La chiave della discussione si rintraccia nel nuovo regolamento UCI, entrato in vigore il primo aprile, agli articoli 2.2.025 e 2.3.025. La norma è chiara: «Gettare borracce o rifiuti al di fuori delle zone verdi contrassegnate danneggia l’ambiente e l’immagine del nostro sport. Inoltre è un cattivo esempio per i non professionisti». Così la federazione internazionale ha provveduto a identificare apposite sanzioni per i trasgressori. Nelle gare di un giorno il corridore verrà multato, squalificato dalla gara in corso e subirà una penalizzazione in termini di punti . Nelle corse a tappe saranno possibili tre richiami: al primo si applicherà la multa e la penalizzazione in chiave punti valevoli per il ranking UCI oltre a trenta secondi di penalità, al secondo la penalità passerà a due minuti e si sommerà alla multa e ai punti di penalizzazione. Al terzo scatterà la squalifica immediata dalla corsa.
Se nei giorni precedenti la regola aveva fatto parlare, la vera e propria discussione è iniziata dopo il Giro delle Fiandre di domenica 4 aprile, dove a fare le spese del regolamento sono stati Michael Schär, nella prova maschile, e Letizia Borghesi in quella femminile. Raggiunta telefonicamente nel pomeriggio di ieri, Alessandra Cappellotto, coordinatrice di Cpa Women e vice presidente di Accpi, ci ha spiegato il processo di ideazione della norma: «Fino all’ultima riunione in Uci la norma era differente. Si scriveva che le borracce non potevano essere lanciate, ma potevano essere accompagnate verso i tifosi. I rappresentanti degli atleti conoscevano questa versione. Nell’ultima riunione, in cui gli atleti non erano però presenti, sono emerse queste novità, tra cui le multe e le squalifiche. Noi non siamo assolutamente d’accordo e abbiamo chiesto un ulteriore incontro all’UCI per discutere di questo specifico argomento, con anche i rappresentanti dei team maschili e femminili. Il 6 aprile ci siamo confrontati con le atlete e abbiamo ascoltato le loro idee. C’è una forte sensibilità da parte di tutti al discorso ecologico, al discorso della sicurezza nel passaggio della borraccia e anche alla tematica Covid che si innesta su questo argomento. La volontà è quella di rendere possibile almeno l’accompagnamento della borraccia o la donazione della stessa ai tifosi, in salita, in curva o nei momenti di rallentamento. Sarebbe un buon compromesso».
Michael Schär, nei giorni scorsi, ha spiegato come il suo inizio nel ciclismo sia coinciso proprio con il ricevimento di una borraccia da parte di un professionista al Tour de France 1986. «Due anni fa ho dato una borraccia a una ragazza a bordo strada. I suoi genitori mi hanno detto che non solo ne è stata felice, ma parla ancora di quella borraccia» prosegue lo svizzero dell’Ag2r Citroen. Letizia Borghesi (Aromitalia Vaiano), ci ha spiegato: «Appena ho buttato quasi istintivamente quella borraccia, mi si è avvicinato il giudice di gara e mi ha trattato come se avessi compiuto chissà quale gesto. Ho sbagliato, conoscevo il regolamento e l’ho violato, ma credo che i modi siano sempre importanti. Vedo manovre ben più pericolose in gruppo per cui nessuno interviene. A trenta chilometri dall’arrivo di un Fiandre la lucidità cala e per noi il gesto di gettare la borraccia è quasi automatico». C’è delusione nelle parole dell’atleta trentina: «Avrei voluto tornare in quel luogo qualche minuto dopo, per vedere se la mia borraccia fosse ancora lì. Sono convinta di no. Sono la prima a tenere all’ambiente ma questo regolamento è da rivedere, perché non migliora la situazione. Nelle zone verdi le atlete gettano di tutto: carte, gel e molte borracce che rotolando rischiano di finire in mezzo al gruppo e causare incidenti. E se a un atleta cadesse una borraccia? Sarebbe squalificato? Dobbiamo gareggiare con l’ansia della caduta di una borraccia? Vanno bene i richiami ma squalificare, multare e togliere punti Uci è francamente eccessivo».
Borghesi suggerisce di migliorare la composizione delle borracce in termini di biodegradabilità e di rendere possibile gettare la borraccia solo in zone con il pubblico presente. Le fa eco Giovanni Visconti: «Ci sono persone che transitano apposta sui percorsi per raccogliere le borracce. Perché non incaricare qualcuno di passare sul percorso a ripulirlo? Ci sono circostanze di gara in cui è quasi necessario liberarsi della borraccia, la zona verde dovrebbe essere estesa a quasi tutto il percorso. Prima delle squalifiche servirebbero i richiami e per quanto concerne le multe, non si possono dare sanzioni pecuniarie che in alcuni casi, purtroppo nel femminile, sono anche superiori allo stipendio». E per quanto riguarda la tematica Covid? «Nessun bambino beve dalle borracce che raccoglie e, sicuramente, arrivato a casa si lava le mani. Se andassi con mio figlio a una partita di calcio sarei solo contento se portasse a casa un pallone toccato dal suo idolo. Certo non glielo farei portare a tavola. Si tratta di buon senso». Visconti non accetta la polemica sul fatto che i corridori non siano adeguatamente avvisati. «Riceviamo mail al termine di ogni gara in cui ci chiedono di esporre la nostra posizione. Certo che se quelle mail non le leggiamo o non rispondiamo, diventa difficile ascoltarci. Quello che si può fare è migliorare il metodo di comunicazione in modo da arrivare a più corridori e da farlo direttamente».
