel momento più opportuno, Jasper Philipsen si muove col solo Robbe Ghys in aiuto e i tre riusciranno a regalarci uno sprint ricco di classe, velocità, esplosività, potenza, magnetismo. Vero che gli sprint fanno paura, ma con quei tre sanno essere anche un grande divertimento.

Poi, certo, non vogliamo peccare di partigianeria e va detto come Merlier pareggi i conti a fine corsa sul 2-2, vincendo tappa 5 e tappa 6, inventandosi un’azione d’anticipo strepitosa tutta da rivedere, partendo dalla quindicesima posizione e vincendo per distacco, azione da lasciare a bocca aperta e che finisce dritta dritta nell’immaginario libro dei migliori ricordi della stagione che tutti pensiamo di compilare e completare quando siamo ancora a febbraio.

Due parole per uno che più giovanissimo non è ma che sembra aver maturato la giusta intenzione: Giulio Ciccone è nella dimensione di chi si può giocare le grandi corse e qui lo ha dimostrato, mostrando persino miglioramenti a cronometro. Peccato sia nell’epoca dei fenomeni, ma quando ne avrà l’occasione (ovvero le assenze di quelli lì) dovrà coglierla, magari al Giro.

E applausi finali per due corridori ancora acerbi: Ivan Romeo che cresce, ne abbiamo già parlato e visto che è giovane lo diciamo come direbbe la sua generazione: gasa. Chiude quarto la classifica generale conquistando la maglia di miglior giovane. Joshua Tarling che vince la cronometro, settima vittoria tra i professionisti, seconda nel World Tour per un ragazzo che ha compiuto 21 anni dieci giorni fa esatti. Tarling ha tenuto per diversi giorni la maglia bianca e ha provato anche a resistere in salita. Occhio a lui nelle classiche del Nord perché è completo e ha il profilo giusto.