7112 giorni fa, oltre diciannove anni, l’ultima volta che pioggia e Paris-Roubaix si sono guardate negli occhi e poi parlate. Vinse Johan Museeuw, non uno qualsiasi, mai. Che su quelle strade rischiò di farsi amputare un ginocchio. Quel 14 aprile del 2002 fu praticamente il suo ultimo grande successo. Terzo arrivò Tom Boonen all’epoca giovane speranza belga e mondiale che nell’Inferno del Nord fece conoscere la sua leggenda fino a scoprirne poi la più grande beffa.

903 giorni dall’ultima Parigi-Roubaix. La più penalizzata delle corse causa pandemia. Quel giorno van Aert cadde, inseguì, poi saltò. Gilbert se ne andò via con Politt e lo superò dentro il velodromo intitolato a Stablinski. In mezzo tra quella e questa Roubaix il mondo ha conosciuto un po’ di tutto, il ciclismo si è adeguato alle inevitabili trasformazioni.
Sagan ha smesso di dominare: 9 successi negli ultimi due anni e mezzo, su oltre 100 in carriera fino a quel giorno. Gilbert ha visto il suo declino accelerato da età, brutte cadute e infortuni. Froome non avrebbe vinto più un Grande Giro, anche lui invischiato tra cadute e tempo che passa. Sarebbe iniziata l’epoca degli sloveni e di Bernal, sarebbe arrivato Carapaz dall’Ecuador. Aru avrebbe smesso di correre, i danesi avrebbero raggiunto l’età dell’oro e Alaphilippe, in un paio di anni, avrebbe vinto due mondiali in fila. Evenepoel avrebbe fatto conoscere a tutti, sempre più velocemente, forza e spavalderia. E poi van Aert e van der Poel, e quel dualismo a riempire le pagine.

Già, van Aert e van der Poel (anche) oggi favoriti ma poi magari vincerà qualcun altro perché è il bello del ciclismo, perché è il fascino della Roubaix dove puoi essere in giornata di grazia, ma poi, appunto, il diavolo travestito da viscido pavé e (finalmente, diciamolo) da fango, ci mette sempre lo zampino. Figuriamoci domani che è prevista (altra) pioggia. E servirà una dose di fortuna incredibile oltre a malizia nella guida e poi quell’esperienza che arriva dal ciclocross risulterà fondamentale.

E allora sembrava veramente che non dovesse accadere più, come quando ti ritrovi a fare un incubo e non riesci a uscirne e ti senti soffocare e invece siamo qui a immaginarci il gruppo in fila per prendere Arenberg, a sperare che ne escano tutti intatti perché già è complicato di suo, immaginatevi dopo la pioggia, tutti sparati a limare che anche se guidi bene o salti come un grillo da un buco all’altro non sai mai cosa ti può accadere. E puoi forare nel momento decisivo, ti si può rompere la bici, eccetera.

Pensi alle Carrefour de l’Arbre e ai settori, e ai colori che saranno grigi e marroni, ai campi intorno pronti per la raccolta, all’erba più alta di quando è aprile, e a punti in cui ci sarà tifo indemoniato per tutti. E pensi a favoriti e outsider: da quanto tempo abbiamo sognato questo momento? Pensi all’armata Deceuninck che non ha i favoriti assoluti ma se sommi Asgreen, Sénéchal, Štybar e Lampaert puoi tirarci fuori il vincitore. Pensi a Stuyven che ha il colpo in canna ancora dal Mondiale; ti aspetti Sagan che per vincere quella volta si mosse da lontano e gli altri si guardarono. Pensi a Colbrelli (che sarà qui la prima volta e a Roubaix serve esperienza, tanta) o Moscon che qui ci fece sobbalzare per qualche istante quando entrò nel velodromo pizzicando il gruppo di testa e provò persino ad anticipare la volata.

E poi la lista dei nomi pare infinita ma non importa, quello che importa è che dopo quasi mille giorni torneremo a vedere quella che per la maggior parte del gruppo è “la gara che ho sempre sognato da bambino”. Seppure sarà maledettamente dura, pure noi la sogniamo.
Bentornata Roubaix, Inferno del Nord, purgatorio di fatica, paradiso ciclistico.

IL PERCORSO

257 km: 54,5 di pavè diviso in 30 settori. Come da tradizione da una stella a cinque stelle per indicarne la difficoltà e dove a 5 stelle, i settori più difficili, i soliti tre: settore numero 19, Trouée d’Arenberg (95,3 km dall’arrivo) lungo 2.300 m, settore numero 11, Mons-en-Pévèle (48,6 km all’arrivo) 3.000 m di lunghezza, e infine settore numero 4, Carrefour de l’Arbre, (17,2 prima di tagliare il traguardo) 2.100 m di lunghezza. E in mezzo sarà il solito delirio dove quest’anno appunto, andrà pure aggiunto il fango.

I FAVORITI DI ALVENTO

⭐⭐⭐⭐⭐ Van Aert
⭐⭐⭐⭐ Van der Poel
⭐⭐⭐ Sénéchal, Štybar
⭐⭐ Stuyven, Asgreen, M.Pedersen, Kueng, Sagan, Politt
⭐ Van Baarle, Kwiatkowski, Moscon, Colbrelli, Lampaert, van der Hoorn, Turgis, Kristoff, Teunissen, Philipsen

Foto: ASO/Pauline Ballet