Marta Cavalli (FDJ – Nouvelle Aquitaine – Futuroscope) ricorda quando era lei stessa ad andare a vedere le gare. «Essendo timida non ho mai avuto il coraggio di chiedere una borraccia, ma ammiravo i bambini che lo facevano. Come mi piaceva quando, nelle gare del nord, venivano molti ragazzini con un sacchetto e raccoglievano quanti più ricordi fosse possibile». E aggiunge: «Ben venga che l’UCI proponga regole per salvaguardare l’ambiente, così però è troppo. Purtroppo ho visto io stessa atleti e atlete che lanciano borracce a sessanta chilometri orari, senza far caso alla direzione presa dalle stesse. No, le borracce vanno fatte scivolare delicatamente ai piedi, nelle zone in cui il pubblico è presente, non serve arrivare a queste soluzioni per capirlo». Cavalli, inoltre, non è così sicura del fatto che le zone verdi siano un bene strutturate in questo modo. «Ti assicuro che quando il gruppo era appallato, volava di tutto. Persino le carte che tendenzialmente mettiamo sotto la maglia e gettiamo al traguardo. Siamo sicuri che l’organizzazione riesca a pulire tutto? Al Fiandre si trattava di ben otto zone. Io ho il timore che si aumenti l’inquinamento».
Diego Rosa (Arkéa Samsic) si aggancia a questo tema e prosegue: «Al Tour de France, lo scorso anno, eravamo ben organizzati con le zone verdi, ma si tratta del Tour. Nelle gare minori, a volte, si fatica a segnalare il Gpm, possiamo immaginarci come possa avvenire l’indicazione di tutte le zone. Succede sempre così: l’idea iniziale è corretta, poi si finisce per esasperarla. I corridori sono dotati di buon senso, si faccia leva su quello. Duole dirlo ma chi scrive queste regole non è mai stato in sella e non ha ben idea di ciò che avviene in gruppo. Non sa nemmeno cosa voglia dire portare le borracce ai compagni e tornare indietro con le borracce vuote».
Silvia Valsecchi della BePink, invece, concorda con la nuova norma. «Alcune atlete non si sforzano nemmeno di lanciare le borracce a bordo strada, le buttano in gruppo, senza guardare chi hanno dietro. Una volta mi sono permessa di dire a una ragazza di non gettare la borraccia vuota in una zona senza pubblico ma di tenerla in tasca. Sono stata presa a male parole. A parte il fatto che non è detto che il pubblico raccolga le nostre borracce, c’è una questione ambientale da tutelare. Sinceramente non capisco nemmeno la questione rifornimenti. Ho sempre preso le borracce per le mie compagne dall’auto e ho riportato quelle vuote. Come ho gettato le borracce utilizzate ai punti fissi, dove ho preso acqua. Ora in più c’è la questione Covid, che non mi sembra trascurabile». Valsecchi appunta: «Sono anni che si dice di non gettare nulla ma ognuno fa ciò che vuole. Ovviamente, ora che si parla di multe, molti si lamentano».
Cesare Benedetti (BORA-hansgrohe) in questi giorni, è in corsa al Giro dei Paesi Baschi: «Non sapete come è brutto passare indifferenti mentre i bambini gridano “por favor, un bottellìn”, sapendo che hai una borraccia vuota nel portaborracce ma non puoi regalarla. Sarei bugiardo se dicessi di non aver mai gettato una carta per terra, sicuramente, però, mi sono sempre impegnato a mettere tutto in tasca. La carta di una barretta non ha alcun peso e non va gettata. Non ci sono scuse, la regola è giusta». Diverso, spiega Benedetti, è il discorso borracce. «Quando mia moglie portava mia figlia al Tour de Pologne, le ho sempre raccomandato di fare attenzione perché alcuni corridori lanciano borracce nel mucchio e ad alta velocità senza guardare. Ho discusso più volte con chi fa così. Può finire male, molto male. Le borracce restano un oggetto personale del corridore, qualcosa che ai tifosi interessa particolarmente, non è giusto privarli di questo souvenir. Ben vengano le zone verdi, si vieti di lanciare la borraccia ma si consenta il passaggio agli spettatori».
Sonny Colbrelli (Bahrain Victorious) estende il discorso: sono diversi i dettagli da rivedere nel regolamento UCI, non solo la parte riguardante le borracce. «Mi sto riferendo alla tematica della posizione in bicicletta. Credo sia corretto dire che dobbiamo dare il buon esempio, ma non siamo degli sprovveduti. Sappiamo bene i rischi che corriamo e li ponderiamo attentamente». Sul tema borracce, poi, Colbrelli vorrebbe la cancellazione della norma. «Chi è ai bordi della strada ad aspettare la gara non aspetta solo gli atleti, attende anche un ricordo da portare a casa. Ci sono persone che espongono cartelli in cui chiedono di lasciare una borraccia. Spiace non poterlo fare. In ogni caso, se la regola rimarrà, ci adegueremo. non possiamo fare altro». Intanto il dibattito prosegue, in questi giorni sono previste altre riunioni degli organi competenti.
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