A tutti sarà capitato di vedere il riso o la pasta che gli atleti mangiano al termine della gara, per recuperare. A noi, qualcuno fra i più giovani, nelle categorie minori, ha raccontato la dedizione con cui la madre sceglieva il contenitore per mettere quella pasta. Di quella cucina con l’acqua a bollire al mattino alle quattro, quando si sarebbe potuto preparare tutto anche la sera prima, ma “già è quasi scondita, almeno mangiala fresca”. E ancora, la difficoltà per chi non è abituato, di preparare qualcosa di adatto a pranzo o a cena, anche in settimana, lontano dalle gare. Delle madri e dei padri che provano, sbagliano, chiedono e riprovano.
Altri ci hanno parlato dei viaggi che i genitori fanno. Magari per andare in Puglia il sabato e tornare la domenica, partendo dalla Lombardia o dal Piemonte, per accompagnare i figli alla gara. Di quei genitori che in settimana tornano tardi dal lavoro, ma una domanda su com’è andato l’allenamento la fanno sempre e, se quel giorno “la gamba non girava”, cercano argomenti per spiegarti che devi continuare, che domani andrà meglio. Tanto che non immagini neppure i problemi che hanno sul lavoro, perché in quel preciso momento non contano più, contano i tuoi problemi. E il camper non si compra per andare in vacanza, si compra per accompagnare i figli alle corse, perché possano viaggiare più comodi, perché possano avere tutto a disposizione.
Potremmo raccontare di quei figli che, nel fuori stagione, hanno cercato qualche lavoro da fare per aiutare e aiutarsi. Perché iniziare a pedalare vuol dire scegliere di investire su stessi, ma, non nascondiamoci, soprattutto all’inizio vuol dire anche spendere molto per avere l’attrezzatura giusta, perché anche quello conta. Parliamo di biciclette, parliamo di tubolari. Parliamo di genitori che chiedono ai figli di non farsi remore, di chiedere ciò che serve, di comprare il meglio che serve, perché, anche ci fossero sacrifici da fare, si fanno volentieri. Sono figli che, spesso, crescono prima, perché lontani da casa devono fare tutto da soli. Perché l’età adulta in realtà non è un’età ma un modo di essere o di vedere le cose e se fai una certa strada quel modo lo acquisisci presto. Forse anche troppo presto, dice qualche genitore.
E ancora ci sono le bende e i cerotti da controllare a sera, da togliere delicatamente per non fare troppo male. Di quelle ferite si inizia a chiedere da bambini e non si finisce mai perché i genitori si ricordano quasi sempre dov’è quel taglio o quella botta. Ci sono le immagini in televisione che i genitori vorrebbero sempre vedere ma di cui hanno anche paura perché “se succede qualcosa, siamo distanti”.
A loro non interessa non poter far nulla, a loro interessa essere lì, da qualche parte. Accanto al medico che ti visita o al tavolo della colazione mentre quella pasta, così presto, fatica ad andare giù. Vicini. Genitori e figli.